LUNGO IL SENTIERO DELLA PACE
di Nito Moraldo
La profonda
vallata del fiume Brenta che forma la Valsugana, costituisce a nordovest
la parete dell'altopiano di Lavarone delimitata invece a sud dal solco
del torrente Astico. Fresche
abetine e dolci pendii si susseguono senza interruzione; laghetti e doline
compaiono all'improvviso per scomparire. Tutta questa serenità fa
contrasto con i precipizi su cui si adagia l'Altopiano.
Ma anche questi precipizi perimetrici fanno parte del fascino di
Lavarone, lasciando apparire migliaia di reperti fossili, testimoni della
vita degli antichi mari sul cui fondo si sono formate le rocce che ora
affiorano. E' qui che il poeta Zanella ha trovato l'ispirazione per la
sua poesia sulla evoluzione: Conchiglia fossile. Ed è qui che l'Imperatore
Francesco Giuseppe scendeva per assaporare i raggi del sole italico.
Ma nel silenzio di questa atmosfera, sembra ancora di udire i boati
dei cannoni della Grande Guerra: le pareti a picco di cui abbiamo parlato,
formavano il confine italo-austriaco e diventarono ben presto la tomba
di migliaia di giovani soldati. Verdi cimiteri di guerra sparsi nei boschi,
vecchie trincee e grigi resti dei fortini, testimoniano ancora di questa
inutile carneficina. E' bello però sapere che attualmente la linea
del fronte, dal Pasubio alla Marmolada, è stata consacrata al tracciato
del Sentiero della Pace, lungo il quale si incontrano, affratellandosi,
persone di tutta Europa.
Il percorso botanico che suggeriamo si svolgerà lungo il
Sentiero della Pace, nel percorso che attraversa l'Altopiano di Lavarone.
M.Cimone e Lago di Lavarone.
Il Monte Rust, che si affaccia sul Lago di Lavarone, presenta una vegetazione
di transizione tra il regno del faggio e quello superiore delle conifere.
Betulle, aceri di monte, sorbo degli uccellatori e frassini competono il
territorio al faggio, che predomina dove l'esposizione rende più
fresco l'ambiente. Il sottobosco è ricco di muschi, di felci e di
cespugli piuttosto radi di lonicere, di sambuco e, dove la vegetazione
arborea è più rada, anche della Genista radiata dai bei fiori
giallo-oro a cui fanno compagnia splendide orchidee: Epipactis purpurea,
Cephalanthera rubra, Platanthera chlorantha, Oprhys
Insectifera... Alle falde occidentali del monte, una stradina segnata,
porta al luogo ove era posto il Comando austriaco, mentre sulla vetta si
può osservare l'Osservatorio austriaco, che per mezzo di segnali
ottici, era in comunicazione con tutti i forti più importanti e
con il sottostante Comando.
Il lago invece si trova nel versante orientale e si è formato
per cedimento della volta di sottostanti cavità naturali. Tronchi
antichi di millenni (pezzi lignei all'analisi con il radiocarbonio hanno
dato un'età intorno ai 2200 anni) si trovano ancora sul fondo. Le
sponde ricoperte in massima parte da canne, danno rifugio a giunchi, carici,
mente ed altre specie igrofite tipiche, come Lysimachia vulgaris e Scutellaria
glareolata. Giunti nella frazione Bertoldi si può raggiungere il
caratteristico Cimitero di guerra austroungarico di Slaghenaufi. Sempre
da Bertoldi si può salire al M. Tablat, e qui raggiungere Monte
Cimone, sfruttando la possibilità di una comoda ascensione con la
seggiovia. Il gruppo del Cimone, che sovrasta l'intero Altopiano, è
tutto un susseguirsi di piccole cime ricche di boschi di conifere, rotti
qua e là solo da qualche pascolo sempre verde. E' sulle pendici
occidentali del M.Cimone che vive ancora la rarissima orchidea, scarpetta
della Madonna, il Cypripedium calceolus.
Forte Belvedere
Dalla
chiesa di Lavarone Cappella, una strada si allunga verso il Forte Belvedere,
lasciando sulla destra una zona umida di particolare interesse. Il Forte,
attualmente ricuperato e trasformato in Museo della Grande Guerra, domina
tutta la Vallata dell'Astico e dà un'idea di come vivevano in guerra
i soldati in queste fortezze isolate: con cucine, refettori, lavanderia,
dormitori, infermeria, obitorio, sale ufficiali,...
E' da questo forte che alle ore 6 del mattino del 24 maggio 1915, partì
il primo colpo di cannone verso i forti italiani. Diversi sentieri portano
nel bosco circostante, molto simile a quello del M.Rust. Ricchi pascoli,
ricavati dall'uomo nelle zone più assolate sottraendoli al bosco,
si ricoprono in primavera di miriadi di colori. Ranuncoli e botton d'oro
gialli, margherite bianche, campanelle e centauree azzurre, garofanini
e silene rosei... fanno sfoggio di splendenti livree nella gara per attirare
gli insetti impollinatori.
Passo Rovere e Malga Laghetto.
Continuando in direzione di Asiago, con la statale 349, si giunge al Passo
Cost, da dove si può ammirare tutto l'altopiano appena visitato
e notare a sud la Cima Tonezza che ha tutte le sembianze del profilo di
Dante addormentato. La strada si allunga ora attraverso una delle abetine
più belle d'Italia. Ricca di abeti bianchi e rossi, accompagnata
da radi larici e da solitari faggi, l'abetina si mostra in tutta la sua
selvaggia bellezza. Spazi adatti permettono di fermare l'auto ed addentrarsi
a piedi in essa, per godere del suo profumo resinoso, del suo magico silenzio,
rotto solo dal canto di qualche uccello e dallo stormire delle fronde mosse
dal vento. Il sottobosco è ricco di muschi, licheni e felci, di
mirtilli, di lamponi e fragole. Dove giunge qualche raggio di sole fanno
bella mostra tappeti di Polygala chamaebuxus dalle splendide corolle
gialle macchiate di viola, da tappeti policromi di Melampyrum italicum
e di Calluna vulgaris. Non mancano le orchidee; oltre a quelle già
osservate, è la Orchis latifolia che predomina ovunque è
presente un terreno umido, con una grande varietà di tonalità.
Nei manti muscosi che ricoprono vecchi tronchi o terreni umici, è
facile osservare le piccole orchidee: Corallorhiza trifida, con
radici grosse a forma di coralli, e la Goodyera repens, la più
piccola fra le orchidee europee.
Prima
del Passo Rovere, sulla destra si nasconde un piccolo laghetto ricco di
ninfee bianche e gialle, di giunchi e di code cavalline. Qua e là
fioriscono il Polygonum amphibium, dalle infiorescenze rosate e la
Potentilla anserina, riconoscibile per le foglie argentee ed i fiori giallo
oro. Purtroppo il carico del bestiame dei pascoli circostanti sta
portando alla asfissia delle sue acque, con conseguenze gravissime.
Alle spalle del laghetto si trova un abete bianco, conosciuto come
l'abete più grande d'Europa: alto ben 52 metri, con una circonferenza
di 4,80 m. e con la bella età di oltre 230 anni. Intorno è
tutto un rifiorire di Senecio cordatus, di Cyclamen repandum,
ecc.
Tornando al Passo Rovere, si può ammirare uno stupendo paesaggio,
dove le abetine sempre più compatte ed estese ed i ridotti pascoli
raccolti intorno alle baite, sono sovrastate dalla cima piramidale del
Pizzo di Vezzena, meta del nostro percorso.
Dal Passo Rovere si può percorrere per alcuni chilometri (in
direzione Caldonazzo) la storica Strada del Kaiser Giuseppe, quasi interamente
scavata nella roccia, costruita per rifornire le truppe accampate sull'Altopiano.
Le ripide rupi che si aprono sui laghi di Caldonazzo e Levico, ospitano
pini mughi, pini silvestri, larici e diversi salici alla cui ombra fioriscono
splendidi mughetti, insieme alla rosa montana. Nelle rupi più ardite,
trovano comodi alloggi la Saxifraga mutata
(unica sassifraga italiana a fiori arancioni e stili rossastri), la Potentilla
caulescens e l'endemica Euphrasia tricuspidata, dai numerosi
fiorellini bianchi. Ma chi fa da regina della gola è il Phyteuma
comosum, che si annida nelle fessure delle rupi e da qui apre al
sole le splendide e curiose corolle roseo-violaceo intenso. E' una specie
endemica, esclusiva delle rupi dolomitiche che ha saputo adattarsi e sopravvivere
alle condizione selettive dei periodi glaciali. Dello stesso periodo e
rara come lei, è il Paedarota bonarota, che arricchisce le
rocce con il colore azzurro chiaro delle sue corolle.
Tornati al Passo si prosegue fino al Pian delle Vezzene da cui, procedendo
verso sinistra, si può raggiungere comodamente, ma tenendo conto
che necessitano alcune ore, la vetta del Pizzo di Vezzena. I pascoli, ricchi
di genziane, di aquilegie, di grandi carline... sono dominati dal Forte
Busa Verle, che difendeva da una possibile invasione italiana, proveniente
da Asiago. Oltrepassato il fortino, quasi distrutto come tutti per recuperarne
il ferro al tempo dell'autarchia, si attraversa il bosco misto di conifere:
larici, abeti rossi e pini mughi. Al secondo bivio si prosegue, sulla sinistra,
lungo la vecchia via militare che porta alla vetta. Man mano che si sale
la vegetazione arborea diventa sempre più rada per lasciare il posto
prima ai cespugli dei pini mughi, dei ginepri e delle ginestre ed infine
alle forme erbacee. Gigli martagoni e di San Giovanni, gerani di monte,
campanelle e potentille dominano ormai l'habitat. Quasi in vetta,
per i più coraggiosi, c'è la possibilità di
percorrere una parte della trincea scavata nella roccia che serviva per
collegare alla vetta il Forte che ormai giace sotto di noi. Gli altri
possono proseguire per la comoda strada che porta fino alla vetta. La trincea
si snoda poco sotto il clinale, come appesa sulla Valsugana che si apre
più di mille metri al di sotto. Interessanti entità dolomitiche
hanno ormai ripreso le loro posizioni su queste rupi inaccessibili. Tappeti
argentei trapunti di fiorellini rosei di Potentilla
nitida, endemica delle Dolomiti e delle Alpi, rivestono le rupi,
mentre nelle spaccature si affaccia ancora la Paedarota
bonarota. Anche la stella alpina (Leontopodium alpinum)
apre le sue candide infiorescenze ai raggi del sole, mentre solitarie campanelle
(Campanula carnica) hanno trovato asilo anche nelle spaccature del
cemento del forte ricavato proprio sulla vetta del monte.
Il forte dimostra tutta la sua ardita costruzione dominando sia il
versante nord-occidentale, allora austriaco, e quello sud-orientale, dove
si notano le cime con i forti italiani: Campomolon, Verena e Campolongo.
Dopo il Passo Vezzena, l'altopiano prosegue fino a Luserna ed al suo Forte,
denominato dagli austriaci, con spavalda ed vana sicurezza: il padreterno.
Prima del forte, si possono visitare anche alcune trincee ricostruite per
far capire come si conduceva la vita militare in trincea.
Nei pascoli di vetta è tutto un susseguirsi di smaglianti colori:
il giallo oro delle potentille e dell'Arnica montana, delle ginestrine
e degli ieraci; il viola delle genziane, delle campanelle e degli astragali;
il rosso degli astri alpini, della Pedicularis verticillata, dei
rododendri e della Daphne striata, il bianco dell'Achillea millefolium
e dell'Antennaria dioica e della stella alpina. L'orchidea più
frequente in questi pascoli di vetta è la Nigritella nigra,
dalle infiorescenze profumate di vaniglia e la Gymnadenia odoratissima,
anch'essa emanante un soave profumo. Sono presenti anche alcuni ibridi
tra Nigritella e Gymnadenia a testimonianza della ricchezza
floristica della zona. Non mancano infine la Transteinera globosa
e l'Orchis sambucina con corolle gialle e rosse.
Nelle gole che salgono fino al clinale vivono alcune endemiche caratteristiche
delle zone rupestri: l'Achillea moschata,
l'Aquilegia einseleana, la Saxifraga
bursereana e la Campanula carnica con le corolle pendenti
ed i sepali piegati come il rostro dei rapaci.
La ricchezza delle entità botaniche rare ed uniche della zona,
il fresco delle passeggiate boschive, l'immensità del panorama,
che domina fino alle Dolomiti del Brenta, del Lagorai ed alle Prealpi venete,
il rivivere sui luoghi ricordo della Grande Guerra con numerose testimonianze
ancora vive, fanno del "Sentiero della Pace" un itinerario certamente indimenticabile,
ricco di emozioni e carico di sensazioni uniche!
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all'autore Nito Moraldo