2 gennaio 1817: Marcellino inizia l’avventura dei Fratelli Maristi. Tra 2 anni celebreremo insieme (festeggiare è troppo poco), questo lungo percorso.
Ma già durante il 2015 vogliamo metterci in cammino.
E per farlo intendiamo ripercorrere gli stessi passi compiuti dal Fondatore.
Come maristi vogliamo rivivere l’esperienza dalla quale è scaturita la nostra missione, l’incontro con quel giovane in fin di vita che ha sconvolto i piani di un giovane sacerdote francese.
Si è pensato di intitolare quest’anno al giovane Montagne, ben sapendo che anche oggi tanti giovani vivono nella stessa drammatica situazione. Un campo d’azione ancora attuale.
Ci piace riportare il brano di questo incontro, raccontato dalla fervida penna di fr. Claudio Alberti, nel suo libro “Il figlio del Giacobino”
28 Ottobre 1816: è il giorno in cui Marcellino deve incontrarsi con le sue decisioni: non sa di avere uno strano appuntamento dietro il gomito della montagna, in quella chiazza abitata, due case e una stala, che si chiama Palais. Lì, Giovanni Battista Montagne, 17 anni, sta morendo. Arriva il messaggio a Lavalla. Marcellino parte subito: giornata impeciata di nuvole.
Il sacrestano lo guarda allontanarsi: “Che prete quel prete!”, lo segue finché non è maciullato dall’orizzonte.
Marcellino procede, pellegrino di bontà; pensa: undici anni fa, proprio come oggi, 28 ottobre…entravo in seminario.
Quando arriva si accorge che il ragazzo non ha mai sentito parlare di Dio. Nella stretta circonferenza dei suoi anni, Dio non ha avuto un angolo. Eppure sui libri di storia Marcellino ha studiato che la Francia è stata la “primogenita della Chiesa”. Al diavolo i libri di storia, se un ragazzo di 17 anni del suo tempo, del suo paese non ha mai saputo che…
Lì, nella casa rugginosa di fumo, davanti al volto viscoso di Giambattista, egli inizia a smontare la sua epoca come fosse un meccanismo che non funziona. Intanto sussurra parole inventate all’istante, parole che gli ulcerano il cuore.
Depone gioielli in quell’anima prima che essa chiuda per sempre le imposte.
Due ore di doppia agonia: l’animo di Marcellino agonizza; il corpo del ragazzo agonizza.
C’è un mondo che crolla, c’è un mondo che nasce: il giovane prete, coi pensieri abbrunati, vede solo quello che crolla.
Sono finite lì, sull’affronto della giornata ottobrina, purulenta di angoscia, i suoi sogni color ametista.
Parla di Dio a quel rantolo che è ancora persona: gli occhi del giovane dicono che l’anima assorbe; Marcellino si strappa lembi di vita e li trapianta e ingolla tanta amarezza; ma impara a conoscere il valore del seme.
Le idee curate negli anni del seminario erano belle, sì, erano vere, ma slegate dalle giornate ferite (come questa del 28 ottobre) che si sarebbero presentate. Ora, solo comprende le idee glaciali di tempi sguarniti di sentinelle di Dio.
Si trova solo in questo giorno tremendo, tra i monti impolverati di casipole dal capriccio dell’uomo. Solo su un avamposto.
Iddio in tale momento lo dirotta per strade già pensate, ma non ancora segnate.
E’ giunta l’ora di una nuova avventura. Consegna all’Eterno il ragazzo morente.
Torna a casa con una vuotezza infinita, mentre il giorno già si affloscia nella sera.
Pensa: “Quanti altri ragazzi si trovano nelle medesime condizioni, e corrono lo stesso pericolo perché non hanno nessuno che li istruisca nelle verità della fede”.
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