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Viaggiando con fr. Marco

Viaggiando con fr. Marco

Questo potrebbe sembrare un pezzo da dedicare a uno dei tanti youtube-travellers, gente che molla tutto e si mette a girare per il nostro piccolo mondo, ma l’itinerario che fr. Marco Cianca sta percorrendo quest’anno, ci sembrava interessante, così da accompagnarlo un po’, scoprire insieme a lui qualcosa di nuovo e di interessante.
Dopo tanti anni di impegno come direttore didattico e preside a Cesano Maderno (dal 2013 fino a …pochi mesi fa), adesso sta vivendo un anno di stacco competo dal solito tran tran.

E proprio dalla Capitale parte la sua avventura, visto che ci tiene a ribadire le sue radici romane, non solo, ma anche di ex-alunno del San Leone Magno a pieno titolo, avendolo frequentato dalle elementari alle medie, perchè poi ha iniziato a seguire più da vicino la proposta marista, inserendosi nel probandato di Velletri e poi con il Noviziato, nei mitici anni 70. E dopo, come fr. Marco, ha conosciuto praticamente tutte le realtà scolastiche mariste d’Italia, da Giugliano a Genova, da Roma a Cesano, sia come maestro, poi come prof d’inglese e come animatore della pastorale. Pochi anni dopo il grande Giubileo del 2000 si è lanciato con una bella dose di coraggiosa incoscienza, a condivivere per diversi anni in un barrio gitano (senti come suona meglio di campo nomadi…) di Murcia, come membro della comunità marista di Alcantarilla, impegnato nel lavoro formativo e nel supporto sociale ai tanti zingari del quartiere e della zona.

Per quest’anno sarà “battitore libero”, svincolato da impegni standard, ci è sembrato quindi un’occasione propizia per fargli un paio di domande (adesso il tempo per rispondere può trovarlo) e sentire direttamente da lui sua esperienza. Allora, via con l’intervista.

Hai trascorso gli ultimi 9 anni come dirigente scolastico a Cesano Maderno, inizialmente come Direttore Didattico della scuola primaria di Binzago e poi della scuola media Fratelli Maristi; che “tesoro” di esperienza ti porti dietro da questo intenso periodo?

Con i bambini di Binzago nel cortile della scuola media di Cesano

Il progetto che era alla base dell’esperienza a Cesano Maderno, da quando i Fratelli hanno preso in gestione la scuola Primaria del quartiere di Binzago, era davvero interessante sia da un punto di vista didattico che di presenza all’interno del tessuto brianzolo nel quale si trova l’opera. In particolare, il progetto si era arricchito ulteriormente grazie alla gestione didattica anche della scuola dell’Infanzia parrocchiale in due diverse sedi che coinvolgeva più di 200 bambini. Una famiglia che viveva a Cesano Maderno, secondo questo progetto educativo, poteva contare su un’educazione cristiana, con una sfumatura importante nell’ambito del carisma marista, professionalmente valida ed aggiornata sulle ultime indicazioni didattiche secondo i diversi cicli scolastici. Inoltre, il cambio di sede geografica, all’interno della cittadina brianzola, costituiva un ulteriore attrattiva per lo studente che non era costretto a vivere la propria esperienza scolastica nello stesso ambiente fisico.
Alla luce di quanto detto, mi porto volentieri dietro la percezione di una popolazione che ancora dà molta importanza all’educazione dei propri figli, tanto da voler investire economicamente ed emotivamente in maniera determinante. In particolare, i ragazzi con i quali ho avuto il piacere di entrare in contatto hanno, nella grandissima parte dei casi, dimostrato sensibilità e serietà nell’ambito scolastico, pastorale e solidario che la scuola ha sempre proposto. Il quadro viene infine completato da un Collegio Docenti che, soprattutto nel ciclo scolastico della scuola Media, ha saputo rinnovarsi e rinnovare la didattica andando incontro alle vere necessità dei propri alunni e riscuotendo una significativa risposta da parte delle famiglie, che hanno confermato la fiducia alla scuola garantendo per le iscrizioni il “tutto esaurito” fino alla massima capienza della struttura, persino con un largo anticipo.

Dopo tanti anni, vissuti nell’ambito scolastico e in particolare nel contesto italiano, quali considerazioni e valutazioni puoi dare di questo impegno e della necessità, come istituzione marista, di continuare ad impegnarsi nel settore scolastico?

All’interno del territorio italiano, da una parte ormai i servizi scolastici ed educativi, da parte dello Stato, raggiungono in maniera capillare i bisogni della popolazione, per cui sembra anacronistica la nostra presenza quale congregazione religiosa; dall’altra, si nota una situazione con molte variabili e tante difficoltà oggettive quali le varie e numerose disabilità fisiche e di apprendimento nella stessa classe, la presenza massiccia di alunni stranieri, che fatica enormemente a raggiungere i propri obiettivi educativi, per cui la qualità della preparazione degli alunni si rivela spesso al di sotto delle legittime aspettative.
La parità scolastica purtroppo ancora oggi, in Italia, è solo sulla carta e non si è materializzata nell’ambito economico sollevando le famiglie dal pagare rette sempre più consistenti.

Risulta quindi difficile, anche per noi Fratelli Maristi, essere fedeli al carisma del nostro Fondatore che rivolgeva le sue attenzioni educative ai ragazzi delle campagne e ai più bisognosi. Ritengo quindi fondamentale continuare nella nostra opera educativa, anche se sarebbero necessarie condizioni più equilibrate con la scuola statale, puntando soprattutto a creare un ambiente nel quale i nostri alunni possano crescere e sviluppare sensibilità e abilità al di fuori dell’ambito strettamente scolastico e quindi professionale per il loro domani. La pastorale e la solidarietà giocano un ruolo decisivo in questo e fanno davvero la differenza nella crescita integrale della persona. Ricordo, infine, che negli Stati Uniti, nazione alla quale spesso rivolgiamo il nostro sguardo, dopo gli studi universitari, sono molti i giovani che dedicano un anno intero alla solidarietà in qualità di volontari: un dettaglio del loro curriculum particolarmente valorizzato nella società americana!

Da buon marista il concetto di “pensionamento” non va considerato come uno spartiacque, ma giunto a questa tappa apparentemente significativa, come pensi di continuare il tuo percorso di persona e di fratello marista?

In questi ultimi mesi, trovandomi in differenti comunità di Fratelli, è venuto a galla il discorso del “pensionamento” visto che ormai ho valicato la soglia dei 65 anni! Sono il primo ad affermare che, grazie a Dio, in futuro potrò ancora dare molto agli altri, come tanti altri Fratelli della mia stessa età o più grandi! Al momento sto vivendo un anno sabbatico, concessomi dalla Provincia, con la prospettiva di esplorare realtà completamente diverse da quelle in cui ho vissuto finora, sia per area geografica che per la missione che compiono: un ulteriore bagaglio culturale e sociale che arricchirà senza dubbio l’attuale percezione di missione nell’ambito marista. Lascio, quindi, al prossimo anno scolastico la scelta di come continuare il mio percorso quale persona e Fratello marista, sempre in accordo con la Provincia alla quale appartengo.

Hai avuto di recente l’opportunità di vivere un intenso momento formativo in Brasile, ci puoi raccontare questa esperienza, qualche momento significativo… Hai toccato con mano la presenza dei maristi in Brasile, che è abbastanza diversa dal contesto europeo e soprattutto italiano; che impressione ne hai tratto e quali aspetti hai apprezzato di più.
All’interno di questo anno sabbatico, come accennavo prima, si situa l’esperienza in Brasile. Un periodo di circa 15 giorni che ha rappresentato una tappa obbligatoria e presenziale per concludere il corso sulla leadership marista iniziato on-line nel marzo scorso. L’obiettivo principale di questo periodo presenziale a Porto Alegre, presso l’università marista (Pontificia Università Cattolica Rio Grande del Sur – PUCRS) è stato quello di riassumere e confermare una serie di contenuti sul tema principale della “Leadership” attraverso momenti formativi, dati dagli stessi professori dell’Università che ci hanno seguito nelle lezioni on-line, e da una serie di esperienze realizzatesi all’interno e fuori del campus universitario.

Le giornate sono state tutte molto intense, a volte forse anche troppo, per la semplice ragione che c’è davvero una quantità impressionante di opportunità educative e sociali. La parte tecnologica dell’università è un fiore all’occhiello del campus, vi sono circa 300 imprese che hanno un contratto con l’università con l’obiettivo della ricerca, tra le quali Google e molte altre significative in Brasile.

Abbiamo visitato quattro o cinque scuole mariste, ma una in particolare, “Ipanema”, ci ha meravigliato per la qualità della struttura e dei singoli ambienti dettati da una concezione moderna ed efficace che richiama l’italiana “Reggio Children”. Infine, la visita alla struttura sociale “Cesmar”, nei pressi di Porto Alegre, ci ha impressionato per la sua grandezza e complessità, dato che coinvolge più di mille alunni provenienti da famiglie bisognose o in difficoltà.

La presenza marista in Brasile, per quel poco che ho visto, è fortemente consistente; le opere visitate sono di grande impatto, soprattutto la stessa università PUCRS che conta 70.000 alunni ed ettari di costruzioni! Senza dubbio, l’aspetto che più mi ha colpito e che ho potuto apprezzare è la visione profetica dei Fratelli che hanno avuto responsabilità importanti nel passato ed hanno saputo investire in maniera massiccia e senza timore, i cui frutti oggi possiamo vedere ed ammirare nelle opere attuali.

Altri aspetti che ho apprezzato molto, la coesione ed il senso di appartenenza all’Istituto dei Fratelli e dei laici, la presenza di Fratelli giovani, la massima attenzione avuta nei confronti del gruppo sia al momento dell’accoglienza come durante tutto il corso presenziale… un vero regalo.

A Lavalla, condividendo la stessa mensa, fratelli e laici (luglio 2017)

E parlando ancora del mondo marista, che sempre più si arricchisce della presenza dei laici, come stai vivendo questo graduale passaggio di consegne? Quali timori e desideri nutri al proposito?
Il tema della presenza laicale nelle nostre scuole credo che vada sempre più in una direzione ormai scontata: una “Famiglia globale”. Personalmente lo vivo come una ricchezza ulteriore dell’Istituto, una risposta coerente alle indicazioni della Chiesa, dal Concilio Vaticano II in poi, e alla situazione attuale del mondo cristiano di fronte alle sfide educative contemporanee.

Sul lago Maggiore, estate 2024

La tua formazione iniziale riguardava l’ambito linguistico, l’inglese è sempre stato il tuo “piatto forte”, dall’università alle esperienze negli States; quali vantaggi e quali aspetti utili hai potuto sperimentare nel corso della tua attività?
L’esperienza di apprendere una o più lingue ha fatto parte della mia vita in maniera abbastanza costante. Il fatto di dover viaggiare, sforzarsi di parlare una lingua differente dalla materna, di dover entrare negli usi e costumi di un popolo nuovo, non solo è affascinante, ma apre gli orizzonti personali e perfeziona l’abilità di comprendere l’altra persona.

E’ implicito che migliorare le proprie abilità linguistiche ha poi un riflesso non indifferente su tanti aspetti della vita quotidiana, per cui è importante saper coltivare e mantenere quanto appreso una volta rientrato in patria.

Stai vivendo un periodo di recyclage formativo, quali spunti e contenuti ti piacerebbe affrontare in questa nuova tappa della tua vita?
I contenuti di quest’anno sabbatico, in accordo con il Fratello provinciale, sono andati evolvendo nel tempo. In un primo tempo, dopo l’esperienza in Brasile, sarei dovuto partire per Aleppo – Siria; ciò non è stato possibile per motivi che tutti possono comprendere. Di conseguenza, ho potuto anticipare un breve periodo ad Oxford, in una comunità dei Fratelli de La Salle, con l’obiettivo di rituffarmi nella cultura inglese e riappropriarmi di quanto tenuto a riposo in questi ultimi anni.

Vivere un’esperienza di solidarietà in un ambiente diverso da quanto ci offre l’Europa, è uno degli obiettivi che mi sono prefissato fin dall’inizio. A seguito dei contatti avuti con chi di dovere, attualmente sono in attesa di ottenere un visto per andare a Cuba, dal prossimo febbraio fino a giugno 2025 con la speranza di non incontrare ulteriori difficoltà. Ringrazio il vicario generale Luis Carlos Gutierrez e il Provinciale dell’America Centrale Juan Carlos Bolanos Viscarra che sono stati determinanti per sostituire in corsa l’esperienza in Siria con quella a Cuba.

Allora, carissimo Marco, in bocca al lupo per tutto quanto e buon proseguimento di avventura.

Con lo sguardo al futuro

Con lo sguardo al futuro

Leggendo i pochi articoli che compaiono su questo sito, nel dipanarsi del tempo è possibile anche cogliere quel movimento di rinnovamento, di passaggio, di crescita anche, a contatto con un mondo freneticamente in evoluzione, cambio spesso radicale, a volte traumatico.

La congregazione dei Fratelli Maristi vive queste fasi di passaggio come tutte le realtà, cercando di cogliere quegli stimoli di cambiamento che permettono di rendere sempre attuale il messaggio del vangelo vissuto seguendo le intuizioni e il carisma di s.Marcellino Champagnat.

Proprio nel prossimo anno vivremo un bicentenario molto concreto, la realizzazione della prima vera casa di presenza dei maristi, la casa dell’Hermitage, fortemente pensata, voluta, costruita da Marcellino. Non una semplice costruzione, ma uno strumento di formazione, un luogo di riferimento e di sperimentazione, un centro che per tutti i fratelli era davvero una “casa”. Proprio in questi giorni fr. Ernesto, l’attuale superiore generale, ha inviato a tutti i maristi di Champagnat il testo della circolare che indice il prossimo capitolo generale e che traccia il cammino svolto fin qui e le sfide che ci attendono.

Fr. Onorino ha tradotto il testo e ci offre questa introduzione per meglio coglierne il messaggio:

Casa per tutti – fiume di vita

È un regalo di fratel Ernesto che ci aiuta a prepararci al Capitolo generale del 2025.
Dopo una prima parte “storica” in cui traccia alcune tappe significative della vita dell’Istituto partendo dal XX Capitolo generale, si apre una seconda parte più stimolante per noi che fratel Ernesto chiama: Costruire un nuovo Hermitage.

È evidente il collegamento con l’inaugurazione dell’Hermitage avvenuta nel 1825, ma è altrettanto evidente che fratel Ernesto “guarda oltre” invitandoci a costruire un nuovo Hermitage fondandolo sui tre pilastri su cui si fonda ogni vita consacrata: la spiritualità, la fraternità e la missione.

La terza parte della circolare è tipicamente normativa e nell’edizione italiana non è presente (affronta soprattutto aspetti tecnici che riguardano la composizione del Capitolo, le commissioni, ecc.), mentre è presente la conclusione con la quale il Superiore generale invita ognuno di noi a riprendere in mano l’argilla che il padre Champagnat ci ha consegnato e rimodellarla perché sia ancora significativa rispondendo alle esigenze del nostro tempo.

Un orientamento che Papa Francesco esprimeva in questo modo: Il carisma è una reliquia? No, è una realtà viva, non una reliquia imbalsamata. È vita che crea e va avanti, non un pezzo di museo. Allora la grande responsabilità è collaborare con la creatività dello Spirito Santo, per rivisitare il carisma e far sì che esprima la sua vitalità nell’oggi. (22 10 21)

Leggi/scarica il testo della circolare:
Casa per tutti, fiume di vita

Puoi trovare altri documenti in italiano
nella nostra sezione relativa ai documenti

Quasi in diretta dal Libano

Quasi in diretta dal Libano

Sull’ultimo numero di Vida Nueva, la principale rivista spagnola per quanto riguarda il mondo religioso, è appena stata pubblicata una intervista a fr. Juan Carlos.
Per noi maristi è un volto ben conosciuto e una presenza significativa della nostra provincia marista mediterranea. Fino a 3 anni fa era il nostro provinciale, responsabile di tutte le attività, amico e sostegno fraterno nei diversi ambiti di missione. Al termine del suo incarico una sola richiesta: quella di poter far parte del “progetto Fratelli” che da pochi anni aveva aperto i battenti nel sud del Libano, una comunità intercongregazionale, nella quale i maristi collaborano con i fratelli delle scuolae cristiane (lasalliani) a servizio delle persone più fragili di quel martoriato territorio.

La sede di questo progetto si trova a Rmayleh, un centro a pochi km a nord di Sidone; un tempo era un collegio marista, poi requisito dalle forze militari libanesi, che ancora ne conservano una parte. Si trova vicino a diversi campi profughi e dal 2015 è sede di questo progetto che si avvale anche della collaborazione di numerosi volontari e ong internazionali.

Fino a pochi mesi fa si occupavano soprattutto dei tanti sfollati e profughi della guerra in Siria. Il progetto si rivolge soprattutto ai piccoli, offrendo corsi di alfabetizzazione, scuola (impensabile poter inserire i tanti minori presenti nei vicini campi profughi nelle classi normali: i libanesi sono poco più di 6 milioni, in pochi anni i profughi siriani hanno superato il milione di arrivi…), ma anche formazione per gli adulti, le mamme, le donne, i giovani.

Per conoscere meglio questo progetto puoi dare un’occhiata alla loro pagina Facebook

Fa davvero effetto vedere le foto delle tante attività che si svolgevano fino a poche settimane fa in questo grande centro, e sapere che adesso tutto è fermo, chiuso per ovvi motivi di sicurezza.

Abbiamo chiesto a fr. Juan Carlos di poter tradurre e riportare sulle nostre pagine questa intervista che vi proponiamo, proprio per dare segni di speranza in un momento così difficile.

Juan Carlos Fuertes, missionario in Libano:

“Anche se crolla, Hezbollah rinascerà di nuovo, come sempre”

Insieme alla sua comunità e ad altri religiosi Lasalliani, questo marista promuove il Progetto Fratelli, nei pressi di quella che un tempo era Sidone.
“Senza un senso di appartenenza nazionale, le persone si sentono più legate al partito o alla confessione religiosa che al proprio paese”

La situazione sta diventando sempre più critica in Libano dopo l’offensiva di Israele contro Hezbollah nelle ultime settimane. La guerra si sta diffondendo in tutto il Medio Oriente e la violenza e l’odio imperversano. Il che si traduce in più morti. Ma, come in ogni dramma umano, ci sono sempre lampi di luce. Uno di loro è testimoniato dal missionario marista Juan Carlos Fuertes, che si dedica a fondo al Progetto Fratelli, un’opera intercongregazionale sostenuta da Manos Unidas e in cui, dal 2015, i maristi e i religiosi lasalliani (i Fratelli delle scuole cristiane, fondati da La Salle), vicino alla città di Saida (la biblica Sidone), offrono un servizio di accompagnamento integrale (dall’educazione al tempo libero) ai rifugiati provenienti dai conflitti nella regione. Oggi si prende cura di siriani e palestinesi, ma anche di tanti sfollati dal Libano stesso.

Come spiega questo religioso valenciano a Vida Nueva, è qui dopo aver detto “sì” tre volte nella sua vita. Tutto è iniziato “in una scuola marista dove ero studente. Lì i fratelli avevano un rapporto molto stretto e cordiale con tutta la gente. Questo ha permesso a me, come a molti altri, di conoscerli molto bene. Un giorno ho ricevuto l’invito a far parte di loro. Ho detto ‘sì’”

In un quartiere operaio

Più tardi, “quando avevo 26 anni, ho ricevuto un secondo invito: partecipare a una comunità marista in un quartiere operaio per fare volontariato in un appartamento del rifugio Proyecto Hombre. Dopo quel “sì”, direi che questa esperienza ha rafforzato la mia vocazione e le ha dato un senso. Mi ha aiutato a sentire la voce di Dio, che ascolta il grido dei poveri e fa qualcosa per loro”.
Di fronte al terzo invito, che ha avuto il grande impatto vitale di lasciare tutto per seguire la chiamata a venire in Libano, per collaborare con la comunità dei Fratelli e lavorare con i rifugiati siriani, “non ci ho pensato due volte e, sentendolo come un vero e proprio dono, ho detto il mio ultimo ‘sì’. La vivo come un’opportunità per essere fratello lungo le frontiere geografiche ed esistenziali della vita. E anche come un passo in più nel cammino della vita in cui Dio, che è all’origine della mia vocazione e mi guida ogni giorno, ha riempito la mia vita di sfide, di persone meravigliose e di benedizioni”.
Una valanga di vita e di speranza in mezzo all’orrore più assoluto.

DOMANDA: Qual è la situazione in Libano in questo momento dopo l’escalation della guerra da parte di Israele?
RISPOSTA: È facile immaginare la desolazione del popolo. Dopo quasi un anno di incertezza a causa dei continui bombardamenti nel sud del Paese, con sporadiche incursioni a Beirut e in altre zone del Libano, in quattro giorni il conflitto si è trasformato in una guerra aperta, causando più morti che nell’intero anno. A questo si aggiungono gli oltre mezzo milione di sfollati che hanno lasciato il sud per cercare un posto sicuro in cui vivere mentre questa situazione continua. Intanto gli attacchi continuano, sia nel sud che a Beirut e nella valle della Bekaa.
Per tutto questo, aumenta la paura della gente, l’insicurezza di fronte agli attacchi e l’incertezza su ciò che accadrà. D’altra parte, i bisogni crescono tra le persone che hanno lasciato le loro case e si ritrovano senza nulla nei rifugi o per strada. Sono necessari aiuti umanitari (cibo, coperte, materassi, prodotti per l’igiene…), così come un sostegno psico-sociale.

fr. Juan Carlos, marista, fr. Guillermo, lasalliano, Teresa, volontaria del Portogallo

D. – Nel Progetto Fratelli, in cui religiosi maristi e lasalliani sono impegnati da tempo con i rifugiati, come state attuando il vostro aiuto in un momento in cui molti libanesi sono sfollati nel loro stesso paese?
R: I bisogni della popolazione libanese sono aumentati dal 2018, quando nel Paese è iniziata una crisi senza precedenti. Si dice che sia tra le dieci più grandi crisi al mondo dal 19° secolo. Il nostro progetto nasce come risposta alla crisi dei rifugiati dopo le guerre in Iraq e Siria. E in effetti, i siriani, ma anche i palestinesi e i libanesi, continuano ad essere presenti nei nostri programmi.
Quando il conflitto sarà finito, dovremo fare una nuova valutazione dei bisogni, perché, da lunedì 23 settembre, il quadro è cambiato enormemente. Nel frattempo, il nostro centro si è messo al servizio delle istituzioni ecclesiali come la Caritas, così come degli spazi di accoglienza del territorio, per collaborare sia con gli aiuti umanitari che con le risorse educative.
Noi, come Progetto Fratelli, intendiamo riaprire il nostro centro il prima possibile e portare avanti i nostri programmi. Come spazio socio-educativo, comprendiamo che il miglior aiuto che possiamo fornire sono tutti i progetti educativi e psico-sociali che portiamo avanti per bambini, giovani e adulti. Questo diventa sempre più necessario sia tra i rifugiati che tra la popolazione locale.

Il grido del cardinale Raï
D. – Il cardinale Raï (vescovo cattolico maronita) è stato molto energico nel condannare l’attacco di Israele al Libano. Si teme un’invasione territoriale al livello di quella già avvenuta nel 2006? E cosa potrebbe succedere in questo caso?
R. – Le notizie internazionali dicono che Israele aveva già preparato un piano per invadere il Libano, cosa che ha iniziato a fare in parte. Il loro obiettivo è quello di rendere il nord del loro paese un luogo sicuro per i cittadini israeliani che possono così ritornare alle loro case. Ed è su questo che si sono concentrati finora, avvertendo più volte che, se la risoluzione 1701 dell’ONU non fosse stata rispettata attraverso i canali diplomatici, l’avrebbero fatta rispettare attraverso i canali militari. Se hanno un piano già pronto, lo eseguiranno. Lo abbiamo visto a Gaza.
Ne stiamo già vedendo le conseguenze. Dal 7 ottobre dello scorso anno, con l’attacco di Hamas a Israele, ci sono stati 90.000 sfollati in Libano. Ma, in un solo giorno, quando sono iniziati gli attacchi nel nostro paese, la cifra è salita a mezzo milione… E oggi si aggira intorno al milione. Le Nazioni Unite avevano un piano di emergenza che prevedeva una situazione di guerra aperta che sarebbe durata tre mesi e che avrebbe generato quel milione di sfollati. Erano preparati per questo. Ma tutto questo è un colpo in più per un Paese impantanato in una crisi multiforme e senza via d’uscita alla quale, se non ci sarà una soluzione a breve, potrebbe aggiungersi anche una tragedia umanitaria. Il Libano non può attendere altro tempo.

D: Data la realtà del malgoverno nel paese, come può il popolo libanese far credere che Hezbollah non lo rappresenti? Inoltre, è possibile che questa organizzazione paramilitare possa scomparire a causa del rifiuto della società che afferma di difendere e non tanto a causa del tentativo di Netanyahu di porvi fine?
R.- Dall’esterno, si vede chiaramente. Se Hezbollah è un problema, che i cittadini se ne liberino. Ma Hezbollah non è una realtà nuova e così facile da capire. È vero che c’è una gran parte del paese che non la sostiene né appoggia quello che sta facendo. Ma ha un’organizzazione complessa e, soprattutto, il supporto di migliaia di persone.
L’esistenza di questa milizia sciita parla dell’impossibile relazione tra Israele e il Libano meridionale. Mostra che per ciascuna delle parti non ci sarà riposo fino a quando l’altra non scomparirà. E questa scelta migliaia di persone lo portano incisa a fuoco nella parte più intima del loro essere. Inoltre, si sono preparati da tempo ad essere nemici e a impegnarsi in uno scontro. Tutto questo non pué terminare con una guerra o con il rifiuto di una parte del paese.
In molti si chiedono perché Hezbollah si sia dovuto coinvolgere in una guerra in cui non ha avuto nulla a che fare e ha trascinato il Paese sull’orlo del baratro. Questo gli ha fatto perdere una popolarità che si era già incrinata abbastanza. Ma va ricordato che molti hanno riconosciuto per anni che sono stati proprio loro a fermare Israele nella guerra del 2006, quando il suo esercito è entrato via terra.
Il problema del paese non è il malgoverno. Il Libano non ha risolto i problemi che ha avuto per anni. La guerra civile dal 1975 al 1990 ha lasciato molte ferite nella popolazione e una divisione quasi insanabile per decenni. Non c’è alcun sentimento di nazionalità. Le persone devono più al loro partito o alla loro confessione religiosa che al loro paese. Una nazione, tra l’altro, che non dà nulla in cambio e che lascia le persone senza protezione. Senza adeguati servizi pubblici di sanità, istruzione, trasporti… Solo l’esercito gode del sostegno maggioritario della popolazione.
E poi c’è la corruzione, che ha trasformato “la Svizzera del Medio Oriente” come era il Libano una volta, in una landa desolata senza futuro. Politici di tutti i colori hanno preso i soldi del paese senza alcuna considerazione. Ecco perché l’idea di Hezbollah non scomparirà facilmente, anche se i suoi leader vengono uccisi o il suo partito o la sua organizzazione crolla. Non importa. Rinascerà ancora e ancora perché vive in un paese povero che ha un nemico da cui difendersi: Israele.

Un messaggio di Pace

D. Dal punto di vista della fede cristiana, come cercate di trasmettere alle persone che accompagnate in un contesto di tale difficoltà un messaggio di pace che faccia tacere le armi e lavori per la riconciliazione?
R. Non è facile costruire la pace in un popolo abituato alla guerra. Sono tante le persone che hanno vissuto la guerra civile dal 1975 al 1990, la guerra del 2006, la guerra in Siria… e le sue conseguenze. Sono tante le persone che vivono fuori dai loro luoghi di origine, che sono state costrette a fuggire. Inoltre, la crisi economica ha lasciato più della metà della popolazione locale al di sotto della soglia di povertà. Tra la popolazione rifugiata, come percepiamo qui quotidianamente, questa percentuale sale al 90%.
Finché non costruiremo una società in cui potremo vivere con dignità, con il lavoro, con i diritti e nella sicurezza, non possiamo parlare di pace. La nostra esperienza di questi anni nel Progetto Fratelli ci dice che lavorare per la pace richiede molto tempo e risorse. La gente vuole la pace, ma ha molte ferite. E devono essere guariti. Se così non sarà, al massimo si potrebbe parlare dell’assenza della guerra, ma non della pace.

Arrivederci, fr. Giuseppe

Arrivederci, fr. Giuseppe

Fr. Giuseppe Banaudi ha compiuto 101 anni alla fine di luglio, lo scorso anno abbiamo festeggiato insieme alla sua grande famiglia e a tutti i fratelli maristi delle comunitá della Provincia Mediterranea il traguardo dei suoi 100 anni, insieme al confratello e amico Martino.

Ma lui stesso ci ricordava che ogni giorno che trascorreva era un passo verso l’appuntamento finale, verso quella casa del Padre che aspettava di raggiungere da tempo, un po’ impaziente come era nel suo carattere.

A fine agosto le sue condizioni si erano aggravate, anche a seguito di una caduta e da quel momento, pur recuperando una discreta luciditá, il suo fisico non si é piú ripreso.

Oggi, nella mattinata del 23 settembre, è tornato al Padre. Come sempre ha fatto nella sua vita, sicuramente ci stará giá preparando un posto e si stará dando da fare, libero ormai dagli acciacchi e dai limiti che le tante primavere avevano ormai accumulato.

Nell’attesa di ricordare la sua lunga vita, la sua passione, il suo essere semplicemente marista e il suo impegno, in particolare verso gli ultimi, che si è concretizzato nel sogno e nella realtà,della Famiglia Marista di Cesano Maderno che per tanti aspetti ha segnato un’epoca e favorito la collaborazione e la condivisione con i laici, informiamo che i funerali si svolgeranno nella chiesa di Borgo Salsasio mercoledì 25 settembre, alle ore 10:30.

Il messaggio con l’annuncio della morte di fr. Giuseppe

Nella celebrazione del funerale, svoltasi in parrocchia, invece della solita “biografia” per ricordare il lungo percorso umano e religioso di fr. Giuseppe, è stata utilizzata una originale preghiera dei fedeli, che inizia in questo modo:

A 13 anni Giuseppe lascia il suo paesello natale per recarsi nel seminario marista di Mondovì e lì intuisce che il Signore ha un grande progetto d’amore su di lui. Ascolta Gesù, accetta la sua proposta e sceglie di diventare un seminatore del Vangelo tra i giovani. Terminata la sua formazione, nell’agosto del 1946, si impegna per tutta la vita a vivere i voti di castità, povertà e obbedienza nell’Istituto dei Fratelli Maristi.

Signore, anche in ognuno di noi hai messo questa sete di infinito. Non permettere che viviamo a metà, donaci il coraggio di realizzare con l’impegno di ogni giorno, il capolavoro che tu hai progettato per ognuno di noi. Donaci la capacità di sognare e di sognare in grande. Per questo ti diciamo: NELLE PROVE DELLA VITA RAVVIVA IL NOSTRO ENTUSIASMO

Anche fr. Franco Faggin, che fino a poche settimane fa era il superiore della Comunità di Carmagnola e che ha vissuto con fr. Giuseppe per diversi anni a Cesano Maderno, ci ha regalato la sua testimonianza sull’impegno di quei tempi, che ha visto nascere il gruppo della Famiglia Marista Champagnat.

Di lui ricordo l’attaccamento al lavoro che i superiori gli affidavano, sia nel campo scolastico, sia nelle altre attività della vita. Quando il Superiore Generale ha spinto l’Istituto verso i poveri, Giuseppe si è prontamente attivato con i genitori dei suoi alunni e con quelli della scuola, che già riuniva settimanalmente per un incontro di preghiera. Da quel momento il gruppetto di pionieri si è chiamato “Gruppo Champagnat” e più tardi “Gruppo Champagnat della famiglia marista”.

Puoi leggere tutta la Preghiera dei fedeli e il Ricordo di fr. Franco in questo documento

E ci sembra bello ricordare alcuni momenti della vita di fr. Giuseppe con questa carrellata di foto

Le nostre Afriche…

Le nostre Afriche…

Nel mese di luglio fr. Roberto Moraglia e Mimmo Vitiello, entrambi di Giugliano, hanno vissuto un’esperienza speciale, una sorta di apripista per una futura attività in Camerun. In collaborazione con la fondazione Siamo Mediterraneo si sta infatti pensando ad un progetto che “consenta di vivere un’esperienza nel sud del Camerun dove i Maristi hanno avviato una nuova scuola bilingue di francese ed inglese. I volontari potranno offrire non solo un prezioso contributo alle attività della scuola, ma supporteranno i responsabili nella programmazione di un futuro progetto di solidarietà e cooperazione attraverso gemellaggi tra le classi delle scuole mariste italiane e l’Istituto camerunense.”

Lasciamo allora la parola a fr. Roberto, appena tornato da questa esperienza nel Camerun.

Tutto nasce agli inizi della Provincia Mediterranea, a inizio secolo, diciamo, quando si sono comprati dei terreni vicino alle capitali degli Stati in cui i Maristi erano presenti, o vicino a città importanti.

Così in Camerun, a pochi km da Douala, la capitale commerciale del paese, si è provveduto ad acquistare un terreno di circa 20 ettari. La città di Douala è a pochi km ma per raggiungerla ci vuole circa 45 minuti di macchina a causa delle strade in cattive condizioni e soprattutto per il traffico, sempre congestionato da macchine e da moto taxi.

A causa della grave crisi politica nel paese (una guerriglia estesa a molti territori anglofoni della zona) che sconvolge la nazione da diversi anni, si è deciso di costruire a Babenga una scuola bilingue per permettere l’accesso all’istruzione ai giovani del territorio ma soprattutto ai tanti bambini e ragazzi figli di famiglie che hanno preferito scappare dai territori anglofoni sconvolti dalla guerriglia.

Da pochi anni hanno ripreso a funzionare le scuole situate nei territori interessate dalla guerriglia, ma se si pensa che prima della guerra c’erano oltre 1200 alunni e adesso a malapena si sfiorano i 200, è evidente che la gente ha ancora paura, inoltre poche famiglie possono permettersi di pagare la sia pur esigua retta. necessaria per la gestione (inutile pensare che ci siano contributi statali).
In quel territorio, tra l’altro, funzionano solo le scuole religiose mentre i guerriglieri impediscono l’apertura delle scuole statali.

La commissione di solidarietà della Provincia marista ha deciso di affidare all’Italia uno Stato della Marist province of West Africa per organizzare un campo di volontariato e la scelta è caduta proprio sulla scuola di Babenga. Si tratta di una prima esperienza in assoluto, sia per noi che per loro.

Purtroppo questo primo anno non è stato possibile formare un gruppo di volontari ma con Mimmo abbiamo deciso comunque di partire per conoscere a fondo la realtà e valutare come organizzare per il futuro un campo di volontari.

Siamo davvero contenti della scelta che ci ha dato l’opportunità di conoscere un mondo bello e attraente anche se molto diverso dal nostro. E’ stato bello scoprire la gioia e l’affetto dei bambini, la loro semplicità e la capacità di vivere con poco e donando tanto affetto.
Sono stato contento di conoscere la presenza marista in questo continente e la situazione caotica di un mondo completamente diverso dal nostro ma allo stesso tempo affascinante. Ho sempre avuto una certa resistenza ad andare in Africa e le tante altre opportunità hanno preso il sopravvento.
Ora che ho compiuto questo primo passo e superata una certa resistenza, sono davvero contento perché come per magia (il fascino dell’Africa?) mi sono sentito attratto da questo mondo e quasi mi dispiace di non esserci venuto prima.

Dopo questa bella esperienza si passa alla parte pratica e ovviamente mi auguro di poter organizzare per il futuro un campo di volontari che possano lavorare con i bambini durante l’estate. Se a qualcuno l’idea può interessare, iniziamo a pensarci.

Si parte con l’idea di dare qualcosa e ti rendi conto che ricevi sempre di più di quello che dai.

Partire per rimanere

Partire per rimanere

L’evento che abbiamo vissuto in molti a Cesano Maderno, il 2 giugno, in occasione del saluto della comunità marista alla cittadina, è difficile da definire. Può sembrare un addio rassegnato, un commiato senza funerale… ma dobbiamo vederlo soprattutto come una tappa di vita che procede. Quando la realtà marista ha spiegato che a chiudere era solo la comunità, è stato bello ricordare le tante cose che invece restano e proseguono: la scuola media di via San Carlo con tutti i suoi docenti, il Centro Diurno dell’Albero con i suoi tanti bambini, il centro di distribuzione alimenti del fresco, in via delle Rose… non sembra proprio una partenza sconsolata…

Una congregazione religiosa per operare su un territorio deve necessariamente essere in sintonia con la diocesi, i maristi erano stati addirittura chiamati dal don Meani, nel ’66 e la collaborazione con le parrocchie è sempre stata una delle chiavi operative. Nel semplice discorso di saluto che fr. Damiano, il viceprovinciale dei maristi ha rivolto alla fine della messa di domenica, questi elementi di reciproco arricchimento sono stati ben evidenziati. Si opera insieme, come chiesa e il servizio è stato alla base della nostra presenza. Anche il ringraziamento del sindaco, Gianpiero Bocca, ha evidenziato l’affetto che accompagna questo processo.

Erano numerosi i fratelli maristi nella navata della grande chiesa di s. Stefano, Franco Faggin, Zeno, Giorgio, Roberto, Massimo… e tante anche le presenze di amici, docenti, alunni, ex-alunni per condividere insieme questo grazie. Una presenza speciale, ovviamente, era quella di fr. Claudio Santambrogio, fratello marista nato proprio a Cesano (ironia della sorte, a pochi passi di distanza dalla casa della comunità di via D. Chiesa) che ha vissuto in prima persona tutta la traiettoria della presenza marista in questo angolo di Brianza.

La celebrazione si è poi trasferita negli spazi della scuola, per un buffet organizzato dalla Famiglia Marista, il gruppo di volontari nati dalla intraprendenza di fr. Giuseppe (che salvo impegni si sta preparando a celebrare i suoi primi 101 anni, a Carmagnola), da sempre impegnati nel sociale. Molto apprezzata poi la mostra fotografica (grazie Marina, Elena e Dimitri!) che ha ripercorso in particolare gli ultimi 20 anni della comunità, ricordando la presenza di ciascuno, con il nome, tante foto e una pennellata affettuosa di memorie riconoscenti. Tanti gli alunni ed ex-alunni che si riscoprivano protagonisti e presenti nelle immagini; con la possibilità spesso di dialogare con i personaggi reali di queste memorie.

A conclusione del saluto il gruppo dei fratelli maristi si è ritrovato per condividere insieme il pranzo ed è sempre bello scoprire che anche nel personale della cucina si ritrovano vecchie conoscenze.

Aver seminato il carisma marista per quasi 60 anni significa poter vedere già oggi molti di quei germogli diventare realtà; era il sogno stesso di san Marcellino che proprio il 6 giugno viene festeggiato e ricordato in tutte le scuole mariste, oggi diffuse in 80 paesi del mondo e con una platea di oltre 600 mila alunni, ma non solo scuole, perché oggi l’educazione prevede altri scenari, spesso inediti. Anche in questo campo Cesano è stato un banco di prova, perché la Famiglia Marista è stato il pioniere tra i gruppi di laici e il centro Diurno l’apripista dei nostri centri sociali in Italia. In questo metaforico trasloco si raccoglie una preziosa eredità.

Abbiamo preparato un album fotografico con le immagini di questa giornata
e ci piace menzionare anche gli interventi che sono apparsi sulla stampa locale,
in questa piccola rassegna stampa.