Sfogliato da
Categoria: solidarietà

Pensare in grande…

Pensare in grande…

In questi giorni siamo rimasti tutti colpiti dall’ondata di solidarietà che si è riversata, dopo le piogge impressionanti, nelle zone del sud della Spagna colpite dalla DANA e sicuramente queste immagini ci hanno ricordato i tanti volontari che poche settimane fa hanno seguito praticamente lo stesso copione nelle nostre zone romagnole.

Sono davvero tante le persone che invece di maledire il buio accendono una luce.

Le opere mariste ogni anno invitano persone adulte a condividere le loro energie, forze e tempo con bambini e famiglie, specialmente in Africa.

Abbiamo raccontato su queste pagine il recente incontro di Mimmo e Roberto con la realtà dell’impegno marista in Camerun.

Se sei interessato a conoscere quello che si può fare nell’estate del 2025 ti puoi collegare al webinar su Zoom che si terrà giovedì prossimo.

Puoi anche registrarti per ricevere il link dell’incontro che si terrà online GIOVEDì 7 NOVEMBRE alle ore 18.30. Qui trovi il form per registrarsi.

Quasi in diretta dal Libano

Quasi in diretta dal Libano

Sull’ultimo numero di Vida Nueva, la principale rivista spagnola per quanto riguarda il mondo religioso, è appena stata pubblicata una intervista a fr. Juan Carlos.
Per noi maristi è un volto ben conosciuto e una presenza significativa della nostra provincia marista mediterranea. Fino a 3 anni fa era il nostro provinciale, responsabile di tutte le attività, amico e sostegno fraterno nei diversi ambiti di missione. Al termine del suo incarico una sola richiesta: quella di poter far parte del “progetto Fratelli” che da pochi anni aveva aperto i battenti nel sud del Libano, una comunità intercongregazionale, nella quale i maristi collaborano con i fratelli delle scuolae cristiane (lasalliani) a servizio delle persone più fragili di quel martoriato territorio.

La sede di questo progetto si trova a Rmayleh, un centro a pochi km a nord di Sidone; un tempo era un collegio marista, poi requisito dalle forze militari libanesi, che ancora ne conservano una parte. Si trova vicino a diversi campi profughi e dal 2015 è sede di questo progetto che si avvale anche della collaborazione di numerosi volontari e ong internazionali.

Fino a pochi mesi fa si occupavano soprattutto dei tanti sfollati e profughi della guerra in Siria. Il progetto si rivolge soprattutto ai piccoli, offrendo corsi di alfabetizzazione, scuola (impensabile poter inserire i tanti minori presenti nei vicini campi profughi nelle classi normali: i libanesi sono poco più di 6 milioni, in pochi anni i profughi siriani hanno superato il milione di arrivi…), ma anche formazione per gli adulti, le mamme, le donne, i giovani.

Per conoscere meglio questo progetto puoi dare un’occhiata alla loro pagina Facebook

Fa davvero effetto vedere le foto delle tante attività che si svolgevano fino a poche settimane fa in questo grande centro, e sapere che adesso tutto è fermo, chiuso per ovvi motivi di sicurezza.

Abbiamo chiesto a fr. Juan Carlos di poter tradurre e riportare sulle nostre pagine questa intervista che vi proponiamo, proprio per dare segni di speranza in un momento così difficile.

Juan Carlos Fuertes, missionario in Libano:

“Anche se crolla, Hezbollah rinascerà di nuovo, come sempre”

Insieme alla sua comunità e ad altri religiosi Lasalliani, questo marista promuove il Progetto Fratelli, nei pressi di quella che un tempo era Sidone.
“Senza un senso di appartenenza nazionale, le persone si sentono più legate al partito o alla confessione religiosa che al proprio paese”

La situazione sta diventando sempre più critica in Libano dopo l’offensiva di Israele contro Hezbollah nelle ultime settimane. La guerra si sta diffondendo in tutto il Medio Oriente e la violenza e l’odio imperversano. Il che si traduce in più morti. Ma, come in ogni dramma umano, ci sono sempre lampi di luce. Uno di loro è testimoniato dal missionario marista Juan Carlos Fuertes, che si dedica a fondo al Progetto Fratelli, un’opera intercongregazionale sostenuta da Manos Unidas e in cui, dal 2015, i maristi e i religiosi lasalliani (i Fratelli delle scuole cristiane, fondati da La Salle), vicino alla città di Saida (la biblica Sidone), offrono un servizio di accompagnamento integrale (dall’educazione al tempo libero) ai rifugiati provenienti dai conflitti nella regione. Oggi si prende cura di siriani e palestinesi, ma anche di tanti sfollati dal Libano stesso.

Come spiega questo religioso valenciano a Vida Nueva, è qui dopo aver detto “sì” tre volte nella sua vita. Tutto è iniziato “in una scuola marista dove ero studente. Lì i fratelli avevano un rapporto molto stretto e cordiale con tutta la gente. Questo ha permesso a me, come a molti altri, di conoscerli molto bene. Un giorno ho ricevuto l’invito a far parte di loro. Ho detto ‘sì’”

In un quartiere operaio

Più tardi, “quando avevo 26 anni, ho ricevuto un secondo invito: partecipare a una comunità marista in un quartiere operaio per fare volontariato in un appartamento del rifugio Proyecto Hombre. Dopo quel “sì”, direi che questa esperienza ha rafforzato la mia vocazione e le ha dato un senso. Mi ha aiutato a sentire la voce di Dio, che ascolta il grido dei poveri e fa qualcosa per loro”.
Di fronte al terzo invito, che ha avuto il grande impatto vitale di lasciare tutto per seguire la chiamata a venire in Libano, per collaborare con la comunità dei Fratelli e lavorare con i rifugiati siriani, “non ci ho pensato due volte e, sentendolo come un vero e proprio dono, ho detto il mio ultimo ‘sì’. La vivo come un’opportunità per essere fratello lungo le frontiere geografiche ed esistenziali della vita. E anche come un passo in più nel cammino della vita in cui Dio, che è all’origine della mia vocazione e mi guida ogni giorno, ha riempito la mia vita di sfide, di persone meravigliose e di benedizioni”.
Una valanga di vita e di speranza in mezzo all’orrore più assoluto.

DOMANDA: Qual è la situazione in Libano in questo momento dopo l’escalation della guerra da parte di Israele?
RISPOSTA: È facile immaginare la desolazione del popolo. Dopo quasi un anno di incertezza a causa dei continui bombardamenti nel sud del Paese, con sporadiche incursioni a Beirut e in altre zone del Libano, in quattro giorni il conflitto si è trasformato in una guerra aperta, causando più morti che nell’intero anno. A questo si aggiungono gli oltre mezzo milione di sfollati che hanno lasciato il sud per cercare un posto sicuro in cui vivere mentre questa situazione continua. Intanto gli attacchi continuano, sia nel sud che a Beirut e nella valle della Bekaa.
Per tutto questo, aumenta la paura della gente, l’insicurezza di fronte agli attacchi e l’incertezza su ciò che accadrà. D’altra parte, i bisogni crescono tra le persone che hanno lasciato le loro case e si ritrovano senza nulla nei rifugi o per strada. Sono necessari aiuti umanitari (cibo, coperte, materassi, prodotti per l’igiene…), così come un sostegno psico-sociale.

fr. Juan Carlos, marista, fr. Guillermo, lasalliano, Teresa, volontaria del Portogallo

D. – Nel Progetto Fratelli, in cui religiosi maristi e lasalliani sono impegnati da tempo con i rifugiati, come state attuando il vostro aiuto in un momento in cui molti libanesi sono sfollati nel loro stesso paese?
R: I bisogni della popolazione libanese sono aumentati dal 2018, quando nel Paese è iniziata una crisi senza precedenti. Si dice che sia tra le dieci più grandi crisi al mondo dal 19° secolo. Il nostro progetto nasce come risposta alla crisi dei rifugiati dopo le guerre in Iraq e Siria. E in effetti, i siriani, ma anche i palestinesi e i libanesi, continuano ad essere presenti nei nostri programmi.
Quando il conflitto sarà finito, dovremo fare una nuova valutazione dei bisogni, perché, da lunedì 23 settembre, il quadro è cambiato enormemente. Nel frattempo, il nostro centro si è messo al servizio delle istituzioni ecclesiali come la Caritas, così come degli spazi di accoglienza del territorio, per collaborare sia con gli aiuti umanitari che con le risorse educative.
Noi, come Progetto Fratelli, intendiamo riaprire il nostro centro il prima possibile e portare avanti i nostri programmi. Come spazio socio-educativo, comprendiamo che il miglior aiuto che possiamo fornire sono tutti i progetti educativi e psico-sociali che portiamo avanti per bambini, giovani e adulti. Questo diventa sempre più necessario sia tra i rifugiati che tra la popolazione locale.

Il grido del cardinale Raï
D. – Il cardinale Raï (vescovo cattolico maronita) è stato molto energico nel condannare l’attacco di Israele al Libano. Si teme un’invasione territoriale al livello di quella già avvenuta nel 2006? E cosa potrebbe succedere in questo caso?
R. – Le notizie internazionali dicono che Israele aveva già preparato un piano per invadere il Libano, cosa che ha iniziato a fare in parte. Il loro obiettivo è quello di rendere il nord del loro paese un luogo sicuro per i cittadini israeliani che possono così ritornare alle loro case. Ed è su questo che si sono concentrati finora, avvertendo più volte che, se la risoluzione 1701 dell’ONU non fosse stata rispettata attraverso i canali diplomatici, l’avrebbero fatta rispettare attraverso i canali militari. Se hanno un piano già pronto, lo eseguiranno. Lo abbiamo visto a Gaza.
Ne stiamo già vedendo le conseguenze. Dal 7 ottobre dello scorso anno, con l’attacco di Hamas a Israele, ci sono stati 90.000 sfollati in Libano. Ma, in un solo giorno, quando sono iniziati gli attacchi nel nostro paese, la cifra è salita a mezzo milione… E oggi si aggira intorno al milione. Le Nazioni Unite avevano un piano di emergenza che prevedeva una situazione di guerra aperta che sarebbe durata tre mesi e che avrebbe generato quel milione di sfollati. Erano preparati per questo. Ma tutto questo è un colpo in più per un Paese impantanato in una crisi multiforme e senza via d’uscita alla quale, se non ci sarà una soluzione a breve, potrebbe aggiungersi anche una tragedia umanitaria. Il Libano non può attendere altro tempo.

D: Data la realtà del malgoverno nel paese, come può il popolo libanese far credere che Hezbollah non lo rappresenti? Inoltre, è possibile che questa organizzazione paramilitare possa scomparire a causa del rifiuto della società che afferma di difendere e non tanto a causa del tentativo di Netanyahu di porvi fine?
R.- Dall’esterno, si vede chiaramente. Se Hezbollah è un problema, che i cittadini se ne liberino. Ma Hezbollah non è una realtà nuova e così facile da capire. È vero che c’è una gran parte del paese che non la sostiene né appoggia quello che sta facendo. Ma ha un’organizzazione complessa e, soprattutto, il supporto di migliaia di persone.
L’esistenza di questa milizia sciita parla dell’impossibile relazione tra Israele e il Libano meridionale. Mostra che per ciascuna delle parti non ci sarà riposo fino a quando l’altra non scomparirà. E questa scelta migliaia di persone lo portano incisa a fuoco nella parte più intima del loro essere. Inoltre, si sono preparati da tempo ad essere nemici e a impegnarsi in uno scontro. Tutto questo non pué terminare con una guerra o con il rifiuto di una parte del paese.
In molti si chiedono perché Hezbollah si sia dovuto coinvolgere in una guerra in cui non ha avuto nulla a che fare e ha trascinato il Paese sull’orlo del baratro. Questo gli ha fatto perdere una popolarità che si era già incrinata abbastanza. Ma va ricordato che molti hanno riconosciuto per anni che sono stati proprio loro a fermare Israele nella guerra del 2006, quando il suo esercito è entrato via terra.
Il problema del paese non è il malgoverno. Il Libano non ha risolto i problemi che ha avuto per anni. La guerra civile dal 1975 al 1990 ha lasciato molte ferite nella popolazione e una divisione quasi insanabile per decenni. Non c’è alcun sentimento di nazionalità. Le persone devono più al loro partito o alla loro confessione religiosa che al loro paese. Una nazione, tra l’altro, che non dà nulla in cambio e che lascia le persone senza protezione. Senza adeguati servizi pubblici di sanità, istruzione, trasporti… Solo l’esercito gode del sostegno maggioritario della popolazione.
E poi c’è la corruzione, che ha trasformato “la Svizzera del Medio Oriente” come era il Libano una volta, in una landa desolata senza futuro. Politici di tutti i colori hanno preso i soldi del paese senza alcuna considerazione. Ecco perché l’idea di Hezbollah non scomparirà facilmente, anche se i suoi leader vengono uccisi o il suo partito o la sua organizzazione crolla. Non importa. Rinascerà ancora e ancora perché vive in un paese povero che ha un nemico da cui difendersi: Israele.

Un messaggio di Pace

D. Dal punto di vista della fede cristiana, come cercate di trasmettere alle persone che accompagnate in un contesto di tale difficoltà un messaggio di pace che faccia tacere le armi e lavori per la riconciliazione?
R. Non è facile costruire la pace in un popolo abituato alla guerra. Sono tante le persone che hanno vissuto la guerra civile dal 1975 al 1990, la guerra del 2006, la guerra in Siria… e le sue conseguenze. Sono tante le persone che vivono fuori dai loro luoghi di origine, che sono state costrette a fuggire. Inoltre, la crisi economica ha lasciato più della metà della popolazione locale al di sotto della soglia di povertà. Tra la popolazione rifugiata, come percepiamo qui quotidianamente, questa percentuale sale al 90%.
Finché non costruiremo una società in cui potremo vivere con dignità, con il lavoro, con i diritti e nella sicurezza, non possiamo parlare di pace. La nostra esperienza di questi anni nel Progetto Fratelli ci dice che lavorare per la pace richiede molto tempo e risorse. La gente vuole la pace, ma ha molte ferite. E devono essere guariti. Se così non sarà, al massimo si potrebbe parlare dell’assenza della guerra, ma non della pace.

Le nostre Afriche…

Le nostre Afriche…

Nel mese di luglio fr. Roberto Moraglia e Mimmo Vitiello, entrambi di Giugliano, hanno vissuto un’esperienza speciale, una sorta di apripista per una futura attività in Camerun. In collaborazione con la fondazione Siamo Mediterraneo si sta infatti pensando ad un progetto che “consenta di vivere un’esperienza nel sud del Camerun dove i Maristi hanno avviato una nuova scuola bilingue di francese ed inglese. I volontari potranno offrire non solo un prezioso contributo alle attività della scuola, ma supporteranno i responsabili nella programmazione di un futuro progetto di solidarietà e cooperazione attraverso gemellaggi tra le classi delle scuole mariste italiane e l’Istituto camerunense.”

Lasciamo allora la parola a fr. Roberto, appena tornato da questa esperienza nel Camerun.

Tutto nasce agli inizi della Provincia Mediterranea, a inizio secolo, diciamo, quando si sono comprati dei terreni vicino alle capitali degli Stati in cui i Maristi erano presenti, o vicino a città importanti.

Così in Camerun, a pochi km da Douala, la capitale commerciale del paese, si è provveduto ad acquistare un terreno di circa 20 ettari. La città di Douala è a pochi km ma per raggiungerla ci vuole circa 45 minuti di macchina a causa delle strade in cattive condizioni e soprattutto per il traffico, sempre congestionato da macchine e da moto taxi.

A causa della grave crisi politica nel paese (una guerriglia estesa a molti territori anglofoni della zona) che sconvolge la nazione da diversi anni, si è deciso di costruire a Babenga una scuola bilingue per permettere l’accesso all’istruzione ai giovani del territorio ma soprattutto ai tanti bambini e ragazzi figli di famiglie che hanno preferito scappare dai territori anglofoni sconvolti dalla guerriglia.

Da pochi anni hanno ripreso a funzionare le scuole situate nei territori interessate dalla guerriglia, ma se si pensa che prima della guerra c’erano oltre 1200 alunni e adesso a malapena si sfiorano i 200, è evidente che la gente ha ancora paura, inoltre poche famiglie possono permettersi di pagare la sia pur esigua retta. necessaria per la gestione (inutile pensare che ci siano contributi statali).
In quel territorio, tra l’altro, funzionano solo le scuole religiose mentre i guerriglieri impediscono l’apertura delle scuole statali.

La commissione di solidarietà della Provincia marista ha deciso di affidare all’Italia uno Stato della Marist province of West Africa per organizzare un campo di volontariato e la scelta è caduta proprio sulla scuola di Babenga. Si tratta di una prima esperienza in assoluto, sia per noi che per loro.

Purtroppo questo primo anno non è stato possibile formare un gruppo di volontari ma con Mimmo abbiamo deciso comunque di partire per conoscere a fondo la realtà e valutare come organizzare per il futuro un campo di volontari.

Siamo davvero contenti della scelta che ci ha dato l’opportunità di conoscere un mondo bello e attraente anche se molto diverso dal nostro. E’ stato bello scoprire la gioia e l’affetto dei bambini, la loro semplicità e la capacità di vivere con poco e donando tanto affetto.
Sono stato contento di conoscere la presenza marista in questo continente e la situazione caotica di un mondo completamente diverso dal nostro ma allo stesso tempo affascinante. Ho sempre avuto una certa resistenza ad andare in Africa e le tante altre opportunità hanno preso il sopravvento.
Ora che ho compiuto questo primo passo e superata una certa resistenza, sono davvero contento perché come per magia (il fascino dell’Africa?) mi sono sentito attratto da questo mondo e quasi mi dispiace di non esserci venuto prima.

Dopo questa bella esperienza si passa alla parte pratica e ovviamente mi auguro di poter organizzare per il futuro un campo di volontari che possano lavorare con i bambini durante l’estate. Se a qualcuno l’idea può interessare, iniziamo a pensarci.

Si parte con l’idea di dare qualcosa e ti rendi conto che ricevi sempre di più di quello che dai.

Siria: un anno dopo

Siria: un anno dopo

Il 6 febbraio dello scorso anno la Siria veniva colpita da un forte terremoto. Una drammatica batosta, come se non bastasse la guerra che da anni infierisce su questo paese. Come maristi siamo sempre attenti e sensibili a quanto capita in questa terra, consapevoli del forte legame con la città di Aleppo, dove da anni il gruppo dei Maristi Blu continua la sua opera di speranza, nonostante le difficoltà che sembrano aumentare, invece che diradarsi.

Anche FMSI, la fondazione marista per la solidarietà internazionale, ha sottolineato questo evento, cercando di capire quale sia oggi la situazione e quali possano essere i margini di intervento e di aiuto.

Proprio il giorno prima dell’anniversario, il 5 febbraio, è stata diffusa l’ultima Lettera da Aleppo, uno strumento di comunicazione che da anni ci aiutare a conoscere e comprendere dal di dentro la reale portata di questa guerra, delle sanzioni e la situazione reale delle persone. Di solito il primo intermediario italiano per questo drammatico bollettino è il sito Ora Pro Siria, che mantiene alta l’attenzione e la conoscenza dei fatti in questo territorio. E’ proprio su questo blog che si possono trovare le altre lettere (l’ultima è proprio la lettera n. 48 del 5 febbraio) e le tante comunicazioni che riguardano la Siria; impressiona notare il numero di presenze cristiane di questa terra, culla della fede e testimone della possibilità di convivere insieme con altre esperienze religiose.

Abbiamo pensato di concentrare sul nostro sito questa realtà e questi documenti, dando spazio ad una pagina che raccolga le varie Lettere da Aleppo in italiano, che sono giià variamente diffuse in rete, nelle loro versioni in francese e in spagnolo. Si possono quindi visualizzare qui e cliccando sul logo dei Maristi Blu che si trova sulla colonna a destra del nostro sito.

Nel complicato medio oriente

Nel complicato medio oriente

Gli eventi che continuiamo a vedere ogni giorno da quel tragico 7 ottobre ’23 nel tormentato scenario della terra sacra alle 3 grandi religioni non solo ci angosciano, ma ci ricordano anche gli stretti contatti con persone, realtà, progetti che in quei territori si cerca di portare avanti, nonostante la fatica e le difficoltà.

Pensiamo al Progetto Fratelli che si trova nel sud del Libano, a poche decine di km dalla frontiera con Israele, luogo già tormentato e bersaglio di lanci di missili; qui il progetto è tutto dedicato alla cura e alla formazione dei tanti sfollati dalla vicina Siria e i timori crescono con il perdurare delle ostilità; ma pensiamo anche alla realtà di Beirut, con la sua miscela esplosiva di culture lingue e sensibilità; la grande scuola marista ha già dovuto affrontare la pesante crisi economica cittadina e nazionale dopo l’esplosione del porto, che ha aggiunto tragedia alla disperazione di un popolo già sofferente.

Ma il pensiero più urgente non può non andare ai nostri fratelli di Aleppo. Forse ci siamo meravigliati che il suo aeroporto sia stato colpito dai missili di Israele, ma sappiamo bene che l’equilibrio che mantiene un certo status-quo è davvero fragile. Eppure è proprio qui che i Maristi Blu continuano la loro presenza e ci spronano a superare quelli che sono i nostri piccoli problemi.

In questi giorni è appena arrivata la nuova “Lettera da Aleppo”, subito tradotta dagli amici del sito Ora Pro Siria e vi invitiamo a leggerla per capire come sia importante la loro presenza e quanto possa essere utile anche a noi fare nostre queste motivazioni profonde. Perché vale la pena non arrendersi al male e continuare ad accendere una luce.

Lettera da Aleppo n. 47 – 22 ottobre 2023

E anche il nostro provinciale, fr. Aureliano, ci invita a vivere questi momenti con attenzione e impegno, è appena giunta una sua lettera accorata che ci invita a non rimanere passivi, a non chiuderci nel silenzio. Per questa occasione oltre alle versioni in spagnolo, italiano e francese, la lettera ci arriva anche in arabo e non si tratta di un capriccio dettato dal momento; se pensiamo alle realtà in cui ora siamo immersi sono davvero tanti i nostri amici e collaboratori che si esprimono in questa lingua (dalla Siria al Libano, ma anche dalla Sicilia al sud della Spagna).

Arrivederci, cara Paola

Arrivederci, cara Paola

La nostra amica, Paola Maggioni, era malata da tempo. Ma per lei questo era un dettaglio trascurabile, che non condizionava più del necessario il resto della sua vita. Vita che per molti anni abbiamo condiviso insieme, nella scuola marista, nella missione, nel volontariato.

E’ stata docente della scuola marista di Cesano Maderno dal 1987 al 2001, e poi, nuovamente, dopo una pausa come bibliotecaria a Milano, dal 2012 al 2018, insomma, nella nostra scuola era un punto di riferimento e una presenza costante.

Indomita prof di italiano, piena di energia e di inventiva, non passava anno che non si confrontasse con nuove esperienze: dalle gite in montagna alle settimane bianche sulla neve, dai tour sempre un po’ faticosi con le gite di classe agli scambi culturali con le scuole mariste della Spagna. Sempre in prima linea, nonostante covasse già in agguato da tempo il male che si faceva inesorabilmente strada. Lo affrontava con serenità e grinta, senza mai abbattersi e soprattutto senza lasciar mai trasparire nel suo impegno questa situazione difficile.

Sempre legata all’ambiente della scuola, si era poi avvicinata al volontariato con la Famiglia Marista, che si occupava della distribuzione del fresco, in Via delle Rose a Cesano e del centro diurno L’Albero, tanto da diventare poi il punto di riferimento dell’associazione quando ormai Delia, anche lei provata dalla malattia, non poteva più essere operativa.

Insomma, invece di tirare i remi in barca e leccarsi le ferite, era sempre sulla breccia per cercare di dare una mano ed essere di stimolo, fino a quando le forze glielo hanno consentito. Un esempio che ci ha segnato in modo forte e significativo, una strada da seguire.

La notizia della sua morte ci ha raggiunto in piena estate, il giorno 27, quasi inaspettata perché dopo un periodo tormentato sembrava che stesse riprendendo un po’ le forze; i funerali si sono svolti sabato 2 settembre nella chiesa parrocchiale San Pancrazio di Bovisio Masciago.

E riportiamo con piacere l’articolo pubblicato pochi giorni dopo il funerale sul Giornale di Seregno.

Ci piace ricordarla con le parole che le hanno rivolto alcune delle sue amiche e colleghe docenti e con una carrellata di foto della sua bella esperienza di vita. Grazie Paola!