20/06 – Come ogni anno il calendario, implacabile, ci ricorda gli appuntamenti della storia che ancora sono in attesa di un nostro intervento. Dopo la tragedia di Cutro si pensava di aver toccato quasi il fondo, ma sono bastate poche differenze di coordinate geografiche e il rimpallo di responsabilità si è riacceso per capire come si poteva evitare la nuova, immane, tragedia, al largo del Peloponneso, in Grecia.
Fa davvero un brutto effetto vedere che sulle pagine web di tanti giornali, ma anche sulla carta stampata e sui vari media, con poche eccezioni, fatica ad emergere questa nuova tragedia. Eppure i numeri sono agghiaccianti. Un centinaio di superstiti, quasi 80 cadaveri, ma ciò che pesa è lo spettro degli altri “dispersi”, che un nome e un volto non hanno. Nemmeno un numero, in questo caso, anche se le testimonianza parlano di forse 500 persone.
Che almeno ci sia qualche voce a ricordarci come vanno veramente le cose, qual è il peso reale della vita e di quanta fortuna disponiamo. Oggi sono numerose le ONG che stanno utilizzando questo banner per aderire al “lutto universale”, solo pochi giorni fa l’Italia ha decretato un lutto nazionale per un personaggio politico, ma si direbbe che le centinaia di persone morte nel tentativo di attraccare sul nostro suolo siano praticamente invisibili per l’opinione pubblica.
A volte possono servire anche le immagini a farci riflettere, come le provocazioni del fotografo turco Ugur Gallenkus che gioca sul contrasto tra il nostro mondo e quello, drammatico, di chi vive queste tragedie sulla sua pelle.
La ricorrenza del 20 giugno serve proprio a questo. Certo che a scorrere le news e i messaggi presenti sulla pagina ufficiale dell’UNHCR, che da anni è in prima linea per ricordare il dramma dei rifugiati, di belle notizie proprio non se ne vedono. Leggere che ormai “le persone nel mondo costrette a fuggire da guerre e persecuzioni raggiungono la cifra record di 110 milioni” fa tremare i polsi per chi si trova ogni giorno a contatto reale con queste situazioni. Perché da qualche parte questi milioni di persone arrivano, si spingono, cercano almeno di farsi strada.
Purtroppo di rifugiati, migranti e problemi collegati ne conosciamo tanti anche noi, ogni giorno qualcuno passa al Ciao e le richieste, le emergenze, le necessità sono quotidiane. Sarebbe saggio poter passare dal tamponamento delle emergenze alla proposta di interventi meno episodici; un piccolo centro, come il nostro, può e vuole essere almeno di stimolo in questo senso.
Contiamo, inoltre, sulla collaborazione e partecipazione di tanti, gruppi, associazioni, amici, che hanno a cuore questa realtà, perché consapevoli che il nostro futuro non potrà nascere dal chiudere gli occhi su questi problemi o sperare che altri li risolvano.