chiamiamolo facebook
Anni fa aveva fatto notizia lo strillo di agenzia che una famiglia, nella sfortunata Romania di Ceausesco, dopo anni di attese per collegarsi finalmente alla rete telefonica, quando la agognata linea ha raggiunto la casa e la cornetta è stata intronizzata nel salotto, poiché era da poco nato l’erede di famiglia, avevano deciso di chiamarlo “Telefono”. Semplicemente. Senza pensare a tutte le possibili riflessioni sul caso (dalla ridicola “Ciao, c’è Telefono al telefono”, alla metafisica “cosa avrà mai voluto dire Telefono al telefono…”). Sulla scia della notizia si veniva poi a scoprire che sempre in Romania non era raro incontrare nomi suggestivi, come Rambo II, Superman, altri titoli di film occidentali… insomma una sfrenata fantasia onomastica, complice anche un regime particolarmente stretto e oppressivo.
Adesso è arrivata una notizia simile: in Messico una coppia ha deciso di chiamare il figlio con il nome di Facebook; ma gli uffici dell’anagrafe devono aver storto un po’ il naso.
Sono le punte di qualche iceberg, segnali un po’ variegati di come certi strumenti segnino un’epoca, di come le attese dei padri debbano spesso ricadere sui figli.
Chissà perché non nascono più cognomi, invece 🙂
ma immaginiamoci il destino di questa persona quando, presumibilmente, la bolla di Facebook sarà meno vistosa, o quando altre metafore comunicative avranno la meglio. E’ solo questione di tempo, sicuramente ci troveremo di fronte a nuovi strumenti e modelli, nuove strategie e nuove mode. Sarebbe intelligente non considerare le persone alla stregua di etichette, temporali o geografiche, ma di protagonisti e attori di questi nostri giorni così rapidamente incerti.
Sapendo per esperienza quanto i nomi costruiscono della nostra identità, ci può consolare il fatto che nella vita quotidiana c’è poi ampio spazio per i nickname, gli pseudonimi, gli adattamenti letterali.
E siccome è aperta anche la caccia alla protezione dei nomi mediante brevetti e copyright, speriamo almeno che il giorno del compleanno non tocchi, al povero Facebook, pagar dazio, o qualche royalties…