Quando i romani facevano i Romani
data astrale: domenica 28 luglio: meta: la valle della Bekaa. E’ un nome che spesso associo a guerre, sconfinamenti, beduini in rivolta, scontri culturali. E forse non basta nemmeno… Scollinando dalla zona di Faraya ci arriviamo dopo una scarrozzata abbondante, che passa dagli chalet quasi-svizzeri della Libano bene (anzi, benissimo, prati rasati, costruzioni in legno, piste da sci e skilift, ordine e disciplina…) agli scenari di mezza montagna, con tende di pastori e greggi di capre che si accapigliano per i pochi arbusti presenti.
Poi, dopo aver superato le cime aride di questa catena del Monte Libano si scende rapidamente verso un’ampia valle, delimitata dai monti dell’antilibano (dopo c’è già la Siria). Qui i due fiumi importanti fanno pari e dispari, uno andrà a nord e l’altro proseguirà verso il sud, per infilarsi poi nelle acque di quei Tigri&Eufrate di biblica memoria. E cominciano i campi, patate, pomodori, ortaggi, una strana pianta (ehm, dovrebbe essere qualcosa che ad Amsterdam si può vendere liberamente e quella libanese sembra una delle migliori…), putroppo osserviamo anche tanta plastica e sporcizia un po’ ovunque, nonostante si debba spesso fare lo slalom tra un posto di blocco e l’altro (in questa giornata ne incontreremo almeno 6). Giunti a metà vallata si prende la grande strada che la solca tutta e si va in direzione nord, verso la grandiosa Baalbeck.
Baalbeck: uno viene dall’Italia, conosce Roma, ha girato per le vie di Pompei, ammirato l’anfiteatro di Capua, pensa di averle viste un po’ tutte le meraviglie romane. Ma poi arriva qui, a Baalbeck e la matassa si ingarbuglia. Prima ti portano a vedere una pietrona, immensa, impossibile quasi da muovere, lasciata ancora nella cava. Ma poi trovi le pietre sorelle, altrettanto immense, a fare da basamento ai templi di questo spettacolare sito archeologico. Dimensioni colossali, colonne che nemmeno a Roma si incontrano, misure da capogiro, tetti e costruzioni impressionanti.
Ti muovi tra le rovine e ti chiedi che impatto potevano avere in quel tempo certe opere colossali. E l’ammirazione cresce. Tempio di Giove, di Bacco e ovviamente di Venere (con tutte le declinazioni possibili), oggi ancora utilizzati e fruibili per concerti e spettacoli. Dall’epoca Fenicia fino a quella Ottomana (ma la nostra guida, il solerte fr. Georges Trad ci faceva notare che le aggiunte di matrice araba erano molto limitate…). Innovazioni tecnologiche di grande impatto, scalinate scavate nella pietra viva, non per sovrapposizione di gradini, statue e colonne gigantesche (quelle di granito, poi, una pietra del tutto assente dai territori limitrofi, giunte via nave dall’Egitto), frontoni innalzati a oltre 20 metri di altezza (chissà con quali macchinari, vien da chiedersi). Si resta a bocca aperta e si pensa alle buche di Roma, oggi, ai problemi a volte meschini e alle difficoltà burocratiche nel costruire ponti e strade. Veramente qui si avverte una Roma spettacolare.
Poi continuiamo la nostra scorribanda lungo la valle, per giungere fino a Ksara, una zona agricola molto vivace. Qui visitiamo una cantina rinomata, i vini Ksara. Era un’antica proprietà dei Gesuiti e, si sa, il vino da messa serviva anche qui. Il terreno era adatto, importarono i vitigni dalla Francia e iniziò la produzione. Oggi l’azienda è passata in altre mani e produce annualmente oltre 2 milioni di bottiglie di vino di alta qualità; per l’invecchiamento si sfruttano le cantine realizzate nel sottosuolo, circa 2 km di sotterranei a temperatura costante. Insomma, in vino veritas!
L’ultima tappa è nella cittadina di Zahle, luogo di origine di fr. Georges Trad, che gioca praticamente in casa; mangiamo nei pressi del fiume che attraversa la città e crea uno spazio fresco in una piccola valle, affollata di ristoranti e locali tipici; poi visitiamo una chiesa greco cattolica. Per noi, abituati ad una tranquilla monotonia italiana è sempre difficile cogliere le sfumature tra i vari riti e confessioni cristiane. Ma qui si va dagli Uniati agli Armeni passando tra le tante sfumature greche e bizantine…: la chiesa è un tripudio di icone e di rappresentazioni suggestive. Dobbiamo fare presto perché sta per iniziare un matrimonio. Ma l’addobbo floreale è così imponente che ci lascia quasi di stucco… con rose e fiori a non finire in bella mostra. Terminiamo sulla collina della città, dove ovviamente la fede cristiana ha messo come simbolo la Vergine, a protezione dei fedeli.
E capiamo che in queste terre non si tratta tanto di giochi di parole, il contrasto e lo scontro religioso c’è stato e le conseguenze si trascinano ancora, ma la figura di Maria è almeno un elemento che avvicina cristiani e musulmani, quasi in egual misura! Forse è la soluzione migliore per tentare il dialogo, senza troppe parole.