Sui passi di Marcellino
Altro appuntamento significativo di questi giorni è il percorso ormai classico sui passi di Marcellino Champagnat, che in questi luoghi è nato, cresciuto e “decollato” verso destinazioni che ancora oggi coinvolgono migliaia di persone appassionate.
Così lunedì mattina siamo partiti tutti insieme, i magnifici 7 e Jeff (perché purtroppo Angel è dovuto tornare rapidamente in Spagna per la mamma, deceduta in seguito ad una caduta). Insieme a noi c’era anche fr. Benito, in splendida forma; fa veramente piacere condividere questi giorni con lui (ex-superiore generale dell’Istituto, ma ancora così fresco e stimolante).
L’itinerario è quello classico; per prima cosa abbiamo visitato la piccola frazione del Rosey, dove Marcellino è nato. Per chi l’ha già vista altre volte non ci sono particolari novità, a parte il fatto che adesso vive qui una piccola comunità marista, 3 fratelli incaricati dell’accoglienza dei numerosi pellegrini e turisti. Si entra nella piccola stanza che racchiude il forno di famiglia, si sbircia dalla finestra che forse era quella della camera di Marcellino, contemplando un panorama davvero bucolico (ma il senso dell’agreste dipende tutto dal fatto che non sei tu a doverti occupare delle mucche e dei cavalli che vedi pascolare sui prati!). Nel nostro gruppo ci sono Almera e Qalista, le due laiche provenienti dall’Asia, che forse hanno sentito poche volte ripetere gli aneddoti e le narrazioni classiche; la mela per il catechismo (quel ragazzino che ascoltando i primi catechismi di Marcellino deciderà poi di farsi prete, sarà il primo vescovo martire dell’Oceania, ed era nato proprio in una di queste casette qui vicino, Mons. Epalle), il piccolo gregge, la Rivoluzione… così decidiamo di non dare nulla per scontato e un po’ a turno raccontiamo i diversi episodi.
Scendiamo tranquillamente a piedi (poco più di 2000 passi) fino al centro di Marlhes, entriamo nella solenne chiesa parrocchiale, la più alta e magnifica di tutto il territorio, anche se la chiesa centrale è quella di St. Genest Malifaux, che tra l’altro ha preso recentemente il nuovo nome di Parrocchia di Saint Marcellin en Pilat, e seguiamo la descrizione di fr. Benito, che ci spiega il senso di quella statua in granito che la gente del luogo ha dedicato al “roccioso” Marcellino. Sorridiamo nel vedere le vetrate un po’ naif, disegnate dai bambini, ma poi cambiamo opinione quando ascoltiamo che sono state fatte insieme ai fratelli come omaggio proprio per i fratelli maristi. La scuola qui vicino è già piena di bambini, un tempo era dei maristi che poi l’hanno lasciata (con tutte le vicissitudini che hanno attraversato la storia francese del 1900), ma porta ancora il nome di Marcellino.
Riprendiamo il pulmino e ci rechiamo al Bessat, altro luogo simbolo, vicino a quell’episodio del giovane morente che tanto filo da torcere dà oggi ai nostri storiografi maristi (ci sarà stato? era proprio della famiglia Montagne? si chiamava così? com’è che non si riscontra nessun documento? a quando risale il fatto?…), fermo restando che episodi del genere, di giovani vite spezzate senza nemmeno conoscere il senso vero della vita, Marcellino ne avrà incontrate diverse, nei suoi primi anni da vice-parroco. Con questo spirito osserviamo la placca posizionata negli anni ’80, i resti della casa (che ostruiva il progetto della nuova strada e quindi è stata demolita)… E poi, attraversando colline puntellate da mucche, cavalli, abetaie fitte fitte (Qalista che viene dalle foreste tropicali, così aggrovigliate, si stupiva di tutto questo “ordine” vegetale), stagni e laghetti, siamo arrivati finalmente a Lavalla. Qui incontriamo quasi tutta la comunità al completo, che ci invita a pranzo. Solo dopo inizieremo il giro della casa ristrutturata.
Come gruppo Lavalla200> ci sentiamo davvero a casa. Qui è iniziato un po’ tutto, anche se la ristrutturazione della casa ha dovuto fare i conti con il tempo passato e con le tante ‘ristrutturazioni’ che i fratelli avevano già apportato lungo i decenni, come la famosa tavola realizzata da Marcellino. Benito ci racconta di quel fratello che dopo gli anni 50 voleva fare un po’ di pulizia nella vecchia casa e stava per rompere quel vecchio tavolaccio abbandonato all’esterno. “Fermati, cosa fai, non ti ricordi che i ‘vecchi’ ci raccontavano che questo tavolo era stato costruito proprio dal Fondatore?” ; bene, ora ci siamo noi, seduti a questa tavola, per un momento di riflessione. Immediatamente ripensiamo al mese vissuto insieme a Canale Monterano, spesso intorno alla tavola di cucina, un po’ tutti affaccendati a preparare o sistemare cose e poi tutti riuniti per il pranzo o la cena. Un tavolo è davvero un catalizzatore formidabile; Marcellino aveva calcolato giusto.
E infine, dopo aver visitato la piccola chiesetta di Notre Dame de Pitiè, che Marcellino aveva tentato di rimettere un po’ in sesto (ma che ancora adesso è mezza rovinata dall’umidità), proprio di fronte al luminoso cimitero di Lavalla, col suo cancello spalancato sul panorama, riprendiamo la via di casa. E quasi tutti decidiamo di seguire il sentiero che porta a valle, percorso chissà quante volte da Marcellino e dai primi fratelli. Ecco la croce, rossa come ai tempi dell’arrivo di Marcellino in questa parrocchia di montagna. Bello farlo in discesa, sulle pietre levigate da tempo, in mezzo ai pascoli, vicino al fiume, oggi imbrigliato da due piccole dighe e con la pretesa del piccolo lago alpino. Arriviamo rapidamente a casa, con la possibilità di ripassare con calma le immagini e le impressioni di quest’oggi.