Il guardiano del Faro
Nei ricordi un po’ sbiaditi dei miei tempi, rimane vivace la memoria di una trasmissione televisiva che io sbrigativamente chiamavo “il guardiano del Faro“, forse per via delle musiche che ebbero un discreto successo alcuni anni dopo, composte da un omonimo musicista, uno dei primi ad utilizzare il moog come strumento all-in-one per i suoi brani.
E poi, avendo vissuto sulla costa ligure per tanti anni, di fari ne vedevo spesso, da quello a metà strada tra Arma e Sanremo, agli altri disseminati lungo l’Aurelia. Un edificio ricco di fascino e suggestione. Probabilmente destinato a scomparire, come le case cantoniere, sotto le bordate del GPS e dei nuovi strumenti di navigazione satellitare.
Ancora pochi mesi fa, insieme a Nina e Rosa, visitando Capri, ci siamo imbattuti nel grande faro di Punta Carena che accoglie i traghetti, il secondo più grande d’Italia (dopo la Lanterna di Genova, che una volta ho tentato inutilmente di raggiungere in bici dallo Champagnat, perdendomi in viuzze e vincoli stradali vari…).
Ma se non fosse stato per l’abilità narrativa di Rumiz mi sarei accontentato di questi ricordi d’infanzia, di qualche foto estiva. Invece sono rimasto particolarmente affascinato dal suo libro, Ciclope. Un testo per molti aspetti inusuale. Conoscendo già l’autore avevo pensato: intanto lo prendo, poi, magari gli do un’occhiata. E invece in pochi giorni, complice quest’ultimo periodo di quasi chiusura delle attività, mi ci sono immerso e felicemente inabissato.
Non è un romanzo, un resoconto di viaggi (Rumiz è praticamente fermo e isolato su quest’isola misteriosa per tutto il testo, pur spaziando praticamente ovunque…), un saggio sociologico sulla distanza e lentezza che aiutano nella riflessione, o una dissertazione sull’invadenza di Internet, visto che nel finale si sente quasi miracolato per aver goduto di 3 settimane di completo distacco dalla rete, che spesso ci vincola più di quanto ci liberi. Non è nemmeno un libro poetico, anche se le descrizioni, le riflessioni e le conclusioni a cui giunge sfiorano in molti passi un afflato che non è semplicemente prosa. La trama è semplice, quasi inesistente. L’autore si reca per un breve periodo su quest’isola piuttosto lontana e remota del mediterraneo (fornisce qualche indizio, ma non ne rivelerà mai il nome, per consentirci una personale caccia al tesoro), per un periodo di stacco completo, quasi un ritiro totale, ospitato nel faro che è l’unico edificio dell’isola, abitato da un paio di custodi e, nel finale, da una piccola famigliola. Pochissime le relazioni con le persone, di civilissima ed elegante convivenza, con poche interazioni, qualche brindisi, una cena o un pescato alla brace da condividere, pochi e semplici gesti. L’autore è armato di quaderni e taccuini, sui quali fissa dettagli, impressioni, ricordi, assonanze, emozioni sui pochi fatti che avvengono sull’isola, almeno in apparenza, perché da spunti quotidiani si passa facilmente a divagazioni cosmiche….
Le giornate sembrano susseguirsi senza sbalzi, apparentemente monotone, ma in profondità ricche di appigli per rileggere episodi della propria vita, della storia, delle consuetudini umane, in un’ottica di profondo distacco e pacatissima quiete. Tanti i rimandi ad altri luoghi, soprattutto collegati per la presenza di altri fari di particolare impatto e significato per l’autore. Veniamo così accompagnati in numerose zone del mediterraneo, dell’Europa del Nord, delle coste nordamericane, fino al Cile, qualche sprazzo di Africa, un itinerario di luci sul mare che a volte suggerisce la domanda: “Ma quanto avrà girato in vita sua Rumiz?“.
Numerose riflessioni sono intrecciate al tema del mediterraneo, agli eventi che su queste sponde la storia ci ha regalato e da cui siamo comunque segnati. Si avverte una fascinazione quasi religiosa nel riflettere su come la vita cambi di prospettiva se la guardiamo da un osservatorio così speciale come può essere un faro, che obbliga a fare i conti con se stessi, le proprie radici e le proprie vicissitudini. Riflessioni sempre lucide, e mai sbrigative, spesso grondanti di richiami letterari, che spaziano dalla mitologia ai contemporanei, Walkott ed Hemingway tra i tanti…
E leggendo ti immagini ovviamente cosa proveresti tu a passare dei giorni in situazione simile… a tu per tu con l’immensità del mare, con le incognite del viaggio, del tempo che cambia senza chiederti permesso (e nel mare le previsioni meteo sono davvero bizzarre e improponibili). Un viaggio letterario denso. Da provare.
Qualche post fa ero titubante su una delle mie ultime recensioni (riguardava il libro La Mennulara), pensavo fosse poco “equilibrata” per i criteri di AMZN, visto che già diverse volte mi avevano rifiutato delle recensioni un po’ troppo ‘spensierate’… e invece…. 🙂 Ma la cosa che mi ha stupito di più è che poco fa ho inserito anche la parte centrale di questo post come recensione al libro di Rumiz, sempre su AMZN, e dopo nemmeno mezz’ora era già online (ho appena ricevuto la mail di conferma). Avranno assoldato nuovi scrutatori o istruito qualche nuovo bot di IA per verificare la coerenza con i criteri di Bezos? Chissà…
A questo punto ecco qualche foto di fari che, poco alla volta, ho collezionato tra le mie foto