Verso la necropoli di Cassibile #1
Ci stavo pensando già da un po’ di tempo, ma durante la settimana diventa sempre difficile muoversi . Così ho approfittato della pausa pasquale per tentare un’escursione verso la necropoli di Cassibile.
Come al solito ho cercato di documentarmi prima del viaggio, ma di indicazioni molto precise su questa località non se ne trovano facilmente. Alla fine capisco anche il perché.
Questo luogo, archeologicamente molto interessante e ancora adesso piuttosto selvaggio, non ha ricevuto grandi attenzioni, vuoi per la posizione vuoi per l’estensione. Dopo quella di Pantalica è una delle necropoli più vaste della Sicilia. La stessa pagina di Wikipedia la presenta con una foto dalla didascalia molto esplicita: “la necropoli vista da lontano”. Perché questo “lontano” sarà un po’ il leitmotiv della giornata.
Decido di partire a fine mattinata, in bici, sperando in un traffico meno pesante. Ma non avevo calcolato il vento. Pazienza, non avendo fretta si può dosare meglio il tempo.
Dopo aver attraversato Cassibile prendo la prima strada che a destra oltrepassa l’autostrada e si avvia verso i rilievi. La direzione è per Canicattini, ma alla prima deviazione a sinistra trovo subito il cartello che indica la direzione per la necropoli. Sarà anche l’ultima indicazione ufficiale, dopo di che bisognerà affidarsi un po’ all’intuito.
(la traccia del percorso, o quel che l’è, la puoi vedere qui)
La necropoli si adagia con evidenza sulle balze dei primi rilievi. Un tempo questa era tutta zona del Marchese di Cassibile. Una tacita convinzione dice che per attraversarla non servano permessi particolari, basta rispettare il luogo. L’unica macchina che incontro sul sentiero, ormai strada sterrata, mi conferma la cosa, posso proseguire in bici. Arrivo fino a quella che dovrebbe essere l’antica residenza del marchese. Grandi cancellate in ferro che impediscono di scorgere qualunque dettaglio dell’interno. Curioso invece il cartello, che invita il postino a non desistere, perché prima o poi qualcuno arriverà, ancor più sbarazzino l’uso della lingua, che sancisce un “porticedda” che stento a classificare come diminutivo… In compenso non ci sono dubbi su chi adesso abiti nella dimora, visto che la buca delle lettere è molto esplicita (ma l’ultimo marchese era un personaggio interessante!).
Sulla cima di una delle colline che fanno da orizzonte nord, si stagliano i resti di quella che doveva essere una dimora speciale del marchese (la villa a Cugno Mola, sorta probabilmente su ruderi antichissimi, Tucidide ne sa qualcosa!) ma per questa volta mi accontenterò di vederla da lontano.
Ora sono in marcia, un po’ in bici e un po’ a piedi, troppe pietre aguzze e non vorrei rischiare sorprese, visto che qualche settimana fa per una brutta buca mi sono sorbettato 3 km di passeggiata con bici al fianco per tornare a casa con la gomma bucata! A sinistra si stendono distese ampie di mandorleti, con frutti ormai ben visibili e gonfi, sulla destra schiere di olivi, almeno centenari, a volte bordati di semina a grano. Nessuno in vista, fin dove lo sguardo arriva. Guardando verso la collina si cominciano a distinguere facilmente i fori, le grotte, gli anfratti che formano la necropoli. E’ stata usata dall’anno 1000 fin verso l’800 a.C, quando cioé iniziano ad essere più intensi i rapporti con le colonie greche, poi con le città come Siracusa. In epoca bizantina alcuni di questi loculi sono stati poi adibiti a magazzini, depositi agricoli e modificati di conseguenza, con l’aggiunta di mensole e arcosoli; ma di queste grotte così ampie non riuscirò a vederne nessuna.
Dopo aver superato i ruderi di un ponte, mi decido infine a lasciare la strada e dirigermi verso la collina, per arrivare almeno vicino a qualcuno di questi loculi.
Uso il muro di cinta come sentiero, giungo ad una sorta di canale in pietra, ormai ostruito dal tempo, dalle radici e dalle piante, lo supero e arrivo abbastanza facilmente alle prime tombe; molto semplici, un cubicolo piccolo, per sepolture singole, immagino. Ce ne sono diversi ma la zona si fa subito impervia. Grandi macigni, alcuni appena appoggiati l’uno all’altro. Vegetazione folta e fastidiosa da superare. Mi afferro ogni tanto a qualche ligustro e altre piante. Nugoli di polline (speriamo bene di non essere allergici, qui ci sono dosi per contaminare legioni!) nell’aria calda del pomeriggio. Così mi decido, semplicemente, di fermarmi per contemplare il posto. In fin dei conti era questo l’obiettivo, non certo una esplorazione estensiva.
Guardo il mare sullo sfondo, la campagna fertile, dal verde intenso; il bianco delle rocce come sostegno e riparo. Comprensibile aver offerto come ultimo panorama questo scorcio di bellezza. Sono fermo, parte di questo respiro naturale. Più che sufficiente.
Sulla via del ritorno una gradita presenza, quasi pasquale. Un gregge di pecore che bruca tranquillo sotto i mandorli. Solo il pastore, un africano distratto che nemmeno si accorge della mia presenza alle sue spalle, a ricordarmi che siamo a Cassibile e che qui i migranti hanno una lunga e difficile storia con il territorio.
Questa volta l’album di foto c’è, mi ero portato l’altra fotocamera 🙂
Ecco alcuni ricordi della Necropoli di Cassibile.
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