Qualche boccone a spizzico…
Ho un amico (napoletano doc) che prendo benevolmente in giro perché a tavola spesso si mette in modalità voce-off, non parla, abbassa la testa e lavora di posate, dedicandosi con professionalità al cibo, talvolta con voracità.
Io che sono un lento maratoneta della tavola concludo sempre molto dopo.
“A tavola si combatte con la morte”, mi ricorda, citando i proverbi di famiglia.
E immancabilmente lo stesso proverbio (e atteggiamento) lo ritrovo nel libro “Spizzichi e bocconi”, di Erri De Luca.
Ma non solo a Napoli si mangia senza parlare: ricordo ancora, quasi 20 anni fa, una serie di pasti condivisi con una piccola comunità di case-famiglia in Ecuador; una mamma adottiva con 5-6 bambine a tavola, tutte felici per essere tornate da scuola poco prima. E tutte in silenzio mentre si mangia, io compreso. Un “religioso silenzio” che ancora mi parla.
Mi tornano in mente i periodi in cui si mangiava in silenzio a colazione, a pranzo, in quaresima e si attendeva il “benedicamus Domine” per iniziare a conversare. Presso un convento benedettino si leggeva qualche passo da testi religiosi, poi alcuni articoli dei quotidiani, solo prima del caffè un po’ di chiacchiera libera. Al cibo si dedicava sicuramente più attenzione.
Il cibo è uno di quei gesti quotidiani che troppo spesso affrontiamo in modo sbrigativo, con scarsa attenzione, giusto il tempo di adempiere al rito, forse solo al gesto necessario, all’impellenza del mangiare.
Eppure da quando ho cominciato ad affrontare il cibo dal versante di chi lo prepara e lo vuole fare con gusto e passione, le cose cambiano prospettiva.
I libri di Erri credo di averli ormai letti e collezionati quasi tutti, spesso vado ad occhi chiusi, mi affido ad una sorta di tributo di riconoscenza. Fosse anche solo per lo stile, secco rarefatto, dove le congiunzioni non di rado sono al risparmio e il lettore ci deve aggiungere del suo. Il racconto è scarno, richiede partecipazione e contemplazione attenta.
In questo libro le voci, a dire il vero, sono due, quella narrante dell’autore e, alla fine di ogni breve capitoletto, il commento di un nutrizionista, sicuramente amico della voce narrante perché oltre a condividerne la comune origine napoletana sembra adottarne anche visioni e abitudini. Interventi comunque utili, tecnici e interessanti.
Il libro, ben lontano dall’essere un testo di ricette (che comunque alla fine fanno capolino, in appendice) è un’occasione per rielaborare sapori e prodotti tipici dell’esperienza di Erri, che sottolinea l’importanza e il ruolo forte che alcuni piatti hanno avuto nella sua esperienza e formazione. Il testo è leggero, non ha una struttura particolarmente articolata, ripercorre in modo cronologico alcune tappe significative della sua vita dove il cibo è una sorta di colonna sonora (sapora, stavo per scrivere) spesso intrigante e curiosa.
Si ripercorre, in un certo senso, il De Luca che ben si conosce, dai suoi inizi militanti in LC, durante i primi anni di lavoro, poi l’esperienza solidale con i viaggi in Jugoslavia, durante l’epoca cruenta del conflitto a metà anni 90; emergono poi le sue passioni intense, come quella per il testo biblico ruminato anche in carenza di fede e poi le scalate, la vita solitaria e la scelta quasi estrema di vivere ai margini di una comoda vita da autore ormai affermato.
Certo, un testo non fondamentale e sorge il dubbio che ormai di un autore si debba pubblicare quasi tutto, elenco della spesa compreso, per non condannarlo troppo presto all’oblio; ma può essere un’occasione interessante per riflettere, anche noi, su questo gesto antico e così sapido che ogni giorno, a tavola, condisce e sostiene la nostra vita.