Non basta chiudere Internet

Non basta chiudere Internet

Quasi difficile recensire un libro nel quale traspaiono, in moltissime occasioni, commenti e idee personali dell’autore nel quale diventa facile (e logico) riconoscersi. Peccato che siano idee più legate al panorama politico nostrano che al mondo della rete vero e proprio. E forse è facile, per chi la rete la vive come strumento ormai vitale, sparare a zero su governanti attuali che stanno dando veramente un esempio misero di cultura e preparazione sui temi della rete (e numerosi paragrafi mettono alla berlina i vari M5S e Salvini e Trump senza nessun giro di parole!).
L’esperienza dell’autore e la sua conoscenza del mondo dell’informazione sono fuori dubbio, emergono considerazioni chiare di quanto la rete sia oggi uno strumento un po’ alla deriva e potenzialmente rischioso. Dal sogno quasi miracoloso dei primi pionieri, quando i campi di applicazione e le novità dilatavano giorno dopo giorno il “giocattolo” internet che ancora non aveva una forma precisa, si è arrivati ormai alla presenza ingombrante dei grandi protagonisti della rete, quelli che ci vivono e ci guadagnano sopra. L’autore indica i limiti e i rischi della presenza eccessiva di Google, FB, Apple, i social in genere che lucrano sui dati ma instillano e condizionano in modo preoccupante senza spesso darlo a vedere.


Le influenze sulle elezioni americane, il peso destabilizzante della Russia, la trasformazione delle persone da cittadini a clienti (o profili social), vengono presentati e rievocati in più parti. Si avverte il timore legato soprattutto alle scelte e ai cambiamenti che i grandi protagonisti della rete possono operare sul panorama politico (e già ne avvertiamo l’influenza); numerosi passi sembrano però digressioni contro il populismo e sovranismo avanzante, analisi sociologiche e considerazioni legate alla deriva attuale della politica, mentre ci si poteva aspettare una panoramica più precisa e serrata su come gli strumenti della rete oggi rischiano di influenzare negativamente la società, dalla formazione e diffusione delle fake news (con eventuali rimedi) ai meccanismi (subdoli) di analisi del comportamento degli utenti, dal fenomeno di wiki leaks al giornalismo che cerca di informare nonostante i comodi andazzi del retweet. Il discorso fila e l’autore si fa leggere in modo piacevole; il suo obiettivo è semplicemente quello di invocare e proporre alcune regole per un uso più sostenibile della rete (ma anche qui sembrano raccomandazioni un po’ sbrigative, relegate nelle ultime righe del testo).
Il titolo si rifa al pamphlet di J. Switft che nel ‘600 proponeva alla GB di risolvere il problema dei troppi piccoli irlandesi con la semplice proposta di …mangiarli nel momento migliore, dopo pochi mesi dalla nascita. Chiudere Internet ovviamente è una provocazione alla quale nessuno oggi potrebbe più credere (a parte le scelte coerenti di un utilizzo consapevole). Forse abbiamo più bisogno di corretta educazione e modelli alternativi che di tante regole (che arriveranno ma saranno, come il GDPR Europeo un tentativo incompleto e farraginoso di affermare la sovranità personale sui propri dati).

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