Il nuovo cresce sui confini

Il nuovo cresce sui confini

Lunedì 25 e il martedì seguente ho partecipat all’undicesimo incontro di “Frontera Sur”, una riunione proposta dalla Confer (l’associazione che coinvolge le religiose e i religiosi di tutta Spagna, in Italia non abbiamo una cosa del genere, visto che ci sono ancora 2 associazioni, una per i maschietti e l’altra per le religiose…). Il luogo era quasi vicino alla mia Melilla, il Centro Diocesano di Malaga, con un semplice volo, a metà mattinata, ero già sul posto.

I partecipanti: eravamo circa una settantina, tante (forse la maggioranza) le donne. Buon segno…
Per il saluto iniziale era presente anche il vescovo di Malaga, che è ormai in fase di cambio. Mi hanno detto che era un gesto significativo, in quanto nelle precedenti edizioni non era mai intervenuto. Buon segno anche questo.

Tra le realtà presenti, oltre a tanti membri di varie congregazioni religiose, anche molti laici impegnati con la Caritas, con il Jesuit Refugee Service, Giustizia e Pace, la Confer stessa.
Nella scorsa primavera la Conferenza Episcopale Spagnola ha pubblicato una esortazione proprio sul tema della pastorale dei migranti.
Abbastanza serrato il calendario degli interventi, lo scopo era soprattutto quello di far incontrare persone impegnate direttamente con il mondo della migrazione, conoscere alcune realtà, sentirsi tutti coinvolti in questo ambito di chiesa che vale certamente la pena considerare a pieno titolo una frontiera importante su cui essere presenti.

In questa situazione è quasi semplice notare e scoprire che le cose più interessanti, quando si parla di fede e di chiesa, spuntano davvero in questi territori difficili, complicati e spesso drammatici, dove la teoria lascia spazio al rimboccarsi le maniche, senza troppe elaborazioni teoriche. Il nuovo, l’inedito (mi sembra di usare le parole di Molari…) spunta davvero sui confini.

Tutti conosciamo i tanti miti e le narrazioni distorte che ruotano intorno alla migrazione, o per lo meno abbiamo gli strumenti per farlo, oggi più di ieri, ma sembra così difficile… e lo scenario che si osserva, in Spagna come in Italia, sembra molto allineato. Il fenomeno è soprattutto un problema, una emergenza, una deriva sociale e un coacervo di criticità. Anche sui numeri si riesce spesso a chiudere gli occhi e nascondere la reale portata di questo movimenti.

Ho ascoltato alcuni interventi interessanti, ho accolto la testimonianza dell’impegno di una comunità di Gesuiti nei pressi di Almeria, in un contesto dove la illegalità diffusa si affianca allo sfruttamento lavorativo, ho sentito l’esperienza di 2 giovani preti delle Canarie, residenti sulla piccola isola El Hierro, dove poco più di 7000 abitanti si sono trovati alle prese con altrettanti migranti, in costante arrivo (nel corso del 2024 le Canarie hanno accolto il flusso maggiore di immigrazione dall’Africa, con oltre 40mila persone) e senza molti spazi operativi: così i preti della parrocchia sono entrati nella Croce Rossa per poter dare una mano, intervenendo agli sbarchi, alla distribuzione dei primi aiuti, perchè tutto era ormai istituzionalizzato.

Ho incontrato anche volti amici, quello di Irene, conosciuta quest’estate proprio qui a Melilla, dove il suo gruppo di volontari era giunto per dare una mano, poi Juanba, responsabile dell’Hogar La Salle di Jerez, dove sono accolti giovani ex-tutelati (cioé neo-maggiorenni in cerca di abitazione e lavoro)- E un paio di italiani, Silvio, laico della Consolata e Fra Natale, un francescano calabrese che vive adesso a Tanger.

Intanto, prima di perdermeli, due link ad articoli di stampa pubblicati su questo incontro:

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