Terra di madonne e santi
E’ incredibile come ogni 20 o 30 m. lungo le strade, i sentieri, le rocce, i giardini, si incontrino nicchie con statue di santi, madonne, monaci oranti e profeti col braccio levato. I fratelli ci tenevano ogni tanto a segnalarcelo: “Questa è una zona quasi completamente cristiana… qui ci sono i Drusi, qui la maggioranza è sunnita…” e per marcare il territorio i cristiani hanno disseminato ovunque segnali ben evidenti (i musulmani si prendono la rivinciata con i muezzin amplificati a tutto volume!): edicole votive e statue di santi.
Così lunedì 29 il giro è stato essenzialmente alla scoperta di santuari, chiese e personaggi mistici. Iniziamo la discesa (da Faraya siamo a quota 1200 e dobbiamo sempre riprendere la via verso la costa) e tra un sali e scendi arriviamo nei pressi del Santuario di Nostra Signora del Libano; una chiesa ardita, moderna, che ricorda la carena di una nave ma anche lo slancio del cedro. Vicino c’è anche una statua della Vergine su un alto supporto. Alcune rampe di scalini e al primo passo si rimane un po’ spiazzati perché… ci sono delle scarpe sul pianerottolo, alcuni vanno scalzi!
Peccato però che la basilica è chiusa, oggi è lunedì e non ci sono “molti” curiosi in giro, ma grazie alla nostra guida, Pascale (che tra l’altro è la resonsabile della pastorale della scuola di Champville), riusciamo a convincere i custodi che appena sentono la composizione del gruppo (Spagna, Italia, maristi!) molto cortesmente ci spalancano le porte di questa spettacolare chiesa. Non capita tutti i giorni un trattamento così attento e cordiale. E veramente la chiesa è imponente, tutta in cemento ma non fredda, elegante e luminosa.
Ci rimettiamo subito in cammino per visitare un’altra chiesa, molto vicina a questa basilica, ma di fattura totalmente diversa: è una chiesa greco-cattolica e al suo interno ha un tesoro di icone e mosaici spettacolari. Piccolo dettaglio: tutta l’opera artistica è realizzata… in Italia 😉
Ci viene spiegata la simbologia e la struttura dell’iconostasi, quel separé così insolito che divide lo spazio dei fedeli dai celebranti; qui durante la consacrazione il mistero è totale, si chiudono letteralmente le porte e la visuale è nulla, solo la voce testimonia l’evento. Per noi cattolici è certamente un modo insolito, ma rivela una sensibilità e un’attenzione degne di rispetto… Ne approfittiamo per girare con calma sotto le cupole di questo tempio, ammirando i mosaici e le tante icone dipinte in ogni dove.
Ed essendo una chiesa greca sono sicuro di incontrare anche il mio san Giorgio, è quasi un obbligo e infatti, a difesa quasi dell’ingresso, ecco l’icona del cavaliere che uccide il drago! Nel vicino negozio di ricordi (tutto il mondo è paese), ne trovo anche altre versioni, insieme a tante altre riproduzioni, ciascuna col suo significato particolare. Perché le icone, quelle vere, richiedono tempo, preghiera, passione…
Ma si riparte, alla volta del santuario del santo Charbel. Per fortuna che oggi è una giornata tranquilla, se fosse il 22 del mese sarebbe praticamente impossibile giungere fin qui, dove si venera la tomba del santo e poco distante anche il suo eremo. Più che il luogo, la figura del santo, i dettagli delle costruzioni, meraviglia l’attenzione e la fede dei tanti pellegrini, alcuni visibilmente musulmani, perché questo santo è proprio un elemento comune, venerato anche nell’Islam. Perché il 22? è l’anniversario del più famoso miracolo di questo eremita che solo dopo la morte ha cominciato ad essere venerato; dopo aver guarito una persona con un intervento chirurgico miracoloso le ha poi detto di venire ogni 22 del mese in pellegrinaggio in questa chiesa. E’ Pascale che mi racconta i vari dettagli e poi aggiunge: “Questa persona è ancora viva, io la conosco, spesso vengo qui il 22 e c’è anche lei…”. Semplicità e concretezza.
La visita è ancora lunga, ci spostiamo sulla costa, verso nord e giungiamo fino a Jbeil, dove ci sono 2 scuole mariste molto vicine (e vengono gestite come un’unica entità). Alla nostra guida Pascale si aggiunge anche Anika, la segretaria tuttofare di questa scuola (stiamo parlando di un centro con oltre 2000 alunni!), donna appassionata del Libano e soprattutto della sua città. Una di queste è la più antica, risale al 1904, quando i maristi devono fuggire dalla Francia e disseminarsi per ogni dove. Qui si conserva anche il piccolo cimitero dei fratelli libanesi e… che sorpresa nel leggere anche vari nomi italiani, soprattutto di fratelli valdostani.
Ormai la giornata reclama un po’ di pausa, siamo ben oltre le 15 e ci si dirige verso il cuore antico di questa antichissima città. Il nome originale è quello famoso di Byblos e nel souk centrale si coglie tutto lo spirito d’oriente. Questa città vanta il primato di essere una delle più antiche del mondo ad aver sempre ospitato persone, senza interruzioni, e si parla di oltre 7mila anni di vita! Dopo il pranzo ci addentriamo anche noi per i vicoli di questo emporio variopinto e poi, stremati, tutti a casa, perché i km da macinare sono ancora molti e in preda al caotico traffico libanese!