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Dalla follia alla salvezza

Dalla follia alla salvezza

Gli intrecci della vita sono a volte sorprendenti. Ricordo con sprazzi di suggestiva lucidità un periodo di tanti anni fa; ero all’ultimo anno delle magistrali, nei pressi di Velletri. Avevamo iniziato con il nostro gruppo di post-noviziato una esperienza particolare; ogni sabato del mese ci recavamo ad Ariccia, presso una immensa casa dei Fatebenefratelli. A quei tempi i manicomi esistevano ancora, eccome. In quel grande ospedale una zona era interamente riservata ai malati di mente. Si entrava e ci si ritrovava catapultati in un’altra dimensione.

Vedevi gente tranquilla con la valigia in m ano, attendere serenamente, accanto al lampione, il passaggio del bus. Ci dicevano che faceva così, ogni giorno, si preparava al mattino e poi rientrava la sera. Da anni. Gente coi vestiti sbrindellati, o anche senza, girare come attori che provano il copione, declamando versi o investendo di improperi le parolacce. E c’era anche il semplice scroccone che ci aspettava per chiederci una sigaretta, un momento di ascolto. Poi c’erano i reparti e lì capivi che alcuni malati di mente forse erano tutt’altro. Ce n’era qualcuno bloccato a letto, senza il dono della parola. Ma aveva il sorriso e sembrava già un parlare. Naturalmente noi eravamo a contatto con quelli “semplici”, i buoni, come direbbe Mencarelli.

Con queste premesse, leggere questa storia mi ha fatto andare rapidamente con la mente e il cuore a quel periodo, vissuto praticamente nelle stesse zone raccontate dall’autore, con pochi anni di differenza. Questo collegamento aiuta certamente a rileggere in filigrana non solo la sua storia, ma anche la mia esperienza… Per non parlare della suggestione che i Castelli Romani esercitano anche solo per i profumi e i luoghi, ormai sedimentati nella memoria.

E tanto per cominciare, è strano leggere un libro in cui il protagonista abbia il nome dell’autore, come se una sorta di identificazione si potesse cogliere. La storia è molto semplice e ben condotta. Un giovane ventenne, con piccoli precedenti, uso abituale di sostanze, una psiche fragile, dà di matto e viene colto da un raptus violento, in casa sua. Il padre rischia grosso, investito da questa aggressività. Viene applicato d’ufficio un TSO, un trattamento ospedaliero obbligatorio. Insomma, lo mandano in ospedale per una settimana, sperando che nel frattempo la buriana si calmi.

Siamo nel 1996, l’anno dei mondiali di Arrigo Sacchi, un evento che scorre e affiora ogni tanto nel racconto. Lo spaccato della società italiana della fine del secolo scorso è ben nitido, coi suoi rituali, le sue abitudini e i suoi alti e bassi. Nel libro si racconta in modo meticoloso e ordinato questa settimana, attraverso la voce narrante di Daniele. Il piccolo mondo dei pazienti del suo reparto viene scandagliato in profondità e con tenerezza inusuale. Ogni malato che Daniele incontro diventa prima un nome e poi, poco a poco, una persona; in alcuni casi si trasforma persino in amico. E’ un microcosmo vissuto dall’interno con sofferta compassione, perché l’autore condivide la tragica scintilla di questa follia che a volte emerge, come una sorgente carsica, e si impadronisce con violenza della persona, come nel concitato finale, dove al posto di una calma apparente per la conclusione del periodo di cura, tutto sommato normale, viene travolta dallo sfogo violento di una persona che si vede negato un semplice gesto di umanità.

Tanti i temi che affiorano: dalla condizione difficile dei malati di mente, al personale che lo accudisce, dalla considerazione della malattia mentale (basta la chimica, no, serve la relazione…anche i dottori incontrati nella settimana sono divisi su queste sponde metodologiche).

Nel frattempo il protagonista ha tempo per rivedere i suoi rapporti familiari, la sua storia, i suoi problemi, il rapporto con la madre e il padre. Riflette persino sulle conseguenze di bravate adolescenziali che si ritengono spesso senza nessuna importanza, e invece si troverà a diretto contatto con una persona che porterà per sempre le ferite di queste azioni, dimenticate dagli stessi attori.

Il campionario di pazienti che Daniele racconta sono persone vive e vivide, ciascuna con il suo dramma e le sue paure. Nel riparto si scopre così una sorta di cameratismo insperato, una rivincita dell’umanità nei confronti della malattia e dell’assurdità di certi trattamenti. Una ricerca di senso e di salvezza che nobilita le persone, nonostante l’ambiente e il destino che li ha relegati ai margini della vita e della società.

Molto particolare il linguaggio: un italiano scorrevole, accessibile e forbito per tutte le parti narrative e poi un romanaccio sghembo e spesso slabbrato per i tanti dialoghi del testo. Sarà certamente un libro difficile da tradurre! Fa capolino anche un’altra delle passioni dell’autore: la poesia, che sembra una delle caratteristiche del protagonista; per alcuni giorni il racconto ruota intorno alla scrittura di una poesia, che poi verrà letta prima ai compagni di camera e non verrà invece declamata al dottore che l’aveva espressamente chiesta, ma reo di aver confuso platealmente il suo paziente. Spesso i malati sono ridotti a numero, compilation di farmaci da assumere, a fascicoli da compilare e l’errore di lettura sembra una semplice svista; una tragedia, invece, per il soggetto.

Libro interessante, che ricorda la condizione dei reparti psichiatrici fino a non molti decenni fa e obbliga a mantenere viva l’attenzione per il disagio mentale di tante persone, i “fragili” della nostra società.

Ma che tempo che…

Ma che tempo che…

Se oggi seren non è doman seren …chissà.
Ok, mi fermo subito, anche se ci sono certi chiodi fissi che ogni tanto riprendo a martellare (!). La passione o la mania del meteo e soprattutto delle stazioni meteo interfacciate con il web credo sia una cosa che coltivo da una ventina di anni. Ogni tanto mi accorgo che uno dei segni che lascio, nelle varie sedi lungo le quali mi sposto, sono proprio le…stazioni meteo. Al momento ne ho una semi-spenta a casa, a Sanremo, una che dovrei controllare meglio ad Entracque, una abbandonata a Cesano (semidistrutta dai lavori in corso!), un’altra che forse giace nella scuola di Giugliano.

Avevo già tentato, ovviamente, di attivarne una anche qui a Siracusa, ma non avevo fatto bene i conti con il vento disperato che ogni tanto impazza su questi tetti. Così dopo vari mesi di onorato servizio la stazione che era posizionata in Riviera Dionigi il Grande ha smesso di funzionare! Ma adesso spero di aver trovato una soluzione più efficiente e funzionale. I primi giorni ovviamente sono di prova rigorosa (ancora tanti dettagli da sistemare e rivedere), ma per il momento le prospettive mi sembrano abbastanza positive.

Ecco il link per visualizzare i dati di questa piccola stazione meteo, amatoriale e senza pretese… fin che funziona!

dati meteo di Siracusa
tramite il servizio Ecowitt
oppure Wunderground

in tempo reale

Reti di condivisione dati meteo

stazioni meteo della rete WUNDERGROUND in Sicilia

La condivisione dei dati viene effettuata su due diverse reti meteo. La più “famosa” è sicuramente Wunderground, una grande “famiglia” di stazioni meteo sparse in tutto il mondo, nata prima a livello amatoriale e poi cresciuta sempre di più. Attualmente rientra sotto il controllo di IBM, che sicuramente può contare, in questo modo, di una sterminata quantità di dati da poter analizzare. Forse non saranno tutti perfetti e scientificamente validati (molte stazioni sono amatoriali e non garantiscono un funzionamento costante e sempre affidabile!), ma probabilmente la quantità dei dati è altrettanto interessante.
Per quanto riguarda la nostra “zona siciliana”, ecco la mappa che mostra le numerose stazioni meteo disponibili (cliccare sulla mappa per ingrandirla).

stazioni meteo della rete ECOWITT in Sicilia

L’altra rete è quella di Ecowitt, l’azienda che distribuisce e vende in tutto il mondo i prodotti costruiti dalla cinese Fine Offset, molto semplici ed entry level ma abbastanza validi (queste stazioni meteo vengono distribuite con tanti nomi diversi, ad esempio su Amazon è possibile trovare: Ambient Weather, Froggit, Bresser, Eurochron…). Una funzione molto utile e interessante realizzata da Ecowitt è il cloud di condivisione dei dati, che si può visualizzare direttamente dal web e si presenta con un’ottima interfaccia, in più c’è la possibilità di salvare i dati con campionamento a 5 minuti e scaricarli in formato Excel per data o intervallo di date a scelta, così da poterli studiare, conservare le serie, leggere quindi i dati reali del clima a partire da rilevazioni complete.
Anche in questo caso ecco la mappa delle stazioni della rete Ecowitt (cliccare sulla mappa per ingrandirla).

Dalle mappe delle stazioni meteo (fotografano la situazione a fine aprile 2021) si nota la discreta presenza di appassionati che mettono a disposizione i dati locali; tra l’altro si può osservare una valida coerenza di dati (non ci sono cioè differenze esagerate, sapendo che a volte basta posizione la sonda del termometro in modo poco ortodosso per avere variazioni di diversi gradi!). Siamo già sommersi di servizi che propinano dati meteo

Il centro vaccinale di Siracusa

Il centro vaccinale di Siracusa

E come previsto, rieccomi per la terza volta presso il centro vaccinale di Siracusa, l’Urban Center. Questa volta in veste quasi istituzionale, perché come volontario della CRI stiamo collaborando con il Comune per agevolare le diverse attività che fanno dal contorno al vaccino vero e proprio.

E dopo aver toccato con mano alcune criticità e quelli che a prima vista sono probabilmente dei colli di bottiglia superabili, mi limito proprio a questi semplici aspetti, in un’ottica di semplice collaborazione cittadina.

Ieri, nell’insieme, il clima tranquillo della domenica pomeriggio, la platea di persone anziane e tranquillissime ha fatto sì che tutto filasse al meglio. Il pomeriggio era persino a formato ridotto e in pratica entro le 17 si è concluso tutto.

Gli unici aspetti che potrebbero sveltire e rendere più snello il processo, da quanto visto finora, sono abbastanza fisiologici. Si tratta del numero di dottori incaricati del colloquio anamnestico, il dialogo con le persone che stanno per essere vaccinate. Credo sia un momento importante e da svolgersi con la dovuta calma e tranquillità. L’unica perplessità è che nell’Urban Center sono stati predisposti solo 4 sedi per questo colloquio. Le attese nascono necessariamente da questa situazione. Ho visto i dottori veramente impegnati e disponibilissimi, sereni e accoglienti, insomma, quello che ci vuole, soprattutto per la platea presente. Ma sono pochi e si fa presto ad ingolfare il sistema. Per ogni persona ci vogliono almeno quei 3-4 minuti doverosi di ascolto; con gli altri volontari della CRI ci eravamo ingegnati per far avanzare la fila a piccoli settori, in ordine di numero ricevuto, così prima si aspetta nella sede grande, poi ci si avvicina ai colloqui, poi si entra nella zona immediatamente a ridosso. In questo modo la gente intanto si muove e fisiologicamente l’impressione dello scorrimento evita qualunque malumore.

Poi entra in gioco il numero degli infermieri incaricati di somministrare il vaccino. Ieri forse i tempi tecnici erano legati alla tipologia dei pazienti, più anziani: togli la giacca, magari il maglione, prepara il braccio…. per un ragazzo sarà pure questione di un attimo, ma un anziano spesso fa più fatica, ha bisogno di una mano, non puoi fargli fretta. Anche in questo caso, dopo aver constatato che ci sono 25 piccoli locali pronti per la somministrazione del vaccino e vedere che comunque se ne potevano utilizzare solo 7-8, in base agli infermieri presenti, i calcoli dei tempi sono presto fatti.

Dopo il vaccino è tutto semplice: ci si reca nella sala di attesa (che però continuo a domandarmi come mai sia a ridosso di una porta di uscita che NON si può utilizzare, perché corrisponde a quella di entrata, probabilmente saranno vincoli propri dell’edificio…), nel giro di pochi minuti ogni paziente riceve il suo foglio per la prossima prenotazione (la seconda dose) e poco alla volta si svuota anche questa sala. Se il flusso dovesse aumentare potrebbe diventare troppo piccola, ma considerando la bella stagione, forse non è azzardato ipotizza che più avanti potranno essere sufficienti le tende già sistemate all’esterno.

Insomma, lo sforzo logistico è notevole e vedo molto impegno da parte di tutti. Proprio all’inizio c’è stato un breve momento di caduta della connessione. Interessante vedere come un po’ tutti, dai dottori al personale di vigilanza, si davano da fare per aiutare che era incaricato di riavviare lo switch centrale. Unica perplessità: le diverse macchine presenti sono tutte cablate via cavo e non hanno wi-fi. In certi casi un hotspot volante potrebbe essere una soluzione rapida. Ma anche in questo caso le procedure del collegamento col ministero avranno il loro perché.

Speriamo vivamente che giorno dopo giorno possano aumentare i vaccinati. Da pochi giorni è disponibile la situazione generale in tutta Italia tramite il server del governo (ecco il sito). Anche questa trasparenza, doverosa tra l’altro, è un buon segnale e uno stimolo a proseguire questo impegno. Da parte di tutti.

Un dettaglio primaverile, qualcuno in mattinata aveva lasciato questa bella cassettina di fiori per le tante donne presenti come infermiere e dottoresse. Era la domenica delle Palme, ma anche le margherite sono un bel segno di festa.

Di ritorno all’Urban Center

Di ritorno all’Urban Center

Sono stato uno dei primi a ricevere la vaccinazione presso la sede individuata dal Comune, l’Urban Center. Ci sono capitato lunedì 8 marzo, insieme ad amici della CRI e logicamente come primo giorno (la domenica precedente c’era passato il presidente Musumeci a inaugurare l’attività) molti elementi dovevano essere messi ancora a punto. Poi eravamo poche persone, conoscevo persino i medici, che avevamo aiutato il giorno prima presso la Pizzuta (il luogo dove solitamente si facevano i tamponi e si era iniziato con i vaccini, 287 in un pomeriggio, tutti docenti).

Pochi minuti, un rapido colloquio col dottore, l’iniezione e via. Che astrazeneca sia con noi.

A dire il vero qualche giorno dopo ho sentito il primo degli accorati interventi di Damiano De Simone, che da tempo fa le pulci all’amministrazione locale e sottolinea gli aspetti da migliorare della nostra città. Mancava un’ambulanza di supporto, la disposizione dei percorsi era poco curata, c’erano numerosi tappi di bottiglia.

Passano altri giorni e un mio amico, Kike, ha prenotato e ricevuto subito il vaccino. Anche lui mi riferiva che l’organizzazione lasciava ancora piuttosto a desiderare e non si capiva bene come procedere.

In questi giorni (la visita e le foto si riferiscono al giorno 22 marzo, lunedì) ho avuto l’occasione di ritornarci nuovamente, per accompagnare un amico che ha un po’ di problemi con la lingua italiana e così ho voluto un po’ vedere come vanno le cose. Avevamo la prenotazione per il turno dalle 13 alle 14, così per non esagerare, siamo partiti proprio alle 13, dal centro di Siracusa e siamo arrivati all’Urban Center che erano circa le 13:20. Si vedeva già numerosa gente in coda. Appena arrivati ci siamo quindi sistemati anche noi sotto il tendone nel viale antistante, chiuso al traffico e destinato solo agli ingressi. Le transenne cercavano di delimitare il percorso. Certo che fa un po’ tenerezza vedere che per collegarle era necessario usare il nastro segnalatore, tipi diversi di transenne, un po’ messe alla rinfusa. Credo che non sia un problema insormontabile sistemare in modo decente questo percorso obbligato. E poi, pur essendo tutte persone mature, non era certo facile vedere le distanze di sicurezza. Uno pensa: basterebbe uno spruzzo di vernice per sistemare il pavimento, asfaltato di fresco e fare quindi un percorso più chiaro, come negli aeroporti… Ma questo rimane nei pensieri.

Il tempo di attesa ha iniziato a diventare lungo, poco comprensibile, scandito, più o meno ad ogni quarto d’ora, dalla voce elettronica che invitava una decina o una quindicina di persone ad entrare. Perché i numeri di prenotazione venivano distribuiti solo dopo aver fatto tutta la coda iniziale.. E ormai avevamo già valicato con le lancette anche le ore 14. Dopo scopriremo che dalle 14 alle 15 non era prenotato nessuno, per lasciare una pausa anche agli operatori.

Una volta entrati e preso il numero, altra lunga attesa. All’interno erano disposte altre tende e diverse sedie e alcune panchine (piuttosto inutili per garantire le distanze, visto che se uno si siede nel mezzo (anche per evitare sbilanciamenti) nessun altro gli si metterà vicino). Meno male che il sole era ancora gradevolmente presente, perché le previsioni erano piuttosto burrascose.

Finalmente entrati all’interno,, con il numerino, ci rechiamo presso uno dei punti di reception (2 sono indicati col numero, non capisco perché gli altri due sono invece senza, come se fossero altri servizi, quando uno arriva in questi posti sarebbe utile semplificare e chiarire tutte le diverse opzioni). Sbrighiamo rapidamente il controllo dei vari fogli di prenotazione, ne viene aggiunto uno ulteriore e riprendiamo l’attesa, questa volta del colloquio col dottore.

Sul più bello giunge la voce che “manca il Pfizer”, gli operatori ne sono rimasti momentaneamente senza (!?), invece è disponibile l’Astrazenca. Ma siccome la quasi totalità delle persone in coda oggi sono categorie a rischio (diabetici, …) nessuno lo potrà fare. Riesce ad avanzare solo qualche docente che non aveva potuto ricevere il vaccino nei giorni precedenti.

Ho la fortuna di incontrare alcuni colleghi della CRI, che stanno dando come al solito la loro piccola mano, smistando, accompagnando e dando chiarimenti. Passano altre manciate di minuti e finalmente si sblocca la situazione. Passiamo dal dottore, si ripercorre con calma tutta la documentazione prodotta e finalmente si procede con l’iniezione. Finalmente ce l’abbiamo fatta. Guardo l’orologio, sono le 16:20, quasi 4 ore di attesa. E siccome Murphy è sempre in agguato, ecco che comincia a diluviare Penso alla mia povera bicicletta posteggiata qui fuori. Speriamo nella nuvola passeggera.

Mentre aspettiamo nella sala di attesa (e mi chiedo come mai sia ancora nella stessa posizione poco felice del primo giorno, attaccata all’ingresso dei pazienti e quindi nell’impossibilità di usare quella porta per uscire… quando nell’altro salone ci sarebbe sicuramente lo spazio sufficiente per una bella zona di attesa, con porta adiacente.

Vedo che sono molte le postazioni dove i dottori o gli infermieri potrebbero somministrare i vaccini. Se non sbaglio superano il numero di 20. Ma se sono presenti solo 3 o 4 dottori per il colloquio anamnestico, sarà difficile risolvere questo collo di bottiglia. Speriamo che siano ancora e solo i primi giorni, anche se ormai siamo alla 3 settimana.

Proprio ieri ho letto che la Regione Sicilia sta chiedendo persino un aiuto alle parrocchie e alle diocesi, per individuare locali adeguti per un ulteriore sforzo vaccinale, nella giornata di sabato santo, 3 aprile. Credo che tutto dipender comunque dal numero di dottori e infermieri disponibili. Di volontari ne ho visti all’opera veramente tanti, ma correttamente possono solo dare una mano… non ribaltare le procedure e trovare soluzioni alternative.

Prima di andare via chiedo agli operatori quante vaccinazioni in media si riescono a fare in una giornata. Mi parlano di circa 500. Mi sembra già un bel numero, ma lo metto vicino alla prima esperienza che ho avuto, in un luogo angusto e quasi inadeguato, stretto, senza quasi nessuna attrezzatura di supporto, con solo 2 infermieri all’opera e un paio di dottori. In un pomeriggio si era riusciti a vaccinare quasi 300 persone. E ricordo bene quanto abbiamo trottato per evitare attese o tempi morti. Forse è di questo che abbiamo ancora bisogno adesso.

Prolunghiamo l’attesa (i canonici 15 minuti dopo l’iniezione per evitare qualsiasi sorpresa), ma piove ancora, per evitare il Covid non vorrei buscarmi un malanno, così aspetterò ancora un po’ prima di tornare a casa. Prossima occasione? Probabilmente come volontario CRI, in questi casi, dopo aver visto alcuni possibili ambiti di miglioramento, meglio dare una mano che fermarsi alle lamentele.

E come ci starebbe bene anche una pagina accessibile a tutti per conoscere (almeno sommariamente), il numero di prenotati e le vaccinazioni effettuate, sapere quante ne mancano, un count-down della speranza, insomma.

Buona la prima…

Buona la prima…

Ok, con il fatto che tra le altre cose sto dando una (piccola) mano come volontario della CRI, sono rientrato nelle categorie che hanno già ricevuto la prima dose del vaccino.

Avevo fatto domanda fin da dicembre e ormai non ci contavo molto, ma invece, quando domenica sera sono andato per una attività di Croce Rossa presso la Pizzuta (dovevamo dare supporto per la vaccinazione dei docenti), dopo aver girato come trottole tra fogli, documenti e mansioni varie, in serata è arrivata la bella notizia che il giorno dopo potevamo recarci per la vaccinazione. Eravamo quasi tra i primi ad utilizzare la struttura individuata dal Comune, l’Urban Center, riorganizzato per questa necessità. In questa sede ero già stato a ottobre per una manifestazione legata al progetto Dignità in Campo e avevo apprezzato gli spazi e la centralità della struttura…

Per la cronaca mi hanno somministrato la prima dose di Astra Zeneca proprio nello stesso giorno in cui è successo l’incidente mortale ad un giovane poliziotto, vaccinato anche lui. Sicuramente i vaccini provenivano dallo stesso lotto… Qualcuno mi ha chiesto: “Ma non sei preoccupato?”. Dopo aver letto, analizzato e approfondito i risultati, le statistiche e tutto il resto, sinceramente il timore mi sembra infondato. In Italia è molto più pericoloso attraversare le strade, statisticamente parlando, quindi inutile rimuginarci sopra.

Ecco l’Urban Center durante l’Hackaton di ottobre 2020

Gli effetti? Per uno-due giorni mi sentivo come se avessi fatto una intensa seduta di addominali e di esercizi fisici, articolazioni un po’ infastidite e indolenzimento agli arti superiori. Ma se vado a rileggere la chat degli amici volontari della CRI trovo sinceramente di peggio. Chi si è dovuto mettere a letto, chi accusava dolori insoliti, chi aveva la febbre a 38,5. Ma anche queste conseguenze erano secondo le previsioni, quindi abbastanza normali.

Quello che adesso mi preoccupa un po’ è l’attesa della seconda dose, che dovrei fare a fine maggio, cioè tra oltre 2 mesi. Mi piacerebbe capire nel frattempo (trascorse almeno 3 settimane dalla somministrazione per attivare la protezione), quanto sono “coperto” da eventuali infezioni. E mi consola anche sapere che nella mia comunità ormai siamo abbastanza al riparo, perché essendo in 4, una persona ha già ricevuto le 2 dosi (Nina), Kike invece ha fatto anche lui la prima dose (Pfizer)…. ci manca solo Ricky, che deve aspettare pazientemente il suo turno.

Una cosa positiva: il sistema di prenotazione che si sta utilizzando mi sembra molto efficace e ben fatto. Proprio in questa settimana ho aiutato un amico dello Srilanka, reduce da alcune visite in cui gli avevano diagnosticato il diabete (e subito inserito nella categoria 013 dei pazienti con questa malattia). E’ bastato inserire il codice fiscale e il n. della tessera sanitaria (viene però da chiedersi chi è quel buontempone che ha escogitato un numero di ben 20 cifre, le prime dieci delle quali sono praticamente tutte uguali!) per trovare subito una data per la vaccinazione. Una data vicinissima, era venerdì e abbiamo potuto fissare per l’immediato lunedì successivo. Buon segno.

Qui a Siracusa è stato individuato nell’Urban Center il luogo centrale per le vaccinazioni. Ho scoperto che un tempo era stato un teatro, ma dopo essere stato anche la sede di una centrale elettrica di smistamento. Adesso è una struttura polifunzionale, sede dell’associazione Città Educativa e di altre iniziative estemporanee, meeting, riunioni, conferenze…

In questa prima settimana ho sentito spesso lamentele, anche autorevoli, di persone che segnalano la scarsa organizzazione dell’attesa, l’ancora poco rodata funzionalità del percorso vaccinale. Vedrò lunedì prossimo se le cose si stanno finalmente assestando in modo migliore.

Intanto, come primo passo doveroso, mi sembra un buon passo. Ho persino intravisto la primula (non ce ne voglia Boeri che deve aver studiato in fretta e furia avveniristici ambulatori quando in realtà le strutture da utilizzare sono già molte), quando si fa la prenotazione il cursore che segnala l’attesa del sistema, è proprio questo simpatico fiore, che in pochi secondi accompagna alla pagina dell’inserimento dati. Insomma, qualche piccolo tributo ci può anche stare…, della serie: ditelo coi fiori