Spesso andiamo a cercare i personaggi nei luoghi più lontani, nelle esperienza più diverse e soprattutto al di fuori della nostra cerchia di persone note. Perché siamo inguaribili coltivatori dell’erba del vicino. Eppure, a guardare bene…
Oggi sono andato a trovare fr. Sergio nel buen retiro in cui si trova da alcuni mesi, l’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, unità spinale, per riprendersi da una forma piuttosto invadente e fastidiosa di mielite; è ancora in carrozzella e la fatica ad accettare questa situazione la si vede tutta. E meno male che scalpita :-).
Sono, anzi, siamo ormai abituati ad abbinare Sergio alla sua Tanzania, ai suoi mulini a vento che portano l’acqua alla missione di Masonga, alle sue mille attività per venire incontro alle tante esigenze di un centro educativo a pochi passi dal Lago Vittoria… alle frotte di bambini che in questo centro possono incontrare un futuro diverso. Ho persino perso il conto di quanti anni ha già passato in Africa (tanto poi gli chiederò di correggermi queste righe e mi aggiungerà i dettagli).
Se ritorno indietro di una… cinquantina d’anni, posso infilare una lunga serie di ricordi. E’ stato persino il mio prof di Applicazioni Tecniche a Mondovì (oggi fa più figo definirla “Tecnologia”) ma delle sue lezioni ricordo in particolare la campagna agricola per razionalizzare le coltivazioni dell’istituto; in soldoni, c’erano troppe piante di pero in campagna e bisognava sradicarne 1 ogni 2, quindi poca teoria e tanta pratica terra-terra, o ancora meglio: sotto-terra! Poi ci siamo trovati insieme ad insegnare a Genova e sfruttavo le sue notevoli capacità tecniche per le più astruse applicazioni, tipo i tavoli di sala computer, che abbiamo realizzato insieme (lui saldava i tubolari, io gli passavo i pezzi e contemplavo)… la scuola gli stava un po’ stretta e la sua scelta di andare in Africa sembrava un esito persino logico. Ogni tanto poi tornava in Italia per raccontare, tenere i contatti, invogliare…
E se penso che in questo momento ci sono 3-4 persone da Giugliano a dare una mano e che se ne stanno preparando altre per sostenere la missione marista in Tanzania, mi sa che il messaggio è proprio passato. Siamo chiamati a rendere un pizzico migliore il posto che la vita ci ha affidato, ciascuno con le capacità che possiede e che ha sviluppato: costruire pompe idrauliche, realizzare capannoni, gestire dispensari… a ognuno il suo e Sergio in queste cose ci sguazza con particolare abilità.
Adesso la sfida è quella di un recupero fisico. Mentre mi raccontava le tante cose (davvero tante) di questi ultimi mesi, ogni tanto mi parlava dei compagni di corsia, qualcuno conciato molto peggio e logicamente il pensiero va al tempo necessario per la riabilitazione. Qualche mese fa era praticamente bloccato, adesso le gambe iniziano a rispondere e ad obbedire, ma il percorso richiede pazienza e costanza. Prima di salutarlo sono arrivati altri 2 amici, da Cesano, per incontrarlo: due amici che ad agosto andranno a dare man forte agli altri volontari. Dimmi se non è già anche questo un movimento … Forza Sergio!
E non si tratta del dottore… A inizio giugno sono passati nella nostra comunità i responsabili del Segretariato dei Laici, per una semplice visita della nostra comunità, che sta ormai superando il decimo anno di esperienza di vita “mista”, fratelli e laici. Un vero “mordi e fuggi”, poche ore nel primo pomeriggio di sabato.
Dopo qualche settimana ricevo un whatsapp corto corto, come è solito fare fr. Enrico di Scampia (FSC), che ci fa i complimenti per l’articolo. “Ma quale articolo?”, gli chiedo… Ecco, succede proprio così, l’erba del vicino è sempre migliore e spesso le notizie di casa nostra rimbalzano prima tra le altre persone. Infatti sul sito ufficiale, champagnat.org, c’era proprio un bel reportage di questo incontro.
il testo si può leggere più comodamente dalla pagina stessa, mentre una versione in italiano la riporto qui sotto (grazie, Google Translate!)
Sabato 8 giugno – Agnes Reyes e Raul Amaya Pep Buetas del Segretariato dei Laici, insieme a Consiglieri generali, fr. Sylvain Ramandimbiarisoa e fr. Joao Carlos do Prado, hanno visitato la comunità marista di Giugliano. Questa comunità, che presto compirà 10 anni, è composta dai fratelli Giorgio, Domenico e Damiano e dala coppia sposata formata da Rosa e Gianluca.
Il dialogo è stato molto caloroso, allegro e molto fraterno. Ci hanno parlato delle diverse fasi del loro processo e di come, passo dopo passo, hanno imparato a condividere la vita marista, la spiritualità e la missione, a partire dalle loro rispettive vocazioni, come si è giunti a rafforzare la comunione e il rispetto reciproco nell’affrontare i vari aspetti della convivenza.
Sono vocazioni che si sostengonoe si arricchiscono a vicenda, che rendono la comunità uno spazio accogliente per coloro che li visitano; di apertura, dialogo e flessibilità per integrare le “novità” dello Spirito. Inoltre, è una conferma che si può essere maristi senza necessariamente lavorare nel campo della scuola, come nel caso di Rosa che è un avvocato che esercita quasi del tutto fuori dalla scuola, partecipa all’attività educativa come catechista e coordinatrice dei gruppi giovanili GVX.
Conoscere il percorso di costruzione e crescita della comunità è stato un grande dono per noi. Abbiamo assistito a un processo che ha toccato profondamente le persone nella loro risposta alle chiamate di Dio e della vita. Le diverse fasi dell’avvio, dell’avanzamento, della revisione e delle varie ripartenze (ad ogni cambio di fratelli, visto che la coppia è stabile da 10 anni) sono belle dinamiche di cuori aperti e consapevoli che esiste un orizzonte da scoprire e che l’aspetto più importante è nell’esperienza e nell’apertura agli altri nella vita di tutti i giorni.
Il futuro marista di comunione tra fratelli e laici, come una famiglia carismatica globale, diventa attuale in questa comunità. È la prova che oggi, fratelli e laici, possiamo vivere insieme, rafforzando la nostra vocazione comune e arricchendo le nostre specifiche vocazioni. La cosa principale è che siamo maristi e che il carisma ci unisce al servizio del Signore, dove Egli ci guida.
Grazie Rosa, Gianluca, Giorgio, Doménico e Damianopor per condividere con noi il dono che Dio ti ha affidato.
La scusa di vedere la mostra che il CIAO di Siracusa ha realizzato e da poco concluso a Siracusa era un’occasione allettante. Per tanti motivi … Così ho avuto l’opportunità di passare alcuni giorni insieme alla comunità internazionale marista di Siracusa, dal 13 al 16 di giugno. Giorni di caldo estivo, aria di vacanza, una breve pausa dagli esami di terza media, uno stacco davvero interessante.
E per prima cosa l’incontro con la Comunità; i maristi a Siracusa vivono l’internazionalità in senso davvero concreto: 2 fratelli maristi, Onorino e Ricky, poi i volontari laici Gabriel (Brasile), Mario (Cile), Nina (Brasile) e Rosa (Spagna), un mix dove le differenze e la diversità di cultura sono una sfida per l’arricchimento reciproco e per lo scambio di esperienze. Sono proprio le esperienze maturate dai singoli componenti che rivelano la profondità delle motivazioni e delle risorse messe in moto. Dalle conversazioni e dagli scambi ti rendi subito conto che ciascuno ha un bagaglio di esperienze che spaziano veramente da una estremità all’altra del globo.
Poi la mostra: è stata soprattutto il frutto della sensibilità, dell’inventiva e del lavoro sul campo di Mario e Rosa, supportati dal resto della comunità, che in questi ultimi due mesi ha praticamente ruotato intorno a questo impegnativo appuntamento. Tutte le mattine, dalle 11 alle 13 e nel pomeriggio, dalle 16 alle 23, sempre con la garanzia di una presenza e un aiuto per cogliere nel percorso di volti che la mostra offriva come primo impatto uno spunto per approfondire il reale percorso che ha segnato la vita concreta di alcune persone giunte in Italia in questi tempi recenti. Oltre alla mostra è stato realizzato anche una pubblicazione, raffinata ed elegante, con le foto e alcuni approfondimenti. In una sezione della mostra erano poi proiettati a ciclo continuo alcuni video con le interviste ad alcuni di questi personaggi. .La cosa gradevole e interessante è che ogni tanto facevano capolinea tra i visitatori propri i protagonisti delle foto e dei video. Un modo diretto per toccare con mano il tema caldo dei migranti oggi, senza enfasi ne’ strilli, ma con la pacatezza delle parole vitali di chi questo percorso lo conosce, lo ha fatto e lo sta ancora vivendo.
Naturalmente ci vuole una sosta al CIAO: ho avuto modo di visitare la sede del Centro Interculturale di Aiuto ed Orientamento, nella centralissima Via Piave; è il luogo dove vengono svolte le principali attività formative da parte della comunità e da tanti altri volontari (il gruppo è bello folto!). Solo un dettaglio: in serata, prima della chiusura, entra il padrone del negozio di alimentari che si trova proprio di fronte, con un vassoio di panini e paste, è il “resto” non venduto della giornata e mi dicono che è il suo regalo quotidiano per quelli che frequentano il centro. Un sorriso e merenda per tutti. Durante la giornata ho visto entrare tante persone, molte alla spicciolata, piccoli gruppetti, mamme con i loro piccoli… chi per seguire una lezione di italiano, chi per conoscere meglio il computer, chi per passare un po’ di tempo in un luogo sereno e tranquillo. Ogni volto una nazione diversa, dall’Asia all’Africa…un bel crocevia di esperienze.
E quindi anche Siracusa: sapevo di capitare in un luogo speciale, antico, ricco di storia, arte e suggestioni. Questo primo impatto è servito almeno a far crescere la curiosità e l’interesse. Ho avuto la possibilità di assistere ad una tragedia di Euripide nella cornice incredibile del teatro greco (l’Elena, un allestimento “acquatico” suggestivo, con alcune attualizzazioni sul tema dei naufraghi che hanno suscitato un immediato applauso di condivisione); ho ammirato il centro pulsante di Ortigia, la Siracusa più “in” e più elegante, con i suoi monimenti barocchi, le sue opere d’arte, i suoi resti antichi, dall’impronta greca al sigillo romano… fino all’insolita chiesa della Madonna delle Lacrime. Per non parlare del mare, che in queste settimane di inizio giugno ha una freschezza e un richiamo già tutto estivo.
Sabato 8 giugno, alle 18:30, nella cappella dell’Istituto Marista di Giugliano ricorderemo insieme la sua figura, con una s. messa.
Padre Mario è stato per l’istituto dei Fratelli Maristi un punto di riferimento per quasi quarant’anni; ha percorso in questo periodo una parabola ricca di umanità e di servizio che si è sviluppata a partire dai lontani anni 70, quando l’istituto era ancora nella vecchia sede di Corso Campano (i “maristi vecchi”, come ancora si dice oggi). A conti fatti, considerando i tanti fratelli che si sono avvicendati nell’istituto, chi per pochi anni e chi per qualche decennio (come si fa a dimenticare il buon fr. Giulio e le sue merendine, fr. Giacomo e le sue lezioni di inglese, fr. Nito con le sue piante…) l’unica persona che garantiva una presenza costante era proprio lui, padre Mario, sempre presente alle due messe della domenica e a tutti gli altri impegni della particolare comunità di fedeli che ruota intorno alla scuola marista.
La sua vocazione sacerdotale nasce con un taglio spiccatamente missionario, nell’ambito del PIME (il Pontificio Istituto per le missioni estere). Erano gli anni del dopoguerra e il mondo era ancora pesantemente segnato dai postumi di quella follia: guerra fredda, deriva coloniale, il boom economico… E proprio l’Africa esercitava un forte richiamo in tanti giovani: l’epopea di padre Damiano nella sua Molokai avev a inciso fortemente sull’opinione pubblica mentre l’esperienza di A. Schweitzer e il suo ospedale di Lambarenè, nel cuore dell’Africa nera, toccavano il cuore di tanti. P. Mario insieme ad alcuni compagni, inizia il suo servizio nel cuore dell’Africa, in quello che era ancora un brandello di colonia portoghese. Così era arrivato in Guinea Bissau (allora Guinea Portoghese) nell’autunno del 1951 (vi sbarcò il 16 novembre) insieme ad altri tre missionari del PIME, uno dei pochi istituti religiosi che si era reso disponibile al lavoro missionario in quella terra africana fin dal 1947. Sbarcato nel porto di Bissau, si erano subito recati all’interno della Guinea per risiedere nella stazione missionaria della cittadella di Bafatà affidata al PIME. Dopo un adeguato periodo di acclimatamento, venne destinato alla missione di Catiò nel sud del paese, al confine con l’attuale Guinea Conacri. Il suo lavoro principale consisteva nella cura e nella preparazione degli insegnanti delle varie scuolette dei villaggi che man mano i missionari di Catiò fondavano, dietro esplicita richiesta del governatore portoghese della Guinea. Ma nel mese di aprile 1955 p. Mario si vede
costretto a ritirarsi nella sede
centrale del PIME a Bafatà, per l’acutizzarsi di un problema agli occhi. Tra
l’altro, nel periodo della sua permanenza in Portogallo per lo studio del
portoghese aveva avuto un grave incidente automobilistico con relativa degenza
in ospedale per il recupero. Da allora la sua vista diminuiva progressivamente.
Nel gennaio del 1957 soffriva già a tal punto agli occhi che il prefetto
apostolico portoghese si offrì di mandarlo a Lisbona a curarsi a spese della
prefettura. Ma p. Mario non approfitterà di questo invito.
Nel giugno 1957 rientra definitivamente in
Italia, per curarsi e prestare un servizio di supporto nelle case del PIME che
nel frattempo stava consolidando la sua presenza nel Sud dell’Italia e aveva
bisogno di personale per la cura dei seminaristi (in particolare, sul nostro
territorio, a Ducenta e ad Aversa) e per l’animazione missionaria in alcune
diocesi del centro sud. Il problema agli occhi sarà la sua croce per molti
anni, solo entrando nel nuovo millennio le cure riusciranno a migliorare questa
critica situazione. I suoi occhiali scuri per molti restano un ricordo
indelebile. Ma erano per lui una protezione indispensabile.
Così per molti anni è stato il Cappellano del nostro Istituto, fin dai lontani anni 70, dopo il periodo missionario, iniziando un lungo percorso di accompagnamento della scuola marista, guidando la comunità domenicale con la celebrazione dell’eucarestia (le due messe delle 8:30 e delle 11:30), collaborando con la scuola nei suoi molteplici impegni pastorali, le prime comunioni, le confessioni…, sempre con grande disponibilità e partecipazione. Oltre agli impegni in istituto, durante la settimana si recava spesso nella Parrocchia di San Marcellino nel quartiere di Aprano di Casaluce per aiutare il parroco, don Mimmo. Abitualmente risedeva a Casaluce vivendo in casa presso i familiari.
Negli ultimi anni del suo servizio, dopo il 2008, ha condiviso in pieno anche la vita della comunità marista, mettendosi a servizio con semplicità fraterna e risiedendo nell’Istituto, a fianco dei fratelli. Ha continuato così il suo impegno di cappellano, nonostante il peso degli anni, fino al 2014, quando si è ritirato presso la casa di riposo di Sagliano, in Aversa. E anche in questa sede tanti sono andati a trovarlo, in questi ultimi anni, per avere da lui una parola di conforto, condividere un momento di intesa spirituale.
La sua parabola umana si è chiusa domenica 5 maggio, nella serata; i funerali si sono svolti il giorno dopo, lunedì 6, presso la chiesa dei santi Filippo e Giacomo, in Aversa, presieduta dal vescovo, mons. Angelo Spinillo. A breve inseriremo qui una parte dell’omelia che il vescovo ci ha offerto, sottolineando il profilo umano e sacerdotale di p. Mario.
Sono tanti che ricordano la sua serenità, le sue parole ispirate e penetranti, il suo modo di fare amichevole e fraterno, la sua pazienza e semplicità nelle confessioni. In molti hanno già detto: “E’ un pezzo della nostra storia che ci precede in Paradiso”. Continuiamo a ricordarlo con un affettuoso ricordo e con le nostre preghiere.
Testimonianza di fr. Vasco Santi (che ha vissuto nella Comunità Marista insieme a P. Mario negli ultimi anni della sua permanenza a Giugliano), nella foto qui sopra, che ricorda l’apertura dell’80° dell’Istituto (1931-2011) è a fianco di p. Mario, entrambi in qualità di “diversamente” giovani e testimoni dell”Istituto.
Ricordo che era sempre entusiasta del suo servizio di Cappellano dell’Istituto…Sempre sereno…Sempre attento e positivo alle varie richieste passate nel <confessionale>. Negli adulti ex-Alunni, ho sempre sentito testimonianze di gratitudine per le offerte di vita ricevute…Il 10 del mese di Luglio 2015, venne un Ex-Alunno che voleva celebrare il 25° anno del suo matrimonio; andammo insieme a trovare P.Mario nella casa per anziani di Aversa; presero accordi per la celebrazione nella Cappella di Giugliano; ricordo i nomi degli Sposi. ARTURO-ROSSELLA, e dei figli:VINCENZO e FEDERICA (Entrambi sono stati docenti presso l’Istituto e i figli sono ex-alunni)Un giorno, di Domenica, nel pomeriggio, venne a bussare alla porta della mia stanza: era pallidissimo nel viso! Col fr. Marino, fortunatamente in casa, lo portammo in macchina all’Ospedale, e lo staff-Medico, sapendo che era p. Mario, lo accolsero e lo curarono per cinque giorni con tanta amorevolezza. In definitiva P. Mario, è stato una pietra miliare a tutti i livelli: di uomo e di Cappellano nel nostro Istituto. (fr.Vasco Santi, 24/5/2019)
Ci piace anche riportare 2 lettere di saluto a p. Mario, scritte nel 2014, quando ha concluso il suo impegno di cappellano presso l’istituto marista; sono il ricordo affettuoso di un papà e di una chierichetta
23 giugno 2014, Padre e figlia scrivono a P. Mario Laura Cristina e Giuseppe Maisto (entrambi ex-alunni dell’Istituto)
Caro Padre Mario, Ti scrivo questa lettera per ringraziarti della tua faccia sempre sorridente che mi doni ogni volta che entro in chiesa per fare la chierichetta. Grazie per la tua disponibilità: tu non dici mai di “no” a nessuno, sei sempre disponibile, ogni cosa che fai la svolgi sempre con un sorriso stampato sulle labbra, come quando la scorsa domenica non trovavo Fr. Stefano e tu gentilmente sei andato a cercarlo. Mi hanno sempre affascinato le tue storie di quando da giovane eri missionario, che ogni tanto racconti a messa. Io non ti conosco molto bene, anche se papà dice sempre che sei un “grande”, ma da sola ho subito capito che sei una persona generosa, sorridente e pronta a servire Gesù, che sono certa è orgoglioso di te. Io sarei contentissima se mi dicessero che sono una persona sempre sorridente e disponibile. Te l’hanno mai detto che hai un sorriso davvero contagioso? Spero di diventare un giorno come te. Ti voglio bene! Dalla tua chierichetta Laura. Un bacio.
Caro Padre Mario, quante volte ho pensato di scriverti quattro righe per ringraziarti e per comunicarti il mio affetto per te. Mi ritrovo adesso a lasciarti un biglietto, seppur in compartecipazione con mia figlia, come quando da piccoli ti facevamo domande alle quali rispondevi durante la messa delle 9:30. Ho visto che anche tu da un po’ di tempo trascrivi frasi e citazioni di cose che hai letto, per farci partecipi delle tue sensazioni e pensieri. E allora ho deciso anch’io di lasciarti un segno tangibile delle sensazioni che provo per te. Tu sei stato, insieme a qualche fratello marista, una guida importante per me, un porto sicuro al quale approdare nelle difficoltà e più volte nella mia vita ho fatto ricorso ai tuoi consigli per sbrogliare qualche matassa. Devo dire che hai sempre mostrato disponibilità e giovialità e con parole semplici hai riportato alla giusta realtà anche quelli che mi sembravano problemi irrisolvibili. In seguito ho compreso che dietro quella dote di semplificatore c’era la capacità di affidare tutto a Dio, come hai sempre sostenuto, che ti consente di tenere dentro di te i tormenti, le difficoltà, le preoccupazioni, lasciando trasparire a noi solo la parte buona dei consigli. Mai in prima linea, sempre nelle retrovie, ma con una buona parola per tutti, testimone del cristiano che deve portare gioia anche nelle situazioni più difficili, per me e per quelli della mia generazione sei stato l’esempio del sacerdote che non pontifica dall’alto, della guida che è in mezzo a noi, in altre parole del missionario, che dopo l’Africa ha deciso di svolgere la sua missione a Giugliano. Le tue storie per noi erano fonte di meraviglia e ammirazione e ancora oggi ti ascoltiamo a bocca aperta. Quante cose vorrei sapere di te, anzi molte volte ho pensato di scrivere una tua biografia, ma non ho mai avuto il coraggio di chiedertelo. Allora sai cosa faccio? La domenica, dopo aver ascoltato la tua omelia, trascrivo a casa le cose che più mi hanno colpito e ce ne sono sempre. Poi le rileggo e sono una buona lettura nei momenti difficili, così come la “preghiera per il buonumore” che mi regalasti tempo fa. Mi hai accompagnato nella adolescenza e nella maturità e adesso con gioia immensa vedo mia figlia piccola accanto a te e sono contento che Dio ti abbia preservato perché anche lei potesse conoscerti. Grazie per sempre Pippo Maisto
In questa settimana, con le nostre classi di seconda media proviamo a concretizzare un progetto che abbiamo presentato ai ragazzi da parecchio tempo. In collaborazione con il Presidio di Libera che da diversi anni opera nella nostra scuola, daremo spazio per far risuonare 3 nomi che la violenza insensata della camorra ha spento per sempre tempo fa. Effetti collaterali, li chiamano, incidenti di percorso; persone uccise quasi per sbaglio. Peccato che la violenza messa in atto non sia mai una “distrazione”, ma una volontà ben precisa, che lascia conseguenze spesso devastanti.
Nel contattare una delle persone, un familiare di queste vittime, vedo ancora che il suo profilo di Whatsapp è semplicemente la foto del fratello, ucciso “per sbaglio” quasi 10 anni fa. Un dramma che il tempo non può cancellare, un ricordo che rimane indelebile. Con i ragazzi vogliamo fare semplicemente questo, uno “sgarro” alla Camorra che tratta la vita e le persone in modo così superficiale da far credere che una vita sia poco importante, un numero o poco più. Nient’affatto, le persone valgono, la vita vale e questi nomi vogliamo pronunciarli, ripeterli, ricordarli.
Alcuni mesi fa abbiamo contatto il referente delle vittime innocenti di mafia, il nostro amico Bruno Vallefuoco, che ci ha segnalato 3 persone vicine al nostro territorio, Cardito, Castel Volturno, Napoli. Purtroppo la scelta non è difficile. Quando l’associazione Libera ha iniziato a ricordare questi innocenti, ormai più di 20 anni fa, l’elenco di persone non superava i 300, oggi sono più di 900 i nomi che ogni 21 marzo, festa della primavera e festa della vita che continua, vengono proclamati in pubblico, per ricordare queste persone e restituire almeno uno spazio pubblico alla loro vita.
Con i ragazzi delle classi seconde ascolteremo questo testimoni, abbiamo già approfondito e iniziato a conoscere queste persone (le informazioni le abbiamo prese dall’archivio di Libera, a questo link) ma vogliamo con questo gesto sottolineare e dare importanza alla vita di queste vittime, un piccolo segno di attenzione e di impegno personale. Una piccola rivincita contro l’insensatezza della violenza. Qui sotto la scheda che abbiamo trsmesso ai ragazzi, con le notizie su questi 3 personaggi
ma vogliamo con questo gesto sottolineare e dare importanza alla vita di queste vittime, un piccolo segno di attenzione e di impegno personale. Una piccola rivincita contro l’insensatezza della violenza. Qui sotto la scheda che abbiamo trasmesso ai ragazzi, con le notizie su questi 3 personaggi