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Dalle parti di Guadix

Dalle parti di Guadix

Ci sono nomi che evocano paesaggi, altri che replicano località già note, altri che non hai ancora scoperto… Sabato scorso siamo partiti alla volta di Guadix, partendo dalla nostra base temporanea, qui ad Almeria, dove passeremo il Natale 2024, nella comunità lasalliana della grande scuola che si trova in questa città. Abbiamo suddiviso le tappe e questa di sabato era appalto di Jesus, che a Guadix ha vissuto per un certo paio di anni, impegnato nella scuola e in una comunità di accoglienza per giovani migranti non tutelati. Insomma, spazio per la memora di tempi interessanti.

Infatti le nostre mete non erano propriamente turistiche; il primo assaggio dei luoghi, dopo km e km di autostrada, in mezzo a scenari da film (questa era la zona preferita da Sergio Leone per i suoi western), costellati da pale eoliche (molte però in perfetto equilibrio, ferme per mancanza di vento, mentre le ciminiere proiettavano inconsuete linee rette di fumo) e serre di plastica, era una località di montagna. Ci siamo avventurati per una strada in mezzo ai boschi di pino, infarcita di curve ma quasi deserta, data l’ora, per giungere ad un valico a quota 2000 m. Aria frizzante e fresca, erba coperta da rugiada ghiacciata… qui venivano con i ragazzi a farsi delle scivolate sui sacchi di plastica e sulla neve, che spesso ricopriva tutta la zona. Non ci sono impianti perché qui la neve dura poca, ma le pinete, i sentieri e i panorami sono davvero belli. Capisco la voglia di rivederli…

Poi ci siamo diretti verso il castella de la Calahorra, che nessuno di noi conosceva davvero. Una silhouette imponente e massiccia che si staglia sulla collina che domina il paese, una meta sicuramente speciale. Se non fosse per la strada che ti tocca fare per arrivarci… Da non credere, uno sterrato anche abbastanza grezzo e tosto da percorrere con una macchina normale. Ma come? Con un castello a portata di mano non predisponi nemmeno una strada più confortevole per andarlo a visitare? Leggiamo che la proprietà è privata, non statale, e scopriamo poi che le visite si possono fare solo di mercoledì… ci dobbiamo accontentare di un giro di perlustrazione, tutto intorno, ma lo spettacolo è davvero imponente, il controllo della zona, l’antico marchesato, davvero efficace. Solo giunti a casa e visionato qualche documentario, si scopre l’incredibile contrasto tra l’esterno, massiccio e severo, con l’interno, leggiadro e raffinato. E’ il primo castello spagnolo realizzato sotto gli influssi del rinascimento (italiano, come italiane erano parte delle maestranze che lo hanno realizzato). Ci toccherà tornare, possibilmente di mercoledì!

Tappa successiva: la città di Guadix; ma prima del centro storico, altra tappa della memoria, nei pressi della casa che ha ospitato il centro di accoglienza lasalliano, oggi non più attivo in questa sede. Anche una semplice casa, in un quartiere qualsiasi, serve a riscaldare il cuore… Jesus ci ha spiegato come funzionava, quanti ragazzi accoglieva (6), i normali casini che capitavano, tra ragazzi simpatici e altri meno accondiscendenti… la vita mai banale di un centro per riscattare esistenze spesso drammatiche.

Solo dopo siamo andati verso il centro, a visitare questa speciale cattedrale, un piccolo gioiello nel suo genere. Scopriam che c’è una piccola chicca nascosta in questo edificio: una copia (probabilmente l’unica esistente al mondo) della pietà di Michelangelo (e la scenografica installazione era davvero suggestiva, non so se il link sarà sufficiente per apprezzarla).

https://photos.app.goo.gl/fFvNMnAXF8wnx7ak8

Poi ci godiamo la splendida facciata, i dintorni del centro, incontriamo persino una mamma natale accogliente e pronta a scattare fotografie (non sempre i selfie rendono giustizia!). Infine ci rechiamo a mangiare in uno dei locali tipici della zona delle cuevas, perché Guadix è rinomata per queste abitazioni scavate nella roccia tenera delle montagne che la circondano; insomma, non ci sono solamente i sassi di Matera! E nel pomeriggio ci rechiamo anche a dare un’occhiata a queste scenografiche casette dei puffi che circondano la città; interessante vedere questi camini che spuntano direttamente dal suolo e che segnalano la presenza, proprio lì sotto, di una casa con le sue numerose stanze. Fresche d’estate e tiepide d’inverno, isolate come sono da questa roccia tufacea. Persino la chiesa si sviluppa, in parte, come grotta…

Non poteva quindi mancare l’album di foto di questo giro presso Guadix

Cambio di stagione

Cambio di stagione

Anche se a Melilla il clima è ancora dolce, l’estate… sicuramente è terminata.

Venerdì scorso, a dicembre inoltrato, la spiaggia era ancora un luogo dove andare a passeggiare, magari bagnarsi i piedi, qualcuno si azzarda anche col surf…

Avevo inaugurato una semplice consuetudine nell’estate appena trascorsa, ogni volta che andavo al mare prendevo una conchiglia come segnapunti, o segnaposto

Adesso la collezione 2024 è decisamente conclusa, non ci saranno altre conchiglie da aggiungere. Le ho contate, sono più di 30.

D’altra parte con oggi potrei quasi iniziare a dedicarmi alla… pensione. I 65 sono arrivati, ma mi piace ricordare questo passo del Piccolo Principe:

I grandi amano le cifre. Quando voi gli parlate di un nuovo amico, mai si interessano alle cose essenziali. Non si domandano mai: “Qual è il tono della sua voce? Quali sono i suoi giochi preferiti? Fa collezione di farfalle?” Ma vi domandano: “Che età ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto guadagna suo padre?” Allora soltanto credono di conoscerlo.” Insomma, vado ancora in giro a collezionare farfalle…

Tra pochi giorni inizia la pausa di Natale, andremo “in continente”, o come si dice qui, nella “penisola” (guai dire che “andiamo in Spagna” visto che ci siamo giá… sarebbe una seria caduta di stile); strano, nemmeno in Sicilia c’è un’abitudine simile…

Il Nobel all’autrice de La Vegetariana

Il Nobel all’autrice de La Vegetariana

Quando uno vince il Nobel e ti accorgi che nemmeno sai di quale paese sia, cosa abbia scritto di interessante, e ti chiesi perché i nobelisti svedesi abbiano scelto proprio questa persona per un riconoscimento così ambito, scatta quasi in automatico la tentazione e la voglia di scoprire qualcosa di più.

Quest’anno il nobel per la letteratura è andato alla scrittrice sudcoreana Han Kang che, probabilmente come tanti, non avevo mai sentito nominare, incontrato, letto…
Così ho cercato almeno il suo libro più rappresentativo: la Vegetariana. Per conoscere un po’.
Delusione cocente.

Tanto su queste righe che leggiamo in pochissimi una stroncatura non dovrebbe dare molto fastidio, ma il bello della lettura è proprio questa libertà di dire: non mi è piaciuto per niente, anzi, quasi quasi non lo finisco nemmeno.


Ma siccome il libro era corto sono riuscito a terminarlo, sempre sperando di capire dove fosse il talento speciale dell’autrice, cosa avesse di così interessante da diventare quasi un punto di riferimento mondiale. Passi il nobel a Bob Dylan, ma in questo caso sono rimasto spiazzato perché non sono proprio riuscito a trovare qualcosa di speciale in questo testo.
La storia di questa donna che, a partire da una esistenza borghese e alquanto insignificante, sviluppa quasi una avversione al mangiare carne apparentemente senza tante motivazioni mi sembrava l’occasione per una riflessione sui tanti cambi epocali che stiamo vivendo e una possibile indicazione per un piano d’uscita. In fin dei conti il principale cavallo di battaglia di vegetariani e vegani è proprio la poca sostenibilità del mangiare carne. Insomma, un filone ecologico plausibile, ma nel libro non trovi niente di tutto questo, salvo vaghi cenni.
L’esistenza della coppia subisce quindi una lacerazione, una divisione; lei, ostinata a non voler più mangiare carne, a rovinare le rimpatriate familiari senza fornire spiegazioni accettabili, provoca la rottura del matrimonio con il marito, che senza troppe discussioni accetta che la vita cambi definitivamente il suo corso.

Poi subentra un cognato, con la passione delle riprese video e qualche altra velleità artistica, che propone alla protagonista di diventare il soggetto di alcuni video, tra il bodypaint e l’approccio erotico.
Nel finale la donna si trova ricoverata in un centro psichiatrico, accudita senza troppa convinzione dalla sorella, che coltiva sensi di colpa e altri problemi di relazione. Lentamente si sta spegnendo, rifiutando le cure e soprattutto senza mai fornire esplicite motivazioni a questo suo lasciarsi andare, il rifiuto di ogni cibo animale, il nutrirsi solo di pochi elementi, quasi solo foglie, la spinge quasi ad identificarsi con gli alberi del bosco che circondano la clinica e durante un temporale spingerà questa sua identificazione quasi ad una fusione materiale.
Questo è il contenuto che, alcuni mesi dopo averlo letto, mi rumino ancora dentro, senza nemmeno troppa convinzione.
Non ho letto altre opere dell’autrice, sicuramente ci saranno motivi che da un primo accostamento sfuggono. Ma quando poi prendi in mano altri libri, che ti avvinghiano, affascinano e obbligano a pensare in maniera differente, ti chiedi davvero se il valore attribuito da un premio simile non sia un tantino eccessivo.
Penso di sì.

Tra Granada e Jaen

Tra Granada e Jaen

Il nostro secondo giorno lo passiamo a Jaean.

In pratica è stata la mia prima vera cittá spagnola, visto che proprio 20 anni fa ci ho passato quasi un mese intero, un po’ per iniziare a capire meglio lo spagnolo, parlarlo, infarinarmi un po’ di cultura iberica. Ho ripescato persino le mie “memorie” di quel tempo, quando le paginette web erano molto piúi spartane ed essenziali (tanto che non riesco nemmeno più a linkarle, dovrei rimetterci mano, ma non adesso).

Le cose che avevo scritto e vissuto erano queste… ero giá grafomane ad oltranza…

Eppure, dopo 20 anni le cose che ti rimangono nella mente, sono davvero poche. Un po’ perchè in quell’occasione avevo girato davvero poco per la cittá, non avendone grandi motivi; interessante però ricordarle e confrontarle con l’oggi che siamo diventati.

In questo sabato ci siamo dedicati solo alla visita del Castello e poi della Cattedrale, insieme alla nostra amica Chiqui.

Mi ricordo che ero salito al castello a piedi, dal Barrio della Magdalena, dove vivevo con la piccola comunitá di inserzione in quell’animato quartiere. Era gennaio, il fresco e l’umido della mattina si ricordano facilmente, ma del castello ben poco, visto che il Mirador era giá pronto, ma non si poteva ancora visitare il resto, che adesso invece è stato ristrutturato e ben sistemato.

Un castello che domina imponente tutta la cittá e la pianura vicina. Ovvio che gli arabi ne hanno subito fatto il loro centro di controllo, poi si passa agli spagnoli, dopo la Reconquista, per scoprire l’ultima tappa movimentata bisogna giungere fino al 1812, quando l’esercito francese riesce ad occupare questo maniero roccioso e in poco tempo lo modificano profondamente, costruendovi un ospedale e adattandolo alle loro esigenze. Quando poi vengono sconfitti riescono ancora ad avvelenare l’acqua della cisterna, ma per fortuna non riescono a far brillare le cariche disposte nei punti strategici. Sarebbe stato davvero un peccato perdere questo gioiellino difensivo, ora mite base per foto panoramiche e passeggiate mattutine.

Dopo il castello siamo scesi in cittá, appuntamento presso la cattedrale. Era ad aspettarci la nostra amica Chiqui, che periodicamente incontro, anno dopo anno (il momento piú interessante quando l’ho accompagnata, da Giugliano, a visitare gli scavi di Ercolano); è davvero speciale visitare un luogo importante seguendo le parole di chi, nel suo piccolo, fa giá parte di questa storia; lei che ha seguito i corsi del docente biblico di grande rilievo, tanto che gli hanno messo una targa vicino al suo posto nel coro, lei che ha seguito l’iter della riesumazione di un famoso vescovo della cattedrale, che per vari secoli (!) era rimasto sepolto in una… cassapanca di una cappella e ora, finalmente, interrato con la sua bella lapide, lei che fa parte degli “amici della Cattedrale”… Le cose acquistano un buon sapore, quasi di famiglia. E poi in questa cattedrale si conserva il Santo Rostro e allora la storia prende le ali…

Siamo saliti anche nella parte alta della cattedrale, il corridoio che la contorna dopo la prima serie di colonne, uno spettacolo soprattutto per gli scorci che regala sulla cittá…

Ecco le immagini del Castello e della Cattedrale di Jaen

Torniamo a Granada in serata e nei momenti tranquilli ho modo di immergermi ancora una volta nel caos di questa vorticosa città, incredibilmente affollata in questi giorni di ponte festivo.

La domenica mattina, in attesa della comunità marista che rientra da Cartagena, io e Ventura, come ormai spesso capita, ci mettiamo ai fornelli, per un pranzo in diretta, un po’ di patate al forno, fettine di lonza e soprattutto un po’ di spaghetti allo scoglio diventano il nostro gesto di riconoscenza per l’accoglienza ricevuta in questi giorni. E alle 13, visto che la scuola marista celebra la festa dell’Immacolata, siamo tutti invitati alla celebrazione e riesco anche a rivedere Rosa, un anno dopo l’ultimo saluto, quando ancora aspettava la piccola Fatima. Naturalmente poi arrivano anche il papá Omar e la piccolina, che ha quasi un anno (festeggia il 2 gennaio… giá marista in partenza!).
E poi, sapendo che a Granada ci tornerò tra un paio di settimane, dopo Natale, lasciamo ancora un po’ di visite in sospeso…

Ripartiamo il lunedì, qualcuno in aereo e io, insieme a Jaun Antonio, torniamo in macchina, passando per Archidona (con la sua bella piazza a 8 lati, che peró qui si chiama ochavada, non ottagonale… !). Ci prendiamo un caffè in un piccolo locale che gronda di nostalgia franchista (libri, immagini, busto, berretti militari… incredibile!); ci imbarchiamo a Malaga e sul traghetto passiamo tranquillamente le 7 ore del viaggio, belli comodi e rilassati. Una pausa di relax davvero interessante…

Mi sembrava capoeira…

Mi sembrava capoeira…

Qui in Spagna le vacanze di Natale sono una tappa impegnativa, tanto che per farle venire bene si sono premuniti di un ponte bello lungo per fare le prove generali; il 6 dicembre è la festa della Costituzione (quella emanata dopo il periodo di Franco, ovviamente) e l’8 dicembre, festa dell’Immacolata è una sosta talmente importante che se cade di domenica (come quest’anno), si aggiunge una festa per il giorno 9 per sottolinearne il significato. Morale della favola, siamo partiti da Melilla il 5 sera e ci siamo presi una pausa di relax di un paio di giorni. Ora siamo qui a Granada, che diventa il nostro punto di partenza, per un paio di visite allo splendido entroterra spagnolo.

La tappa di ieri era verso la zona di Alpujarra, la parte a sud della Sierra Nevada, un territorio montagnoso che appartiene alla provincia di Granada e di Almeria. Dopo la reconquista la zona è stata interessata da processi di ripopolamento da parte di gente proveniente dalla Galizia e quindi è facile trovare toponomi con un vago sapore di lingua portoghese, molti i paesini che terminano con “…eira”, insomma, girando a forza di curve mi sembrava che fossero tutti sulla falsariga di capoeira. Ma niente a che vedere con questa leggiadra forma di danza marziale… 😉

Da Granada la zona dista quasi 90 km (e sarà solo al ritorno che mi renderò conto di aver macinato più di 200 km, tra curve e controcurve di montagna); i luoghi sono davvero suggestivi, ti capita di passare nella famosa Lanjaron (una nota marca di acqua da tavola che sgorga proprio in questa zona) e di aggirarti per i paesini a terrazza di questo territorio, che sembrano costruiti dai puffi bianchi (un bianco abbacinante, nella splendida giornata di ieri). Ci siamo anche avventurati tra le strette viuzze di Orgiva, fidandoci imperterritamente (si può dire?) di Google Maps e… ha funzionato, anche se con un margine di poco più di 10 cm per lato dalla macchina, io guidavo ma gli altri guardavano con terrore gli angoli e i muri delle viuzze, che sembravano sempre più accarezzare la carrozzeria!

Ci siamo poi goduti davvero le splendide città bianche di Pampaneira e Capileira (che ti dicevo prima sulla capoeira?), con i loro tetti che formano la terrazza della casa adiacente, i loro grandi camini bianchi, le ardesie a profusione, i passaggi coperti nel paese, dei piccoli gioiellini.

E complice il lungo ponte, ci siamo ritrovati compresi nell’esercito di turisti che, come noi, si erano diretti nella stessa zona. Code di macchine, file di persone nei caruggi, bar presi d’assalto, davvero una grande quantità di persone. Meno male che avevamo prenotato per il pranzo, cercando una zona non troppo centrale di uno di questi paesini. Pranzo con vista monti spettacolare e di forte impatto. Ma come vivevano in queste zone prima delle invasioni dei turisti? Pochi boschi di castagno, terrazze e coltivazioni, ma doveva essere davvero dura la vita un tempo.

Nell’ultimo villaggio l’attività svolta era invece molto chiara: zona di vacanza per prosciutti da stagionare; a Tresvelez la scritta del paese è contornata da ridenti prosciutti, le luminarie di natale sono a base di prosciutti, i murales richiamano prosciutti… qui venivano posti a stagionare i prosciutti, per il clima secco e fresco.

Bene domani sarà la volta di Jaen (ci sono stato esattamente 20 anni fa, vediamo se ricordo qualcosa…) Ma per oggi di cose suggestive ne abbiamo raccolte davvero tante!

Ecco qualche immagine di questo giro presso la Alpujarra