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Categoria: libri

Spesso guardo il cielo

Spesso guardo il cielo

Io guardo spesso il cielo. Lo guardo di mattino nelle
ore di luce e tutto il cielo s’attacca agli occhi e viene a
bere, e io a lui mi attacco, come un vegetale
che si mangia la luce.
(M.G. da “Fuoco centrale”)

Forse più che al cielo io mi soffermo sul mare. Da quando ho il privilegio di aprire la finestra al mattino e riempirmi lo sguardo di questo orizzonte, ne faccio incetta a man bassa. Ricordo il panorama che potevo contemplare a Cesano: aprivo la finestra sulla copertura di un capannone, plexiglas ondulato grigio-sporco, solo una fetta di cielo se ti sporgevi all’infuori.

E poi ci sono gli incontri imprevisti, le intercettazioni della cronaca. Proprio ieri mi stavo ritagliano uno spazio di notizie altre, se posso la domenica mi soffermo con calma sulle pagine del domenicale del Sole24, una consuetudine recente, visto che è solo degli ultimi 25 anni… Mi era caduto l’occhio su un articolo di musica contemporanea. Non è che oggi non ci siano autori di valore, è che troppo spesso ci accontentiamo di quanto conosciamo già. L’articolo presentava un pezzo di musica probabilmente “pesante”, un Requiem dedicato alle vittime del terremoto del 2009. L’ultimo requiem di cui avevo un po’ di memoria era quello di Verdi, per la morte di Manzoni. Ne avevo appena parlato con il mio alunno preferito di questi giorni (è il preferito anche perché è l’unico, Omar), perché stiamo parlando proprio dei Promessi Sposi e del peso che un’opera simile aveva nel contesto storico e culturale dell’epoca. Poi dalla notizia sono passato a Youtube per sentire almeno qualche brandello di questa musica composta da Silvia Colasanti, e poi a leggere alcune recensioni. Il titolo, in particolare, mi sembrava suggestivo, stringere nei pugni una cometa… non sembravano certo parole liturgiche (ma potrebbero diventarlo, perché no…) e quindi la ricerca si sposta sui testi e così scopro l’autrice, Mariangela Gualtieri e naturalmente si apre la caccia ai brani che si possono trovare in rete… ne raccolgo una piccola manciata qui prima di aprire la pagina ufficiale di questa voce narrante. A prima lettura mi sembra di risentire lo stile di un’altra poetessa che apprezzo, Livia Candiani, che ho iniziato a seguire dai tempi delle prime visite a Romena. Ma sarà forse che la poesia di oggi si muove tra spazi e regole comuni, per trapelare ai più.

E giungo anche a rileggere la poesia del 9 marzo, e quindi anche a sentirla e risentirla come una sorta di vaticinio e riflessione su questi tempi difficili, una poesia della Gualtieri che deve aver spopolato sul web (tra consensi e critiche equamente distribuite) ma che ‘scopro’ solo adesso. Segno ulteriore che di solito seguiamo solo che già conosciamo…

Scoprire un nuovo artista, una voce differente, un punto di vista originale è sempre utile, perché quando allarghiamo i nostri, di orizzonti, anche chi ci sta vicino vi si ritrova immerso. E adesso ritorno sul nostro splendido terrazzo panoramico. Non si può uscire, ma da qui il mondo entra.

Mestiere ingrato e indispensabile

Mestiere ingrato e indispensabile

Forse devo andarci un po’ più calmo. L’ultima recensione che ho scritto per Amazon non è stata accettata (ok, capisco, era per un disco e mi ero sbilanciato un po’ troppo per i contenuti e per la protagonista, avranno pensato che la stavo praticamente sponsorizzando ….) e quindi per il prossimo libro ho pensato di restare su livelli più generali 😉

E si tratta del recente libro della Tamaro, un libriccino corto e monotematico. Alzare lo sguardo, sembra persino un richiamo all’Avvento…

E’ tutto centrato sul problema dell’educare, un mestiere ingrato ma necessario. Nel nuovo contesto in cui mi trovo qui a Siracusa, nel CIAO, potrei quasi dire che un certo educare, quello della scuola, non mi riguardi più da vicino. Però il lupo perde il pelo ma non il vizio. Proprio questa mattina sono entrato nella scuola primaria di s. Lucia, a pochi passi dalla nostra sede del Ciao. Accompagnavo Daniel e il suo bambino, Yossef; vengono dall’Eritrea, dopo un’odissea durata anni passando dalla Svezia, strani cortocircuiti della globalizzazione. Il motivo è semplice, seguendo le spiegazioni del nostro avvocato Domenico. Girano un po’ di passaporti con foto molto generiche, chi dirige il gioco affida un passaporto a una persona che parte verso il nord-europa, alle frontiere europee non si accorgono nemmeno che la foto non è proprio quella della persona che lo esibisce e il passaggio è fatto. Poi quella persona riconsegna il passaporto a qualcuno che lo riporta all’origine. E il gioco ricomincia. Con tutti i problemi di documenti finti e falsi che ne scaturiscono. Questo bambino dovrebbe andare a scuola, ha 7 anni e per un po’ dovrà restare qui a Siracusa. Un paio di settimane fa lo abbiamo accompagnato per l’iscrizione ma gli è stato detto che “non c’era posto” e quindi la sua Betlemme ha completato il presepe.

Ma ci stiamo riprovando e questa mattina ho parlato con una docente, molto più aperta e sensibile (una collaboratrice della Direttrice). Forse mi viene facile, esordendo in qualche modo a partire dalla mia esperienza di preside. E in certi casi serve. Vedremo tra qualche giorno, dopo le vacanze di Natale, come andranno le cose. Sarebbe bello che di presepi e di Betlemme ce ne fossero sempre di meno in giro, anche se qui da noi è facile riconoscere tra i nostri amici quotidiani dei pastori, giovani madre e, speriamo, futuri messia…

La Tamaro nel suo testo tocca proprio il tema dell’educare. Ho letto in giro alcune critiche e molti “distinguo”. Un po’ retro, arcaico, sulla difensiva, nostalgico… ma non mi sembra tanto strano o veterotestamentario come testo. Inizia come fosse la risposta a una ipotetica lettera di una professoressa preoccupata sulle derive educative della scuola italiana, con un evidente riallacciarsi alle tematiche pedagogiche care a Don Milani. Ma la Tamaro non si atteggia a provocatore o innovatore, si accontenta di mettere in guardia genitori ed educatori contemporanei sui tanti rischi ormai ben diffusi e conosciuti. La fretta, la medicalizzazione degli alunni della scuola (uno slalom tra DSA, BES che spesso fornisce solo una stampella perpetua per i nostri ragazzi). Da persona esperta e intelligente non si perde in sterili accuse nei confronti di certe esagerazioni tecnologiche o burocratiche piuttosto diffuse nella scuola ma mette in guardia su adozioni troppo acritiche e conformistiche di questi trend, apparentemente inevitabili. Invita quindi a ragionare con la propria testa senza adeguarsi supinamente ai vari diktat. E insiste su un approccio umano all’educare, perché la tecnologia non è sufficiente. Forse potremo sostituire le api con droni impollinatori ma una carezza non è la stessa cosa di una pressione esercitata da qualche macchina.

Testo rapido e utile per una riflessione. Si può concordare o dissentire ma la posizione espressa è sicuramente condivisa da molte persone, anche da tanti docenti. Tra l’altro era proprio fare la docente il sogno lavorativo dell’autrice, che rivela inoltre le sue difficoltà personali (sarebbe stata sicuramente classificata come BES, data la sua sindrome di Asperger (che ultimamente l’ha portata ad annunciare una sorta di ritiro dalle pubbliche apparizioni)). Personalmente condivido alcune preoccupazioni ma penso che un corretto e competente uso di tecnologie avanzate possa essere un formidabile aiuto; ma come al solito il problema non è tanto nelle tecnologie disponibili quanto nella capacità di integrarle con intelligenza quando necessario (e in tanti casi siamo veramente indietro e timorosi nella loro applicazione). In conclusione, buoni spunti di riflessione e piste da approfondire: la posta in gioco è semplicemente il futuro della specie.

Armi e bagagli, anzi, bagaglio solo…

Armi e bagagli, anzi, bagaglio solo…

Lo stavo trascinando da diverse settimane, ma questa volta perché mi sembrava doveroso dedicargli il tempo giusto per approfondire, capire e utilizzare le risorse indicate. Il libro si intitola “Il Bagaglio” e l’autore, Luca Attanasio, è particolarmente impegnato nel “settore”, collabora con diverse testate e sfogliando anche solo distrattamente le sue pagine social si vede che si muove all’interno di ben precise coordinate solidali. Una rapida scheda con la presentazione del testo mi aveva stuzzicato e calcolando che adesso questo ambito è diventato il mio orizzonte di riferimento, mi sembra anche doveroso capirlo meglio.

Il testo si apre con una presentazione di Roberto Saviano, graffiante e incisiva e come sovente riesce a sintetizzare in poche righe il tema centrale, il dramma dei minori stranieri non accompagnati (MSNA, ormai questa sigla ricorre frequentemente tra le mie letture).

Nel testo si parla soprattutto del viaggio che molti di questi giovanissimi uomini (soprattutto uomini) compiono per giungere fino alle nostre terre, spiagge, case, strade. Il bagaglio che spesso manca, sovente viene perso lungo il percorso, coincide infine con la sola persona, è un elemento che segna per sempre queste vite. Esiste un prima e un dopo. Una vita critica e difficile prima e una situazione spesso altrettanto incerta dopo.

Nel testo si presentano i vari problemi legati alla politica italiana degli ultimi anni, dalla fase di emergenza con Gentiloni, al cambio radicale imposto da Salvini, agli strumenti legislativi che comunque restano importanti, come la legge Zampa. Viene presentato il sistema di accoglienza con le sue idiosincrasie, le problematiche legate all’età dei giovani migranti, le soluzioni possibili, il rischio frequente per questi giovani di finire nei meccanismi della criminalità. Sono presentati anche alcuni modelli di buon funzionamento che hanno portato ad una corretta integrazione. Nel libro sono presenti molte voci, soprattutto quelle dirette dei ragazzi che hanno fatto il viaggio, spesso nel loro italiano conquistato a fatica ma così lucido. Alla fine del saggio è presente anche un insolito viaggio all’indietro, compiuto da un giovane migrante africano che ha intrapreso la strada per ritornare nel suo paese e impiantarvi un’attività nuova (un laboratorio fotografico).

Molte le indicazioni operative nel testo, i riferimenti legislativi attuali, i rimandi a pagine web e risorse online che analizzano il fenomeno in modo obiettivo, scientifico e approfondito, le interviste a personalità politiche e operatori del settore. Un testo che arricchisce e fornisce una panoramica abbastanza esauriente del fenomeno “migranti”.

E pensare che ad un certo punto mi ero incuriosito per uno dei nomi dei testimoni citati nel libro. “Ma io questo Daniele forse lo conosco“, mi sono detto, chiedo alla mia comunità… ma certo, è proprio il Daniele che viene al Ciao insieme all’avvocato Domenico, tutti i mercoledì e venerdì sera! Per me, arrivato da poco, è ancora solo una presenza tra le molte, ma mi raccontano subito che era il responsabile di Casa Freedom, il centro da cui provengono gran parte dei nostri ragazzi più grandi. Insomma, uno che di esperienza nel campo ne ha raccolta davvero tanta… Quando, il giorno dopo, gli ho fatto leggere le sue parole di qualche anno fa, tra l’altro ancora attualissime, quasi non si ricordava: “In quei giorni mi intervistavano in tanti, dalla BBC alla Rai… eravamo nell’occhio del ciclone”. Bello sentirsi al posto giusto con le persone giuste!

Eccolo qui il nostro Daniele Carrozza, intervistato a metà libro

Viene quasi la voglia di contattare direttamente l’autore, per tenerlo “al caldo”, chissà, magari un invito per presentare il libro come approfondimento da offrire presso il Ciao? Chissà …

Sono tante le stelle di Lampedusa

Sono tante le stelle di Lampedusa

Ho finito da poco l’intenso libro del medico di Lampedusa; ammetto di essere un po’ di parte 😉 e con gli interessi emergenti di questi miei ultimi periodi si tratta di sfondare una porta più che aperta: anzi, sto proprio cercando di allargare un po’ i confini conoscitivi su queste tematiche, proprio per non accontentarmi di informazioni generiche e sbrigative…

Ecco le righe che ho preparato… sperando che vengano poi pubblicate (mi è già successo che alcune recensioni su Amazon NON venissero accettate, forse per il tono troppo personale? Se non altro vuol dire che qualcuno le controlla… il che non guasta).

Il tema dei migranti e dei continui sbarchi continua a interessare la nostra società. L’approccio che ne fa l’autore è molto concreto e senza sterili polemiche. Anche il suo impegno politico rimane sullo sfondo, senza nessuna forzatura o invadenza.
Come medico di Lampedusa ha un punto di osservazione particolarmente significativo, essendo spesso tra i primi a dove incontrare le persone che giungono coi barconi sul suolo italiano. Il libro nasce dopo il film Fuocammare del 2016 (Leone d’oro al Festival di Berlino), ma l’autore non trasforma le pagine in un trampolino promozionale. Traspare dalle storie che vengono raccontate l’estrema umanità del personaggio, con i suoi entusiasmi, le sue emozioni e talvolta le sue decisioni impetuose, sulle quali in seguito dovrà ricredersi lo stesso autore. Come filo conduttore del libro si intravede la storia di una bambina africana, giunta da sola in Italia, alla ricerca della mamma che l’ha dovuta abbandonare da piccolissima; l’autore si affeziona a questa bimba, si interessa al suo caso, smuove personaggi, uffici e amici per aiutarla, con tenacia e ostinazione; non tutto procede secondo i desideri, si giunge a rintracciare la madre, anche lei clandestina ma in Francia, ma i tempi per il ricongiungimento si dilatano, incontrano l’ostacolo grigio della burocrazia, scatenano nella bimba reazioni pericolose ed inquietanti. Ma il lieto fine, che sostiene l’impegno umanitario del dottore, ripaga alla fine di tutto quanto. Molto umano e toccante.

Perché leggerlo: conoscere da vicino il problema dei migranti e le dinamiche degli sbarchi, saper vedere oltre l’emergenza o il clamore mediatico, capire che si tratta di persone, individui, ciascuno da cogliere con uno sguardo unico e solidale.

Non basta chiudere Internet

Non basta chiudere Internet

Quasi difficile recensire un libro nel quale traspaiono, in moltissime occasioni, commenti e idee personali dell’autore nel quale diventa facile (e logico) riconoscersi. Peccato che siano idee più legate al panorama politico nostrano che al mondo della rete vero e proprio. E forse è facile, per chi la rete la vive come strumento ormai vitale, sparare a zero su governanti attuali che stanno dando veramente un esempio misero di cultura e preparazione sui temi della rete (e numerosi paragrafi mettono alla berlina i vari M5S e Salvini e Trump senza nessun giro di parole!).
L’esperienza dell’autore e la sua conoscenza del mondo dell’informazione sono fuori dubbio, emergono considerazioni chiare di quanto la rete sia oggi uno strumento un po’ alla deriva e potenzialmente rischioso. Dal sogno quasi miracoloso dei primi pionieri, quando i campi di applicazione e le novità dilatavano giorno dopo giorno il “giocattolo” internet che ancora non aveva una forma precisa, si è arrivati ormai alla presenza ingombrante dei grandi protagonisti della rete, quelli che ci vivono e ci guadagnano sopra. L’autore indica i limiti e i rischi della presenza eccessiva di Google, FB, Apple, i social in genere che lucrano sui dati ma instillano e condizionano in modo preoccupante senza spesso darlo a vedere.


Le influenze sulle elezioni americane, il peso destabilizzante della Russia, la trasformazione delle persone da cittadini a clienti (o profili social), vengono presentati e rievocati in più parti. Si avverte il timore legato soprattutto alle scelte e ai cambiamenti che i grandi protagonisti della rete possono operare sul panorama politico (e già ne avvertiamo l’influenza); numerosi passi sembrano però digressioni contro il populismo e sovranismo avanzante, analisi sociologiche e considerazioni legate alla deriva attuale della politica, mentre ci si poteva aspettare una panoramica più precisa e serrata su come gli strumenti della rete oggi rischiano di influenzare negativamente la società, dalla formazione e diffusione delle fake news (con eventuali rimedi) ai meccanismi (subdoli) di analisi del comportamento degli utenti, dal fenomeno di wiki leaks al giornalismo che cerca di informare nonostante i comodi andazzi del retweet. Il discorso fila e l’autore si fa leggere in modo piacevole; il suo obiettivo è semplicemente quello di invocare e proporre alcune regole per un uso più sostenibile della rete (ma anche qui sembrano raccomandazioni un po’ sbrigative, relegate nelle ultime righe del testo).
Il titolo si rifa al pamphlet di J. Switft che nel ‘600 proponeva alla GB di risolvere il problema dei troppi piccoli irlandesi con la semplice proposta di …mangiarli nel momento migliore, dopo pochi mesi dalla nascita. Chiudere Internet ovviamente è una provocazione alla quale nessuno oggi potrebbe più credere (a parte le scelte coerenti di un utilizzo consapevole). Forse abbiamo più bisogno di corretta educazione e modelli alternativi che di tante regole (che arriveranno ma saranno, come il GDPR Europeo un tentativo incompleto e farraginoso di affermare la sovranità personale sui propri dati).