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Categoria: libri

Tesla, un affascinante don Chisciotte moderno

Tesla, un affascinante don Chisciotte moderno

due righe sul libro L’uomo che ha inventato il XX secolo

Tesla, pur essendo poco noto e poco approfondito, esercita sempre un suggestivo fascino come uomo e come inventore; da questo libro si ottiene in modo abbastanza rapido una panoramica completa sul personaggio. Viene tratteggiata la sua biografia, i difficili inizi e le sfortunate vicende che lo hanno segnato. Nel testo si mette in evidenza il problema di fondo, legato al suo rapporto con le persone autoritarie (il padre e la madre, molto esigenti e severi) e la sua reazione (una scarsa autostima, la ricerca di figure paterne alternative). Insieme al suo percorso di inventore geniale vengono messi in evidenza i suoi limiti come uomo d’affare, ben poco attento ai cavilli e agli sgambetti degli operatori più astuti di lui (da Edison a Westinghouse, fino a J.P. Morgan). Tutto dedito alle sue invenzione e alle sue sperimentazioni, alcune delle quali hanno persino minato il suo fisico, non si occupava degli aspetti legali ed economici. Tesla diventa quindi un caso di successo e fallimento a catena; troppo avanti per il suo tempo, ad esempio per quanto riguarda l’invenzione della radio,realizzata ben prima di Marconi, e certe anticipazioni fulminanti su un mondo interconnesso dove lo scambio di informazioni sarebbe stato facilissimo (insomma, internet immaginato 100 annni prima!). Peccato per il suo misero epilogo e la scarsa considerazione della sua visione di futuro.
Mi sarebbe piaciuto trovare nel testo almeno 2 righe per chiarire se la Tesla di oggi abbia qualcosa in comune (oltre al nome praticamente nulla e persino Elon Musk non c’entra con questa azienda, che lui ha semplicemente rilevato qualche anno fa).

serve Luce alla luce…

serve Luce alla luce…

Ho concluso da poco il luminoso libro di Susanna Tamaro, Il tuo sguardo illumina il mondo. Testo illuminante, deciso e interessante. E siccome la Tamaro è un’autrice sempre controversa, che per ogni rigo scritto raccoglie critiche, condivisioni e divisioni, leggerla diventa anche una bella scorribanda per scoprire quanto collima coi propri gusti, quanti stimoli vi si possono scorgere, quante domande e risposte vi si possono scorgere. Come si può notare da una rapida ricerca sul web è anche il libro dove l’autrice parla della sua sindrome di Asperger, un fardello relazionale che senza dover giustificare nulla condiziona sicuramente tanti aspetti e lati della vita. Per fortuna non siamo semplicemente la somma dei nostri limiti o dei nostri problemi, anzi, a volte possono essere queste condizioni un valido alleato per raggiungere una maggior sicurezza e indipendenza.
Il testo raccoglie l’itinerario di amicizia con Pierluigi Cappello, un poeta che ci ha lasciato nel 2017, costretto da tempo, per un incidente, sulla sedia a rotelle. Il loro scambio di lettere, di incontri e di riflessioni si dipana in modo naturale e semplice, toccando però quei temi importanti della vita che spesso releghiamo alla sfera più intima, più nostra.
Si avverte nel lungo dialogo della Tamaro, quasi un monologo, attraversato in poche riprese da alcuni versi di Cappello, qualche frase del poeta, alcuni stralci dei loro incontri soprattutto della fase finale prima dell’estremo saluto, la passione per una vita che non sia di superficie, che non si accontenti del banale trascinare le giornate per riempirne il vuoto insostenibile. E’ persino evidente il richiamo ad un Assoluto personale, da raggiungere senza troppi giri di parole mediante una frequentazione attenta del vangelo.
Sono tante le riflessioni che salgono a galla, sulle varie assurdità della nostra vita, che ci consuma senza procurarci senso, che tenta di assoggettarci denigrando le alternative che potremmo escogitare.
In particolare si coglie l’attenzione a come oggi sia difficile recuperare quella lentezza e quella profondità di vita che ci aiuterebbero invece a gustarne il senso e il sapore.
Ne emerge una Tamaro matura, pacata e capace di immersioni profonde nella vita, ricca di umanità, da assaporare con calma.

due libri di speranza

due libri di speranza

Ho terminato da poco la lettura di due testi particolarmente interessanti e “utili” per questi nostri tempi; mi piace raccogliere alcune riflessioni, per non dimenticarli troppo presto 🙂

Questo rapido libretto, una sorta di lunga lettera, è uscito a fine febbraio. Don Ciotti si rivolge direttamente a chi mette in atto pensieri, decisioni e comportamenti che purtroppo oggi ricevono l’avallo delle istituzioni e del Governo: chiusura dei porti, diffidenza nei confronti dei migranti, attribuzione di tutte le colpe delle attuali crisi al popolo del mare che starebbe mettendo in atto una nuova “invasione” dell’Italia e dell’Europa intera. Con pazienza, mitezza e dati alla mano, l’autore riprende alcune delle tematiche dibattute per metterne in evidenza la reale portata e dimensione. Vengono in pratica analizzati i vari slogan che sentiamo quotidianamente in tv e sui giornali (almeno, su alcuni giornali). Ecco rapidamente l’indice del testo, con i vari temi affrontati:
Ingiustizie, razzismo, invasioni, “prima gli italiani”, diversi, memoria, muri, “Aiutiamoli a casa loro”, un uomo solo al comando, Speranza.
In ciascun capitoletto vengono enunciati i problemi, snocciolati i dati reali che permettono di valutare personalmente la vastità del fenomeno, senza l’enfasi mediatica del talk-show e ricordata (quasi suggerita), la scelta che un cristiano dovrebbe considerare la via maestra, quella del vangelo.
Nel finale don Ciotti ricorda l’impegno che ogni persona di buona volontà dovrebbe mettere in atto per rendere vera la Costituzione. Interessante la notizia che in sede di Costituente il senatore Dossetti aveva proposto di inserire persino la “disobbedienza civile” come forma alta di politica. E proprio a questo si richiama l’autore, considerando la deriva attuale e il clima di indifferenza che troppi stanno coltivando. Bella anche la chiusura, con la frase di don Tonino Bello che ci ricorda che “delle parole dette devo rispondere alla società e alle persone, ma del silenzio… devo rispondere a Dio“. Meglio dirle, allora, queste parole forti su un problema che non possiamo considerare passeggero o poco significativo.

Il secondo libro richiama e approfondisce in modo molto circostanziato il tema del “aiutiamoli a casa loro“; l’autore è padre Alex Zanotelli, che da tempo vive a Napoli, nel quartiere della Sanità. Conosce molto bene l’Africa, da dentro, per aver vissuto nelle baraccopoli di Nairobi per lunghi anni, senza però dimenticare l’impegno di testimonianza e informazione nei confronti della società (perché anche questo è necessario, soprattutto oggi). Anche sulla cover ritorna il termine “razzismo”, forse un indicatore che sul valore delle parole e sul loro peso dobbiamo tutti riflettere con particolare attenzione.
Nel testo vengono analizzati numerosi fatti ed eventi per comprendere meglio il fenomeno migratorio attualmente in corso, con particolare riferimento alla situazione italiana. Spesso ci si limita a fare echo di alcuni slogan diffusi dai media, senza il dovuto approfondimento. Sarà per questo che le mezze bugie sbandierate in piazza finiscono col diventare le verità del sistema…
L’analisi si avvale di documentazione precisa e dati concreti. Non ha molto senso giudicare i fatti senza tenere in debita considerazione le cause. Ecco allora che p.Alex ci ricorda i motivi storici che sono alla base di gran parte dei fenomeni migratori. In particolare si sofferma sul colonialismo classico e moderno che l’Europa ha realizzato nei paesi del sud del mondo. Approfondisce la situazione africana, con numerosi richiami alle condizioni attuali e alle nuove forme di sfruttamento, dal land grabbing al drenaggio di risorse minerarie per consentire la nostra corsa hi-tech (mai sentito parlare del coltan?). Ci ricorda inoltre che da bravi italiani non siamo stati poi così “brava gente” nel nostro passato coloniale… Ho utilizzato questo testo e le sue notizie durante le ore di geografia, per ricordare ai ragazzi di 3a media anche queste cose, sicuramente necessarie per conoscere le cause del nostro mondo di oggi. Testo agile, rapido e molto concreto.

Naposole…

Naposole…

Sono appena tornato (si fa per dire, giocavo in casa!), dall’incontro organizzato dall’associazione Minerva per la presentazione del libro Dove sei, di Alessandro Flora.

Si tratta di un libretto scomodo, racconta l’esperienza di un padre che perde la figlia di 9 anni, nel giro di poche ore. E deve farsi una ragione che da quel momento le cose cambiano profondamente. Lui è un ingegnere geotecnico, insegna all’Università di Napoli e da persona non credente rivendica un suo personalissimo percorso di senso in tutto ciò. Eravamo un bel gruppetto, perché la responsabile dell’associazione mi aveva chiesto di introdurre l’autore e il libro, visto che lei si sentiva, conoscendolo, troppo emotivamente ingarbugliata.

Così il libro me lo sono letto durante i giorni di Natale e all’inizio del nuovo anno. Un’esperienza toccante, seria, sofferta. Riporto qui semplicemente le domande che ho cercato di porgli, come filo narrativo per la serata, che poi si è trasformata felicemente in uno scambio di esperienze tra i vari presenti.

Dove sei? Di Alessandro Flora, EDB

Associazione Minerva, 26 marzo 2019

Incontrare l’autore di un libro è un’occasione ghiotta per andare al di là del testo, condividere un’esperienza, ma l’esperienza narrata in questo libro è molto particolare; l’autore si racconta, ci lascia entrare nell’intimità della sua vita, della sua famiglia, per farci parte di un’esperienza che nessuno di noi vorrebbe mai incontrare: la perdita di un figlio. Sara a 9 anni, in un batter d’ali viene sottratta al padre, alla sua famiglia. Tutto sembra crollare. Dopo un anno questo dolore si trasforma in un libro… come è stata questa gestazione…?

Spesso ci lasciamo travolgere dalla vita e dai suoi impegni, e solo quando ci cadono addosso macigni come questo cogliamo veramente il peso e il senso della vita, è proprio vero che non siamo mai pronti o preparati a situazioni del genere? E la mia esperienza potrà essere un dono, un aiuto, una guida, per altri?

Tante le domande che ci piacerebbe rivolgere, ma un libro così intimo ci obbliga ad entrare in punta di piedi, o forse questo è un tentativo di seduta terapeutica aperta, per rielaborare questo evento in modo pubblico, quasi per obbligarci ad andare fino in fondo, avendo chiamato a raccolta tanti testimoni? In questa epoca così social ma così rarefatta nei rapporti veri,, “raccontarsi” aiuta veramente? O lo facciamo per obbligarci a riflettere, quasi un parlare a noi stessi?

Quando tutto ci sembra crollare, solo una famiglia forte ci aiuta a superare questi momenti, a rielaborarli senza perdere l’equilibrio; emerge nel libro un forte ruolo della famiglia, degli affetti, della condivisione di un percorso. La moglie e i figli grandi sono un punto di riferimento… Diamo sempre tante colpe alla famiglia (noi prof, soprattutto!), ma senza questa presenza, come avremmo portato il peso? Quanto è ancora importante la famiglia oggi?

Nel libro emerge fin da subito e in forma seria il “senso ultimo” o definitivo che la vita umana ha, o dovrebbe, o vorremmo che avesse. La realtà narrata non consente sconti. O affronti questo tema o perdi il senso della tua vita… Ma guardandosi intorno non trovi molta gente che si pone queste domande; troppe volte ne facciamo a meno, forse si può vivere ugualmente? Cambia qualcosa? E come?

L’uomo di oggi non accetta volentieri il confronto su queste situazioni, trova anzi mille modi per eludere queste domande, e ovviamente anche tutte le possibili risposte. Forse questa ricerca è un nostro tentativo di continuare un dialogo con la persona cara ora assente, prolungare la presenza di chi ci è stato tolto? Insomma, una forma di illusione per mitigare il dolore?

Nel suo percorso si è imbattuto in uomini di fede che hanno saputo, se non dare risposte, almeno accompagnare in modo delicato nel dolore. Penso a don Gennaro Matino, molto presente nel testo; in queste situazioni conta di più la persona o il ruolo che uno riveste? Più l’uomo o il sacerdote?

Il tema religioso traspare in filigrana, in questi momenti se cerchi veramente una risposta non puoi eluderlo e quindi lo affronti con le capacità che ti sei costruito nel tuo percorso di formazione. Ma in tante famiglie questo discorso ormai riveste un’importanza marginale, una sorta di spazio per le tradizioni da conservare… e poco più; in questo viaggio, che scoperte ha fatto al questo riguardo?

Per chi ha il dono della fede queste situazioni suscitano domande non meno lancinanti (anzi! Il “perchè proprio a me?” sembra ancora più inevitabile), e sono altrettanto impegnative. Viene da chieddersi se sul versante del semplicemente umano esistono risposte soddisfacenti?E bastano?

Nel libro ci scappa una battuta sul dialogo (strano per un prete), un tempo la cultura era quasi solo targata “cristianesimo”, oggi siamo forse giunti ad un capolinea dove il religioso è quasi emarginato; speriamo di tornare ad un dibattito più equilibrato; se ne vedono le premesse oppure siamo destinati a restare su steccati contrapposti?

Dietrich Bonhoeffer assassinato nel 1945: aveva preso parte alle cospirazioni antihitleriane. la sua colpa? Avere “detto la verità”. Ma che cos’è, la verità? Ecco le sue parole (da Etica, uno dei libri capitali del Novecento):
«Dal momento in cui impariamo a parlare, ci sì insegna che le nostre parole devono essere veritiere.

Che cosa vuoi dire? Che cosa significa: “dire la verità”? Che cosa ci viene richiesto? Quando la vita ci inchioda con la sua parola Fine, abbiamo solo bisogno della verità, e vogliamo dobbiamo cercarla. E’ questo che ha cercato, che cerchiamo?

Nella Bibbia incontriamo un uomo che vive tragicamente l’assenza di un figlio, anzi, di vari familiari: Giobbe, un protagonista di primo piano che però sembra accettare rassegnato che le cose avvengano; ma la fede non ci chiede rassegnazione, è troppo poco. Come “ribellarsi” a certi modelli di fede?

E quasi alla fine diamo spazio anche alla piccola Sara: come sta andando avanti la fondazione Naposole, di cui si accenna nel libro?

Mi piace concludere con una sua frase che può essere una preghiera, o una richiesta di maggior coerenza per chi si impegna a seguire il vangelo: la fede dei cristiani è la mia speranza. E’ ancora così oggi? Ma questo libro non è già un segno di speranza …?

Coincidenze di carta…

Coincidenze di carta…

I compiti non toccano solo agli alunni, a volte ci cascano anche i prof.
Poco prima di Natale la responsabile dell’associazione Minerva, che da tempo viene ospitata per i suoi incontri nei locali della scuola marista di Giugliano, mi ha cortesemente rifilato un libretto, “da leggere durante le vacanze, poi ne parliamo…”

E come nelle più rosee previsioni, tra un trasloco e un convegno, il libro è rimasto a prendere un po’ di polvere in camera, poca per fortuna.
Ma quando poi mi sono deciso (deontologia professionale, of course, non si lasciano in sospeso gli impegni) ad aprire “Dove sei”, di Alessandro Flora, il pugno nello stomaco è arriva diretto. Niente spoiler, ma questo libro non è altro che il diario accorato di un padre che perde una figlia di 9 anni, per un imprevedibile malattia fulminante. Riflessioni che agitano il problema devastante del “perché” (come se ce ne fosse uno) e tutto il corollario tragico di domande, vuoto, assenza, drammi e necessità di capire, se non altro per continuare a vivere e non brancolare nel buio.
Una presenza amica nel testo che mi ha fatto piacere ritrovare è quella di Gennaro Matino, che interviene e compare a più riprese in questo cammino di senso che poco alla volta si fa strada.

Ieri ho riconsegnato il libro, finito quasi di corsa, e la cosa che quasi immaginavo è diventata la logica conseguenza: ci sarà la presentazione del libro, proprio qui nella nostra scuola, il 9 marzo; naturalmente con la presenza dell’autore… sarà una bella occasione per far tesoro delle esperienze altrui.

Ma il bello è che durante questi giorni era un altro il libro intenso che stavo leggendo: Erri De Luca, Il giro dell’oca. Una storia quasi antitetica alla precedente. In queste pagine scarne e come sempre molto incisive, Erri immagina un dialogo con il figlio mai nato e che …sarebbe potuto essere. Se lo immagina grande, in grado di reggere una conversazione, quasi capace di fronteggiare quell’abilissimo giocoliere delle parole che è De Luca. Ovviamente è un’occasione per rispolverare tematiche intime, difficili e personalissime, non banalità o semplici eventi. Che non essendo mai successi non possono fornire alibi di sorta.

Un’assenza lancinante da un lato e una possibile presenza dall’altra. La vita che si impone ai desideri con i suoi appuntamenti, spesso non previsti. In entrambi i casi l’unico protagonista in grado di dare un senso a questi fili apparentemente casuali è sempre l’autore, col suo carico e spessore umano.

Nota marginale: nel mio caso… sono i primi 2 libri ancora di carta che maneggio in questo inizio di 2019. Proprio in questi giorni mi sono tolto lo sfizio di andare a controllare a che punto siamo con la biblioteca digitale che mi sto portando dietro ormai da anni, visto che è praticamente dal 2012 che, a parte rare eccezioni, non leggo (e non compro più) parole su carta; tutto fluisce inesorabilmente sullo schermo (con la convinzione che tanto, prima o poi, sarà questo l’unico destino delle parole….).
Ma questa è un’altra storia 🙂