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Categoria: luoghi

Sempre più a sud – el Andalus

Sempre più a sud – el Andalus

A dire il vero ero già passato da queste parti, molti anni fa. Probabilmente di fretta e con poca attenzione. Ma adesso che uno si sposta ancora più a sud, capire il cuore e il fascino di queste zone diventa sicuramente più interessante.

Il sud della Spagna, da Sevilla fino alle coste di Jerez, San Lucar de Barrameda, Bonanza… è davvero un luogo particolare. Anni fa ero capitato dalle parti di Huelva, l’occasione era per la prima professione di Alberto Vizcaya. Chi lo avrebbe mai detto che poi ci saremmo quasi scambiati i posti. Ora lui sta per arrivare a Siracusa e io sto scivolando un po’ più in basso di dove si trovava lui.

In questi giorni abbiamo fatto tappa fissa a Jerez (parola quasi esagerata, 2 notti intere e poco più), ospitati presso l’Hogar dei Lasalliani, un centro dove vivono, tra le altre cose, alcuni giovani migranti che stanno costruendo in modo concreto il proprio futuro. Grosso modo un progetto che farebbe piacere anche a noi a Siracusa, con i dovuti adattamenti perché i cambi politici e strutturali sono spesso l’ago della bilancia di queste avventure. Non per niente la sera andiamo a mangiare presso il ristorante afri-spagnolo dove stanno lavorando 3 ragazzi che condividono questa esperienza.

E passando da queste parti non sarebbe sensato attraversare da distratti questi luoghi. Ci sono spiagge immense e deliziose, come quella della Barrosa (vicino a Chiclana) dove era doveroso immergere almeno i piedi: così mi sono immerso un po’ nell’atlantico e poi, poco più a nord, anche nelle acque del Guadalquivir, a pochi passi dalla casa marista di Bonanza.

Devi veramente sforzare un po’ la mente per tornare indietro di 500 anni e pensare a come dovevano essere queste zone, brulicanti di caravelle, navi e marinai appena sbarcati da quel nuovo mondo che avrebbe cambiato il destino del nostro vecchio pianeta.

Mi piace sempre pensare a Genova, proprio davanti alla cattedrale, quella viuzza, vico del Filo, piccola e appena lambita dal sole per pochi minuti al giorno: il giovane Colombo che passava in questi vicoli dove si stavano discutendo le nuove mappe di quelle terre che dalla Spagna stavano poco a poco prendendo dimora nell’immaginario collettivo, i marinai che si scambiavano appunti, disegni, poveri segni a sapore di mappa….

Attraversare il centro di Jerez, leggere di Magellano e di El Cano (del povero Pigafetta solo pochi cenni) e del loro incredibile periplo del mondo, un viaggio che avrebbe definito per sempre la nostra piccola rotondità… e poi la sera perdersi insieme agli amici nei vicoli del centro, fino ad un tabanco doc, un piccolo locale contornato di botti e vecchie fotografie. Viaggiare con persone del luogo ti permette davvero di entrare con più facilità nel cuore stesso del posto. Una differenza notevole.

Penso che i prossimi giorni saranno ancora segnati da questi contatti diretti, concreti, umanamente profondo e speciali.

Prossima tappa: porto di Malaga, pronti per il traghetto che ci condurrà a Melilla.

Ed ecco l’album con le immagini di questi giorni – profondo sud della Spagna

Tappe di avvicinamento

Tappe di avvicinamento

Ormai mi sono lasciato Siracusa alle spalle; tante parole, tanti volti, tante immagini da cullare a lungo e con calma. Ma intanto il quotidiano prende il sopravvento.

Una mezza giornata di viaggio, da Catania a Barcellona e poi, verso mezzanotte, arrivo a Siviglia. Un tranquillo zigzagare tra i soliti enormi corridoi e spazi di questi nonluoghi così presenti nella nostra vita, mi veniva da ripensare all’ultima rappresentazione teatrale vista nel teatro greco di Siracusa, una rivisitazione del viaggio di Ulisse, tutto ambientato nello scenario di un grande aeroporto: ogni epoca alimenta i suoi miti e li condivide ampiamente.

Nel mio viaggio di avvicinamento alla meta definitiva (che non so ancora bene se definire semplicemente Melilla, costa del Marrocco, Africa o qualcosa del genere) mi ritrovo per alcuni giorni nel sud della Spagna, in piena Andalusia. Sono anche giorni in cui il termometro lascia comprendere come questa terra sia davvero ardente e persino difficile. Il caldo di questi pomeriggi, sempre sopra i 40, non lascia molto spazio alle alternative: o la siesta o la ricerca di ambienti con aria condizionata.

In questi ultimi giorni abbiamo girato un po’ per il centro di Siviglia; la nostra guida è Jesus, che in questa città ha vissuto a lungo e ci sta portando ad assaporare il cuore della città senza indulgere troppo sui luoghi comuni. La cattedrale e il suggestivo quartiere della Santa Cruz che la circonda (insolito vedere pavoni che ti passeggiano sulla testa anche se al riparo di un pergolato d’uva), la spaziosità della Piazza di Spagna, edificata per l’expo del 1929 (per la cronaca ci hanno girato anche alcune scene di Star Wars, non potevo non mandare qualche foto a Ricky!); ovunque un brulichio di gente, turisti, curiosi, e noi tra loro.

Nel secondo giorno abbiamo puntato il GPS (ormai ci si muove così) verso la Macarena e il quartiere che la circonda, fino alla chiesa del Poder. Per un italiano toccare con mano come sia presente e forte nel tessuto cittadino il ruolo delle confraternite che poi animano la settimana santa risulta quasi difficile da comprendere, anche se la Spagna per molti versi vive una deriva etica e cristiana persino più accelerata della nostra.

E sono i giorni in cui inizio a conoscere da vicino la mia nuova “famiglia”, la comunità che sarà il mio punto di riferimento per questa nuova tappa: in ordine, da sinistra, Jesus, Juan Antonio, Eulalio, io e Ventura, un “mattoncino” del progetto Fratelli che vede riunita in una stessa comunità i lasalliani (i primi 3) e i maristi. Senza nemmeno esserci seduti a tavolino per disquisire, non sembra davvero un problema condividere questa esperienza (cioè, a tavolino ci siamo già seduti parecchie volte, ma quasi sempre per una birra, una tapas, una sosta per rifocillarsi…).

Naturalmente girando in questa città non possono mancare le altre mille parole, insomma, qualche immagine: ecco un piccolo album fotografico di quanto visto finora a Siviglia.

Aria di quiete…

Aria di quiete…

In effetti, andar per cimiteri a Siracusa non dovrebbe rappresentare una cosa inconsueta. A guardarla dall’alto è un aspetto che molti ignorano, ma quando si scava il parcheggio del Lidl ecco spuntare una necropoli, proprio all’inizio della zona del tribunale si stende una sterminata zona di tombe e fosse a cielo aperto, tanto che qualcuna è rimasta intrappolata nella banchina che divide i due sensi di marcia!

Ci sono ristoranti con tombe incorporate, un Santuario che conserva nella sua cripta un ipogeo bizantino e relative camere tombali greco-romane (e qui stiamo gettando sale in mare), balze akradine che rigurgitano grotte e tombe, una via dei sepolcri proprio sopra il teatro e per chiudere in bellezza la seconda rete di catacombe cristiane del mondo, dopo Roma. Insomma, di tombe non ne mancano.

Abbiamo persino un angolino del parco del museo Paolo Orsi adibito a cimitero “dei gentili” (quando ancora i non cristiani o gli atei dichiarati non potevano essere sepolti nei cimiteri normali), così per chi vuol capire come mai via Von Platen ha questo strano nome, basta leggere la lapide…

A dire il vero volevo esplorare la zona oltre il cimitero di Siracusa, che si trova su una delle strade di ingresso principale della città; confina proprio con la balza di Epipoli e già in antico questa era zona di sepolture; ma costeggiando il bordo del cimitero ci si ritrova bloccati e non è possibile risalire la collina. Per questo ho proseguito in bici e subito dopo il centro di depurazione acque ecco comparire lo spazio verde ed ordinato del cimitero di guerra.

A questo punto pensavo di visitarlo con calma e magari soffermarmi un po’, leggere qualcosa, trovare un angolino suggestivo lontano del rumore del traffico.

Così entro, il cancelletto aperto e basso è già un invito. Subito si rimane colpiti dall’ordine, la tranquillità e il nitore del luogo; le lunghe schiere di croci quasi plotoni di soldati ormai quieti e rassegnati al riposo, il praticello verde curatissimo e appena rasato, che invita proprio a non calcare in modo indegno questo prato; togliersi i calzari diventa quasi un imperativo biblico, per riconciliarsi con la terra.

C’è solo un piccolo, disastroso, elemento a dar fastidio. Siamo proprio a ridosso del centro di depurazione acque di Siracusa e l’odore che pervade l’intero cimitero è talmente fastidioso e forte da restare con forza in prima linea, rinviando tutto il resto a contorno quasi secondario. Difficile quindi permanere in questo luogo senza sentirlo come mantra assordante e quasi insostenibile.

Passeggio per l’intero giardino, curato in modo ineccepibile, leggo alcune delle tante lapidi, mi soffermo soprattutto sull’età dei giovanissimi soldati, 21 il ritornello ossessivo… ma le narici impongono di proseguire. Noto che nella zona a sinistra dall’ingresso sono numerose le lapidi di soldati sconosciuti. Torna il mente l’ossario di Redipuglia, con il suo milite ignoto e l’unica donna ivi sepolta, ricordo ancora i ragazzini delle tante gite scolastiche accompagnati in quel dizionario dei cognomi italiani che quasi tutti erano in grado di abbinare al proprio…

Mi colpisce poi l’affermazione che l’assalto sferrato dagli Alleati in Sicilia, nell’estate del ’43, sia stato persino più massiccio di quello compiuto quasi un anno dopo in Normandia, almeno, così recita la targa che si può leggere (ingrandendo la foto dovrebbe essere fattibile).

Comunque restano i numeri di questi ospiti del cimitero, il terzo presente in Sicilia di questo tipo (e incredibilmente in tutto il mondo sono più di 20mila!)

Chissà cosa avrebbe risposto Buzzati ai due visitatori dello spazio in uno dei suoi surreali racconti, che chiedevano “come mai tenete tanti campi con delle croci tutte belle in ordine, come fossero dei vivai…”

Mi torna in mente anche un altro suggestivo cimitero di guerra; in Trentino, poco lontano dal paese di Lavarone, proprio vicino alla linea tedesca della Strafexpedition; anche qui il luogo richiama ora alla calma e alla pace, dopo essere stato a lungo teatro di tragedia e dolore immane (ma oggi bastano le immagini dei telegiornali per farci capire come siamo ancora, se non peggio, agli stessi livelli di allora).

Un bosco silenzioso, un prato morbido, uno sfondo di vite tranciate…

E queste sono le immagini del cimitero della Seconda guerra mondiale in Siracusa

Qui, invece, uno sguardo al cimitero di guerra di Slaghenaufi, presso Lavarone (TN)

Perdersi alla fonte Ciane

Perdersi alla fonte Ciane

Sabato pomeriggio di metà giugno, un rapido momento di relax. Si prende la bici e si esce da Siracusa; lungo la strada già si prefigura il sollievo di riuscire a sgusciare nel traffico, perchè l’altra corsia è già completamente intasata e sono solo le 4 del pomeriggio. Ma si sa, l’estate incombe.

Macchine e inquinamento fino al ponte dei 3 fiumi (in realtà uno dovrebbe essere un canale, ma trovare 2 fiumi diversi che sfociano nel raggio di pochi metri è sicuramente un record siracusano) qui quasi si affratellano l’Anapo e il Ciane. E dopo il ponte si svolta per togliersi dal caos.

Una strada dal nome quasi altisonante (Mammaiabica, chi era costei?), ormai affrancata da macchine e confusione. Si supera la ferrovia che sarebbe una fortuna per queste zone ma sembra solo un residuato di poco uso. E poi si prende il sentiero che costeggia il Ciane, per circa 2 chilometri di campagna.

Ci sono distese di grano, ormai maturo e pronto per il taglio, uno spettacolo insolito. Poche settimane fa ero tutto ancora una coperta di verde fresco, ora le spighe iniziano a pesare sullo stelo. Pochissimi gli incontri lungo il sentiero.

Fino a raggiungere la sorgente di affioro del Ciane; sono zone carsiche quelle del siracusano, chissà veramente da dove arriva l’acqua di questo corso. Ancora una volta la passerella che conduce al cuore del papireto è semidistrutta, in 4 anni l’avrò vista ricostruire almeno un paio di volte e sicuramente il tempo è la causa principale.

Sfidando pattuglie di zanzare mi àncoro al tronco adagiato di un eucalipto e come al solito prendo il tablet per leggere in serena tranquillità. Oggi è il giorno di Bobin, di Pia Pera e il suo splendido “Al giardino ancora non l’ho detto”… poi da lontano un cane, abbaia, si avvicina, perlustra.

Entra nell’acqua, felice per il refrigerio, scodinzola, ma non è che l’avvisaglia. In breve si avvertono le campanelle, un suono antico, di gregge in passaggio, ecco sbucare le pecore in grande raduno. Insolito abbinarle ai luoghi di Siracusa, ma qui siamo ormai in aperta campagna.

Il piccolo esercito in tuta di lana si avvicina all’acqua, si consolida sul fosso e inizia a bere, sgomitano, si fanno largo, si spingono; alcune pecore si azzardano a superare il rivo, si avvicinano, la mia bici è ormai in ostaggio al gregge. Ma vanno veloci, dietro le insegue il pastore, persino una macchina di supporto. Sfilano rapide, continuando a bere e cercando spazi di ristoro.

In breve, come sono comparse, ritornano nel silenzio, nel verde, nel sentiero. Momenti bucolici avvolti dai papiri…

Tutte qui, le altre pecore

Finalmente il castello Eurialo

Finalmente il castello Eurialo

Sono ormai da 4 anni qui a Siracusa e finora tutti i tentativi per visitare il castello Eurialo sono andati in fumo, vuoi per le chiusure incomprensibili, la pandemia isolazionista, la mancanza di fondi regionali, ecc. ecc. L’ultimo tentativo a fine maggio era sfumato per un’allerta meteo! Ma finalmente questo sabato 3 giugno sono potuto entrare nei sacri recinti del castello, complice una lodevole iniziativa del Siracusatour.

L’idea di un giro in solitaria l’avevo già tentata in precedenza, ma il parco che racchiude il castello è davvero enorme e non avrebbe molto senso visitarlo senza una qualche guida, perché il degrado del tempo è stato davvero notevole, soprattutto per la parte esterna e non è per niente facile raccapezzarsi o comprendere i vari elementi. Anche perché, come ci ha riferito la guida, a fine 1800 e agli inizi del 1900 molte delle pietre che gli spagnoli avevano tolto dalla zona del teatro greco (dopo il sec. XVI) per consolidare le mura di Ortigia, sono state riutilizzate nell’opera di bonifica della zona dei Pantanelli (un nome che rivela immediatamente la presenza delle malsane palude in quella zona); e tutta la superficie del castello brulica letteralmente di massi che un tempo dovevano costituire la possente sagoma del castello.

Ma non parlatemi di castello, il termine giusto sarebbe fortezza, ha esordito la nostra guida (che per ironia della sorte, o per fato, si chiamava proprio “Castello”). Qui siamo di fronte alla madre di tutte le fortezze, e anche dei castelli medievali e successivi. In tutta la Grecia antica non esiste un manufatto simile e forse soltanto a Selinunte c’è qualcosa di analogo. Da questa opera nasce l’idea di un edificio a difesa del territorio, con tutti gli attributi che nei secoli vi si sono condensati. Fossati difensivi? Qui ce n’erano ben 3. Ponte levatoio? Anche quello c’era… per non parlare dei camminamenti, dei falsi corridoi, dei trabocchetti mortali e delle segrete. E stiamo parlando di un’opera di circa 2500 anni fa, all’epoca in cui Cartagine stava erodendo l’egemonia marittima della Grecia. Per la nostra guida sugli spalti della fortezza dovevano essere posizionate anche alcune macchine da guerra di Archimede (e si è poi lanciato in una dotta dissertazione per ricordarci che gli specchi ustori probabilmente sono un’aggiunta posteriore e apocrifa alla leggenda del genio siracusano). Insomma, sentire la storia di questa fortezza equivale a ripercorrere un po’ l’intera storia di Siracusa antica, dal tiranno che l’ho fatto costruire (che poi tanto “tiranno” forse non era, visto che come premio ai lavoratori più solerti li invitava persino a pranzo a casa sua!) fino alle guerre che ha dovuto sostenere, a difesa della città siracusana. A quei tempi, prima della conquista romana, era decisamente la capitale della Sicilia, con i suoi 27 km di mura e le opere imponenti di cui era ricolma. Ma per tutti i dettagli è molto più esauriente la pagina di Wikipedia.

Insomma, il nostro folto gruppo ha iniziato la visita guidata proprio dalla zona dei fossati, percorrendo con calma il perimetro esterno, dove possibile, e quindi entrare proprio nelle viscere del castello, che è attraversato da alcuni cunicoli sotterranei interamente scavati nella roccia (uno di questi supera i 180 m di lunghezza!). Difficile immaginarsi come poteva apparire un tempo questa fortezza e l’organizzazione del giro aveva preparato una serie di fascicoli con le ricostruzioni ipotetiche dell’aspetto esterno; sul loro sito è visibile un suggestivo video che riproduce questo possibile scenario.

A conclusione del giro, l’organizzazione ha proposto un momento di ascolto, suggerendoci di spaziare con gli occhi e il cuore sul panorama incredibile che si può cogliere da questo luogo così strategico e al tempo stesso suggestivo (nelle giornate serene lo sguardo spazia dalla Calabria a Portopalo), facendoci ascoltare alcune righe di Edmondo de Amicis (proprio l’autore di Cuore), che nel 1908 ha pubblicato anche un libro di viaggi intitolato “Viaggio in Sicilia”:

Tramontava il sole: l’orizzonte era d’oro, le acque dei ponti d’oro, tutto quanto s’alzava sopra la terra e sorgeva dal mare disegnava le sue forme nell’oro. D’ev’essere stato un tramonto simile quello che fece dire al Carducci: Bello come un tramonto di Siracusa.

Sul sito di Antonio Randazzo è possibile visualizzare anche questa ampia presentazione della fortezza.

Ecco ancora il link per visualizzare la ricostruzione in 3D del (probabile) aspetto del castello Eurialo.

giugno 2023 – e da qui è possibile guardare l’album fotografico sul castello Eurialo