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A spasso per l’Andalucia

A spasso per l’Andalucia

E sono così giunto al secondo natale andaluso, a spasso tra le città più interessanti di questa zona spagnola, in particolare Almeria, Granada e Cordoba. Una pausa pittoresca e gradevolissima.

La vigilia e il giorno di Natale si sono incastonati nella cornice di Almeria, insieme alla piccola comunità lasalliana (che però vive in una scuola decisamente grande, occupa una bella zona a fianco della Rambla di Belèn, che nel periodo natalizia è sempre pieno di gente, mercatini, addobbi e luci. Alla vigilia di Natale siamo riusciti a cogliere, giusto in tempo, il tramonto del sole nello splendido scenario di Capo de Gata… e di notte ci siamo goduti lo spettacolo nella piazza antistante la cattedrale, inondata di luci e musica.
Nella cattedrale-fortezza abbiamo avuto la sorpresa di ascoltare una messa accompagnata dal coro e dagli strumenti sudamericani: mandolini, chitarre, flauti, charangos… tanta vitalità e musica, una vera festa. Poi abbiamo salito i tanti scalini che conducono all’Alcazaba, la fortezza araba che presidiava la città, ristrutturata da poco e ancora disseminata di cantieri.
E aprofittando dell’occasione, ho girato un po’ per il centro, visitando uno dei pochi musei della chitarra di cui abbia notizia, realizzato in Almeria a ricordo del maestro liutaio Antonio de Torres che ha definito i canoni della chitarra flamenca… Nella sala principale c’è una riproduzione gigante di una chitarra ed è veramente insolito entrare nella sua cassa armonica, vedere le catene e i tiranti, le vertebre di legno che sostengono questo polmone musicale… Prima di lasciare la città ho trovato persino una bici per girare con un po’ più di respiro i luoghi cittadini, in particolare la lunga pista ciclabile che costeggia il mare lungo la zona a nord; deliziosa e assolata; per essere a fine dicembre, un vero regalo.
E tra uno spostamento e l’altro Huan Antonio continuava a ripeterci che l’unico prodotto umano che si riesce a vedere dalla luna non è la muraglia cinese, ma l’immensa distesa di serre di Almeria, il mar de plastico! Provare per credere (basta farlo con Google Maps).

La tappa successiva è stata nuovamente la città di Granada, che è diventata la nostra base (soprattutto mia e di Ventura); qui la comunità marista è molto variegata, ci sono 4 fratelli e 2 famiglie, ciascuna con 2 figli. Una bella realtà davvero speciale e in questi giorni abbiamo assistito un po’ a tutte le composizioni possibili, perché nei giorni di festa la regola è proprio … la fantasia. Con l’amico Alfredo, che lo scorso anno mi aveva portato allegramente nel quartiere semi-rupestre dell’Albayzin, questa volta siamo andati al piano della Pernice, una zona di montagna che si raggiunge passando proprio al fianco dell’Alhambra; era con noi anche Paco, da poco nominato provinciale della zona marista dell’Asia, un amico che non vedevo da tanto tempo, con il quale scambiare interessanti scambi di opinione, confontandosi con la sua esperienza asiatica, avendo vissuto in India, poi nelle Filippine e ultimamente in Sri-Lanka, davvero uno sguardo differente sulle cose…
Ma Granada è un tesoro ad ogni passo e sono le gambe a faticare per star dietro a tutti i desideri. Qualcuno lo avevo preparato col calma, sbirciando in qualche storia di Instagram e altri siti, ben sapendo che se tu inizi a cercare qualcosa, quasi in automatico ti piovono addosso annunci sullo stesso tema… finchè si tratta di località da visitare (o ricette di cucina), a volte può persino essere utile.
In questo modo ho scoperto gli spettacolari giardini del Carmen de los martires, quasi dirimpetto all’Alhambra; ingresso libero, panorami ampi sulla città, luoghi ben curati, laghetti e piante, se poi sei fortunato incontri anche i pavoni che girano liberamente tra i vialetti…

L’ultimo dell’anno siamo andati a passarlo… nella comunità marista di Granada, che avevo già visitato lo scorso anno. Tutti mi decantano i cortiletti interni, i patios cordovesi, ma se continuo ad andarci in pieno inverno sarà duro vederli in pieni fioritura, Ma intanto ho esplorato abbondantemente le strade del centro storico. Quest’anno senza nessuna meta, con il preciso intento di perdermi per le stradine (in spagnolo esiste un verbo speciale per indicare questo modo spensierato di girare: callejear, imparato anche questo), in questo modo ho scoperto la grande piazza de la Corredera, e vista l’ora mattutina, anche la sorpresa di vederla completamente vuota. Mi dice Juan Antonio, l’amico con il quale ho condiviso l’ultimo anno a Siracusa, che è davvero raro vederla vuota, visto che quasi sempre è invasa dai tavolini dei bar che spuntano come funghi nel piazzale. Ho avuto così l’occasione di incontrare anche Kike, oltre a Juan Antonio e vedersi dal vivo, quasi come una ricorrenza annuale, sta diventando un gradito memoriale.
E anche Cordoba non manca di fascino; vicoli stretti dove due persone passano a fatica (quando passano! visto che spesso per farsi i selfie bloccano completamente la stradina! 3 minuti buoni di attesa per l’immancabile coppietta alla ricerca della inquadratura migliore…), i resti del tempio romano con le svettanti colonne (fin troppo bianche e restaurate, si fatica a credere che sono state recuperate da pochi decenni, dopo secoli di abbandono) e naturalmente restare a bocca aperta per la Cattedrale-Mezquita. Ho ascoltato il vescovo Demetrio nella messa solenne del 1 gennaio, festa della Theotocos, tra la musica imponente del grande organo e il coro ufficiale; fin troppo spettacolo, e poche occasioni per ricordare che proprio la figura di Maria è quella che esercita una funzione di ponte culturale e religioso con l’Islam. In questo luogo che ha visto entrambi le fedi prostrate, potrebbe essere un elemento comune da valorizzare…

Dalle parti di Guadix

Dalle parti di Guadix

Ci sono nomi che evocano paesaggi, altri che replicano località già note, altri che non hai ancora scoperto… Sabato scorso siamo partiti alla volta di Guadix, partendo dalla nostra base temporanea, qui ad Almeria, dove passeremo il Natale 2024, nella comunità lasalliana della grande scuola che si trova in questa città. Abbiamo suddiviso le tappe e questa di sabato era appalto di Jesus, che a Guadix ha vissuto per un certo paio di anni, impegnato nella scuola e in una comunità di accoglienza per giovani migranti non tutelati. Insomma, spazio per la memora di tempi interessanti.

Infatti le nostre mete non erano propriamente turistiche; il primo assaggio dei luoghi, dopo km e km di autostrada, in mezzo a scenari da film (questa era la zona preferita da Sergio Leone per i suoi western), costellati da pale eoliche (molte però in perfetto equilibrio, ferme per mancanza di vento, mentre le ciminiere proiettavano inconsuete linee rette di fumo) e serre di plastica, era una località di montagna. Ci siamo avventurati per una strada in mezzo ai boschi di pino, infarcita di curve ma quasi deserta, data l’ora, per giungere ad un valico a quota 2000 m. Aria frizzante e fresca, erba coperta da rugiada ghiacciata… qui venivano con i ragazzi a farsi delle scivolate sui sacchi di plastica e sulla neve, che spesso ricopriva tutta la zona. Non ci sono impianti perché qui la neve dura poca, ma le pinete, i sentieri e i panorami sono davvero belli. Capisco la voglia di rivederli…

Poi ci siamo diretti verso il castella de la Calahorra, che nessuno di noi conosceva davvero. Una silhouette imponente e massiccia che si staglia sulla collina che domina il paese, una meta sicuramente speciale. Se non fosse per la strada che ti tocca fare per arrivarci… Da non credere, uno sterrato anche abbastanza grezzo e tosto da percorrere con una macchina normale. Ma come? Con un castello a portata di mano non predisponi nemmeno una strada più confortevole per andarlo a visitare? Leggiamo che la proprietà è privata, non statale, e scopriamo poi che le visite si possono fare solo di mercoledì… ci dobbiamo accontentare di un giro di perlustrazione, tutto intorno, ma lo spettacolo è davvero imponente, il controllo della zona, l’antico marchesato, davvero efficace. Solo giunti a casa e visionato qualche documentario, si scopre l’incredibile contrasto tra l’esterno, massiccio e severo, con l’interno, leggiadro e raffinato. E’ il primo castello spagnolo realizzato sotto gli influssi del rinascimento (italiano, come italiane erano parte delle maestranze che lo hanno realizzato). Ci toccherà tornare, possibilmente di mercoledì!

Tappa successiva: la città di Guadix; ma prima del centro storico, altra tappa della memoria, nei pressi della casa che ha ospitato il centro di accoglienza lasalliano, oggi non più attivo in questa sede. Anche una semplice casa, in un quartiere qualsiasi, serve a riscaldare il cuore… Jesus ci ha spiegato come funzionava, quanti ragazzi accoglieva (6), i normali casini che capitavano, tra ragazzi simpatici e altri meno accondiscendenti… la vita mai banale di un centro per riscattare esistenze spesso drammatiche.

Solo dopo siamo andati verso il centro, a visitare questa speciale cattedrale, un piccolo gioiello nel suo genere. Scopriam che c’è una piccola chicca nascosta in questo edificio: una copia (probabilmente l’unica esistente al mondo) della pietà di Michelangelo (e la scenografica installazione era davvero suggestiva, non so se il link sarà sufficiente per apprezzarla).

https://photos.app.goo.gl/fFvNMnAXF8wnx7ak8

Poi ci godiamo la splendida facciata, i dintorni del centro, incontriamo persino una mamma natale accogliente e pronta a scattare fotografie (non sempre i selfie rendono giustizia!). Infine ci rechiamo a mangiare in uno dei locali tipici della zona delle cuevas, perché Guadix è rinomata per queste abitazioni scavate nella roccia tenera delle montagne che la circondano; insomma, non ci sono solamente i sassi di Matera! E nel pomeriggio ci rechiamo anche a dare un’occhiata a queste scenografiche casette dei puffi che circondano la città; interessante vedere questi camini che spuntano direttamente dal suolo e che segnalano la presenza, proprio lì sotto, di una casa con le sue numerose stanze. Fresche d’estate e tiepide d’inverno, isolate come sono da questa roccia tufacea. Persino la chiesa si sviluppa, in parte, come grotta…

Non poteva quindi mancare l’album di foto di questo giro presso Guadix

Cambio di stagione

Cambio di stagione

Anche se a Melilla il clima è ancora dolce, l’estate… sicuramente è terminata.

Venerdì scorso, a dicembre inoltrato, la spiaggia era ancora un luogo dove andare a passeggiare, magari bagnarsi i piedi, qualcuno si azzarda anche col surf…

Avevo inaugurato una semplice consuetudine nell’estate appena trascorsa, ogni volta che andavo al mare prendevo una conchiglia come segnapunti, o segnaposto

Adesso la collezione 2024 è decisamente conclusa, non ci saranno altre conchiglie da aggiungere. Le ho contate, sono più di 30.

D’altra parte con oggi potrei quasi iniziare a dedicarmi alla… pensione. I 65 sono arrivati, ma mi piace ricordare questo passo del Piccolo Principe:

I grandi amano le cifre. Quando voi gli parlate di un nuovo amico, mai si interessano alle cose essenziali. Non si domandano mai: “Qual è il tono della sua voce? Quali sono i suoi giochi preferiti? Fa collezione di farfalle?” Ma vi domandano: “Che età ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto guadagna suo padre?” Allora soltanto credono di conoscerlo.” Insomma, vado ancora in giro a collezionare farfalle…

Tra pochi giorni inizia la pausa di Natale, andremo “in continente”, o come si dice qui, nella “penisola” (guai dire che “andiamo in Spagna” visto che ci siamo giá… sarebbe una seria caduta di stile); strano, nemmeno in Sicilia c’è un’abitudine simile…

Il Nobel all’autrice de La Vegetariana

Il Nobel all’autrice de La Vegetariana

Quando uno vince il Nobel e ti accorgi che nemmeno sai di quale paese sia, cosa abbia scritto di interessante, e ti chiesi perché i nobelisti svedesi abbiano scelto proprio questa persona per un riconoscimento così ambito, scatta quasi in automatico la tentazione e la voglia di scoprire qualcosa di più.

Quest’anno il nobel per la letteratura è andato alla scrittrice sudcoreana Han Kang che, probabilmente come tanti, non avevo mai sentito nominare, incontrato, letto…
Così ho cercato almeno il suo libro più rappresentativo: la Vegetariana. Per conoscere un po’.
Delusione cocente.

Tanto su queste righe che leggiamo in pochissimi una stroncatura non dovrebbe dare molto fastidio, ma il bello della lettura è proprio questa libertà di dire: non mi è piaciuto per niente, anzi, quasi quasi non lo finisco nemmeno.


Ma siccome il libro era corto sono riuscito a terminarlo, sempre sperando di capire dove fosse il talento speciale dell’autrice, cosa avesse di così interessante da diventare quasi un punto di riferimento mondiale. Passi il nobel a Bob Dylan, ma in questo caso sono rimasto spiazzato perché non sono proprio riuscito a trovare qualcosa di speciale in questo testo.
La storia di questa donna che, a partire da una esistenza borghese e alquanto insignificante, sviluppa quasi una avversione al mangiare carne apparentemente senza tante motivazioni mi sembrava l’occasione per una riflessione sui tanti cambi epocali che stiamo vivendo e una possibile indicazione per un piano d’uscita. In fin dei conti il principale cavallo di battaglia di vegetariani e vegani è proprio la poca sostenibilità del mangiare carne. Insomma, un filone ecologico plausibile, ma nel libro non trovi niente di tutto questo, salvo vaghi cenni.
L’esistenza della coppia subisce quindi una lacerazione, una divisione; lei, ostinata a non voler più mangiare carne, a rovinare le rimpatriate familiari senza fornire spiegazioni accettabili, provoca la rottura del matrimonio con il marito, che senza troppe discussioni accetta che la vita cambi definitivamente il suo corso.

Poi subentra un cognato, con la passione delle riprese video e qualche altra velleità artistica, che propone alla protagonista di diventare il soggetto di alcuni video, tra il bodypaint e l’approccio erotico.
Nel finale la donna si trova ricoverata in un centro psichiatrico, accudita senza troppa convinzione dalla sorella, che coltiva sensi di colpa e altri problemi di relazione. Lentamente si sta spegnendo, rifiutando le cure e soprattutto senza mai fornire esplicite motivazioni a questo suo lasciarsi andare, il rifiuto di ogni cibo animale, il nutrirsi solo di pochi elementi, quasi solo foglie, la spinge quasi ad identificarsi con gli alberi del bosco che circondano la clinica e durante un temporale spingerà questa sua identificazione quasi ad una fusione materiale.
Questo è il contenuto che, alcuni mesi dopo averlo letto, mi rumino ancora dentro, senza nemmeno troppa convinzione.
Non ho letto altre opere dell’autrice, sicuramente ci saranno motivi che da un primo accostamento sfuggono. Ma quando poi prendi in mano altri libri, che ti avvinghiano, affascinano e obbligano a pensare in maniera differente, ti chiedi davvero se il valore attribuito da un premio simile non sia un tantino eccessivo.
Penso di sì.

Tra Granada e Jaen

Tra Granada e Jaen

Il nostro secondo giorno lo passiamo a Jaean.

In pratica è stata la mia prima vera cittá spagnola, visto che proprio 20 anni fa ci ho passato quasi un mese intero, un po’ per iniziare a capire meglio lo spagnolo, parlarlo, infarinarmi un po’ di cultura iberica. Ho ripescato persino le mie “memorie” di quel tempo, quando le paginette web erano molto piúi spartane ed essenziali (tanto che non riesco nemmeno più a linkarle, dovrei rimetterci mano, ma non adesso).

Le cose che avevo scritto e vissuto erano queste… ero giá grafomane ad oltranza…

Eppure, dopo 20 anni le cose che ti rimangono nella mente, sono davvero poche. Un po’ perchè in quell’occasione avevo girato davvero poco per la cittá, non avendone grandi motivi; interessante però ricordarle e confrontarle con l’oggi che siamo diventati.

In questo sabato ci siamo dedicati solo alla visita del Castello e poi della Cattedrale, insieme alla nostra amica Chiqui.

Mi ricordo che ero salito al castello a piedi, dal Barrio della Magdalena, dove vivevo con la piccola comunitá di inserzione in quell’animato quartiere. Era gennaio, il fresco e l’umido della mattina si ricordano facilmente, ma del castello ben poco, visto che il Mirador era giá pronto, ma non si poteva ancora visitare il resto, che adesso invece è stato ristrutturato e ben sistemato.

Un castello che domina imponente tutta la cittá e la pianura vicina. Ovvio che gli arabi ne hanno subito fatto il loro centro di controllo, poi si passa agli spagnoli, dopo la Reconquista, per scoprire l’ultima tappa movimentata bisogna giungere fino al 1812, quando l’esercito francese riesce ad occupare questo maniero roccioso e in poco tempo lo modificano profondamente, costruendovi un ospedale e adattandolo alle loro esigenze. Quando poi vengono sconfitti riescono ancora ad avvelenare l’acqua della cisterna, ma per fortuna non riescono a far brillare le cariche disposte nei punti strategici. Sarebbe stato davvero un peccato perdere questo gioiellino difensivo, ora mite base per foto panoramiche e passeggiate mattutine.

Dopo il castello siamo scesi in cittá, appuntamento presso la cattedrale. Era ad aspettarci la nostra amica Chiqui, che periodicamente incontro, anno dopo anno (il momento piú interessante quando l’ho accompagnata, da Giugliano, a visitare gli scavi di Ercolano); è davvero speciale visitare un luogo importante seguendo le parole di chi, nel suo piccolo, fa giá parte di questa storia; lei che ha seguito i corsi del docente biblico di grande rilievo, tanto che gli hanno messo una targa vicino al suo posto nel coro, lei che ha seguito l’iter della riesumazione di un famoso vescovo della cattedrale, che per vari secoli (!) era rimasto sepolto in una… cassapanca di una cappella e ora, finalmente, interrato con la sua bella lapide, lei che fa parte degli “amici della Cattedrale”… Le cose acquistano un buon sapore, quasi di famiglia. E poi in questa cattedrale si conserva il Santo Rostro e allora la storia prende le ali…

Siamo saliti anche nella parte alta della cattedrale, il corridoio che la contorna dopo la prima serie di colonne, uno spettacolo soprattutto per gli scorci che regala sulla cittá…

Ecco le immagini del Castello e della Cattedrale di Jaen

Torniamo a Granada in serata e nei momenti tranquilli ho modo di immergermi ancora una volta nel caos di questa vorticosa città, incredibilmente affollata in questi giorni di ponte festivo.

La domenica mattina, in attesa della comunità marista che rientra da Cartagena, io e Ventura, come ormai spesso capita, ci mettiamo ai fornelli, per un pranzo in diretta, un po’ di patate al forno, fettine di lonza e soprattutto un po’ di spaghetti allo scoglio diventano il nostro gesto di riconoscenza per l’accoglienza ricevuta in questi giorni. E alle 13, visto che la scuola marista celebra la festa dell’Immacolata, siamo tutti invitati alla celebrazione e riesco anche a rivedere Rosa, un anno dopo l’ultimo saluto, quando ancora aspettava la piccola Fatima. Naturalmente poi arrivano anche il papá Omar e la piccolina, che ha quasi un anno (festeggia il 2 gennaio… giá marista in partenza!).
E poi, sapendo che a Granada ci tornerò tra un paio di settimane, dopo Natale, lasciamo ancora un po’ di visite in sospeso…

Ripartiamo il lunedì, qualcuno in aereo e io, insieme a Jaun Antonio, torniamo in macchina, passando per Archidona (con la sua bella piazza a 8 lati, che peró qui si chiama ochavada, non ottagonale… !). Ci prendiamo un caffè in un piccolo locale che gronda di nostalgia franchista (libri, immagini, busto, berretti militari… incredibile!); ci imbarchiamo a Malaga e sul traghetto passiamo tranquillamente le 7 ore del viaggio, belli comodi e rilassati. Una pausa di relax davvero interessante…