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Tante cose in poche righe

Tante cose in poche righe

Il pio desiderio di riuscire a mettere giù qualche riga con una tempistica più decente, anche solo come “allenamento” non credo sia una mia nota distintiva. A volte passano davvero molti giorni e molte cose prima di sedimentare sul web. Non che sia necessario (un blog quasi mai lo è), ma diventa un utile appuntamento con la realtà e quel pizzico di riflessione che aiuta a viverla meglio.

In questo inizio di autunno, qui a Siracusa, il tempo si è ormai deciso a rimettersi al passo col calendario. Io continuo a dire che lo scorso anno si riusciva ancora a fare qualche passaggio in acqua, con il mare così vicino, ma ormai sono diverse settimane che il tempo si è ormai piazzato sul medio-brutto. Pioggia, e tanta; nella sola giornata di venerdì scorso (14 ottobre) sono piovuti più di 40 mm, praticamente il 10% di un intero anno. Se fosse arrivata a luglio, nel periodo critico degli incendi, sarebbe stato davvero meglio… Ma l’acqua serve, anche quando crea qualche disagio (e qui a Siracusa è successo ben poca cosa, un simpaticone ha preso il canotto e si è messo a pagaiare per la strada in versione torrente, per manifestare i vari disservizi, ma è più una nota di colore che un vero problema). Anche la temperatura si è ormai allontanata dalle astronomiche quote estive. Finalmente nel nostro appartamento si inizia a sentire un po’ di fresco (e qualcuno ha già raddoppiato le coperte!).

E sarà il mare, sarà l’acqua, saranno le passioni di un tempo che rifanno capolino, ho da poco allestito anche un piccolo acquario, che fa la sua (discreta) figura all’ingresso del Ciao. Una piccola vasca, 60 litri, di seconda mano (l’acqua invece è originale, anzi, va cambiata spesso!) In realtà volevo metterci dentro dei pirahna e poi incutere un qualche terrore ancestrale nei bambini che finiscono i compiti troppo in fretta: “Adesso diamo da mangiare ai pesciolini…”; ma per fortuna lo scopo è un altro e spesso si rivela un sistema interessante per fargli occupare un po’ di tempo: “Trova il 4 pesce” (sigh, ne sono rimasti solo i 3 della foto, quindi sarà dura!), oppure “Controlla se dalla conchiglia esce qualcosa…”. Così adesso, la sera, quando il timer spegne la luce alle 19:30, diventa più facile ricordarsi che bisogna trovare tempo anche per le altre cose. Non ricordo quale psicologo consigliasse agli ansiosi, alle persone frettolose e agli irrequieti, di prendersi qualche minuto, mettersi davanti ad un acquario e lasciare andare gli occhi dietro ai volteggi dei pesci. Puro relax.

Domenica scorsa ho partecipato anch’io all’assemblea dei fratelli maristi d’Italia, presso la nostra casa generalizia di Roma; ne ho già scritto qualcosa qui, non serve ripetersi. Bella esperienza, davvero.

E per concludere, la notte tra il venerdì e il sabato, per un servizio con la CRI, ho avuto l’opportunità di fare un servizio insolito, dormire presso l’Ostello per lavoratori di Cassibile, che è passato da poco sotto la gestione della Croce Rossa; magari di questo se ne riparlerà. In compenso, già che al mattino presto del sabato ero da quelle parti, ho provato a vedere se mi ricordavo la strada per andare di nuovo ai laghetti della Riserva di Cavagrande del Cassibile.

Lunga strada in macchina, a dire il vero, quasi 10 km lungo un percorso che a volte ti fa pensare di essere finito in qualche landa desolata e deserta. L’importante è non lasciare mai la strada asfaltata (all’inizio ho sbagliato e un piccolo branco di cagnoloni, forse nemmeno randagi, mi ha accompagnato per un po’, fino al rientro sulla retta via!). Insomma, dopo una decina di km si giunge al segnale che indica il sentiero Mastra Ronna. Lascio la macchina e mi avvio a piedi, non fidandomi troppo del cartello “Parcheggio” e soprattutto della strada, così aspra e irregolare. Buona per un trattore, ma devastante per le macchine, anche se poi le incontrerò… Passo vicino alla casa del primo allevatore e mi domando come possa essere la vita da queste parti, quasi in esilio. E finalmente arrivo alla postazione Stallaini, punto di partenza del sentiero. La volta precedente avevamo preso una strada diversa, ma questa mi sembra decisamente più tracciabile e sostenibile.

Così inizio la discesa, ricordavo che non ci voleva molto. Dopo una sosta mozzafiato al belvedere per la Grotta del Brigante (con la sua stranissima ed originale scaletta scavata nella roccia) riprendo il sentiero e in meno di mezz’ora si arriva ai laghetti. Non mi azzardo a fare un tuffo, il sole ancora non scalda questa zona, ma almeno i piedi al fresco riesco a metterli. E poi rapidamente si riprende la strada del ritorno. Poco più di mezz’ora e il dislivello (saranno 200 mt) viene completato e riprendo la via di casa. Ci voleva una passeggiata tra i monti, dopo tutto questo mare. Quando ripasso dalla base ci sono gli operatori regionali, mi chiedono se arrivo dalla parte opposta, quando gli rivelo che il mio tragitto era solo di andata e ritorno mi invitano a firmare il libro degli ospiti. Nulla di strano che negli ultimi 3 giorni nessuno sia passato da queste parti, tra tempeste e brutto tempo, ma oggi il sole è davvero splendido, almeno per la mattinata.

Peccato che il cellulare mi abbia abbandonato prima di poter riprendere anche qualche immagine dei laghetti e della totale tranquillità di questi luoghi.

Ecco qualche foto di questa rapida incursione nella Riserva sentiero Mastra Ronna.

E proprio il mare nel pomeriggio annuncia una sorta di spiraglio, complice il sole che recupera un po’ sulle nubi. Così prendo la bici per andare a vedere se questa volta l’acqua della zona della tonnara di s.Panagia sia più accogliente. Ma… niente da fare, tempo di arrivare e le nuvole riprendono il sopravvento.

Insomma, tra monti e mare, una giornata quasi tutta natura.

Più Archimede che Siracusa

Più Archimede che Siracusa

Uno spettro si aggira per la città di Siracusa, quello del suo personaggio più enigmatico e rappresentativo: Archimede. Talmente spettrale che aleggia ancora come anima erranti, quasi non avesse riposo, quasi non avesse una tomba. Eh sì, perché il monumento che solitamente si addita come sepolcro del genio siracusano sicuramente non è la sua tomba, visto che è posteriore di alcuni secoli alla sua scomparsa…

Persino Cicerone, che a Siracusa è venuto quasi come turista, si è messo alla ricerca della tomba del grande matematico, ma pur essendo passati nemmeno 2 secoli dalla sua dipartita, i siracusani avevano già dimenticato il luogo in cui doveva essere la sua tomba. E Cicerone Jones si è messo alla soluzione di questo enigma, giungendo probabilmente alla scoperta di una tomba con i simboli matematici giusti, una piramide e una sfera. Ma chissà dove…

E’ vero, ci sarebbe da scrivere altro che un libro su Archimede; sarà anche per questo che l’interesse rimane alto. Quando ho scoperto che uno di questi libri (Mistero siciliano, di Annalisa Stancanelli) era appena stato pubblicato, mi sono messo un po’ alla ricerca e spulciando sul web ho notato che l’autrice avrebbe presentato la sua opera in una location davvero speciale: Villa Reimann.

Da buon neo-siracusano (ormai sono 2 anni che vivo qui), penso di aver già perlustrato un po’ di luoghi speciali e interessanti; in alcuni casi ho già dovuto scavalcare e sfidare un po’ di ostacoli per trovare ed apprezzare posti suggestivi. Ma nella Villa Reimann, complice la chiusura dovuta al Covid, ancora non ero potuto entrare. Diciamo allora che… ho preso i classici 2 piccioni con una fava.

Eravamo ancora in estate, serate piacevolmente lunghe, quindi andarci in bici poteva essere una buona idea, anche se sapevo bene che l’ultimo tratto, salita piuttosto tesa, poteva essere un problema fastidioso, visto il traffico sempre intenso. Pazienza, quando la curiosità chiama… E appena entrato nella villa, divagando un po’, ho colto l’occasione per guardare le tombe e lo scorcio di latomia che sapevo essere sparsi nel giardino inferiore. E poco prima della presentazione al pubblico del libro, ho passeggiato anche un po’ nel giardino davanti alla villa, ben curato e molto scenografico. Unico neo: la villa è praticamente circondata da 2 delle strade più trafficate di Siracusa e il rumore è piuttosto pervasivo e fastidioso. Ma dove non riposa l’orecchio, si rilasso l’occhio, con una vista davvero gradevole.

Così, verso le 18:30 ho assistito alla presentazione del libro, con l’autrice fiancheggiata da un giornalista e un archeologo. Hanno messo tutti in evidenza questo grande interesse per la figura di Archimede, ricordando i suoi forti legami con l’Egitto e la cultura non solo greca, facendo spesso notare che Siracusa è una scena teatrale dove non mancano certo gli attori di primordine, dalla politica antica, all’arte, alla cultura, alla pittura (e la stessa autrice ha lavorato anche ad un testo sul Caravaggio, più sul versante saggistico). A presentazione conclusa, ho saltato il rito del firmalibro, anzi, mi chiedevo come si potrebbe fare ad avere una firma digitale sull’ebook che avrei preso quella sera stessa, per iniziare a leggere il libro.

Già dalla presentazione non mi aspettavo grandi cose sul plot narrativo, più simile ad una fiction televisiva che ad un gioco di scoperte culturali, ma Siracusa si merita questo surplus di attenzione. E ho iniziato a leggere, ho dovuto un po’ forzarmi la mano per concluderlo, visto che non mi ha appassionato molto. Nel frattempo mi sono persino dedicato a cercare notizie sull’autrice, scoprendo che forse… l’avevo persino incontrata nel mio primo anno, dato che era la direttrice didattica di una scuola! Ho così pensato di guardare su Wikipedia, ma… non esisteva una pagina dedicata a lei (che tutto sommato ha già prodotto un discreto numero di testi). Ho tentato così di scriverla io, questa pagina, ma a quanto pare i censori di Wikipedia e gli incaricati dell’adesione al ferreo protocollo, non erano d’accordo e mi hanno “cancellato d’ufficio” questa breve voce (sto ancora cercando di capire come mai l’hanno considerata una pagina promozionale, quando di pubblicitario non avevo proprio messo nulla…). Mi sono così accontentato di qualche considerazione, da inserire tra le recensioni si Amazon… vediamo se almeno lì le pubblicano 🙂

Un testo dove antico e moderno cercano di rubarsi la scena.
Il romanzo mi è sembrato un po’ troppo enfatico, con troppe strizzatine d’occhio ai contenuti che “devono” essere presenti in un testo contemporaneo (un pizzico di hot e divagazioni erotiche, qualche digressione sulle nostre manie contemporanee condizionate dai social, richiami a film, canzoni, avvenimenti, spunti sul ruolo della mafia un po’ da cartolina…) quasi fosse un balzello necessario per un romanzo.
Si intrecciano nel racconto elementi di cronaca, aggressioni e omicidi, un giro di escort della jet society e oscuri personaggi che agiscono nell’ombra più completa. I due protagonisti maggiori, un commissario di polizia e l’amico archeologo, si alternano tra i capitoli, mescolando archeologia e crimine in modo abbastanza equilibrato.
Lo stile mi sembra ancora un po’ acerbo, con un periodare a volte frammentato e troppo roboante, come se il piede sull’acceleratore verbale dovesse andare sempre a tavoletta.
In alcune occasioni la descrizione di luoghi di ritrovo, negozi e bar sembra quasi pagare dazio ad una sorta di inserto promozionale visto che i nomi sono quasi sempre quelli reali. Non so perché invece l’aeroporto di Catania cambia nome (Fontanafredda invece di Fontanarossa, forse un piccolo lapsus?)
Interessante invece le digressioni sul passato di Siracusa, sui personaggi greci dell’epoca di Archimede, che rimane abbastanza presente sullo sfondo del testo.
Ancora più interessanti, oltre a varie digressioni storiche ben verificate, le ultime pagine in cui l’autrice riporta le sue fonti, ricorda i fatti storici dai quali ha tratto ispirazione, presenta i testi utili per un approfondimento. Traspare la conoscenza molto ampia e partecipata all’eredità storica di questa splendida città dalle tante influenze, sicule, greche, romane… l’autrice conferma il suo interesse nell’esplorare con passione i tanti tesori nascosti o semi-ignorati di Siracusa, un patrimonio davvero notevole e ancora da valorizzare.
L’ho apprezzato più per il contorno, i riferimenti e i suggerimenti bibliografici che per la storia in se’, poco realistica.

Ecco anche 4 foto sul parco di Villa Reimann, per l’interno… vedremo in seguito

Papiro canta…

Papiro canta…

Cosa si sarà dovuto sorbire il povero Renzo dal suo cavilloso Azzeccagarbugli, a sfogliare le grida, i fogli, la carta insomma. E da che mondo è mondo, così come lo conosciamo noi, la carta la fa spesso da padrona. Ma prima?

Un piccolo gioiello che esiste solo qui a Siracusa è il Museo del Papiro, probabilmente l’unico al mondo a raccontare la storia di questa pianta e mostrarne gli usi che ne tempo ne sono stati fatti, principalmente come supporto culturale e strumento di comunicazione.

Dalle descrizioni che si trovano sul web è facile capire cosa contiene: “consigliato soprattutto agli appassionati di storia e in particolare dell’antico Egitto: il Museo del papiro Corrado Basile di Siracusa è l’unico al mondo dedicato interamente alla carta degli Egizi. I pezzi esposti, i filmati e gli ausili didattici accompagnano il visitatore in un viaggio nel tempo: fra le altre cose, è possibile ammirare papiri dal XV secolo a.C. all’VIII secolo d.C., i frammenti di papiri e di materiali lignei carbonizzati nell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., i papiri prodotti a Siracusa dal XVIII secolo, manufatti in papiro (recipienti, sandali, corde, stuoie) e una fornitissima documentazione sulle origini del papiro e sulla sua lavorazione a Siracusa e in Egitto. (fonte)

Ho aspettato un bel po’ di tempo per poterlo visitare con calma, questa domenica mattina, con le finestre spalancate sul mare, il vento che sciorina le bandiere nel sole, la calma di chi si gode questi giorni di Siracusa con la tranquillità della poca folla e del ritmo più tranquillo. Anche perché l’altra volta che avevo tentato di visitarlo, mi ero arenato all’evidenza: io non porto mai contanti in tasca, ormai uso solo e sempre il telefono come pocket money, ma questo è un museo piccolino, a conduzione davvero familiare e il pos non è presente. Peccato, mi ero detto quella volta, nella scorsa primavera. Ma oggi mi ero attrezzato, anche perché tra covid e lockdown il periodo di chiusura di questa risorsa si è prolungato praticamente fino a questa estate.

Parcheggiata la bicicletta a ridosso del cortile interno del bel palazzo che ospita il museo, subito viene voglia di chiedersi: ma perché non ci sono delle belle piante di questo specialissimo papiro che praticamente è un’esclusiva di Siracusa? Ci starebbe davvero bene, ed è proprio una delle cose che poi ho suggerito al curatore del museo.

Perché la cosa sorprendente non è stata tanto il museo, quanto la presenza vivacissima del suo fondatore e curatore. Un museo che si intitola “Corrado Basile” fa subito pensare al busto in marmo di un qualche illuminato magnate del 700, un mecenate del secolo scorso, come minimo. E invece il sig. Corrado Basile è una simpatica e vivace presenza che vive e si muove tra le sale di questo straordinario museo. Ero appena entrato e un signore molto cordiale ha invitato me e l’altra coppia in visita a guardare il video che aveva appena avviato nella sala delle proiezioni. Poi alla fine lo vedevo molto disponibile a scambiare due parole con i presenti, a spiegare nel dettaglio, a fornire indicazioni… così ho azzardato la richiesta se fosse lui il curatore del museo.

Era proprio lui e da quel momento ha iniziato a spiegarmi anche quanto nelle poche sale aperte al pubblico non è sempre possibile racchiudere. Mi ha parlato del prossimo appuntamento importante di fine mese, per il prossimo XX convegno internazionale di egittologia e papirologia, mi ha gentilmente aperto i cordoni (letteralmente, facendomi entrare nelle zone riservate). Si scusava per il disordine e per lo stato di lavori in corso, ben sapendo che un museo vivo dovrebbe sempre avere questo aspetto, con i tavoli ancora ingombri di manifesti, carte, lettere e pubblicazioni. Visto il mio interesse si è prolungato nel mostrare i tanti riconoscimenti ricevuti nel tempo, le persone illustri che ha incontrato e che si sono ritrovati qui a Siracusa proprio grazie al papiro. Si è tolto anche qualche sassolino dalle scarpe quando gli ho chiesto se tutto il palazzo era riservato al Museo e mi ha fatto capire che le tante promesse della politica si sono impantanate rapidamente disperdendo le risorse verso altri rivoli (in effetti tutto il palazzo dovrebbe essere destinato a questo museo, ma entrando, sulla sinistra, si leggono anche altre dedicazioni, tipo “esposizione di arte contemporanea…”. Si avverte subito il piglio dell’appassionato che ha dedicato tutta la sua vita a questo entusiasmante prodotto che mette poi in collegamento con quanto di più importane la nostra cultura conserva e tramanda.

La passione per il papiro si è estesa velocemente anche all’interesse per l’ambiente, soprattutto quello vicino e particolarissimo del fiume Ciane, dove il papiro cresce rigoglioso. Persino troppo, visto che sarebbe importante curare un po’ meglio questo luogo particolare, con qualche sfalcio e riduzione della vegetazione, per evitare un eccessivo sfruttamento del fiume, eccessiva produzione di piante (e forse il recente incendio può essere una delle cause di questa trascuratezza).

Uscendo vedo che il foglio dei visitatori si è lentamente riempito, in questa domenica mattina sono entrati già una dozzina di persone. Un piccolo drappello di curiosi e di appassionati, sicuramente.
E saluto la reception sottolineando che forse l’attrazione più importante del museo non sono tanto i papiri, gli strumenti per lavorarlo, le barche africane, ma la persona stessa di Corrado Basile, che continua a rendere unico questo piccolo tesoro di resilienza culturale.

Altre risorse sul papiro? Ce ne sono, e anche di pregevole fattura, forse però più orientate allo studio dei testi e alla conservazione dei documenti, come il Museo Papirologico dell’Univ. del Salento, o il Papyrusmuseum della Biblioteca Nazionale di Vienna.

E le foto? Per coerenza non ho voluto postare foto degli interni visto che è richiesto proprio all’ingresso del museo con un bel cartello: No Foto e niente Video. E mi sembrava brutto fare il turista incurante delle norme. Mi sono così limitato a qualche scorcio all’esterno e sul giardino che accoglie i visitatori. Mi sembra già abbastanza suggestivo.

Davvero grande, questo amore

Davvero grande, questo amore

Tra un po’ dovrò riprenderlo, il suo famoso “Va dove ti porta il cuore”, perché dal tempo della prima lettura (in pieno secolo scorso), di vocali ne sono passate a scorribanda tra le consonanti …
Ma intanto resto gradevolmente sorpreso dai testi che puntualmente, ad ogni giro di boa importante, la Tamaro produce, senza strepito, con calma e decisione.

Così mi è capitato tra le mani questo suo ultimo romanzo (Una grande storia d’amore è del 2020, persino la pandemia vi fa capolino); dopo aver letto anche altri suoi testi, come quello dedicato al mondo della scuola, nel quale rivendica con fermezza alcuni suoi punti insindacabili (e opinabili, a parer mio) per avviare un recupero culturale serio, mi sembrava giunto il tempo di riprendere il filone narrativo. E non ne sono rimasto deluso.

La storia questa volta si basa su una sorta di inversione dei ruoli. E’ una storia d’amore tra due persone, ma l’autrice si cala fortemente nei panni dell’uomo, il “capitano”, in questo caso. E certe simbologie rivelano chiaramente alcune convinzioni. La trama si dipana lungo i nostri anni, partendo dai lontani (e forse non così mitici) anni 70-80. Per chi quegli anni li ha vissuti e li conosce sono tanti i rimandi, discreti e in filigrana, che ne definiscono i contorni, dai vestiti agli slogan, dal cibo alle abitudini, tutti elementi ben dosati e mai didascalici. La relazione che nasce tra i due protagonisti, la giovane Edith e Andrea, è marcata da numerose tappe, viaggi, traghetti, università, oriente… le prime delle quali sembrano fatte apposta per rendere difficile e poco scontata questa storia.

Il carattere dei personaggi sembra così antitetico e basato su presupposti quasi agli antipodi l’uno dell’altra che proprio solo il caso (nel finale del libro però farà capolino una speranza, anzi, una provvidenza che la dice lunga su chi tesse la trama dei giorni) sembra giustificarne la possibilità.

E’ una storia che inizialmente si basa sulle attese, sui tempi lunghi, sulle pause di riflessione e sui tentativi di imbastire la propria vita su altre basi, ma poi, lentamente, il percorso converge e i nostri due finiscono per riunirsi. Ma dopo questa sistole ecco prendere fiato la diastole delle persone, gli incidenti, le mancanze imprevedibili, le assenze. Sarà la morte di una nonna, colta dall’infarto su un bus giunto a fine corsa a minare l’equilibrio che la coppia aveva raggiunto, nonostante la presenza di una figlia proveniente da un altro percorso.

E dopo la vicenda di una nuova nascita, che purtroppo verrà segnata dalla tragedia di una fine prematura dopo pochi mesi, l’equilibrio raggiunto si sgretola. Da questo punto le piste divergono nuovamente, la coppia si rinsalda, ma la figlia si perde, letteralmente ed emotivamente. Il resto del libro si muove in vista di un possibile ritorno nel porto familiare, impresa difficile che infatti si compirà solo a frammenti.

Non è un giallo, ma i colpi di scena, le invenzioni, pacate ma illuminanti, sono di casa e mostrano la capacità dell’autrice nel prendere per mano il lettore e accompagnarlo nella riflessione su tanti temi che apparentemente sembrano un coacervo di elementi poco unitari. Ben dosato anche l’altro grande amore della Tamaro, le lettere; nel corpo del testo ne compaiono alcune, scritte dalla protagonista e necessarie nell’economia del testo per chiarire e completare il quadro. Dall’altalena alla cura delle api, dalla cultura cinese alle esperienze giovanili, dal ’68 maoista al recupero della fede attraverso itinerari anche semplicemente di sentiero. Il racconto si dipana ampiamente toccando temi e situazioni che fanno parte del nostro oggi, senza enfasi e con molta serenità. Ma anche fermezza: le idee che traspaiono sulla nostra modernità sono riprese spesso in modo apertamente critico, dalla inarrestabile avanzata dei cellulari al mondo della rete, dal dramma delle droghe sintetiche alla maternità desiderata e spesso difficile, in tutte le situazioni affiora poi la difficoltà delle relazioni tra genitori e figli, elemento quasi assiomatico nei testi della Tamaro.

Iniziato un po’ per curiosità e terminato quanto prima, per la scorrevolezza del testo, la semplicità letteraria (mai banale) e per l’aderenza a questa nostra vita, non sempre facile. E giunto all’ultima pagina veniva quasi voglia di sfogliare ancora il tablet per vedere cosa sarebbe successo dopo…perché il finale sembra solo un gradino verso un nuovo inizio.

Storie coraggiose

Storie coraggiose

Una sorta di doveroso recupero, il mio, quasi un gesto per equilibrare culturalmente lo spazio che abitualmente mi trovo a decretare al mondo maschile. Ogni tanto recuperare l’altro polmone, l’altro sguardo, il femminile, non può che rendere più ricca l’esperienza e la conoscenza. Sarà anche per questo che mi sono fermato prima per la curiosità, poi per i contenuti e infine per scelta nel leggere questo libro. E poi, una volta iniziata la lettura, è stato giocoforza terminarla in giornata; si lascia leggere con accanimento. Buon segno.

Il testo di Silvia Ferreri ha un titolo apparentemente dimesso, quasi innocuo: Le cose giuste. Un messaggio implicito per definire il contenuto delle vicende narrate, qualcosa di necessario, esemplare, necessario: il giusto.

Un volumetto agile che riporta alcuni profili di donne che hanno sicuramente tanto da insegnare anche agli uomini. L’altra metà del cielo rivela forze, capacità e caratteristiche ben necessarie per la vita di tutti.

Il breve gruppetto di donne che vengono presentate toccano argomenti e temi molto diversi, tutti di attualità e di rilevanza forte. E sono tutte visioni dall’interno dell’esperienza femminile, con lo sguardo di donna, per raccontare cosa si vive e si prova in situazioni particolarmente drammatiche.

Mi sono ritrovato a percorrere strade di cui spesso ho intravisto il dipanarsi anche nella mia esperienza, come docente, come persona appassionata della legalità, come religioso… E le storie che vengono raccontate in modo molto diretto e concreto non fanno sconti a nessuno.

Si va dalle difficoltà di una coppia che non potendo avere figli propri si imbarca nella difficile avventura della open adoption (che proprio non conoscevo) fino alle drammatiche vicende della mamma catechista che si vede crollare un mondo dove aveva riposto fiducia da sempre, quello della chiesa (e della chiesa milanese, che per tanti aspetti dovrebbe essere un punto di riferimento sapiente).

Altre storie riguardano il trattamento che una famiglia sottoposta al programma di protezione per difenderla dalla ‘ndrangheta, che porta al paradossale finale di un doppio nemico, da un lato la mafia ma dall’altro lo Stato che con le sue vischiose burocrazie non riesce a garantire un livello di vita tollerabile. Si parla anche di anoressia, con il difficile percorso di una madre e una figlia che affrontano questo incubo (e il mio ricordo molto concreto va alle situazioni che ho incontrato, di vera disperazione…).

Leggere e sentire le riflessioni da parte di madri, mogli, donne, è certamente un modo significativo per cogliere meglio queste situazioni e poter contare su testimonianze forti e dirette; un gesto di partecipazione che rende migliori e più consapevoli anche noi uomini.