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Basterebbe una mano, non una vasca

Basterebbe una mano, non una vasca

Cominciano ad essere tante le proposte, qui a Siracusa, per pomeriggi alternativi, incursioni nel verde, riappropriazione di spazi che si meritano una cura maggiore… Sabato scorso avevo visto, tra le altre cose, l’invito rilanciato da alcuni amici, per l’iniziativa di Legambiente, dal nome suggestivo Festival del Paesaggio.

Dopo una prima settimana di campo estivo con i piccoli (e non solo piccoli), staccare un po’ la spina fa sempre bene. E a conti fatti il luogo dove si doveva svolgere questo festival era davvero suggestivo. Tanto che ci ero stato proprio qualche settimana prima con Pepe (e lo avevo praticamente fatto perdere nella selva e nei canneti del canalone vicino alla Tonnara di Santa Panagia). Eravamo poi sbucati dal tunnel che collega la spiaggia al canalone, e dover fare lo slalom tra le tante schifezze presenti faceva proprio una pessima impressione.

Verrò a scoprire, dagli amici di Legambiente, che questo è ciò che rimane dell’unico fiordo siracusano, ora non si coglie quasi per niente la sua fisionomia perché la ferrovia ha chiuso e modificato profondamente il luogo; ma ci si è aggiunto anche la scelta un po’ scellerata di sistemare una discarica (comunale) proprio in questo vallone. Discarica ormai chiusa e smaltita (almeno in parte), ma facile vederne le profonde conseguenze presenti ancora oggi su tutto questo territorio.

Ma torniamo a sabato 11: Quindi, gambe in sella e avanti a pedalare, per i primi 4-5 km della ciclabile di Siracusa.

Insolitamente deserta.

Eppure avevo controllato bene gli orari. Anzi, avevo persino visto la proposta della CRI di partecipare a questo evento (e scoprirò poi che ci saranno proprio Gaetano e Sara, che spesso incontro nei nostri servizi di volontariato). A dire il vero mi aspettavo un po’ di gente, nono proprio folla, ma insomma, una via di mezzo… Purtoppo, una volta arrivato nei pressi della Tonnara, vedo a malapena una persona che sta montando un gazebo.

Ovvio che era il punto focale dell’evento e quindi mi dirigo in questa direzione, per informarmi. Erano proprio loro, i responsabili di Legambiente (ma per essere preciso dovrei chiedere i nomi a Simona…); così, dopo un po’ di chiacchiere in buona sintonia, visto che non arrivava altra gente, ho preso un decisione ecocompatibile. Erano già le 17, il caldo era implacabile, lo scopo della giornata era proprio quello di dare una pulita a questa zona: e allora iniziamo con un bel bagno in questo braccio di mare così suggestivo. Sicuramente sarà la soluzione più saggia. Splash.

Poi, con calma, sono tornato dal gruppetto di volontari, che ora sfiorava quasi la mezza decina di persone. E chi ti ritrovo? Ovviamente Simona, che tra una cosa e l’altra, l’Arci-ragazzi e piazza S.Lucia, è quasi un incontro quotidiano, di questi tempi. Ormai capisco che per questo genere di cose la grande folla siracusana si riduca sempre agli stessi e prevedibili 4 gatti. Ma non è questo il problema. Andare a raccogliere rifiuti di sabato pomeriggio non è proprio un’attività che faccia sbavare dal “voglio andarci anch’io”…

E così, un pizzico di impegno ce l’abbiamo messo per togliere qualche chilo di bottiglie e altre (svariate) schifezze. Che come al solito abbondano in questi posti. Anzi, forse non era nemmeno una situazione esagerata quella che abbiamo riscontrato; tante bottiglie, tante mascherine (chissà per quanto tempo dovremo ancora incontrarle!), cartacce varie, mozziconi, ma nulla di irreprarabile. E a conti fatti, alla spiaggia siamo riusciti anche a togliere una schifezza immane: una vasca da bagno praticamente intera. Non oso pensare quale navigatore solitario e disperato sia approdato con tale mezzo… anche perché sulla spiaggia fa ancora brutta mostra di sè un’altra barca, ben più grande e impossibile da togliere solo con le nostre braccia.

Conclusione obbligata: un altro tuffo in questo mare spettacolare, insieme agli amici di Legambiente.

Un mare che …. avrebbe davvero bisogno di un po’ di cura in più da parte di tutti; è già magnifico in queste condizioni (nonostante tutto), immagina come potrebbe diventare con l’impegno di ciascuno.

Pulizia som(m)aria

Pulizia som(m)aria

Ecco, è appena finita la partita Italia-Spagna e visto che si stanno organizzando le ronde per la borgata, per l’inevitabile strombazzamento e festa cittadina, ho già messo in conto che, oltre al caldo, per il rumore ci sarà poco da dormire almeno per un po’.

Per gli ottimisti era prevedibile, per chi invece, come me, considera il calcio come uno qualunque dei…. minerali, la cosa comporterà un’attesa supplementare. Il tempo giusto per buttare giù due righe.

Anzi, giusto il tempo per ripercorrere idealmente la strada della Borgata che spesso in questo periodo mi trovo a frequentare, per andarmi a rinfrescare nel mare.

Proprio sabato mi ero ritrovato a passare, con un look decisamente balneare, lungo il perimetro della piazza di s.Lucia. Ma c’era un movimento insolito. Tante macchine della polizia, dei carabinieri, un fermento inusuale, transenne e cartelli che regolavano diversamente il traffico. Poi mi sono ricordato. Nel pomeriggio sarebbero venute proprio in piazza le ministre Lamorgese e Cartabia, per ammirare il Caravaggio della chiesa di s. Lucia (Santuario, mi ricorda il buon fra’ Daniele, parroco della Borgata). Ecco spiegato l’assembramento, le tante persone, un insolito decoro, la Borgata velocemente risistemata.

Perché se è abbastanza noto che la Borgata sia uno dei quartieri più “vivi” di Siracusa, è certamente anche uno dei più trasandati, spesso caotico, sporco e non sempre presentabile.

Masserizie sulle strade, buche in promozione quotidiana, stendini in bella vista sui marciapiedi a sciorinare indumenti, residuati fecali mastodontici di cani da passeggio, gatti e piante che fanno a gara per conquistare il territorio e poi scritte di tutti i tipi ad imbrattare i muri.

Qualche notizia dell’evento è possibile leggerla qui (da Siracusa Oggi).

Però in questa occasione un piccolo passo avanti almeno è stato tentato. Talmente piccolo che in pochi l’avranno notato, ma visto che è avvenuto proprio vicino agli appartamenti dei nostri ragazzi è bello almeno poterlo notare.

La chiesa di s. Lucia confina proprio con lo stadio di calcio e da che mondo è mondo, tra un arbitro cornuto e un presidente da mandare al rogo c’è solo l’imbarazzo della scelta per insultare e offendere un po’ di gente. E ovviamente i titoli sono spesso coloriti, originali, irriverenti.

Forse troppo per lasciarli in bella vista, così oltre alle pattuglie di vigilanza devono aver movimentato anche qualche netturbino o altro addetto per cancellare alcune scritte. In alcuni casi l’effetto è quasi accettabile, in altri rischia di evidenziare ancor di più l’indecenza.

Già che c’erano la pulizia poteva essere totale, non sommaria e parziale. Una mano di bianco sarebbe più utile di un tentativo di diluizione con vernici semicoprenti. O forse il magazzino del Comune aveva solo quello… chissà. Per il portone dello Stadio è bastato uno strato azzurro, per le scritte sul travertino di rivestimento si è invece fatto poco, molto poco. Si rischia l ‘effetto palinsesto, offrendo ai prossimi imbrattatori fin troppi elementi. Suvvia, diamo spazio alla fantasia! Come se quella espressa sui muri non fosse già abbastanza logora è scombinata.

E se oltre al quadro di Caravaggio l’attenzione delle ministro (e dei vari personaggi politici, compreso il Presidente della Sicilia Musumeci) si fosse soffermata su altre opere “d’arte” della piazza, come le ormai inutilizzabili (e mai utilizzate, mi dicono) colonnine di rifornimento per le e-bike e così pure la colonnina di ricarica elettrica targata Enel (anche questa mai utilizzata!), magari sarebbe bello portare l’attenzione su troppe opere e iniziative di facciata che si arenano dopo pochissimo tempo alla realtà dei fatti. Siracusa comincia ad essere solcata da monopattini e bici elettriche, ma non mi è mai capitato di vedere qualcuno utilizzare questi punti di riferimento. Che sicuramente rientravano in qualche progetto d’avanguardia, dai costi lungimiranti (ovviamente), ormai persi nel nulla.

Anche questo contribuisce a diffondere l’immagine di una città che fatica a pensare in modo realistico al suo futuro… e mi piacerebbe vedere che fine ha fatto la notizia (o il progetto, difficile capirlo) di prossimi lavori per rifare la pavimentazione della zona vicina alla chiesa. Dovrebbero partire a luglio (ops, siamo già al 7 di luglio!) ma nell’ottica del lockdown oggi si fa presto a saltare i mesi e gli anni… Vedremo se prima di agosto qualcosa si muove.

Lungo il crinale della valle

Lungo il crinale della valle

La valle dei tempi, ovviamente. Quella di Agrigento, per intenderci ancora meglio.
Sabato scorso ci siamo concessi una visita a luoghi siciliani di particolare suggestione. Avevamo scelto due mete: la villa del Casale di Piazza Armerina e poi Agrigento.
Non sono proprio vicinissime, ma idealmente si possono collegare e visitare in un’unica giornata.

Quindi dopo aver visto le incredibili stanze e i mosaici della villa e aver scoperto che per una manciata di minuti ci siamo persi la visita della cattedrale di Piazza Armerina (chiudeva alle 12 e noi eravamo davanti alla sua facciata 7 minuti dopo, purtroppo, a volte i siciliani sanno essere molto precisi e puntuali!) così ci siamo diretti alla volta di Agrigento. Nina era già esperta del luogo, quindi ci ha condotto vicino vicino alla strada principale, quella “strada degli scrittori” che ha reso illustre la città. Viene da pensarci, sedendo sulla panchina accanto al Camilleri di bronzo, come a volte la cultura sappia essere contagiosa.

Lungo la strada fervevano i preparativi per un evento speciale della città, un master di scrittura sulle “parole della pandemia”, che aveva tra le varie sedi anche la chiesa del Purgatorio. Interessante scoprire, su spiegazione della persona che si stava dando da fare per le pulizie e i preparativi, che la statua a destra del portone d’ingresso, che un tempo impugnava un’asta e una bandiera, ecco, insomma, quella bandiera era stata tessuta e preparata proprio dalla mamma di Pirandello…
Una città dove la trama delle persone è fitta e vissuta e ogni angolo rischia di finire su qualche pagina di narrazione.

Ma il piatto forte (e caldo) era ovviamente riservato alla passeggiata nella valle dei templi. Sarà pure una valle, ma con il caldo che abbiamo sopportato e il lungo percorso, ci sembrava proprio di seguire il crinale dell’antica città.

Ci siamo quindi avviati lungo l’itinerario consigliato, ma ciascuno al suo passo. E sapendo che avrei divagato parecchio ho lasciato andare avanti gli altri per non torturarli inutilmente con le mie divagazioni; ma il buon Pepe, che è ormai con noi da oltre 10 giorni, ha resistito ampiamente.

Così abbiamo toccato tutti i punti speciali di questo itinerario nel passato, dal tempio di Giunone, il primo che si presenta al visitatore, fino allo spettacolare tempio della Concordia, che sembra appena toccato dal tempo. Dopo ci siamo immersi nel suggestivo e profumato giardino di Villa Aurea, ricco di essenze mediterranee, ipogee, piante, qualche rara fontana (di acqua tiepida, ma pur sempre acqua!); fino a giungere all’impressionante ammasso di rovine del tempio di Giove, che doveva essere veramente qualcosa di impressionante per quel tempo. E uno si domanda cosa potesse motivare tutto questo sforzo, questa grandiosità e queste opere. Anche a porsi domande del genere possono servire le tracce del passato.

Tanti i visitatori, le famiglie in gita, i bambini a curiosare tra le rovine antiche e moderne (come ho già trovato in altri luoghi di Sicilia, anche qui abbiamo una particolare opera di Igor Mitoraj, il Dedalo caduto, proprio vicino al tempio della Concordia). Interessante continuare questo dialogo tra il tempo passato, il nostro presente e, speriamo, un futuro migliore.

Alla fine, decisamente stanchi e accaldati, abbiamo ripreso con calma il ritorno verso casa (quasi 3 ore lungo le colline della Sicilia, che rigurgitano di messi appena tagliate, tracce di incendi a non finire, qualche pala eolica inspiegabilmente ferma e in attesa… Approfittando del traffico rarefatto, perchè gran parte della gente si stava ormai assiepando a casa in attesa della partita degli europei: Italia-Austria.

Ecco l’album delle foto realizzate ad Agrigento e presso la valle dei Tempi, nel loro cronologico disordine

Più che una villa… uno zoo!

Più che una villa… uno zoo!

Dal diario di Lucius: Morgantina, anno domini 432 d.C.

Ieri sono andato con mio zio, Flaccus Aurelius, per aiutarlo in una faccenda piuttosto strana. Mi aveva chiesto una mano per consegnare alcuni animali esotici al ricco padrone della villa che sta nella vallata. Tutti ne parlano di questa villa come di qualcosa di misterioso e meraviglioso. Dicono che sia la più bella di tutta la Sicilia, la prima provincia romana!

Enorme, piena di stanze e di corridoi, e soprattutto con degli incredibili pavimenti. Dicono che i migliori artisti della Sicilia vi abbiano rappresentato tutti gli animali che si possono incontrare nell’Impero; hanno usato una tecnica particolare, delle piccole pietre (le chiamano tessere) colorate per ricreare la forma e il colore degli animali, li chiamano mosaici e dovrebbero sfidare i secoli, altro che le pitture!

Dicono inoltre che proprio in questa villa ci sia una concentrazione incredibile di questi animali, e che il padrone di tutto questo abbia guadagnato una fortuna con il commercio di animali per le feste del Colosseo, a Roma. Ma quando sono entrato non credevo davvero ai miei occhi. Se penso alla mia casetta, con il suo pavimento in terra battuta, le mura di semplici pietre, qualche trave di legno per il tetto… sono rimasto a bocca aperta, guardando quelle colonne, i capitelli, le vasche di acqua. Ma soprattutto i mosaici. Ogni stanza ne aveva uno diverso. Il più maestoso era quello del corridoio centrale. In pratica la via obbligata per tutti gli ospiti che entrano in questa casa, e di ospiti ce n’erano davvero tanti: commercianti, soldati, gente importante… Mai vista una roba del genere. Ho visto i disegni (anzi, i mosaici, sono i primi che ho visto in vita mia!) di animali che secondo me non esistono nemmeno. Li chiamano elefanti, rinoceronti, ma mi sembrano davvero esagerati.

Troppo grandi per essere veri, anche se alcuni miei amici che sono andati a scuola mi raccontavano delle leggende di un certo Annibale che era giunto in Italia proprio con questi animali. Chissà… Poi mio zio è entrato nell’ufficio del padrone per discutere di affari e io ho cercato di sbirciare un po’ in giro. Ho visto il mosaico di Polifemo (e come mi diceva un magister, non è che quel gigante avesse un occhio solo, nient’affatto, ne aveva 3, perché il terzo occhio è proprio quello che usano tutti i fabbri dei dintorni, come segno di riconoscimento del proprio mestiere); ho visto anche dei mosaici con le gare delle bighe, ma che strano, chi guidava i carri erano dei bambini (forse i figli o i nipoti del padrone?);

e ho visto anche una cosa piuttosto strana, una stanza per i giochi delle femmine, con disegnate delle donne con pochissimi vestiti addosso… ma mi hanno subito detto di uscire da lì, che non era roba adatta per ragazzini; poi è tornato lo zio e ce ne siamo andati. Chissà cosa diventerà questa villa così affascinante e incredibilmente ricca… speriamo di poterla rivedere almeno un’altra volta!

Bene, sarebbe interessante potersi calare veramente nei panni di una persona di 1600 anni fa e poter rivivere l’emozione di una giornata presso la Villa del Casale, di Piazza Armerina, nello splendore della sua epoca d’oro. Sono riuscito a visitare questo luogo incredibile qualche giorno fa, a fine giugno (con un caldo notevole e il frigidarium della villa, purtroppo, non era disponibile 🙂 insieme a tutta la nostra comunità e Pepe, un altro appassionato di cose belle della storia. Abbiamo dedicato tutta la mattinata ad esplorare le stanze, ammirare i mosaici, comprendere l’effetto che poteva fare una cosa del genere nel contesto della sua epoca. Veramente qualcosa di incredibile e interessante.

Qualche altra immagine, ovviamente, l’ho messa in questo album sulla Villa del Casale di Piazza Armerina.

Fine pena…quando?

Fine pena…quando?

Forse non riflettiamo abbastanza sul fatto che alcune conquiste morali e sociali hanno bisogno di persone e tempo per crescere e raggiungere visibilità. Ci pensavo quando spiegavo il buon Cesare Beccaria (il nonno di Manzoni, per intenderci) e il suo fondamentale libro “Dei delitti e delle pene”, che nell’epoca dei Lumi ha posto con forza il dibattito sulla pena di morte. Ancora oggi ci sono numerosi paesi e località dove questo principio non ha ancora fatto breccia e la legge continua ad arrogarsi il diritto di spegnere una vita con la presunzione di fare una cosa giusta.

Oggi il dibattito si è spostato sul tema dell’ergastolo, sul paradosso di una legge che vorrebbe offrire con la reclusione una occasione di emendamento e che lo preclude, di fatto, impedendo un recupero della persona, seppellendolo in pratica prima della sua morte in un carcere.

E’ un tema, quello del carcere, che conosco sinceramente troppo poco per azzardare ipotesi, ma la lettura di questo interessante libro di Fassone apporta al dibattito un contributo personale e argomenti sensati molto particolari.

Scritto con uno stile lineare e scorrevole, mai sciatto e con tratti narrativi davvero felici e con alcune felici invasioni di campo nell’ambito della poesia, il testo racconta una storia che sembrerebbe inventata, nella sua paradigmatica coerenza. L’autore è un giudice e nel corso di un maxiprocesso, svoltosi a Torino negli anni ’80, mette in ginocchio un feroce giro di mafia catanese. A uno degli imputati, killer spietato e giovanissimo, viene comminata una serie di ergastoli, proprio per evitare le derive di una giurisprudenza che a volte rischia di disfare con la mano destra quello che la sinistra ha tessuto con fatica.

Ed è proprio tra questo ergastolano e il giudice che inizia una incredibile corrispondenza epistolare, che durerà per oltre 27 anni, fino al momento del tragico epilogo.

In questo che sembra quasi configurarsi come un romanzo di ri-formazione, avvertiamo tutto il crescendo di una relazione asimmetrica tra il giovane che poco alla volta si affida, quasi, alle parole sagge del giudice, che tenta in qualche modo di contribuire ad un recupero della persona alla quale ha spento, proprio con l’ergastolo, ogni possibilità di redenzione. Leggiamo quindi il lento procedere delle cose, i continui spostamenti di carcere, le regole ferree e le enormi difficoltà per recuperare una dimensione umana, la possibilità di un piccolo lavoro, di piccoli spazi di umanità, il sogno minuscolo di un amore che potrebbe accompagnare la vita ma che poi naufraga contro le barriere di un tempo che non arriverà mai…

Poco alla volta cambia il modo di vedere le cose di questo ergastolano, ma cambia anche la percezione dello strumento penale da parte del giudice, che poi diventa magistrato e senatore. E’ una lenta ma profonda riflessione sul senso del carcere, sulla possibilità di offrire un cammino di recupero, sulla assurda tenacia di alcune leggi che impediscono, di fatto, quello che persino la Costituzione addita come funzione necessaria del carcere, che non è la sola difesa e tutela dei cittadini, ma anche la possibilità di “emendare” il colpevole.

E’ un contributo prezioso al dibattito sul “fine pena mai”, sul senso che possa avere oggi, sulla capacità di una società a diventare più “giusta” (perché nessuna società nasce perfetta e le “perfezioni” di ieri non è detto che valgano ancora per domani).

Purtroppo l’epilogo è triste, il carcerato finirà col togliersi la vita e questa ferita colpisce doppiamente il magistrato, come uomo ma anche come rappresentante di quella “giustizia” che immaginiamo sempre come qualcosa di astratto e imponderabile. Un testo che trovo molto per far crescere le persone e ragionare su un tema che pur non toccandoci quasi mai direttamente, coinvolge davvero tante vite umane (in Italia sono oltre 1500 i condannati all’ergastolo).