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Valle a capire le regole dello shangai

Valle a capire le regole dello shangai

Di solito i libri si leggono, ma non mancano le alternative, solo che le abitudini pesano e ci si abitua facilmente. Si possono anche ascoltare, i libri, o farli leggere da un pc, visto che ormai sono quasi tutti digitalizzati. Nel mio “vecchio” I Care bbs (roba del secolo scorso) avevo iniziato a raccogliere libri in formato testo (il semplicissimo *.txt) proprio per questo, sapendo che ipovedenti e ciechi potevano in questo modo bypassare la difficoltà di recuperare testi in braille. Esisteva già, da tempo, una biblioteca di questi testi curata dall’UIC (ed esiste ancora oggi), ma di ascoltarne uno per intero non mi era mai venuta la voglia. Al massimo mi sono segnato il primo testo letto interamente al PC, nel lontano 1985, credo, si trattava di … Pippi Calzelunghe e nel leggerlo mi tornava in mente ancora la musica della colonna sonora del primo filmato trasmesso dalla Rai di pochi anni prima…

Come dire, anche tutta la nostra infanzia ormai si può ripercorrere facilmente a colpi di mouse.

Ma a metà dicembre, nonostante la saga delle vaccinazioni (in offerta speciale avevo fatto quella del Covid e anche dell’influenza) mi sono dovuto arrendere ad un forte raffreddore. Quindi un po’ di tempo a letto, senza nessuna voglia di sfogliare un libro nemmeno sul tablet. Così ho provato: “Alexa, leggimi un libro”, pensando di rinunciare dopo pochi minuti, e invece…. sono riuscito ad arrivare fino alla fine.

Certo, cambia molto il rapporto col testo, se ti sfugge qualcosa devi inesorabilmente procedere e tentare qualche inferenza, se smetti non sai mai di preciso se il testo ricomincia dal punto esatto dell’ultima narrazione, non riesci ad avere un’idea di quanto manca veramente (anche se ad ogni ripresa dopo una pausa significativa la voce ti conferma che “mancano 2 ore per terminare il libro”) e neppure di quanto è già stato letto (non vedi o non senti nessuna percentuale di avanzamento); insomma, le differenze sono notevoli.

Però la storia rimane, il testo procede.

Per una sorta di consuetudine maniacale avevo preso l’ultimo romanzo di Erri de Luca, Le regole dello Shangai, e non immaginavo davvero di cosa potesse trattare il testo, abituato al vasto divagare dell’autore, dalle traduzioni dall’ebraico alla cultura napoletana, dai ricordi di formazione all’impegno solidale. La storia invece era davvero curiosa.

Il protagonista maschile del racconto è un personaggio che scopriamo vivere in alcuni momenti in una tenda, in una imprecisata zona di montagna vicina però al confine (forse croato, sloveno o austriaco), ricorda sicuramente il De Luca appassionato di montagna e scalate, vita rude a contatto con la natura; si vede improvvisamente sconvolgere l’esistenza dall’ingresso di una giovane ragazza di etnia gitana, in fuga da un matrimonio non desiderato, che vaga per la montagna, in cerca di sicurezza e di un futuro migliore, un possibile migrante come tanti di quelli che seguono la rotta balcanica. Il nostro accoglie la ragazza e la protegge da altri oscuri personaggi che vagano per la montagna (trafficanti? militari?).

Inizia una strana amicizia, o almeno un sodalizio tra i due che si prolunga, si trasforma in fuga, in ricerca di una sistemazione definitiva per questa ragazza, che troverà finalmente una dimensione e una sicurezza adeguata. Ma la storia continua e si complica: il nostro protagonista non è semplicemente un montanaro appassionato, è parte attiva di una rete di reclutatori di … spie (un Erri De Luca che sfocia nel giallo non lo avevo ancora letto), con le sue regole ferree e le sue complesse dinamiche. Ma in questo caso tenta un’eccezione, sistemare questa ragazza senza strumentalizzarla o sfruttarla come possibile informatrice. Questo è almeno quello che crede o spera.

Perché invece la realtà sarà ben diversa, la ragazza stessa scopre le trame di questo gioco sofisticato ed entra, quasi come per una sorta di restituzione dell’aiuto ricevuto, a far parte di questo ingranaggio occulto. Nel testo prende corpo la comunicazione tra questa ragazza, ormai diventata donna e adulta e il suo vecchio salvatore, che continua a passare, periodicamente, settimane in tenda, nascosto sulle montagne. Le lettere che le due persone riescono così a scambiarsi chiarisce questa complessa trama di vicende. Nel finale stesso la montagna, dura e spesso ostile, come la natura del bosco, non sempre ospitale, si riprendono la scena.

Questo è almeno quello che sono riuscito a recuperare, a mente, della trama del testo. Affiorano tra le righe i temi cari all’Autore: l’impegno solidale, la sensibilità per le classi umane più vilipese e sottomesse, gli avvenimenti storici segnati dalla parabola socialista, il recupero di parole precise e nitide…

Insolito e davvero interessante…

Viaggio a Granada

Viaggio a Granada

La tentazione di realizzare un diario pignolo e precisino sui giorni trascorsi a Granada e dintorni in queste vacanze di Natale 23-24 si è rapidamente sciolta con il passare dei giorni; difficile tener testa a tutti gli angoli visitati, le chiese esplorate, i quartieri in cui sono riuscito a vagabondare…

Sarà che fin dal primo giorno le cose sono state tante (siamo passati dal parco del Torcal fino alla suggestiva Alhambra di notte); allora meglio spiluccare e procedere per piccoli assaggi.

Tanto per restare sul tema dell’Alhambra, questo cuore esterno della città, che rimane sempre a cornice e confine di ogni giro, alla fine mi sono ritrovato che, tra immagini, dettagli e panorami, ce n’era abbastanza da riempire un intero album. E allora procediamo:

Ecco l’album con le foto dell’Alhambra, dal giro notturno ai vari panorami

E siccome immagino che dipanare i ricordi e stenderne qualcuno su queste pagine mi costerà un po’ di fatica, comincio col depositare almeno le immagini che hanno segnato questi giorni di visita a Granada, sicuramente potrebbero essere sufficienti per rendere l’idea, …

Ecco una carrellata di (tante) immagini di questi giorni a Granada

E forse anche Cordoba merita una rapida menzione, visto che approfittando di questi giorni tranquilli abbiamo fatto una puntata anche a Cordoba; c’ero già stato tanti anni fa ma ero persino riuscito a non visitare nulla (complice un po’ di influenza…); questa volta mi sono abbondantemente rifatto, grazie alla cordiale presenza e disponibilità di Carlos Hidalgo (gli ho inflitto una giornata con oltre 15 km di camminata!), che proprio 20 anni fa era stato il mio primo anfitrione in Spagna…

Album all’interno della Mezquita-Cattedrale di Cordoba

Fosse un giorno come tanti…

Fosse un giorno come tanti…

Il 18 dicembre per l’OIM, uno dei numerosi servizi ed uffici delle Nazioni Unite, fondato nell’ormai lontano 1951 è il giorno del migrante. Forse il calendario è fin troppo pieno di ricorrenze simili (il giorno del Rifugiato promossa dall’UNHCR per il 20 giugno, la Giornata della Memoria e dell’accoglienza del 3 ottobre, la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del 20 settembre… e ci fermiamo a quelle di rilevanza sovranazionale). Gli appuntamenti per sensibilizzare le persone non mancano, almeno sulla carta; quello che invece nella pratica manca ancora è una reale comprensione di questo fenomeno che ancora troppe persone considerano una “emergenza” (come quella climatica) che prima o poi passerà e una consapevole strategia per tentare di offrire risposte decenti a questa situazione..

Fino ad agosto mi trovavo a Siracusa, in Sicilia, dove il tema dei migranti assume una dimensione certamente più critica ed evidente. Strano che proprio nel primo anno del nuovo governo di centro-destra, che avrebbe dovuto risolvere in un modo o nell’altro questa emergenza, le cose siano andate in modo ben diverso dalle previsioni. Anzi, completamente in direzione opposta.

Basterebbe questa semplice tabella con il suo relativo istogramma a ricordare e tenere ben presenti i numeri. Dopo le cifre impressionanti degli anni dal 2014 al 2017, la pausa globale dovuta al Covid, ora ci ritroviamo a fare i conti con una nuova impennata; ho prelevato poco fa i dati dalla pagina ufficiale del Ministero dell’Interno, che quasi ogni giorno pubblica un esauriente report degli sbarchi, dati sulle età e sulle provenienze. Fino a pochi mesi fa questi numeri li vedevo facilmente riflessi nella società concreta, sia partecipando come volontario della Croce Rossa alle operazioni di sbarco come a quelle di trasferimento dei minori. Insomma, quando ti ritrovi al porto di Augusta o ad accompagnare minori in giro per la Sicilia (e anche nel resto di Italia), questi numeri si traducono in nomi e volti (ho ancora gli elenchi da qualche parte) e certamente fanno pensare.

Fanno pensare ad esempio a quale strategia di accoglienza si stia praticando, quali soluzioni siano previste, quali itinerari si possano offrire a questo fiume di persone che certamente non si fermerà. Quello che purtroppo ho osservato nella realtà è l’impietoso rimpallo di tante situazioni, cioé persone, che vengono spesso spostate e distribuite, senza un vero progetto. Nel frattempo si rallenta il processo e si cerca di bloccare questa deriva.

Nel luogo in cui mi trovo adesso, qui a Melilla, le cose sono completamente diverse. Dopo la pandemia e dopo il tragico “incidente” del 2022, i flussi sono praticamente scomparsi, cioè, hanno cambiato direzione e qui in città non si vede praticamente nessuna presenza migrante.

Pochissimi gli africani sub-sahariani di passaggio; nel nostro Centro Fratelli attualmente ne abbiamo uno solo, proveniente dalla Costa d’Avorio. Eppure il centro CETI di Melilla (centro temporaneo per gli immigrati) risulta pieno, con più di 160 presenze, ma si tratta quasi completamente di sudamericani che cercano in questo fazzoletto di terra una soluzione più rapida per la loro richiesta di asilo!

Il totale degli sbarchi in Spagna di quest’anno supera i 30 mila, e già dal primo trimestre evidenziava un calo di oltre il 36 % rispetto all’anno precedente ma il problema si fa sentire quasi esclusivamente nelle isole Canarie, non nel resto del paese; alcuni dati i possono trovare su questa pagina del Consiglio Europeo.

E così, tra una guerra e un rigurgito di attacchi nella zona del mar Rosso, una costellazione di stati Africani che confermano le tante crisi presenti nel continente (climatica, demografica, guerre civili, derive dittatoriali) pensiamo che il problema si possa arginare. Le previsioni dell’Onu sono facili da rintracciare e parlano chiaro: dovremo prepararci ad un secolo nomade e le cause di spostamento sono chiaramente in crescita, mentre le destinazioni sono per il momento ancora le stesse, in particolare il nostro mondo occidentale.
Una bella scrollata per iniziare a riflettere in modo diverso su questi prossimi scenari diventa sempre più necessaria…

E che la luce splenda…

E che la luce splenda…

Mi ero quasi abituato, negli ultimi 4 anni, a festeggiare santa Lucia in modo speciale. Essere concittadino della santa siracusana è stato una bella occasione per approfondire meglio questa figura così antica ed emblematica.

E il perdurare dei proverbi (S.Lucia, il giorno più corto che ci sia…è un refrain che ancora si sente) è indice di tanta storia, a volte sotterranea, che però talvolta trova occasioni per emergere. Quando racconto a miei vari alunni della riforma del calendario gregoriano nel 1582, molti rimangono stupiti che sia esistito un anno senza una decina di giorni sul calendario e che il semplice (!) calcolo delle ore comporti modifiche così impegnative sui ritmi della nostra vita.

“Girare” intorno al sole, come sempre ci sembra, ci tocca davvero da vicino, non serve nemmeno riprendere in mano gli strumenti del contadino per rendersene conto. E’ stato così anche per i nostri fratelli ebrei, che proprio nei primi giorni di dicembre festeggiano l’Hannukah, festa della luce.

Per l’occasione abbiamo accolto anche noi l’invito della comunità ebraica e partecipare così alla festa di accensione delle luci di Hannukah, che si è svolta a Melilla, ancora sotto l’emblema cittadino, uno sponsor laico ma molto attento ai temi del rispetto e della convivenza tra le culture. In quella serata, però, si è avvertita quasi la nota stonata dell’assenza ufficiale degli amici musulmani (qualcuno aveva sottolineato infatti la presenza del 75% delle comunità di fede locali). Comprensibile però, dati i tempi che stiamo vivendo e le tragiche vicende nella striscia di Gaza…

La nostra Comunità Fratelli anche per questo aveva pensato, da un po’ di tempo, ad un momento di preghiera inter-religiosa che fosse svincolato da qualunque riferimento pubblico o politico. A nostro favore gioca ovviamente il fatto peculiare di avere, tra i molti alunni della scuola lasalliana, una rappresentanza ben evidente di tutte le fedi. Così avevamo iniziato a diffondere l’invito per un semplice momento di preghiera, rivolto alle quattro comunità presenti.

L’incontro, molto semplice, si è svolto nella serata del 14 dicembre nel grande salone della scuola (e per il sottoscritto era già un regalo speciale). Una coreografia minimalista ed essenziale, per dare spazio e protagonismo ai 3 libri delle grandi religioni monoteistiche, intronizzati con una suggestiva processione-danza realizzata da alcuni alunni della scuola. Inizialmente avevamo qualche dubbio sulla partecipazione (“verrà qualcuno?”), ma diffondendo l’invito anche tra le tante persone che gravitano intorno al Progetto Alfa, ben presto ci siamo resi conto che non ci sarebbero stati problemi. Avevamo stampato una 30ina di copie della celebrazione, ma poi abbiamo dovuto invitare a condividere il foglio almeno col vicino, perché non bastavano proprio.

Nella preghiera è stato lasciato uno spazio libero alle diverse fedi, con un momento di lettura dal rispettivo testo sacro e un breve commento. Anche il semplice ascolto della declamazione nella lingua originale dei testi invitava ad una maggior riflessione (per noi cristiani l’utilizzo della lingua normale a volte può favorire una certa distrazione, quasi una sorta di insignificanza). Poi la musica, linguaggio interculturale per eccellenza: un canto di ingresso (il suggestivo Dall’aurora del Genrosso che ha come testo il salmo 62), l’Alleluja di Cohen e il brano Solo le pido a Dios cantato in 3 lingue (spagnolo, arabo ed ebraico). Niente di più. A nostra insaputa c’era anche qualche giornalista... e il video è sufficiente a narrare l’evento.

E’ stato bello e semplice condividere il tempo insieme, nel silenzio e nell’ascolto, nello scambio di saluti e di sorrisi, nella consapevolezza che le differenze ci sono, ma non sono la cifra più evidente della nostra vita. Potrebbe essere un’iniziativa da ripetere, da replicare altrove… basta solo un pizzico di buona volontà.

Fosse anche una metaborgatara…

Fosse anche una metaborgatara…

Sono partito da Siracusa da ormai 4 mesi, ma per i ricalcoli del web ogni tanto le notizie che mi scorrono in prima pagina inseguono ancora le vecchie impostazioni. Così ieri mi è capitato così di rivedere immagini note, ma con un titolo che non mi aspettavo. Riguarda una piccola campagna di sensibilizzazione per il progetto Metaborgata, che si sta svolgendo proprio a Siracusa, e proprio nelle zone che fino a poche settimane fa erano anche le “mie zone” di vita quotidiana.

Il titolone di Repubblica era di quelli più orientati ad agitare le acque che a progettare un futuro migliore, ma sappiamo bene che questo è spesso il piglio normale dei giornali: polemica tra Curia e associazioni…, grosso modo il testo dell’articolo riprende quello pubblicato dalla testata locale di Siracusanews e anche da Siracusaoggi. Logico che il passaggio dalla ribalta locale a quella più ampia del paese intero può contribuire ad alimentare malintesi e l’inseguimento di qualche polemica. Il tutto a meno di una settimana dall’inizio dei festeggiamenti per s. Lucia, gesti antichi che ancora, dopo l’arresto prolungato a causa della pandemia, faticano a riprendere con il ritmo consueto della tradizione.

E l’importanza grande di s. Lucia si avverte quasi più al di fuori della Sicilia che dal suo interno. Caravaggio in un paio di mesi ha realizzato un quadro che ancora oggi, dopo secoli, desta ammirazione nella basilica a lei dedicata; poche chiazze di rosso luminoso, e una composizione insolita riescono a narrare un’esperienza che ha valicato i secoli. E ricordo amici delle valli bergamasche in attesa dei doni che la santa portava, sulla groppa del suo asinello proprio nella notte del 13. Per non parlare dei festeggiamenti svedesi, dei problemi di calendario che ne avevano consolidato l’importanza (il giorno più corto…). E’ una cornucopia di tradizioni e narrazioni.

Continuando nella lettura dell’articolo, vedo poi che trovano ampia eco le parole di Viviana, una delle promotrici del progetto, con il quale abbiamo direttamente collaborato. Avendo vissuto queste cose dal loro interno, la percezione che ne ho adesso, complice il distacco ormai completo e la lontananza, possono favorire alcune riflessioni.

Le immagini in questione erano già state diffuse da tempo e nelle attività svolte in piazza (sopra ho riportato alcune immagini dell’evento che si era svolto nel dicembre del 2022) lo scopo di creare appartenenza e collegamento tra le varie comunità era evidente; la scelta di questo messaggio simbolico, faceva leva proprio sul ruolo di un personaggio così emblematico e caro a tutti i presenti, ne avevamo anche noi una, nella nostra sede e ogni tanto ci veniva in mente di collegarla con l’altra immagine che avevamo scelto per accogliere le persone che ogni giorno entravano da noi, presso il centro CIAO.

Si tratta delle riproduzione della Madonna di Loreto riprodotta qui a fianco, realizzata dalla pittrice M. Gallucci, che avevamo contattato per poter inserire nel nostro ambiente questo simbolo che ci aveva immediatamente colpito. Tante le persone che coglievano in questa immagine un messaggio chiaro di accoglienza, di fragilità, di evocazione di un dramma con il quale molti, troppi, avevano a che fare. Senza nessuna polemica, perché di volti simili ne entravano ogni giorno, ciascuno con un differente carico di angosce e difficoltà.

Mi auguro semplicemente che l’impegno concreto di tanti e la buona volontà di tutti quelli che vedono in s. Lucia un esempio da seguire e non solo una tradizione da perpetuare prenda il sopravvento su questi incidenti di percorso.

Certamente, a volte la comunicazione si arrotola su piccoli corto circuiti, si informano prima gli amici, le associazioni che tanto sappiamo bene sono impegnate a lavorare senza badare troppo alle didascalie delle immagini, senza nemmeno badare troppo alle immagini, che per altre sensibilità possono risultare un po’ spiazzanti; forse coinvolgere fin dall’inizio i francescani della basilica (che dal 1600 vivono con dedizione questo impegno)… ma è anche vero che la realtà di oggi è notevolmente diversa da quella di un tempo, fosse anche solo il tempo di pochi decenni fa.

Oggi Siracusa, una città demograficamente in calo rispetto agli inizi del secolo, conta circa 116mila abitanti e gli stranieri residenti sono in discreto aumento, rappresentano praticamente il 5% del totale e corrispondono ad oltre 5.000 persone. La comunità straniera più numerosa è quella che proviene dallo Sri Lanka con il 23,7% di tutti gli stranieri presenti (e si tratta in gran parte di persone di religione cattolica), seguita dal Marocco (14,3%) e dalla Romania (8,0%). Meglio conoscerli i numeri, altrimenti si rimane sempre un po’ troppo sul vago, a questo link si possono scoprire altri dati in proposito.

Il 13 dicembre non è lontano, in quei giorni la piazza brulicherà di gente; da sempre le piazze sono luogo di incontro e di eventi, ricordo ancora quelli svolti pochi mesi fa per il conflitto ucraino e sappiamo bene quanto siano lunghe certe strade. Ci auguriamo di poter continuare a percorrere insieme questi sentieri sapendo che a volte può essere un po’ difficile e problematico. Come la vita, d’altronde.