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Categoria: religion

Scampia non è un luogo comune…

Scampia non è un luogo comune…

Domenica scorsa ero stato invitato a Scampia perché una “vecchia” conoscenza, suor Edoarda, festeggiava i suoi primi 50 anni di consacrazione religiosa. Per chi non bazzica conventi è un po’ come un cinquantesimo di matrimonio, ma senza le suocere, il bouquet,  le nuore indaffarate e altre cose del genere: di nipoti e amici, invece, tantissimi.

Sr. Edoarda insieme alle sue consorelle e in stretta collaborazione con i fratelli delle Scuole Cristiane, vive da anni a Scampia; si occupa della gestione della “Casa dei Mille colori”, una sorta di scuola materna e dell’infanzia che accoglie gratuitamente i bambini della zona e siccome il campo rom è praticamente al fianco di questa struttura, ci sono anche loro.

Dopo la messa nella chiesa dei gesuiti (l’architetto che ha realizzato questa specie di bunker semisotterraneo meriterebbe per lo meno di abitare in queste zone, dove il bruttume spopola!) siamo andati in molti a festeggiare e condividere il pranzo. Quasi 3 ore di conviviale alternanza tra portate stuzzicanti e chiacchierate mai banali con le tante persone convenute. E’ vero, Scampia si trascina dietro una valanga di considerazioni, luoghi comuni e problemi immani, ma è anche indubbio che in queste situazioni si scoprono persone davvero uniche e capaci di un impegno e una attenzione straordinari.

Come fr. Raffaele che da anni prosegue nella sua attività a sostegno dei rom della zona, fr. Enrico che raggruma volontari presso la sede di casa Arcobaleno, un centro polifunzionale aperto ai giovani del territorio, e tanti altri che si danno da fare perché ai problemi venga offerta almeno una soluzione.

Perché credere che le cose possano essere tollerate così come sono, senza quasi la possibilità di reagire, offrire un’alternativa o una possibile soluzione, è veramente intollerabile.

Ecco alcune foto di questa giornata

il canto del Gallo…

il canto del Gallo…

sto leggendo il libro “Vivo e vegeto”, che riporta gli interventi di numerose persone come estremo saluto a don Gallo, recentemente scomparso.

Ricordo lo scorso anno, ero sceso col treno a Genova Principe e volevo andare a visitare la chiesetta del Gallo, poco lontana dalla stazione. Avevo persino cercato le indicazioni su Google e mi ero divertito un po’ a guardare su Street view il percorso… quella chiesetta mezza nascosta, a ridosso di un parco che d’estate ospita un cine all’aperto, quasi all’inizio della zona storica  e vecchia di Genova, chissà quante volte, nei lunghi anni del mio soggiorno genovese, era capitata nei miei percorsi.

Ma non avevo calcolato bene gli orari e per la messa ormai era tardi. Vabbè, sarà per un’altra volta.

Questa altra volta c’è stata solo sulla carta, sulle parole dei libri di don Gallo, nei desideri.

Profonde e toccanti le pagine di alcuni amici del Gallo: mi sono fermato soprattutto sull’intervento di Moni Ovadia (il “padre spirituale” del don, niente male, un ateo convinto ma di ceppo ebraico doc, una garanzia: Moni pur dichiarando la sua “non fede” non riesce a scrivere 2 righe senza citare almeno un passo della bibbia… averne, di questi “atei” rigorosi) e poi l’intervento di don Ciotti. Mi sembrava di sentirlo parlare dal vivo, con lo stesso entusiasmo per le cose vere che la vita ci offre ogni tanto, ogni spesso…

Mi piace allora riportare alcuni passi dell’esperienza di Moni Ovadia, si scopre sempre qualcosa di nuovo quando si cerca di capire ciò che la vita ci offre:

Ho incontrato il Gallo centinaia di volte. Ho diviso con lui pranzi, cene, chiacchiere, discorsi, militanza, palcoscenici… Con tutta l’enfasi di cui sono capace voglio testimoniare questo: non c”è stata una sola volta che non gli abbia sentito dire «la mia chiesa».

Nessuno pensi, e lo affermo sulla mia parola di ebreo agnostico, di scotomizzare dal Gallo e dalla sua memoria la verità del suo essere radicalmente un prete cattolico. Lo era autenticamente, e lo era nel senso più puro. Per questo poteva criticare la Chiesa, poteva vibrare di indignazione per le derive di certi suoi uomini, ma mai, mai, sarebbe uscito da quella che sentiva – con passione e dolore, ma anche con grande senso di appartenenza e identità – come la sua Chiesa.

lo lo rispettavo per questo, e l”unica volta che ho pregato in una chiesa è stato con lui. Sì, io, ebreo agnostico, ho pregato col Gallo. Una domenica dovevo andare a pranzo da lui, come facevo spesso. Andrea stava terminando di celebrare la messa, entrai in chiesa restandomene in fondo, ma lui mi vide con la coda dell’occhio e mi chiamò: «Stiamo per dire il Padre nostro». Lui e tutti i suoi parrocchiani si tenevano per mano stando in cerchio, e allora m’invitò: «Vieni qua, che tanto questa preghiera ha radici ebraiche e va bene anche per te››.

Andai serenamente a pregare. Perché? Vorrei spiegarlo entrando in profondità verso la radice del senso. Il Genesi, primo libro della Bibbia, comincia con la lettera B (beth), nella parola Bereshit: cioè in principio. E la B (beth) è il numero due. Quindi, in principio c”era il due: l”io e il tu.

Perché il principio è il numero due? Perché non esiste possibilità di esistenza senza l’altro.

Eclissi del sacro o aurora del cyberfeticcio?

Eclissi del sacro o aurora del cyberfeticcio?

Forse è tempo di intingere nuovamente la penna nell’inchiostro, o almeno la tastiera nel quotidiano…

Le scorribande quotidiane alla ricerca di news fanno parte di quelle abitudini che le persone un po’ allergiche alla tv e ai tg coltivano grazie alla rete. Così capita di imbattersi in cascate di idiozie e notizie perfettamente inutili. Mai più senza. Ma sono parole e spesso la curiosità si autoalimenta. Così oggi ho intravisto il video del campione di moto spagnolo che, quasi in versione flash-mob, ha creato un piccolio evento, alle 9.35, davanti alla splendida Sagrada Familia.

Niente di particolare: riprese accorte, ritmo calcolato, scorci della immaginifica costruzione di Gaudi.

Ma sembra quasi un cameo costruito con la perizia dell’artista: e a far da cornice rimane lei, la chiesa, le guglie e le statue che fanno da parterre, anzi, forse da parcielo. Come se un’icona così forte del sacro servisse ad avvalorare ancor di più l’effimero della tecnologia. Come se il sacro dovesse accontentarsi di questo ruolo da cornice.

O come se le persone e il pubblico, equipaggiato di fotocamere come un tempo di corone del rosario, debba limitarsi semplicemente a considerare queste realtà delle “cornici”…

le metafore insegnano, le metafore cambiano: e le cose?

le metafore insegnano, le metafore cambiano: e le cose?

la tecnologia traina il mondo, lo plasma, gli fornisce un nuovo vocabolario. Gli fornisce parole e contenuti; spesso ne cambia i significati. Un tempo la ruota era quella dei conventi, dove si potevano abbandonare i bambini nati fuori dal matrimonio… oggi deve per forza muoversi e richiamare un motore…

Il linguaggio della fede prende dal quotidiano: ma chissà quante parole hanno subito processi e metamorfosi che ormai ci sfuggono. Così ne cogliamo il senso, o almeno una parte, staccondolo dal contesto in cui è creato. E cosa succede quando nuovi usi delle parole ne cambiano il significato?

Il linguaggio informatico è zeppo di questi termini e di questi processi che possono cambiare almeno i modi di dire:

conversione: conversione di un file, di un formato…

salvare: un documento, un’immagine, fare un backup

cancellare: un file, una cartella

recuperare: un documento…

cercaretrovare…:

vederevisualizzaremostrare

Santasorella

Santasorella

se non è tutto oro quello che luccica, questo cosa potrebbe essere?

Uno "spot" per quella Santa "Valorizzare la patrona dei ceramisti"

Dopo aver visto l’immagine e averla scambiata (in disordine:)

  • per il gestaccio dell’ombrello in salsa conventuale
  • per una parodia delle sindacaliste liguri
  • per uno sbaglio di cappello da parte del disegnatore

uno si dedica almeno per una manciata di secondi alla descrizione dell’immagine e al progetto legato a questa promozione. Stimolare le persone al ricordo e alla valorizzazione di una persona sicuramente speciale…. Speriamo che non faccia breccia solo l’idea originale e che l’attenzione si sposti dal mezzo al bersaglio.