In questa settimana, con le nostre classi di seconda media proviamo a concretizzare un progetto che abbiamo presentato ai ragazzi da parecchio tempo. In collaborazione con il Presidio di Libera che da diversi anni opera nella nostra scuola, daremo spazio per far risuonare 3 nomi che la violenza insensata della camorra ha spento per sempre tempo fa. Effetti collaterali, li chiamano, incidenti di percorso; persone uccise quasi per sbaglio. Peccato che la violenza messa in atto non sia mai una “distrazione”, ma una volontà ben precisa, che lascia conseguenze spesso devastanti.
Nel contattare una delle persone, un familiare di queste vittime, vedo ancora che il suo profilo di Whatsapp è semplicemente la foto del fratello, ucciso “per sbaglio” quasi 10 anni fa. Un dramma che il tempo non può cancellare, un ricordo che rimane indelebile. Con i ragazzi vogliamo fare semplicemente questo, uno “sgarro” alla Camorra che tratta la vita e le persone in modo così superficiale da far credere che una vita sia poco importante, un numero o poco più. Nient’affatto, le persone valgono, la vita vale e questi nomi vogliamo pronunciarli, ripeterli, ricordarli.
Alcuni mesi fa abbiamo contatto il referente delle vittime innocenti di mafia, il nostro amico Bruno Vallefuoco, che ci ha segnalato 3 persone vicine al nostro territorio, Cardito, Castel Volturno, Napoli. Purtroppo la scelta non è difficile. Quando l’associazione Libera ha iniziato a ricordare questi innocenti, ormai più di 20 anni fa, l’elenco di persone non superava i 300, oggi sono più di 900 i nomi che ogni 21 marzo, festa della primavera e festa della vita che continua, vengono proclamati in pubblico, per ricordare queste persone e restituire almeno uno spazio pubblico alla loro vita.
Con i ragazzi delle classi seconde ascolteremo questo testimoni, abbiamo già approfondito e iniziato a conoscere queste persone (le informazioni le abbiamo prese dall’archivio di Libera, a questo link) ma vogliamo con questo gesto sottolineare e dare importanza alla vita di queste vittime, un piccolo segno di attenzione e di impegno personale. Una piccola rivincita contro l’insensatezza della violenza. Qui sotto la scheda che abbiamo trsmesso ai ragazzi, con le notizie su questi 3 personaggi
ma vogliamo con questo gesto sottolineare e dare importanza alla vita di queste vittime, un piccolo segno di attenzione e di impegno personale. Una piccola rivincita contro l’insensatezza della violenza. Qui sotto la scheda che abbiamo trasmesso ai ragazzi, con le notizie su questi 3 personaggi
poche volte capita l’occasione di incontri così speciali che poi li cataloghi nel risicato mucchietto del “questo valeva proprio la pena”. Il convegno di lunedì 1 aprile, presso il seminario di Napoli, con l’ambasciatore ONU Staffan de Mistura è proprio uno di questi.
La “colpa” è stata un po’ del rettore del Seminario, l’amico gesuita Francesco Beneduce (con il quale abbiamo condiviso diversi incontri con la Fidae, a proposito di scuola cattolica); dopo aver ricevuto l’invito e le locandine mi sembrava l’occasione ideale per rivederlo e sentire una persona che sul tema della Siria e dei conflitti internazionali ha molto da raccontare. Così con alcuni amici siamo arrivati nella splendida cornice del Seminario (scendere e salire per la zona di Posillipo ha il suo fascino!), pronti per ascoltare questo personaggio. E sarà che quando si parla di ONU si fanno spesso slalom verbali per evidenziarne limiti e problemi, ma forse vale la pena considerare anche i suoi indubbi vantaggi e potenzialità.
Il lungo intervento dell’ambasciatore si è articolato su molti fronti; dal riconoscimento del valore di una scuola formativa come quella dei Gesuiti (fa una certa impressione sentire che tra i suoi compagni di classe ci sono un certo Luca Cordero di Montezemolo o Mario Draghi!) alla scelta di un “mestiere” piuttosto insolito (ci ha confessato che “ma io volevo fare il pompiere”, persino Padre Pio gli dirà un giorno, profeticamente, “spegnerari molti fuochi”); poi è subito entrato nel cuore del problema, raccontando il suo impegno come incaricato Onu di mediare al tavolo del conflitto, affrontando ben 11 paesi in contrasto, rilevando l’impegno che era stato del Nobel Kofi Annhan e portando, dopo 4 anni e mezzo, se non proprio una pace, almeno una relativa pacificazione tra le parti.
Situazione complessa e spesso poco nota in occidente, dove le semplificazioni la fanno da padrona. Ci ha narrato i suoi incontri con le persone, le autorità, i dilemmi da affrontare, le sofferenze delle popolazioni e le crudeltà della guerra. Ha lasciato poi spazio alle domande, alle quali ha risposto con precisione e affabilità, nonostante la posta in gioco (cosa rispondere a chi mette in campo il conflitto tra Israele e i Palestinesi, o il ruolo dei grandi paesi come Russia e Usa, il problema delle armi che i pacifici paesi d’Europa vendono un po’ a tutti…). Ci ha insomma mostrato l complessità dei problemi in corso. E la dedizione di una persona speciale che li ha affrontati da una prospettiva etica e personale di chiara ispirazione cristiana. Bello sapere che il mondo può contare su tante persone di buona volontà, talvolta nel momento giusto al posto giusto.
Sono appena tornato (si fa per dire, giocavo in casa!), dall’incontro organizzato dall’associazione Minerva per la presentazione del libro Dove sei, di Alessandro Flora.
Si tratta di un libretto scomodo, racconta l’esperienza di un padre che perde la figlia di 9 anni, nel giro di poche ore. E deve farsi una ragione che da quel momento le cose cambiano profondamente. Lui è un ingegnere geotecnico, insegna all’Università di Napoli e da persona non credente rivendica un suo personalissimo percorso di senso in tutto ciò. Eravamo un bel gruppetto, perché la responsabile dell’associazione mi aveva chiesto di introdurre l’autore e il libro, visto che lei si sentiva, conoscendolo, troppo emotivamente ingarbugliata.
Così il libro me lo sono letto durante i giorni di Natale e all’inizio del nuovo anno. Un’esperienza toccante, seria, sofferta. Riporto qui semplicemente le domande che ho cercato di porgli, come filo narrativo per la serata, che poi si è trasformata felicemente in uno scambio di esperienze tra i vari presenti.
Dove
sei? Di Alessandro Flora, EDB
Associazione Minerva, 26 marzo 2019
Incontrare l’autore di un libro è
un’occasione ghiotta per andare al di là del testo, condividere un’esperienza,
ma l’esperienza narrata in questo libro è molto particolare; l’autore si
racconta, ci lascia entrare nell’intimità della sua vita, della sua famiglia,
per farci parte di un’esperienza che
nessuno di noi vorrebbe mai incontrare: la perdita di un figlio. Sara a 9 anni,
in un batter d’ali viene sottratta al padre, alla sua famiglia. Tutto sembra
crollare. Dopo un anno questo dolore si trasforma in un libro… come è stata
questa gestazione…?
Spesso ci lasciamo travolgere dalla vita e
dai suoi impegni, e solo quando ci cadono addosso macigni come questo cogliamo
veramente il peso e il senso della vita,
è proprio vero che non siamo mai pronti o preparati a situazioni del genere? E
la mia esperienza potrà essere un dono, un aiuto, una guida, per altri?
Tante le domande che ci piacerebbe
rivolgere, ma un libro così intimo ci obbliga ad entrare in punta di piedi, o
forse questo è un tentativo di seduta
terapeutica aperta, per rielaborare questo evento in modo pubblico, quasi
per obbligarci ad andare fino in fondo, avendo chiamato a raccolta tanti
testimoni? In questa epoca così social ma così rarefatta nei rapporti veri,, “raccontarsi”
aiuta veramente? O lo facciamo per obbligarci a riflettere, quasi un parlare a
noi stessi?
Quando tutto ci sembra crollare, solo una famiglia forte ci aiuta a superare
questi momenti, a rielaborarli senza perdere l’equilibrio; emerge nel libro un
forte ruolo della famiglia, degli affetti, della condivisione di un percorso. La
moglie e i figli grandi sono un punto di riferimento… Diamo sempre tante colpe
alla famiglia (noi prof, soprattutto!), ma senza questa presenza, come avremmo
portato il peso? Quanto è ancora importante la famiglia oggi?
Nel libro emerge fin da subito
e in forma seria il “senso ultimo”
o definitivo che la vita umana ha, o dovrebbe, o vorremmo che avesse. La realtà
narrata non consente sconti. O affronti questo tema o perdi il senso della tua
vita… Ma guardandosi intorno non trovi molta gente che si pone queste domande;
troppe volte ne facciamo a meno, forse si può vivere ugualmente? Cambia
qualcosa? E come?
L’uomo di oggi non accetta volentieri il
confronto su queste situazioni, trova anzi mille modi per eludere queste domande, e ovviamente anche tutte le possibili
risposte. Forse questa ricerca è un nostro tentativo di continuare un dialogo
con la persona cara ora assente, prolungare la presenza di chi ci è stato
tolto? Insomma, una forma di illusione per mitigare il dolore?
Nel suo percorso si è imbattuto in uomini di fede che hanno saputo, se non
dare risposte, almeno accompagnare in modo delicato nel dolore. Penso a don
Gennaro Matino, molto presente nel testo; in queste situazioni conta di più la
persona o il ruolo che uno riveste? Più l’uomo o il sacerdote?
Il tema
religioso traspare in filigrana, in questi momenti se cerchi veramente una
risposta non puoi eluderlo e quindi lo affronti con le capacità che ti sei
costruito nel tuo percorso di formazione. Ma in tante famiglie questo discorso
ormai riveste un’importanza marginale, una sorta di spazio per le tradizioni da
conservare… e poco più; in questo viaggio, che scoperte ha fatto al questo
riguardo?
Per chi ha il dono della fede queste
situazioni suscitano domande non meno lancinanti (anzi! Il “perchè proprio a me?”
sembra ancora più inevitabile), e sono altrettanto impegnative. Viene da chieddersi
se sul versante del semplicemente umano
esistono risposte soddisfacenti?E bastano?
Nel libro ci scappa una battuta sul dialogo
(strano per un prete), un tempo la cultura era quasi solo targata “cristianesimo”,
oggi siamo forse giunti ad un capolinea dove il religioso è quasi emarginato; speriamo
di tornare ad un dibattito più equilibrato; se ne vedono le premesse oppure
siamo destinati a restare su steccati contrapposti?
Dietrich Bonhoeffer assassinato nel 1945: aveva preso parte alle
cospirazioni antihitleriane. la sua colpa? Avere “detto la verità”.
Ma che cos’è, la verità? Ecco le sue parole (da Etica, uno dei libri capitali
del Novecento): «Dal
momento in cui impariamo a parlare, ci sì insegna che le nostre parole devono essere veritiere.
Che cosa vuoi dire? Che cosa significa: “dire la verità”? Che cosa ci viene richiesto? Quando la vita ci inchioda con la sua parola Fine, abbiamo solo bisogno della verità, e vogliamo dobbiamo cercarla. E’ questo che ha cercato, che cerchiamo?
Nella Bibbia incontriamo un uomo che vive
tragicamente l’assenza di un figlio, anzi, di vari familiari: Giobbe, un protagonista di primo piano
che però sembra accettare rassegnato che le cose avvengano; ma la fede non ci chiede rassegnazione, è
troppo poco. Come “ribellarsi” a certi modelli di fede?
E quasi alla fine diamo spazio anche alla piccola Sara: come sta andando avanti la fondazione Naposole, di cui si accenna nel libro?
Mi piace concludere con una sua frase che può
essere una preghiera, o una richiesta di maggior coerenza per chi si impegna a
seguire il vangelo: la fede dei
cristiani è la mia speranza. E’ ancora così oggi? Ma questo libro non è già
un segno di speranza …?
Martedì 19 marzo, festa di san Giuseppe, festa del papà, quanti appuntamenti. L’ultimo che si ricorda con particolare freschezza il nostro amico Peppino Cartesio, un Giuseppe anche lui, risale al giorno prima di 25 anni fa, il 18 marzo. Quella sera nella sua canonica di Villa Literno c’era anche don Peppe Diana, per festeggiare l’onomastico con i suoi amici preti.
Il mattino dopo, nella sua chiesa, alle 7:30 proprio prima di celebrare la messa, viene freddato dai colpi di un killer della camorra. Quasi un fulmine a ciel sereno; quasi. Prima di quel gesto la camorra non aveva mai osato tanto. Sarà l’inizio di un nuovo corso.
Questa mattina ci siamo incontrati con don Peppino, insieme a tutti gli alunni di seconda media della nostra scuola, per ascoltare direttamente da lui la testimonianza su questo personaggio scomodo e decisivo. Dopo un’attesa un po’ lunga (era impegnato proprio con la messa in ricordo del 25), ci siamo lasciati catturare dalle sue parole. E’ proprio diverso ricevere queste informazioni quasi in eredità piuttosto che leggerle in un libro.
Mi auguro che le sue parole, il suo documento (Per amore del mio popolo non tacerò), il suo esempio, la sua voglia di vivere in modo diverso in questa terra martoriata, facciano breccia in molti dei nostri ragazzi.
Che strano e che bello che ogni tanto anche i vescovi del nostro territorio (a Nord di Napoli e dintorni), si facciano sentire per parlare di cose urgenti e necessarie. Pochi giorni fa è arrivata questa lettera (dal sito della nostra diocesi di Aversa) che invita a condividere un gesto scomodo e che vuole essere di denuncia. Digiuno e preghiera. Il problema, anzi il dramma di fondo, è la situazione critica del nostro territorio. Dai continui fuochi che periodicamente vengono appiccati a depositi di spazzatura o infrastrutture che dovrebbero trattarli, all’incuria generalizzata che porta a considerare “normale” vivere in condizioni igieniche precarie e in ambienti segnati dal degrado e dall’abbandono.
Un’immagine fin troppo eloquente: la rampa per accedere all’asse mediano che si trova nei pressi del Carrefour di Mugnano, un biglietto da visita che viene inflitto a quasi tutti i cittadini di queste zone. E non mi dite che questo è normale :-/ la foto qui a fianco risale al 2008, ma la situazione di oggi è solo lievemente migliorata, in pratica la spazzatura è stata solo “cortesemente” ammucchiata sui bordi…
E’ per questo, e per tante altre ragioni, che anche la nostra Comunità e Scuola marista di Giugliano aderisce alla proposta dei vescovi che hanno proclamato per il 29 novembre una giornata di preghiera e di digiuno come forma di “pacifica protesta” e sensibilizzazione sul drammatico tema dell’ambiente e della custodia del nostro territorio, di cui siamo tutti, in differenti modi, responsabili. Ascolteremo insieme la lettera che hanno scritto per motivare questo gesto e sottolineare l’impegno di tutti i cristiani a rispondere concretamente a questa sfida. Come comunità marista che coinvolge tutte le varie componenti della scuola, aderiamo a questo invito e ci incontreremo giovedì 29 alle ore 19:30 nella Cappella dell’Istituto per un momento corale di preghiera.