Anche se a Melilla il clima è ancora dolce, l’estate… sicuramente è terminata.
Venerdì scorso, a dicembre inoltrato, la spiaggia era ancora un luogo dove andare a passeggiare, magari bagnarsi i piedi, qualcuno si azzarda anche col surf…
Avevo inaugurato una semplice consuetudine nell’estate appena trascorsa, ogni volta che andavo al mare prendevo una conchiglia come segnapunti, o segnaposto
Adesso la collezione 2024 è decisamente conclusa, non ci saranno altre conchiglie da aggiungere. Le ho contate, sono più di 30.
D’altra parte con oggi potrei quasi iniziare a dedicarmi alla… pensione. I 65 sono arrivati, ma mi piace ricordare questo passo del Piccolo Principe:
“I grandi amano le cifre. Quando voi gli parlate di un nuovo amico, mai si interessano alle cose essenziali. Non si domandano mai: “Qual è il tono della sua voce? Quali sono i suoi giochi preferiti? Fa collezione di farfalle?” Ma vi domandano: “Che età ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto guadagna suo padre?” Allora soltanto credono di conoscerlo.” Insomma, vado ancora in giro a collezionare farfalle…
Tra pochi giorni inizia la pausa di Natale, andremo “in continente”, o come si dice qui, nella “penisola” (guai dire che “andiamo in Spagna” visto che ci siamo giá… sarebbe una seria caduta di stile); strano, nemmeno in Sicilia c’è un’abitudine simile…
In pratica è stata la mia prima vera cittá spagnola, visto che proprio 20 anni fa ci ho passato quasi un mese intero, un po’ per iniziare a capire meglio lo spagnolo, parlarlo, infarinarmi un po’ di cultura iberica. Ho ripescato persino le mie “memorie” di quel tempo, quando le paginette web erano molto piúi spartane ed essenziali (tanto che non riesco nemmeno più a linkarle, dovrei rimetterci mano, ma non adesso).
Le cose che avevo scritto e vissuto erano queste… ero giá grafomane ad oltranza…
Eppure, dopo 20 anni le cose che ti rimangono nella mente, sono davvero poche. Un po’ perchè in quell’occasione avevo girato davvero poco per la cittá, non avendone grandi motivi; interessante però ricordarle e confrontarle con l’oggi che siamo diventati.
In questo sabato ci siamo dedicati solo alla visita del Castello e poi della Cattedrale, insieme alla nostra amica Chiqui.
Mi ricordo che ero salito al castello a piedi, dal Barrio della Magdalena, dove vivevo con la piccola comunitá di inserzione in quell’animato quartiere. Era gennaio, il fresco e l’umido della mattina si ricordano facilmente, ma del castello ben poco, visto che il Mirador era giá pronto, ma non si poteva ancora visitare il resto, che adesso invece è stato ristrutturato e ben sistemato.
Un castello che domina imponente tutta la cittá e la pianura vicina. Ovvio che gli arabi ne hanno subito fatto il loro centro di controllo, poi si passa agli spagnoli, dopo la Reconquista, per scoprire l’ultima tappa movimentata bisogna giungere fino al 1812, quando l’esercito francese riesce ad occupare questo maniero roccioso e in poco tempo lo modificano profondamente, costruendovi un ospedale e adattandolo alle loro esigenze. Quando poi vengono sconfitti riescono ancora ad avvelenare l’acqua della cisterna, ma per fortuna non riescono a far brillare le cariche disposte nei punti strategici. Sarebbe stato davvero un peccato perdere questo gioiellino difensivo, ora mite base per foto panoramiche e passeggiate mattutine.
Dopo il castello siamo scesi in cittá, appuntamento presso la cattedrale. Era ad aspettarci la nostra amica Chiqui, che periodicamente incontro, anno dopo anno (il momento piú interessante quando l’ho accompagnata, da Giugliano, a visitare gli scavi di Ercolano); è davvero speciale visitare un luogo importante seguendo le parole di chi, nel suo piccolo, fa giá parte di questa storia; lei che ha seguito i corsi del docente biblico di grande rilievo, tanto che gli hanno messo una targa vicino al suo posto nel coro, lei che ha seguito l’iter della riesumazione di un famoso vescovo della cattedrale, che per vari secoli (!) era rimasto sepolto in una… cassapanca di una cappella e ora, finalmente, interrato con la sua bella lapide, lei che fa parte degli “amici della Cattedrale”… Le cose acquistano un buon sapore, quasi di famiglia. E poi in questa cattedrale si conserva il Santo Rostro e allora la storia prende le ali…
Siamo saliti anche nella parte alta della cattedrale, il corridoio che la contorna dopo la prima serie di colonne, uno spettacolo soprattutto per gli scorci che regala sulla cittá…
Torniamo a Granada in serata e nei momenti tranquilli ho modo di immergermi ancora una volta nel caos di questa vorticosa città, incredibilmente affollata in questi giorni di ponte festivo.
La domenica mattina, in attesa della comunità marista che rientra da Cartagena, io e Ventura, come ormai spesso capita, ci mettiamo ai fornelli, per un pranzo in diretta, un po’ di patate al forno, fettine di lonza e soprattutto un po’ di spaghetti allo scoglio diventano il nostro gesto di riconoscenza per l’accoglienza ricevuta in questi giorni. E alle 13, visto che la scuola marista celebra la festa dell’Immacolata, siamo tutti invitati alla celebrazione e riesco anche a rivedere Rosa, un anno dopo l’ultimo saluto, quando ancora aspettava la piccola Fatima. Naturalmente poi arrivano anche il papá Omar e la piccolina, che ha quasi un anno (festeggia il 2 gennaio… giá marista in partenza!). E poi, sapendo che a Granada ci tornerò tra un paio di settimane, dopo Natale, lasciamo ancora un po’ di visite in sospeso…
Ripartiamo il lunedì, qualcuno in aereo e io, insieme a Jaun Antonio, torniamo in macchina, passando per Archidona (con la sua bella piazza a 8 lati, che peró qui si chiama ochavada, non ottagonale… !). Ci prendiamo un caffè in un piccolo locale che gronda di nostalgia franchista (libri, immagini, busto, berretti militari… incredibile!); ci imbarchiamo a Malaga e sul traghetto passiamo tranquillamente le 7 ore del viaggio, belli comodi e rilassati. Una pausa di relax davvero interessante…
Lunedì 25 e il martedì seguente ho partecipat all’undicesimo incontro di “Frontera Sur”, una riunione proposta dalla Confer (l’associazione che coinvolge le religiose e i religiosi di tutta Spagna, in Italia non abbiamo una cosa del genere, visto che ci sono ancora 2 associazioni, una per i maschietti e l’altra per le religiose…). Il luogo era quasi vicino alla mia Melilla, il Centro Diocesano di Malaga, con un semplice volo, a metà mattinata, ero già sul posto.
I partecipanti: eravamo circa una settantina, tante (forse la maggioranza) le donne. Buon segno… Per il saluto iniziale era presente anche il vescovo di Malaga, che è ormai in fase di cambio. Mi hanno detto che era un gesto significativo, in quanto nelle precedenti edizioni non era mai intervenuto. Buon segno anche questo.
Tra le realtà presenti, oltre a tanti membri di varie congregazioni religiose, anche molti laici impegnati con la Caritas, con il Jesuit Refugee Service, Giustizia e Pace, la Confer stessa. Nella scorsa primavera la Conferenza Episcopale Spagnola ha pubblicato una esortazione proprio sul tema della pastorale dei migranti. Abbastanza serrato il calendario degli interventi, lo scopo era soprattutto quello di far incontrare persone impegnate direttamente con il mondo della migrazione, conoscere alcune realtà, sentirsi tutti coinvolti in questo ambito di chiesa che vale certamente la pena considerare a pieno titolo una frontiera importante su cui essere presenti.
In questa situazione è quasi semplice notare e scoprire che le cose più interessanti, quando si parla di fede e di chiesa, spuntano davvero in questi territori difficili, complicati e spesso drammatici, dove la teoria lascia spazio al rimboccarsi le maniche, senza troppe elaborazioni teoriche. Il nuovo, l’inedito (mi sembra di usare le parole di Molari…) spunta davvero sui confini.
Tutti conosciamo i tanti miti e le narrazioni distorte che ruotano intorno alla migrazione, o per lo meno abbiamo gli strumenti per farlo, oggi più di ieri, ma sembra così difficile… e lo scenario che si osserva, in Spagna come in Italia, sembra molto allineato. Il fenomeno è soprattutto un problema, una emergenza, una deriva sociale e un coacervo di criticità. Anche sui numeri si riesce spesso a chiudere gli occhi e nascondere la reale portata di questo movimenti.
Ho ascoltato alcuni interventi interessanti, ho accolto la testimonianza dell’impegno di una comunità di Gesuiti nei pressi di Almeria, in un contesto dove la illegalità diffusa si affianca allo sfruttamento lavorativo, ho sentito l’esperienza di 2 giovani preti delle Canarie, residenti sulla piccola isola El Hierro, dove poco più di 7000 abitanti si sono trovati alle prese con altrettanti migranti, in costante arrivo (nel corso del 2024 le Canarie hanno accolto il flusso maggiore di immigrazione dall’Africa, con oltre 40mila persone) e senza molti spazi operativi: così i preti della parrocchia sono entrati nella Croce Rossa per poter dare una mano, intervenendo agli sbarchi, alla distribuzione dei primi aiuti, perchè tutto era ormai istituzionalizzato.
Ho incontrato anche volti amici, quello di Irene, conosciuta quest’estate proprio qui a Melilla, dove il suo gruppo di volontari era giunto per dare una mano, poi Juanba, responsabile dell’Hogar La Salle di Jerez, dove sono accolti giovani ex-tutelati (cioé neo-maggiorenni in cerca di abitazione e lavoro)- E un paio di italiani, Silvio, laico della Consolata e Fra Natale, un francescano calabrese che vive adesso a Tanger.
Intanto, prima di perdermeli, due link ad articoli di stampa pubblicati su questo incontro:
Il tempo qui a Melilla passa davvero veloce. Ero convinto di trovare spazi per ragionarci su, riflettere, raccontare, presentare qualche libro interessante, poi invece… la realtà è sempre più rapida delle buone intenzioni.
Ad esempio, domenica scorsa, era la giornata in cui si correva una marcia non competitiva per sostenere la ricerca contro il cancro; siccome quasi tutti i pomeriggi siamo coinvolti con le persone del Proyecto Alfa, che sono tutte donne musulmane, avevamo fatto un po’ di persuasione per invitarle a partecipare a questo evento pubblico, visto che spesso nella città gli “eventi” sono abbastanza divisivi e quasi vissuti in modo separato; gli spagnoli vivono i loro e il resto della città osserva e viceversa quando tocca alla folta rappresentanza marocchina. Ma visto che i marocchini in città sono una componente che ormai sfiora il 50% se non di più, ci sembra importante sottolineare e condividere questi momenti per viverli tutti insieme. La convivenza nel rispetto delle differenze è un po’ nel nostro DNA.
Così abbiamo invitato anche i nostri “ragazzi”, quelli che con il Progetto Fratelli incontriamo diverse volte alla settimana per momenti formativi, alfabetizzazione, discussione e dialoghi in lingua spagnola. Stiamo collaborando con i centri per minori della città e quasi ogni settimana ci sono delle new-entry. In questo periodo gli ingressi dei migranti sub-sahariani sono praticamente inesistenti (ormai da un paio di anni), mentre dalla zona marocchina lo stillicidio è persistente.
Come arrivano? Semplice, secondo loro, a nuoto! Passano dal mare della zona di Nador e finiscono sulle spiagge di Melilla; si tratta di poche unità, ma ne conosciamo già diversi (anche ragazze!) e siccome non masticano praticamente nulla di spagnolo, il lavoro da fare è proprio quello di introdurli non solo nell’ambito linguistico, ma soprattutto in quello di una nuova cultura, una società per molti aspetti davvero antitetica alla loro precedente esperienza.
Domenica mattina i ragazzi presenti erano solo 4, mentre negli incontri arriviamo anche a una dozzina, ma il numero non ci preoccupava di certo. Era una giornata di festa, sole splendente e passeggiare nella allegra confusione di Piazza di Spagna, punto di partenza e arrivo di questa manifestazione, era già interessante e gradevole.
Nel bel mezzo della folla abbiamo incontrato anche le bambine e le ragazze del centro della Divina Infantita, che durante l’estate erano il gruppetto più affiatato della nostra colonia estiva, tutte baldanzose del loro pettorale con il numero e il nome in bella evidenza.
Insieme a Jesus ci siamo soffermati a salutare i diversi amici che si incontravano, persone dell’Istituto, professori, volontari… fare una foto con le rappresentanti del Proyecto Alfa insieme a Farida (e Jesus a divertirsi a fare le boccacce sullo sfondo…), festeggiare gli atleti che tagliavano il traguardo, incitare i piccoli (che hanno aspettato sul filo della partenza per quasi un’ora…). Insomma, un modo interessante per passare la mattinata insieme.
Per concludere era previsto anche uno spettacolo nel teatro, ma siccome di domenica sono solitamente impegnato in cucina… ho salutato i ragazzi all’entrata del foyer, ben sapendo che per qualcuno di loro era la prima volta che varcavano la soglia di un teatro.
Inutile cimentarsi in un diario pedissequo di questi giorni estivi, si rischia di rendere il tempo sereno, così ampio e tranquillo, un appuntamento obbligato e allora, fine del relax. Ma in questi giorni di occasioni interessanti e piacevoli ce ne sono state davvero tante, bello ricordarne qualcuna.
Un po’ di mare; venire a Sanremo e non bagnarsi nel mare è un po’ come andare in India senza un’abluzione nel Gange o a Dublino senza tracannare una guinness. Noi abbiamo i nostri posti, la zona di Ospedaletti, il Byblos (ma solo perchè lì diventa meno improbo trovare un parcheggio, anche se poi la spiaggia, tutta sassi, è sempre un’impresa da equilibristi) e anche i 3 ponti, con le sue insenature ormai sabbiose e gradevoli. Coltivo anche la comodissima e semplice spiaggia dell’Imperatrice, ci andavamo già…nel secolo scorso, con amici, parenti, papà e mamma… insomma, un appuntamento quasi obbligato.
Altra tappa interessante, sui sentieri della Melosa: mercoledì 21 agosto, insieme a Paolo, mio fratello, siamo “evasi” dalle tante piccole faccende dei giorni senza orario fisso e ci siamo addentrati per la Valle Argentina, altro luogo mitico della nostra storia. Prima tappa Badalucco, poi in un paesino arroccato sulle colline che potrebbe benissimo aver ispirato Steve Jobs per il nome dei suoi device: Aigovo. Qui abbiamo persino trovato un gioco di bocce a disposizione delle folle di turisti 😉 partitella al fresco, al cospetto di un paio di asini intenti a brucare sul prato. Ovviamente ha vinto Paolo… Poi ci siamo diretti verso il colle della Melosa, proprio nei pressi del Rifuio, Da qui iniziamo a scarpinare senza una meta particolare, semplicemente camminare in montagna. Abituato ad Entracque, mi sento praticamente a casa, paesaggi simili, sassi simili, fatica identica… Abbiamo camminato per un paio d’ore lungo lo stradone, salutato una fontana senz’acqua (dal nome altisonante, Fonte Itala), da qui partiva il sentiero degli alpini che negli anni 30 hanno edificato fortini e caserme in vista del prossimo scontro con la Francia.
Giungiamo fino al Rifugio Gray, semi abbandonato, da dove si coglie un panorama splendido di questi monti liguri, non si vede il mare, ma lo si indovina… e qualcuno lo ricorda. Si vede invece benissimo la diga di Tenarda con il suo bacino artificiale, la riserva d’acqua di Sanremo e dintorni, bello pieno dopo le piogge abbondanti di questi ultimi periodi. Decidiamo così di scendere seguendo la scorciatoia tra i prati; in 45 minuti ritorniamo al Rifugio, adesso una bella birra fresca è la soluzione ideale per i tanti passi percorsi.
Riprendiamo la strada di casa, ma invece di ripetere il percorso del mattino ci dirigiamo verso Pigna. Sinceramente ho una meta nascosta che vorrei visitare, ma quando arriviamo al paese e iniziamo a girare tra i suoi caruggi (incredibile trovare in un angolo 2 enormi bobine di fibra ottica di Open Fiber! il paese è già praticamente tutto cablato!) e dopo aver ammirato il polittico del Canavesio nella chiesa principale, convinco Paolo a cercare anche l’altro spettacolare scrigno pittorico di questa valle; una serie di affreschi, sempre del Canavesio, che precedono di alcuni anni la splendida chiesa di Notre Dame de Fontan (la “sistina delle Alpi marittime”); purtroppo l’edificio è sacro, e pur telefonando alla guida locale (mi azzardo, si chiama Giorgio come me, ed è stato davvero gentile al telefono), ma sarà per un’altra volta.
Per oggi il giorno è già stato abbondante di sorprese e di regali.