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Pedalando a Siracusa…

Pedalando a Siracusa…

Ormai la mia esperienza a Siracusa si sta per concludere; a fine agosto si parte per altre avventure e quindi una bella tappa potrà essere archiviata e inserita nel calderone dei ricordi.

E quanti ricordi, quanti luoghi, quanti viaggi… quante pedalate!

Sto anche pensando a chi lasciare in eredità questa bella bici che in 3 anni è stata per tanti km fedele compagna di viaggi. Ricordo un anno in Brianza, a inizio secolo, quando ancora andavano di moda quei piccoli computerini di bordo col filo attorcigliato che calcolavano la velocità, il tempo, il percorso e i km totali; a fine anno il percorso totalizzato era di circa 800 km.

Poi ho perso la voglia di conteggiare tutto, ma poco fa, guardando il riepilogo di Koomot, l’app che ogni tanto utilizzo per monitorare i giri che sto facendo qui a Siracusa, ho visto che i soli viaggi documentati hanno superato i 1000 km. Non è molto in un paio di anni, anche perché la maggior parte delle volte uno inforca la bici e via, senza perder tempo ad attivare app e funzioni varie.

Non sto a contare le forature di gomme, le piccole riparazioni da Carmelo, il simpatico riparabici della Borgata, sempre cordiale e disponibile, i vari gadget utilizzati, dalla rovinosa rete portapacchi (un vero disastro, un giorno si è infilata negli ingranaggi e addio tutto!) alle diverse catene con lucchetti di sicurezza (uno è rimasto ancora attaccato, non so come, vicino ad un cancello della Questura, mi chiedo ancora come abbia fatto quel ragazzo a cui avevo prestato la bici a riuscire in un’impresa del genere), le luci a led (queste sì, indispensabili), i copri sellini imbottiti (subito scomparso chissà come e perché), i porta-cose che sembrano sempre utilissimi e poi lasciamo pure perdere…

L’ultima aggiunta? Un adesivo recuperato durante la marcia a Catania per l’evento 2022 “Aprite i porti”, quando andava di moda la frasi incredibile per cui i migranti erano un dettaglio trascurabile, anzi, un “carico residuale”. Bene, quell’adesivo lo tengo ancora, mi ricorda (ci ricorda) come tutti siamo di passaggio e, in fin dei conti, poca cosa.
Poca cosa però determinante.
Quindi pedala.

Ho persino radunato un po’ di foto in cui la protagonista è proprio lei, la bici e i tanti viaggi a Siracusa e dintorni.

Quante cose a luglio…

Quante cose a luglio…

Ho lasciato riposare queste pagine per tutto il mese di luglio, anche perché nel frattempo stavo coltivando le altre pagine che solitamente curo.

Luglio è di solito un mese impegnativo e anche questa volta le attività non sono mancate.

Nei primi giorni del mese abbiamo concluso una sorta di mini corso di approfondimento di italiano; interessante la coppia che ho potuto aiutare, un ragazzino egiziano di 13 anni e una signora iraniana di oltre 65! ma grosso modo entrambi sugli stessi livelli linguistici.

Mettere insieme esperienze così diverse è stato anche divertente e insolito perché di solito questi abbinamenti sono rari, ma possono essere di reciproco aiuto.

Un ottimo finale per questa esperienza è stata poi la serata che abbiamo vissuto insieme ai ragazzi delle 2 case di accoglienza di Avola (la casa di Salvo e la casa di Sara), semplici momenti di laboratorio creativo, pulseras, ritaglio… e poi giochi nel vicino parco della stazione. Anche in questo caso il gruppo era molto eterogeneo, e si andava dai bambini sui 4-5 anni ai neo maggiorenni. Per finire, una cena condivisa sulla terrazza della casa. Ci ha fatto davvero piacere incontrare una realtà dove si lavora concretamente e con entusiasmo all’integrazione dei giovani, molti dei quali appena arrivati da paesi lontani…

Poi abbiamo avuto il nostro campo estivo del Ciao, anche quest’anno nella cornice dello stadio De Simone, non mi dilungo perché di info ne ho già disseminate tante, ad esempio qui.

A metà luglio ho avuto una pausa significativa, un momento di ritiro ad Entracque (nel parco delle Alpi Marittime, basterebbe la location per sottolineare la bellezza dell’esperienza). Conosco questo paesino di montagna da tanti anni, ormai, dal lontanissimo… 1969, l’anno della luna; alcune cose sono rimaste ancora uguali e ogni volta che passo da queste parti, tra un sorso bevuto alle tante fontane del paese e una passeggiata sul ponte che balla… i ricordi sognano per conto loro. Indimenticabile anche la giornata in montagna, presso il lago del Vei del Bouc, un paesaggio che appare dopo una interminabile salita sui fianchi della montagna, un luogo ancora selvaggio e solenne, che fa bene agli occhi e al cuore.

Ma prima del ritorno a Siracusa la grande festa per i 100 anni di uno zio speciale, fr. Giuseppe, che ha coinciso anche con una grande festa di famiglia, persone, volti e suoni che almeno ogni tanto è bello vedere e risentire.

Poi si torna qui in Sicilia, rimanendo ovviamente ingolfati nel caos dell’aeroporto di Catania semichiuso per l’incendio di metà luglio, quindi voli deviati tra Comiso e Trapani, il gran caldo che ha costretto persino a qualche giorno di sospensione per le attività coi bambini, quindi la gita in barca e poi il gran finale del campo estivo, le feste in piazza e poi i saluti allo splendido gruppo delle 3 volontarie spagnole, Maria, Anabel e Silvia accompagnate da fr. Iñigo che ci ha dato una mano notevole nella conduzione delle attività di quest’anno.

Ora arriva la calma? Non ancora 😉

Luglio si conclude con un concerto di alto livello, al teatro greco: Zucchero. Anche nelle vesti di volontario della CRI la musica si sente, eccome!

Poi, con agosto ecco iniziare una settimana di vacanza molto particolare con mio fratello Massimo e Iñigo. In pochi giorni si cerca di far vedere e assaporare le tante cose belle che qui non mancano proprio, dal mare del mattino (il nostro appuntamento all’alba presso lo sbarcadero) ai panorami della riserva di Cavagrande di Cassibile (che non sfigura per niente con i panorami di Entracque), una bella passeggiata per la via principale di Noto, le esplorazioni di Ortigia, il suggestivo momento di visita e riflessione delle catacombe di san Giovanni, quello Strepitus Silentii che sempre coinvolge e lascia il segno in modo indimenticabile.

Il tutto vissuto in chiave fraterna, in una comunità stranamente composta, per questa settimana, da soli fratelli maristi, mentre gli altri si trovavano a vario titolo impegnati per la GMG di Lisbona.

A pensarla bene, la vita, è una miniera di occasioni, da non perdere e da vivere in pienezza

Aria di quiete…

Aria di quiete…

In effetti, andar per cimiteri a Siracusa non dovrebbe rappresentare una cosa inconsueta. A guardarla dall’alto è un aspetto che molti ignorano, ma quando si scava il parcheggio del Lidl ecco spuntare una necropoli, proprio all’inizio della zona del tribunale si stende una sterminata zona di tombe e fosse a cielo aperto, tanto che qualcuna è rimasta intrappolata nella banchina che divide i due sensi di marcia!

Ci sono ristoranti con tombe incorporate, un Santuario che conserva nella sua cripta un ipogeo bizantino e relative camere tombali greco-romane (e qui stiamo gettando sale in mare), balze akradine che rigurgitano grotte e tombe, una via dei sepolcri proprio sopra il teatro e per chiudere in bellezza la seconda rete di catacombe cristiane del mondo, dopo Roma. Insomma, di tombe non ne mancano.

Abbiamo persino un angolino del parco del museo Paolo Orsi adibito a cimitero “dei gentili” (quando ancora i non cristiani o gli atei dichiarati non potevano essere sepolti nei cimiteri normali), così per chi vuol capire come mai via Von Platen ha questo strano nome, basta leggere la lapide…

A dire il vero volevo esplorare la zona oltre il cimitero di Siracusa, che si trova su una delle strade di ingresso principale della città; confina proprio con la balza di Epipoli e già in antico questa era zona di sepolture; ma costeggiando il bordo del cimitero ci si ritrova bloccati e non è possibile risalire la collina. Per questo ho proseguito in bici e subito dopo il centro di depurazione acque ecco comparire lo spazio verde ed ordinato del cimitero di guerra.

A questo punto pensavo di visitarlo con calma e magari soffermarmi un po’, leggere qualcosa, trovare un angolino suggestivo lontano del rumore del traffico.

Così entro, il cancelletto aperto e basso è già un invito. Subito si rimane colpiti dall’ordine, la tranquillità e il nitore del luogo; le lunghe schiere di croci quasi plotoni di soldati ormai quieti e rassegnati al riposo, il praticello verde curatissimo e appena rasato, che invita proprio a non calcare in modo indegno questo prato; togliersi i calzari diventa quasi un imperativo biblico, per riconciliarsi con la terra.

C’è solo un piccolo, disastroso, elemento a dar fastidio. Siamo proprio a ridosso del centro di depurazione acque di Siracusa e l’odore che pervade l’intero cimitero è talmente fastidioso e forte da restare con forza in prima linea, rinviando tutto il resto a contorno quasi secondario. Difficile quindi permanere in questo luogo senza sentirlo come mantra assordante e quasi insostenibile.

Passeggio per l’intero giardino, curato in modo ineccepibile, leggo alcune delle tante lapidi, mi soffermo soprattutto sull’età dei giovanissimi soldati, 21 il ritornello ossessivo… ma le narici impongono di proseguire. Noto che nella zona a sinistra dall’ingresso sono numerose le lapidi di soldati sconosciuti. Torna il mente l’ossario di Redipuglia, con il suo milite ignoto e l’unica donna ivi sepolta, ricordo ancora i ragazzini delle tante gite scolastiche accompagnati in quel dizionario dei cognomi italiani che quasi tutti erano in grado di abbinare al proprio…

Mi colpisce poi l’affermazione che l’assalto sferrato dagli Alleati in Sicilia, nell’estate del ’43, sia stato persino più massiccio di quello compiuto quasi un anno dopo in Normandia, almeno, così recita la targa che si può leggere (ingrandendo la foto dovrebbe essere fattibile).

Comunque restano i numeri di questi ospiti del cimitero, il terzo presente in Sicilia di questo tipo (e incredibilmente in tutto il mondo sono più di 20mila!)

Chissà cosa avrebbe risposto Buzzati ai due visitatori dello spazio in uno dei suoi surreali racconti, che chiedevano “come mai tenete tanti campi con delle croci tutte belle in ordine, come fossero dei vivai…”

Mi torna in mente anche un altro suggestivo cimitero di guerra; in Trentino, poco lontano dal paese di Lavarone, proprio vicino alla linea tedesca della Strafexpedition; anche qui il luogo richiama ora alla calma e alla pace, dopo essere stato a lungo teatro di tragedia e dolore immane (ma oggi bastano le immagini dei telegiornali per farci capire come siamo ancora, se non peggio, agli stessi livelli di allora).

Un bosco silenzioso, un prato morbido, uno sfondo di vite tranciate…

E queste sono le immagini del cimitero della Seconda guerra mondiale in Siracusa

Qui, invece, uno sguardo al cimitero di guerra di Slaghenaufi, presso Lavarone (TN)

Perdersi alla fonte Ciane

Perdersi alla fonte Ciane

Sabato pomeriggio di metà giugno, un rapido momento di relax. Si prende la bici e si esce da Siracusa; lungo la strada già si prefigura il sollievo di riuscire a sgusciare nel traffico, perchè l’altra corsia è già completamente intasata e sono solo le 4 del pomeriggio. Ma si sa, l’estate incombe.

Macchine e inquinamento fino al ponte dei 3 fiumi (in realtà uno dovrebbe essere un canale, ma trovare 2 fiumi diversi che sfociano nel raggio di pochi metri è sicuramente un record siracusano) qui quasi si affratellano l’Anapo e il Ciane. E dopo il ponte si svolta per togliersi dal caos.

Una strada dal nome quasi altisonante (Mammaiabica, chi era costei?), ormai affrancata da macchine e confusione. Si supera la ferrovia che sarebbe una fortuna per queste zone ma sembra solo un residuato di poco uso. E poi si prende il sentiero che costeggia il Ciane, per circa 2 chilometri di campagna.

Ci sono distese di grano, ormai maturo e pronto per il taglio, uno spettacolo insolito. Poche settimane fa ero tutto ancora una coperta di verde fresco, ora le spighe iniziano a pesare sullo stelo. Pochissimi gli incontri lungo il sentiero.

Fino a raggiungere la sorgente di affioro del Ciane; sono zone carsiche quelle del siracusano, chissà veramente da dove arriva l’acqua di questo corso. Ancora una volta la passerella che conduce al cuore del papireto è semidistrutta, in 4 anni l’avrò vista ricostruire almeno un paio di volte e sicuramente il tempo è la causa principale.

Sfidando pattuglie di zanzare mi àncoro al tronco adagiato di un eucalipto e come al solito prendo il tablet per leggere in serena tranquillità. Oggi è il giorno di Bobin, di Pia Pera e il suo splendido “Al giardino ancora non l’ho detto”… poi da lontano un cane, abbaia, si avvicina, perlustra.

Entra nell’acqua, felice per il refrigerio, scodinzola, ma non è che l’avvisaglia. In breve si avvertono le campanelle, un suono antico, di gregge in passaggio, ecco sbucare le pecore in grande raduno. Insolito abbinarle ai luoghi di Siracusa, ma qui siamo ormai in aperta campagna.

Il piccolo esercito in tuta di lana si avvicina all’acqua, si consolida sul fosso e inizia a bere, sgomitano, si fanno largo, si spingono; alcune pecore si azzardano a superare il rivo, si avvicinano, la mia bici è ormai in ostaggio al gregge. Ma vanno veloci, dietro le insegue il pastore, persino una macchina di supporto. Sfilano rapide, continuando a bere e cercando spazi di ristoro.

In breve, come sono comparse, ritornano nel silenzio, nel verde, nel sentiero. Momenti bucolici avvolti dai papiri…

Tutte qui, le altre pecore

Finalmente il castello Eurialo

Finalmente il castello Eurialo

Sono ormai da 4 anni qui a Siracusa e finora tutti i tentativi per visitare il castello Eurialo sono andati in fumo, vuoi per le chiusure incomprensibili, la pandemia isolazionista, la mancanza di fondi regionali, ecc. ecc. L’ultimo tentativo a fine maggio era sfumato per un’allerta meteo! Ma finalmente questo sabato 3 giugno sono potuto entrare nei sacri recinti del castello, complice una lodevole iniziativa del Siracusatour.

L’idea di un giro in solitaria l’avevo già tentata in precedenza, ma il parco che racchiude il castello è davvero enorme e non avrebbe molto senso visitarlo senza una qualche guida, perché il degrado del tempo è stato davvero notevole, soprattutto per la parte esterna e non è per niente facile raccapezzarsi o comprendere i vari elementi. Anche perché, come ci ha riferito la guida, a fine 1800 e agli inizi del 1900 molte delle pietre che gli spagnoli avevano tolto dalla zona del teatro greco (dopo il sec. XVI) per consolidare le mura di Ortigia, sono state riutilizzate nell’opera di bonifica della zona dei Pantanelli (un nome che rivela immediatamente la presenza delle malsane palude in quella zona); e tutta la superficie del castello brulica letteralmente di massi che un tempo dovevano costituire la possente sagoma del castello.

Ma non parlatemi di castello, il termine giusto sarebbe fortezza, ha esordito la nostra guida (che per ironia della sorte, o per fato, si chiamava proprio “Castello”). Qui siamo di fronte alla madre di tutte le fortezze, e anche dei castelli medievali e successivi. In tutta la Grecia antica non esiste un manufatto simile e forse soltanto a Selinunte c’è qualcosa di analogo. Da questa opera nasce l’idea di un edificio a difesa del territorio, con tutti gli attributi che nei secoli vi si sono condensati. Fossati difensivi? Qui ce n’erano ben 3. Ponte levatoio? Anche quello c’era… per non parlare dei camminamenti, dei falsi corridoi, dei trabocchetti mortali e delle segrete. E stiamo parlando di un’opera di circa 2500 anni fa, all’epoca in cui Cartagine stava erodendo l’egemonia marittima della Grecia. Per la nostra guida sugli spalti della fortezza dovevano essere posizionate anche alcune macchine da guerra di Archimede (e si è poi lanciato in una dotta dissertazione per ricordarci che gli specchi ustori probabilmente sono un’aggiunta posteriore e apocrifa alla leggenda del genio siracusano). Insomma, sentire la storia di questa fortezza equivale a ripercorrere un po’ l’intera storia di Siracusa antica, dal tiranno che l’ho fatto costruire (che poi tanto “tiranno” forse non era, visto che come premio ai lavoratori più solerti li invitava persino a pranzo a casa sua!) fino alle guerre che ha dovuto sostenere, a difesa della città siracusana. A quei tempi, prima della conquista romana, era decisamente la capitale della Sicilia, con i suoi 27 km di mura e le opere imponenti di cui era ricolma. Ma per tutti i dettagli è molto più esauriente la pagina di Wikipedia.

Insomma, il nostro folto gruppo ha iniziato la visita guidata proprio dalla zona dei fossati, percorrendo con calma il perimetro esterno, dove possibile, e quindi entrare proprio nelle viscere del castello, che è attraversato da alcuni cunicoli sotterranei interamente scavati nella roccia (uno di questi supera i 180 m di lunghezza!). Difficile immaginarsi come poteva apparire un tempo questa fortezza e l’organizzazione del giro aveva preparato una serie di fascicoli con le ricostruzioni ipotetiche dell’aspetto esterno; sul loro sito è visibile un suggestivo video che riproduce questo possibile scenario.

A conclusione del giro, l’organizzazione ha proposto un momento di ascolto, suggerendoci di spaziare con gli occhi e il cuore sul panorama incredibile che si può cogliere da questo luogo così strategico e al tempo stesso suggestivo (nelle giornate serene lo sguardo spazia dalla Calabria a Portopalo), facendoci ascoltare alcune righe di Edmondo de Amicis (proprio l’autore di Cuore), che nel 1908 ha pubblicato anche un libro di viaggi intitolato “Viaggio in Sicilia”:

Tramontava il sole: l’orizzonte era d’oro, le acque dei ponti d’oro, tutto quanto s’alzava sopra la terra e sorgeva dal mare disegnava le sue forme nell’oro. D’ev’essere stato un tramonto simile quello che fece dire al Carducci: Bello come un tramonto di Siracusa.

Sul sito di Antonio Randazzo è possibile visualizzare anche questa ampia presentazione della fortezza.

Ecco ancora il link per visualizzare la ricostruzione in 3D del (probabile) aspetto del castello Eurialo.

giugno 2023 – e da qui è possibile guardare l’album fotografico sul castello Eurialo