Del sale e di altri voli

Del sale e di altri voli

In questi giorni abbiamo avuto visite, di amici, parenti, anche solo di curiosi. Quando ci chiedono se a Siracusa ci sono luoghi interessanti da visitare sanno già che se chiedono a me inizio una tiritera promozionale non indifferente. Ormai, dopo 3 anni completi, la conoscenza del territorio è ben più che superficialmente occasionale e posso quindi indirizzare verso le mete più vicine alla sensibilità delle persone e si spazia facilmente dalla storia, la cultura, il paesaggio, l’ambiente, la natura…

Solo giovedì scorso siamo stati accompagnati rapidamente all’interno della cattedrale di Siracusa, da una preparatissima guida; contemplare quelle colonne massicce, ricordare che la cerchia interna (più grossolana, infatti non sono proprio colonne) era il recinto della cella sacra dedicata ad Atena (il tempio era stato innalzato come ringraziamento per la vittoria di Siracusa contro i Cartaginesi), che in epoca bizantina, quando il tempio viene trasformato definitivamente in chiesa cristiana e quindi salvato dalla distruzione viene modificata la direzione di ingresso (oggi si entra dalla parte che inizialmente era il fondo, il tempio si apriva in direzione del sorgere del sole, oggi invece ne ammira il tramonto), scoprire che nella cappella del Santissimo (dove si conserva l’Eucarestia) vi sono opere del Vanvitelli (l’architetto della Reggia di Caserta, tanto per dire…), che il ritratto del vescovo Zosimo è attribuito ad Antonello di Messina. Insomma, ce n’è abbastanza per chi si appassiona di arte.

Ma come dicevo, non c’è solo cultura; anche l’ambiente ha il suo peso, nonostante la tipica incuria che sembra marcare l’approccio siracusano al tema (è di questi giorni la notizia che la nostra provincia è anche la prima in classifica per quanto riguarda abusivismo edilizio). Preferisco allora sottolineare le cose gradevoli per stimolare ad un miglior rapporto.

Così sabato pomeriggio prendo la bici e mi dirigo verso una zona che conosco già discretamente, ma questa volta porto la fotocamera, non mi basta il telefono; punto verso le Saline di Siracusa, sperando di riuscire a cogliere qualche uccello migratore in modo più interessante. Fermo la bici subito dopo il ponte dell’Anapo-Ciane (incredibile come ci siano le foci di 2 fiumi diversi nello spazio di pochi metri, basterebbe questo connubio a motivare una piccola riserva ambientale, che sulla carta esiste, ma sembra totalmente dimenticata) e imbocco la strada che conduce al mare. Rimango subito piacevolmente sorpreso perché l’itinerario è stato da poco ripulito e allargato, si vedono le tracce dei pneumatici del trattore e soprattutto i tanti rami sporgenti sono stati tagliati, ora il percorso è veramente più adatto. La pioggia dei giorni scorsi è ancora ben presente e le pozzanghere sono abbondanti, il fango è di casa, qui. Ma senza difficoltà si giunge fino alla spiaggia, che purtroppo è uno spazio poco consigliabile, che rigurgita di sporcizia, rottami, plastica, reti, imballaggi… c’è praticamente di tutto. Ma nei laghetti che costellano la zona un po’ di movimento c’è. I primi uccelli li trovo, come al solito, appollaiati sui rami degli eucalipti che abbondano su questa foce. Sembrano avvoltoi in attesa di cadaveri e l’effetto è decisamente insolito, meno male che lo zoom della fotocamera fa il suo dovere!

E quindi mi dirigo su qualche sentiero della zona, cercando di non inzaccherarmi troppo, la zona è praticamente abbandonata e l’erba alta non facilita di certo. Dopo aver constatato che da questa parte si vedrebbe ben poco, decido di riprendere la stradda e andare verso il faro, nell’altra zona di ingresso, vicina al Lido Sacramento. So che l’entrata è un po’ rocambolesca (i cartelli di divieto che ricordano il pericolo di crollo sono ben arrugginiti ma ancora leggibili) ma forse dall’alto si può vedere qualcosa di meglio. Quindi altra pedalata e via, fino al faro. Proprio lì sotto ci sono le rovine di quello che doveva un tempo diventare il Museo del Mare, un edificio costruito a pochi metri dalla riva e già completamente distrutto dal tempo e dagli agenti atmosferici. Resta qui, con la sua curiosa intelaiatura di legno per il tetto (legno che poco alla volta viene tranquillamente utilizzato per focherelli locali e forse altro) e il suo cumulo di cemento, mattoni, soffitti, pavimenti: un inno all’incurio.

Subito dietro questo scempio ci sono alcuni sentieri, che percorrono le saline, costellati però di spazzatura, polistirolo, imballi di plastica; si riesce a malapena a penetrare per qualche decina di metri. E proprio lì, in fondo, qualche grande uccello si riesce ad intravedere, peccato siano veramente lontani e nemmeno lo zoom 40X riesca a fare giustizia dello spettacolo.

Insomma, la zona meriterebbe decisamente di più, il potenziale di visita è discreto e l’ambiente è suggestivo. Ma con il tempo che passa noto solo che il degrado non migliora, anzi, la casetta e il piccolo molo galleggiante vicino alla foce, proprio sotto il ponte, è stato completamente eliminato, la scaletta distrutta, il ricovero è costantemente aperto e offre riparo alla sporcizia del luogo, tra sedie e salvagenti affastellati. Ed è un vero peccato, perché di persone che vengono a dare un’occhiata ne incontro anche oggi, una giornata tutto sommato poco invitante.

All’orizzonte si staglia Siracusa, nella sua silhouette affusolata e lineare, una lama di città sul mare. Sarebbe uno spettacolo…

Ecco, come al solito, una carrellata di immagini delle Saline e di questi luoghi

Il fascino di Staffarda…

Il fascino di Staffarda…

Ogni tanto riesco a farci capolino, una sbirciata veloce, almeno un tentativo. Quest’anno è andata bene!

Lo scorso anno avevamo trovato tutto chiuso, forse perché era proprio il primo gioroi di gennaio, così questa volta ho controllato meglio. Mi trovavo a Carmagnola per un incontro e nel pomeriggio una scappata in direzione Monviso ci poteva stare.

Insieme a fr. Paolo e a Juan (da Cordoba con tutta la curiosità di un giovane prof di storia!) ci siamo così diretti alla volta di questo splendido luogo.

Ricordo ancora la prima volta che l’ho visitata, quando non era ancora inserita nei circuiti ormai standard delle visite “interessanti”. Eravamo ancora nel secolo scorso; tra le pubblicazioni un po’ underground era uscito (forse per Stampa Alternativa?) un libretto con un centinaio di luoghi insoliti da visitare. Staffarda era uno dei più quotati… E siccome ogni tanto ci si passava vicini, un bel giorno sono riuscito a visitarlo.

Non c’erano ancora orari di visita precisi o indicazioni chiare; arrivati nel piccolo borgo abbiamo trovato uns acerdote, forse il parroco del luogo, che ci ha fatto un po’ da cicerone.
O almeno, questo è quello che la memoria e la curiosità mi riportano alla mente. Perché se si trattasse veramente del parroco dovrebbe essere Carlo Peano, autore, tra le altre cose, di una curiosa guida a Staffarda. Guida che non sono ancora riuscito a recuperare in nessun modo… alternativo 🙂 e pensare che dopo un po’ di ricerche in rete, il libro che su vari altri siti è semplicemente quotato con il prezzo di copertina, 12 € più che oneste, adesso viene riproposto da Amazon alla stratosferica cifra di 1890 €…

Insomma, mi porto dietro l’impressione che la nostra guida fosse proprio lui, perché ha iniziato con entusiasmo a portarci all’ingresso della chiesa per farci osservare con attenzione i livelli delle due prime colonne (“Toh, è vero, una ha il basamento e l’altra no…”), poi, indicandoci col dito per mostrare il fatto, insolito, che nelle volte successive non si riuscissero a vedere in modo corretto i punti centrali, che dovrebbero essere invece ben visibili, poi l’approssimazione degli angoli (“Tranquilli, qui dentro di angoli retti ne troverete ben pochi… la perfezione appartiene a Dio, non agli uomini”), l’altezza dei capitelli, che apparentemente sembrano ben allineati sono invece tutti posizionati su livelli diversi (“E provate a chiedere ad un architetto che complicazioni comporti una cosa del genere….”).

Ricordo quindi che ci ha fatto osservare questi e altri aspetti delle tante e incredibili asimmetria del luogo; che i capitelli del chiostro fossero tutti differenti non era certo un problema, è un tema ricorrente in molti conventi; anche in questo caso l’unicità artistica richiama la capacità dell’uomo e la sua peculiarità. Oltre alla splendida chiesa si sono conservati in parte alcuni altri luoghi, la sala capitolare, alcuni magazzini, qualche sala adiacente il chiostro. Purtroppo la battaglia di Staffarda tra Piemontesi e Francesi del 1690 ha pesantemente influito sull’Abbazia, colpita, in parte distrutta e abbandonata a lungo. Il lento recupero di questo gioiello non è ancora completato, ma proprio questa sua caratteristica ha consentito che il borgo e tutto lo spazio adiacente non abbia subito particolari modifiche negli ultimi secoli. Il che è già un bel risultato.

Girando per gli spazi, in questo pomeriggio invernale e quasi gelido, avvertire quindi l’effetto che doveva fare un tempo il convento (dove oltre ai luoghi comuni l’unico spazio un po’ riscaldato era lo scriptorium), rende molto bene l’idea di come potesse essere, un tempo, il modus vivendi quotidiano.

Tra qualche mese torneranno poi, come è ormai consueto, i pipistrelli, che qui hanno uno dei loro principali luoghi di raccolta. Oltre 1200 chirotteri per non parlare dei nuovi nati. Un tempo lo strato di guano che si formava nelle stalle dove questa colonia si è ormai stabilita, diventava merce preziosa…

Nulla si perde di questo antico tesoro!

Qualche spunto di riflessione, reuperato in rete:

Ecco le immagini di questa visita a Staffarda – sabato 4 febbraio

I dati meteo del 2022

I dati meteo del 2022

Finalmente è arrivato anche l’inverno, un po’ di freddo, un po’ di pioggia, un po’ di nuvolaglia grigia.

Ho pensato allora di sistemate i dati della piccola stazione meteo che sta sopra il nostro tetto, giusto per fare qualche rapida osservazione. La tabella conclusiva di questo anno da poco traascorso è la seguente:

Un dato che sicuramente fa impressione, dopo le abbondantissime precipitazioni del 2021 (che erano praticamente il doppio della media annual degli ultimi 50 anni a Siracusa, una media che si aggira sui 500 mm di acqua) è la scarsità di pioggia di questo ultimo anno, poco più di 2/3 della summenzionata media. Numeri che sicuramente hanno avuto un forte impatto sulle attività agricole, sugli approvigionamenti idrici ecc. ecc.

Quando poi si leggono i report nazionali che piazzano la Sicilia in fondo alla classifica delle regioni attente all’acqua, con una dispersione in linea con il sud Italia, di oltre il 50% e praticamente il doppio del dato medio nazionale… si rimane alquanto sconcertati.

In effetti da quando sono in Sicilia non ho mai sentito parlare di progetti o finanziamente per affrontare questo problema. Ma la gente è rassegnata, ti dice che “siamo in Sicilia” e si tira avanti!

E se non altro abbiamo approfittato del tepore di questo inverno, che ha evitato a lungo l’accensioni del riscaldamento e dei condizionatori, visto che i freddo è stato abbastanza contenuto.

Quasi tutte le ultime domeniche, passando sul bordo esterno di Ortigia contemplavo le decine di persone in spiaggia a prendere il sole! Non meraviglia leggere in rete che Siracusa detiene anche il primato di ore di sole durante l’anno, con un recordo di 346!

Lo dicevo io che a Siracusa praticamente si vive in vacanza tutto l’anno 🙂

Dalla pagina dedicata alla stazione meteo è possibile scaricare anche il file excel con tutti i dati.

Quei giorni dopo Natale…

Quei giorni dopo Natale…

Niente da dire: la pausa natalizia di quest’anno è stata una occasione per visitare luoghi (e persone) davvero significativi.

Difficile documentare tutto con precisione e costanza, di cose da fare ne sorgono sempre nei momenti apparentemente tranquilli, ma sottolineare alcuni di questi momenti è doveroso.

Proprio intorno a Natale siamo andati con tutta la comunità marista di Siracusa a trovare i nostri “vicini” di Giugliano in Campania, approfittando così dell’opportunità di visitare con un po’ di calma quella splendida città che è Napoli: il centro, le stazioni della Metro, il Cristo velato, la zona dei presepi… e naturalmente gli amici di Giugliano, con una cena di natale in pieno stampo napoletano (con il pesce che sgusciava da tutti i piatti).

Poi il nostro campo invernale coi bambini di Siracusa e quindi una settimana di relativa calma, ma puntellata, qua e là, da alcune incursioni in luoghi ancora da esplorare: il paese marinaro di Brucoli, le saline di Priolo, la riserva di Vendicari, le rovine di Eloro. Insomma, qualche luogo di notevole interesse, tutte zone apparentemente minori ma che a ben vedere definiscono quel ricco patrimonio, naturale e storico, che questa zona di Sicilia (anzi, la Sicilia tutta) hanno come retaggio.

In particolare ho apprezzato la località di Brucoli e i suoi dintorni, che avevo iniziato a sondare via Internet perché mi sembravano proprio zone interessanti. E devo dire che ne vale la pena. Ci sono stato così 2 volte, la prima il 2 gennaio e poi sabato 13, tanto per sottolineare la piacevolezza del luogo. Tra le altre cose volevo capire se il santuario di Adonai, così poco documentato su Internet, poteva diventare una meta interessante per potenziali incontri, ritiri, momenti comuni di relax.

Il Santuario di Adonai: abbiamo incontrato il responsabile che gestisce questo luogo, don Palmiro. Un prete spiccio, che prende il decespugliatore e mette ordine negli spazi verdi, senza nessun problema; ci ha illustrato rapidamente la situazione attuale del santuario, un luogo bimillenario, probabilmente il più antico santuario dedicato a Maria di tutto l’occidente, visto che qui il termine “Maria madre di Dio” era utilizzato ben prima del concilio di Efeso che lo stabilì come dogma nel 431 d.C. Una immagine molto rimaneggiata che fa bella mostra di sè nella grotta che ha dato origine al santuario; la zona è ricca di tombe già utilizzate nell’epoca greca e forse anche prima, sia per la tranquillità del posto che per la sua scarsa accessibilità, visibile com’è quasi solo dal mare. Il santuario con la struttura di accoglienza si trova a pochi km da Brucoli, lungo la costa, verso Catania, nella località Gesira, una zona costiera ancora intatta e libera da abusi edilizi. Una piccola conca (quasi un canale) incassata nel terreno, ricoperta di vegetazione. Era diventato luogo di rifugio durante le persecuzioni, poi, dopo il IV secolo, lentamente abbandonato, insieme al quadro mariano che la tradizione attribuisce alla mano del futuro vescovo di Lentini.

Nel 1600 la riscoperta fortuita e la nuova rinascita del luogo, che diventa centro di eremiti, l’ultimo dei quali conclude la sua vita negli anni ’50 del secolo scorso. Nuovo abbandono del luogo (e relativo saccheggio) fino alla ristrutturazione degli anni ’90. Oggi è luogo di incontri, raduni scout, colonie estive ed escursioni di scolaresche. Quasi 60 posti letto e un panorama mozzafiato a fargli da cornice(con lo sfondo maestoso dell’Etna), insieme a necropoli e boscaglia tipica del mediterraneo. Un luogo da visitare, raccomandato. Ci torneremo a breve…

Brucoli: è un piccolo borgo marinaro, 2 casette e un paio di vie che lo percorrono, una serie di abitazioni basse, con numerosi quadri dipinti (quasi tutti dalla stessa mano, in questo secolo) ovviamente a soggetto marinaro. Nato alle foci di un piccolo fiume che si butta nel mare dopo un paio di curve provvidenziali, così da offrire uno splendido riparo alle barche. Tanto speciale che veniva utilizzato già nel neolitico e ancora oggi alcune caverne e ripari di quell’epoca sono utilizzati dai marinai come deposito. Il paesino sorge nei pressi del castello Aragonese, un massiccio fortino proprio sulla roccia che controlla la foce del fiume. In queste spettacolari giornate di gennaio, con un sole smagliante, è veramente un paradiso di luce, odore salmastro e tranquillità; stradina a senso unico, con due giri hai completato il paese.

E pensare che nei secoli passati il suo piccolo porticciolo rivaleggiava con quello di Augusta in quanto a traffico per i cereali e per le derrate alimentari, complice ovviamente la posizione riparata delle sue navi.

Il complesso rupestre Pantàkias-Gisira: ma non basta, Guardando Brcoli su GMaps spicca immediatamente la presenza di uno stranno villaggio, nei pressi del santuario, razionalmente strutturato. Si tratta del villaggio turistico che la Valtur ha realizzato a cavallo degli anni ’70, una moda di quell’epoca e un tentativo di sfruttamento intensivo del luogo. A quanto pare questo villaggio non è mai decollato e non ha ricevuto quel traffico di persone che ci si aspettava. Eppure la scelta del luogo vanta degli illustri precedenti storici. Infatti, proprio vicinissimo a Brucoli, lungo il percorso del fiume, si trova un antico insediamento neolitico, tutto realizzato sfruttando la roccia calcarea e la sua posizione strategica. Dalle memorie dei viaggiatori stranieri (Brucoli si trova non per caso nell’itinerario del Grand Tour, interessante curiosare sulla pagina FB dell’associazione che ne cura la promozione). Durante la nostra visita ci siamo incuriositi di questo luogo e nonostante fosse ormai quasi buio, abbiamo cercato di visitare questa zona. L’itinerario non è per niente segnato, ma non è difficile seguire il corso d’acqua, la strada è praticamente una sola e obbligata. Ad un certo punto si incontra uno sbarramento di cemento (una presa d’acqua?) che blocca in pratica il fiume, proseguendo quindi sul lato destro (con le spalle alla sorgente, da bravi scout) ci si addentra in una sorta di fiordo dalle alte pareti e lungo il percorso si incontrano numerose grotte, cavità e anfratti che prima dell’arrivo dei greci, verso l’800 a.C. erano già ampiamente abitati dalle popolazioni sicane. Il luogo è affascinante, anche perché in questo periodo l’erba alta, i rovi, le frasche e la vegetazione la fanno da padrona. Molte grotte sono appena visibili e solo qualcuna è di facile accesso (ma poi ci ritrovi dentro l’immancabile segno dell’imbecillità umana che non perde occasioni per scritte fuori luogo).
Basterebbe davvero poco per valorizzare ancora di più questa passeggiata, questi luoghi, queste memorie.

Inutile dire che l’album fotografico su Brucoli e dintorni è particolarmente abbondante

Il famoso fattore T di Siracusa

Il famoso fattore T di Siracusa

Forse ho scoperto la pietra filosofale che risolve i problemi, il fattore che inserito con sapienza e costanza permette a questa piccola città di risolvere (o almeno di eludere) i suoi tanti piccoli problemi. Eppure era facile da scoprire e da riconoscere…

Ci avevo già pensato un paio di anni fa, quando in Via Agrigento, poco prima di immettersi su Via Piave, era successo un piccolo incidente: la strada era stata chiusa, transennata e fasciata con le onnipresenti strisce rossobianche del pericolo generico, cippi e paletti in mezzo alla strada per impedire l’incauto passare delle macchine. Sulla parete della casa sembravano più evidenti del solito alcune crepe, segnale di un possibile serio pericolo. Si provvederà alla manutenzione, alla riparazione, a breve sorgerà la solita impalcatura per consentire ai muratori di sistemare il tutto. Ma poi il tempo, col suo manto pietoso, si è impadronito del problema; poco alla volta, mese alla volta, sono scomparse le strisce rossobianche, poi i cippi, poi le macchine hanno ripreso a transitare. Ora non si nota praticamente più nulla. Tranne le stesse crepe sulla facciata. Non c’è stato nessun cantiere o riparazione (almeno visibile dall’esterno), ma tutto è tornato come prima. Risolto….

Un fatto analogo è capitato poche settimane fa in Via Enna, all’altezza del n. civico 29. Dopo le forti piogge di fine novembre abbiamo visto arrivare persino i vigili, con il mezzo, la scala, numerosi occhi attenti. Dal tetto si erano staccati dei calcinacci e logicamente uno si chiede se la stabilità del cornicione, ecc. ecc.

Come era prevedibile il piccolo angolo di strada, tutto il marciapiede e la zona di sosta viene transennata e inibita al passaggio.

Eravamo anche nei giorni vicini alla festa della santa Patrona, Lucia, e comunque su Via Piave il cantiere di rifacimento dei marciapiedi era ancora bello aperto e funzionante. A conti fatti un piccolo intervento, almeno per togliere i calcinacci, ci poteva stare.

Proprio nel giorno della festa, il 13 dicembre 22, la strada si presentava così.

Anche in questo caso uno si immagina i possibili interventi per sistemare, consolidare, ecc. ecc.

Ma basta tener conto del fattore T, per procedere con nonchalance; ecco infatti come si presenta la strada poco prima di Natale, il giorno 19 dicembre…

E siccome le feste sono anche implacabili e portano con sè mille altre domande, impegni e preoccupazioni, ecco come si presenta la strada nel nuovo anno, il giorno 4 gennaio ’23.

Le macchine hanno ripreso possesso dei loro spazi (che qui in Borgata sono ovviamente vitali…), i calcinacci sono al loro posto, in attesa di un degrado fisiologico che non mancherà (Siracusa vanta una storia quasi trimillenaria, nessuna fretta…)

Tracce di lavori o di interventi … visibilmente nessuno.

Ne consegue che il fattore T sia la soluzione migliore e storicamente più collaudata. Vedremo se la fine del tempo natalizio introdurrà qualche colpo di scena o intervento nuovo.