Echi dal gruppo Lavalla200

Echi dal gruppo Lavalla200

In questi giorni mi sono capitate sotto gli occhi un po’ di news e foto del mitico gruppo estivo (anzi, i magnifici 7 di Manziana). Dopo i nostri 2 mesi di preparazione per l’impegno marista del progetto Lavalla200 ci eravamo tutti dispersi, come da copione. Ciascuno con un preciso calendario per giungere finalmente al luogo “di missione”. Io, il più vicino al luogo del destino (!), il 6 ottobre ero già qui a Siracusa. Per gli altri le cose erano invece un po’ più complicate, sia per i problemi legati ai documenti e passaporti, sia per i vari impegni che bisognava concludere e sistemare.

Esteban aveva avuto un po’ di problemi di salute e lo avevamo salutato in autunno. Adesso invece è tutto a posto, tanto che quando ho visto la sua foto come membro ormai consolidato della comunità del Progetto Fratelli, in Libano (Maristi e DeLaSalle), non avevo fatto caso alla novità. Nell’immagine è il primo da sinistra. Aspettiamo ora sue notizie sulla situazione dei rifugiati siriani e sul lavoro che sta svolgendo…

In autunno invece è stata la volta di Cesar Barba, che dal suo Mexico si è finalmente incorporato nella realtà marista del Bangladesh, nell’ambito del progetto Ad Gentes. A gennaio, poi, abbiamo avuto la conferma dell’arrivo di Fabricio in Australia, dopo un bel viaggetto dal suo Brasile; giusto in tempo per arrivare a godersi gli ultimi fuochi del nuovo continente e scaldarsi un po’ per la nuova location.

Pochi giorni fa è arrivato in Amazzonia anche il “piccolo” Luke, con chissà quale viaggio rocambolesco, visto che è partito dalle Isole Fidji! Aver trovato nella foresta brasiliana così tanto verde, un fiume, la natura, è stato certamente un vantaggio, per uno come lui che proviene da luoghi dove la natura ancora detta legge. Sul sito marista ufficiale è apparsa da poco una sua lettera con le prime impressioni sulla realtà di Tabatinga.

Chi manca ancora? Per il momento solo Qalista, ormai in dirittura d’arrivo: visto che sta concludendo gli impegni di lavoro legale (da buon avvocato) nella sua Malesia, ultimamente era molto attiva sul versante informativo, con incontri e formazione di gruppi e docenti sul tema dei diritti dei minori. A Moinesti, in Romania, la stanno già aspettando.

Ma proprio sul più bello oggi è arrivato il bollettino che l’infaticabile Jeff Crowe, anima e supporter del progetto Lavalla200, ha preparato come strumento di collegamento per tutti coloro che partecipano al progetto. Per il momento è solo in inglese e spagnolo, ma non credo sia un problema insormontabile (forse ci stiamo veramente abituando troppo alle performance di Google traduttore, o di www.deepl.com).

E visto che hai avuto la pazienza e la curiosità di arrivare fin quaggiù, rilassati almeno un paio di minuti con il video che Rosa ha realizzato nella nostra comunità di Siracusa. Peccato che le nomination per gli Oscar erano già state assegnate…

L’antro della Pillirina

L’antro della Pillirina

Complice un sabato pomeriggio decisamente primaverile, mi sono avventurato alla ricerca della Grotta della Pillirina. Ovviamente un po’ di documentazione previa ci voleva e per fortuna non è troppo difficile. Qui a Siracusa ho trovato un sito che spesso fornisce se non le informazioni dirette almeno i link ad altre pagine che possono soddisfare almeno la curiosità. Si tratta delle pagine di Antonio Randazzo, un personaggio che almeno da quanto racconta e propone parla sicuramente per esperienza diretta. C’è sempre da imparare dai percorsi che gli altri hanno già intrapreso e il suo sito è davvero ricco di contenuti e suggerimenti sulle bellezze locali. E sicuramente prima o poi cercherò di organizzare in un post le risorse utili per l’esplorazione del territorio Siracusano.

Inforcata la bicicletta nel primo pomeriggio e lasciato alle spalle il traffico pericoloso di Via Elorina (l’incidente di Pascal è ancora molto “caldo”!) mi infilo subito nel dedalo di strade e viuzze dell’Isola, questa zona a sud di Siracusa che ha sicuramente altre ricchezze nascoste. La parte finale ospita la riserva del Plemmirio, zona che dovrebbe essere tutelata e protetta. Cartelli e indicazioni non ci sono ma ormai, spostandosi con Google Maps, se ne sente meno la mancanza.

La zona pullula di case e abitazioni, alcune recenti, altre che sembrano in stato di semiabbandono; all’ultimo bivio mi accolgono un paio di cani che sembrano abbastanza nomadi ma senza particolare vis aggressiva. Sul bordo strada numerosi pezzi di pane lasciati come obolo per queste creature. Mi infilo finalmente lungo la via di Capo Passero e seguendo la mappa imbocco quella che sembra più vicina alla Grotta della Pillirina. Lego la bici ad un cancello e mi avvio a piedi.

Apprezzo molto la fantasia di quello che poteva essere un segnale indicatore o un cartello sulla riserva naturale; sicuramente in questo modo lascia più spazio all’immaginazione, visto che è completamente vuoto. E come cornice è sicuramente invidiabile. Leggendo le tante recensioni sul luogo molti si lamentano che la zona non è indicata per niente, non ci sono sentieri, è impervia. Meglio così!

Un sentiero almeno abbozzato però c’è, lo seguo e scendo rapidamente verso il mare, poco distante; a parte qualche muretto o filo spinato la presenza dell’uomo è praticamente invisibile e questo, a pochi km da Siracusa, è già un bel regalo. La grotta, intanto, si avvicina, si comincia a scorgere l’ingresso e in pochi minuti arrivo alla sua imboccatura.

E’ decisamente un luogo selvaggio, isolato e fascinoso, sarebbe il luogo ideale per raccontare la storia di Ulisse e l’antro di Polifemo, o per dare casa a Robinson Crusoe; natura selvaggia intorno, fichi d’india e cespugli a non finire. Ma basta con le digressioni letterarie. Entro.

L’odore di stalla è ancora evidente, anche se il suolo è abbastanza pulito; si nota subito il muretto che fungeva da recinto. Intanto in pochi minuti gli occhi si abituano per esplorare l’interno della grande caverna. Perché è bella grande e sulle pareti e dal soffitto si notano subito le piccole concrezioni calcaree in formazione, stalattiti delicate e ancora minuscole. Gli esperti consigliano di non toccarle, perché anche il sudore altera i processi di sedimentazione.

Giro quasi estasiato dal buio che si è ormai trasformato in penombra; scatto qualche immagine ma finisco con usare la fioca luce che la fotocamera emette per misurare la distanza come una torcia improvvisata. Poi mi inoltro nel ramo laterale; avevo già letto che il percorso della grotta iniziava proprio qui ma era necessario il giusto equipaggiamento e competenza da speleologo.

Non azzardo minimamente, mi abbasso solo per vedere il cunicolo che prosegue. Decisamente troppo basso per improvvisarsi Indiana Jones! La leggenda ricorda la storia di una giovane coppia che usava questa grotta come luogo di appuntamenti, visto il divieto dei genitori di lei al matrimonio. Poi il giovane marinaio partì per un lungo viaggio e non fece più ritorno. Aspetta un giorno, aspetta un mese, anche l’amore ha un calendario e la fanciulla disperata, infine, si uccise. Tante le leggende di amori disperati e non corrisposti. Con questo scenario c’è davvero spazio per poeti, artisti e curiosi a completare la narrazione. Uscendo dalla grotta si apprezza il panorama assoluto di questo mare azzurro che incanta.

E continuo il mio percorso fino al mare, che a pochi metri fa già sentire la sua voce, intensa.

Scogliere, probabili latomie, lo sbocco della grotta (che si conclude proprio nel mare), altre imboccature, una speciale caletta che sembra intagliata per l’estrazione delle pietre (anche queste zone sono state utilizzate in epoca greca come cave); il panorama è decisamente suggestivo e frizzante. L’aria è ricca di sale e il vento sparpaglia schizzi e sapori ovunque.

Dopo un po’ sopraggiunge una pattuglia di bikers agguerriti, di quelli che amano cimentarsi sui sentieri impervi, le rocce, le salite. Quando per me la salita è già faticosa è l’occasione giusta per smontare e fare un po’ di strada a piedi. E per fortuna la mia bici è ben lontana da questi sentieri, davvero poco invitanti. Resisto volentieri alla tentazione degli sport estremi! Ma posso capire il gusto e la passione di chi invece vi si dedica…

Con calma ritorno sui miei passi e riprendo la via di casa. Passando vicino al mare mi ricordo della pescheria che ho già notato altre volte, a pochi metri dal mare, vicino alle coltivazioni di frutti di mare, entro e il richiamo della cucina prevale. Questa sera cozze!

E anche in questo caso un album di foto sulla zona della Grotta della Pillirina, è la giusta conclusione del viaggio.

Che bel tempo che fa

Che bel tempo che fa

Appena arrivato a Siracusa, appena vista la terrazza sul mare della casa nella quale risiedo da ormai 4 mesi, sapevo che prima o poi avrei addobbato uno dei pali del nostro roof garden con strani addobbi natalizi: una piccola stazione meteo. E con l’inizio di febbraio, dopo un po’ di prove e tentativi, eccomi nuovamente alle prese con questo semplice hobby. D’altra parte avevo cominciato poco dopo il 2000 a Giugliano, con la scusa più elegante della sperimentazione didattica per geografia (e non ci voleva nemmeno troppa fantasia…).

Una delle idee di fondo che mi hanno spinto a ripetere questi esperimenti a Cesano Maderno, poi ad Entracque e persino a casa mia, Sanremo, è che spesso parliamo a vanvera. “Non ci sono più le mezze stagioni…” il tempo non è più quello di una volta… Non so voi, ma io non mi ricordo nemmeno che tempo faceva a dicembre, a parte qualche momento particolare (un giorno di gita fuori casa, la notte di Capodanno…). Spesso ci affidiamo alle impressioni mentre i dati sono in grado di ricordarci i fatti. In epoca di fake news mi sembra più utile fornire puntelli alle piccole verità piuttosto che cuscini alle opinioni.

Anche perché pochi giorni fa è uscita la notizia dei 18 gradi in Antartide (!) e abbiamo sotto gli occhi, inequivocabili, gli effetti di un capovolgimento climatico ci cui non riusciamo nemmeno a comprendere le conseguenze immediate.

Detto fatto ho recuperato un vecchio PC che giaceva in cantina, chassis mezzo arrugginito, vecchio sistema operativo (l’inossidabile WinXP, che funziona ancora benissimo) e l’ho portato in camera. Il timore era legato al “che casino farà la ventola?”, per fortuna è isolato da una porta e non si sente proprio. Poi la stazione meteo, questa volta acquistata online da uno store tutto italiano, la Futura Elettronica di Varese (consigliato, lo stesso modello su eBay o Amazon costa di più!), ormai è la quarta che prendo e anche se non è un gioiello professionale, consente almeno di farsi un’idea dei vari elementi in gioco: il vento, la temperatura dentro e fuori, l’umidità, la pioggia…

Piazzata la stazione in terrazzo viene il momento critico per la verifica della ricezione dati. A dire il vero la stazione si trova proprio sopra la mia stanza, in linea diretta saranno poco più di 10 mt. Un solo solaio da superare: perfetto, ricezione buona senza nessun problema.

Poi si passa alla parte software. Ho subito collegato la stazione ad una delle più importanti reti di piccole stazioni meteo personali (PWS), Wunderground. Che guarda caso, nel frattempo, deve essere passata sotto l’ombrello dell’IBM. Si fanno tante chiacchiere sui big data, ma una mossa del genere non è certo insolita. Questa rete collega oltre 30mila piccole stazioni meteo che qualche dato sicuramente lo fornirrano. Ci penserà poi Deep Blue a macinare dati e, secondo modelli matematici decisamente complessi (i dati meteo sono davvero un campo privilegiato per i calcoli con i big data (se non ricordo male, uno dei siti meteo famosi d’Italia scaricava anni fa centinaia di Gb di dati al giorno per realizzare le sue previsioni meteo!) .

Naturalmente sono capitato nel periodo in cui il servizio sta modificando la sua interfaccia e le modalità di visualizzazione dei dati. Murphy è sempre in agguato! Ok, siamo ancora al lavoro!

Qualche immagine della stazione meteo (che romantico…)

Discese rupestri…

Discese rupestri…

02022020 Una delle prime scorribande che ho fatto in bici sulla ciclabile di Siracusa era diretta verso la tonnara di s.Panagia. Luogo suggestivo, incredibilmente abbandonato al degrado e all’incuria, in una location che avrebbe stregato Salvatores se dovesse girare un sequel di Mediterraneo… Purtroppo succede ancora spesso, soprattutto da queste parti, dove tanti luoghi splendidi risultano annebbiati da una miope considerazione…

Ma documentandomi sui luoghi avevo anche letto della presenza, sulla parete sottostante, di una antichissima chiesa rupestre, ormai quasi completamente cancellata dal tempo. Avevo anche provato a scendere lungo la scarpata e curiosare in uno dei primi sentieri possibili. Troppi rovi e pochissima visibilità. Ho pensato subito che era tutto merito della natura che si stava riappropriando dei suoi tesori. E ho lasciato perdere.

Sono tornato invece domenica scorsa, giornata splendida e solare, cielo terso e temperatura primaverili (tutto merito del 2 febbraio, una data da segnare, questo 02022020. Ma questa volta, avendo un po’ più di tempo ho potuto appagare anche la curiosità. Si giunge all’edificio che un tempo costeggiava la ferrovia e si scende verso la tonnara. Ma quasi immediatamente si scende lungo una scalinata grezza e forse antica che porta fin verso la spiaggetta sottostante. Al primo semi-bivio riprovo l’avventura e mi allungo un po’ tra i rovi e le piante. Ma…niente da fare, troppo impervio e poco sicuro. Provo allora a scendere e vedere se ci sono altri sentieri. E infatti, quasi giunto al livello della spiaggia, ecco che dalla scalinata si stacca un abbozzo di sentiero. Erba piegata, segno inequivocabile di passaggio. Questa volta mi addentro e senza problemi proseguo. Pochi metri e ci si avvicina alla parete, pochi passi e si scorge nella roccia una grotta, o una sorta di ingresso. Piante di fichi con ancora (o già) i boccioli evidenti, i residui dei roveti estivi, tanta vegetqzione disordinata, ma si passa facilmente. E si arriva così all’ingresso di questa antica chiesa rupestre.

Si entra in un piccolo vano, dalla forma vagamente quadrata con angoli smussati, per terra i segni di qualche probabile fossa e sulla parete frontale ancoraben evidenti le nicchie di questa piccola cappella. Avevo letto che anni fa si intravvedevano ancora macchie di pittura; mi avvicino ma si vede ben poco, oltre alla nuda roccia. In un angolo, invece, si nota bene il segno della fuliggine, forse candele o ceri usati a lungo. Dalla porta si scorge il mare, una piccola finestrella, invasa da rampicanti, aggiunge un pizzico di luce all’ambiente. Fortunatamente pulito e sgombro da rifiuti (e conoscendo la spiaggia vicina questo è quasi un miracolo). Ambiente suggestivo, raccolto, da tenere presente per momenti di profondissima quiete e sovrumani silenzi…

Poi scendo sulla spiaggia e mi tocca fare attenzione alla quantità di rifiuti che vi sono raccolti, materassini, bottiglie, schifezze varie, tante macerie alla rinfusa… più avanti un ruscello, acqua non proprio limpidissima che finisce in mare, tra queste rocce che sanno di calanchi e latomie. Basterebbe così poco per un ripristino e una bella valorizzazione…

Poco lontano scorre la ciclabile con i suoi numerosi frequentatori. Speriamo che anche questo sia un elemento per riappropriarsi con più orgoglio di questo posto prezioso.

Le immagini di questa veloce escursione alla Chiesa rupestre di S.Panagia, da Siracusa ci vogliono poco più di 20 minuti in bici.

A volte basta una spintarella…

A volte basta una spintarella…

Qui a Siracusa è difficile annoiarsi. A volte si vorrebbe una giornata calma e invece… Ma non si finisce mai di scoprire qualcosa di nuovo e interessante, anche quando si parte da potenziali disastri. E pensare che proprio quella mattina, baciata dal sole e da una temperatura che di invernale aveva solo le coordinate del calendario, mi ero fermato un momento sulla nostra quasi spiaggetta privata… (privata nel senso che spesso è chiusa a chiave da un cancello…. ma anche questa è un’altra storia).

Mercoledì mattina è stata la volta di Pascal; è arrivato al centro del CIAO tutto dolorante, verso le 10. Che è successo? Una macchina, la bici, caduto… Giusto il tempo di capire che non era una cosetta da poco. Gli dico di prepararsi che andiamo subito al pronto soccorso di Siracusa. Torno a prendere la macchina e penso che prima o poi sarebbe stato utile conoscere gli ospedali della zona. Magari in modo diverso, ma anche questo serve.

Lungo il percorso mi racconta; dopo il lavoro al mercato (si alza verso le 4 e si reca al mercato della frutta per dare una mano, è ormai conosciuto e apprezzato ed è un modo per tirare su qualcosa; sistemare le cassette, aiutare nel carico…) un commerciante lo invita anche a raccogliere frutta nel suo terreno. Così lui riprende la bici e verso le 7 riparte. Ma lungo la strada un incidente che poteva essere ben più grave. Un furgone bianco lo tocca con lo specchietto e lo fa cadere; per fortuna oltre al muretto in pietra ci sono anche rami che riducono l’impatto. Il furgone pirata non si ferma (cioé, si ferma dopo un po’, a distanza di “sicurezza” ma poi riparte senza prestare soccorso); una macchina invece si preoccupa e aiuta Pascal a rialzarsi, visto che non ce la faceva proprio. Poi lo accompagna per un po’. Ma Pascal è bello tosto, poi riprende la bici e torna a casa! Ma verso le 10 si sente davvero male. Raccontiamo questo al Pronto Soccorso e lì inizia un po’ la nostra odissea. Ma tutto sommato la cosa non era troppo tragica, codice verde e solo un po’ di confusione, scale su e giù da fare, sigle incomprensibili da ricercare “andate al PPI”; morale della favola aspettiamo quasi mezz’ora nella sala di…ginecologia, perché sulla porta del fatidico PPI (Posto di primo intervento, scopriamo dopo…) c’era scritto un chiarissimo “torno subito”. E tu cosa faresti in quel caso? Ma tant’è, dopo le radiografie alla spalla, braccio e ginocchio, arriviamo in sala gessi dove il dottore ci comunica la diagnosi: frattura composta del gomito; dovrà tenere il gesso per un mese.

C’è poco da fare, anche se Pascal è molto preoccupato. Siccome la legge di Murphy è sempre in agguato, proprio quella sera il gestore di una pizzeria gli avrebbe fatto firmare il contratto di lavoro. Ma adesso con il gesso? Che succederà? Per adesso pensiamo alla salute. Dopo 3 ore di anticamere e sale mediche torniamo a casa. Ora bisognerà fare l’abitudine al gesso e imparare nuove tecniche (come ci si veste? come si fa la doccia? come si mette una cinghia???). Guardiamo il lato positivo: “Pascal, almeno per un mese non dovrai lavare i piatti” E ci facciamo tutti una bella risata.

In serata parliamo con il nostro amico, l’avvocato Domenico. Cosa si può fare? La macchina che lo ha investito non si è fermata, la persona che invece si è preoccupata di lui… non sappiamo nemmeno come si chiama, nel caos del momento queste cose non ti vengono in mente. Pascal ricorda solo che doveva essere un ristoratore o cose del genere, che era di Fontane Bianche, che risiedeva vicino ad un posto per l’assistenza delle macchine (o cose del genere). Come indizi sono un po’ vaghi. Ma per poter fare una denuncia e reclamare il giusto, forse è proprio necessario rintracciare questa persona.

Così sabato ci proviamo: Rosa cerca sui social con i pochi indizi: ristorante, carro attrezzi, assistenza… esce fuori un centro che potrebbe fare al caso nostro. Si mette sul navigatore e si parte. Ma dopo un bel po’ di chilometri, ci accorgiamo che siamo ben oltre. Arriviamo a Cassibile! Siamo fuori strada. Torniamo indietro, decidiamo di andare a Fontane Bianche e poi vedremo. E’ sulla costa, zona turistica, villette e seconde case, in inverno piuttosto desolato. Giriamo tra questi grumi di case, villini un po’ abbandonati, ma non si trova nessun ristorante o cose simili. Di meccanici o simili ancora peggio. Il navigatore ci mostra che il paese sta quasi per finire.

Ora mi fermo e chiedo a qualcuno… Così parcheggio, sulla sinistra la struttura di un parcheggio a due piani un po’ malandato. C’è un bar con alcune persone. Così chiedo dove trovare un posto con quelle caratteristiche. E ovviamente spiego anche perché: un ragazzo, la bici, l’incidente… “Ah, quel ragazzo che è stato investito, quello di cui parlavi ieri…”. Allora chiamo Pascal che era rimasto in macchina e il barista lo vede, sorride e alza le braccia: “Ma è lui, che sorpresa”. Incredibile, davvero. Abbiamo trovato proprio la persona che ha aiutato Pascal a rimettersi un po’ in sesto, a vedere come stava. Abbiamo samaritani anche da queste parti. Ancor più incredibile che la moglie del barista, avvocata, avesse pensato la stessa cosa che chiederemo tra qualche giorno al nostro avvocato. E naturalmente si è subito reso disponibile per testimoniare quanto aveva visto.

Siamo così contenti che sulla strada del ritorno ci fermiamo presso un giardino che in realtà è un vivaio, ma così speciale e affascinante da lasciarci a bocca aperta (a Pascal un po’ meno, mi diceva “da noi, in Africa, le piante fanno le piante e nascono dove vogliono, non ci si dedica a sistemarle in questi modi…”) . Si tratta dei vivai Cuba, specializzati in piante grasse (succulente, recita il sito); una distesa enorme (18 ettari!) organizzata non solo come vivaio ma anche come giardino, con settori e allestimenti di grande impatto.

E sulla via del ritorno ci fermiamo anche sul luogo del delitto. Il signore ci aveva raccontato il dettaglio dello specchieto, che si era rotto ed era caduto a causa dell’impatto. Osserviamo alcuni pezzi di plastica, forse i resti; guardiamo anche il luogo dove è caduto Pascal. Speriamo che tutto questo, presto, rimanga solo un ricordo.

E l’ultima cosa bella di questa avventura è che il datore di lavoro di Pascal il contratto lo aveva già preparato… con tanto di data e firma; si sono poi messi d’accordo per un impiego provvisorio da affidare ad un amico di Pascal per questo periodo di “ferie forzate” e poi procedere nel migliore dei modi. Coraggio Pascal… se non proprio un braccio, almeno una mano qualcuno è sempre pronto a dartela!