E così provo a rintracciare questo sentiero dell’acquedotto Galermi. Leggo un po’ in rete, mi immagino tutta la verve di chi giustamente reclama un trattamento migliore per queste vestigia del passato, mi immagino già a percorrere questa ipotetica pista ciclabile con pendenza quasi a zero che potrebbe circondare quasi metà Siracusa. Cerco anche indicazioni più precise.
Ma al di là del nome e della posizione del Teatro Greco rintraccio poco. Così, gambe in bici, inizio la perlustrazione proprio nella zona che sovrasta il parco di Neapolis. Uno stradone largo, costeggiato di ville e luoghi dalla visuale incantevole; poi mi inoltro nelle strade laterali e finalmente scorgo una via dal nome evidente: Via Galermi, ma in prima battuta non mi accorgo nemmeno che il “sentiero” omonimo comincerebbe proprio lì vicino. Le erbacce, la mancanza di indicazioni e la banalità della solita trascuratezza, fanno il resto.
Arrivo così ad un’altra via che conserva tracce di questa presenza: via dell’Acquedotto. E finalmente intravedo uno dei pozzi di aerazione che si ripetono ad intervalli regolari lungo tutto il tracciato. Trovato uno si dovrebbe far presto a trovare gli altri. E così è. Anzi, noto che esiste una sorta di striscia di rispetto che dovrebbe accompagnare tutto il percorso. Ma questa è la teoria.
Comincio a fotografare i primi tombini (chiamiamoli così) e andando a ritroso scopro dove inizia questo sentiero. Il cartello esiste ancora, ma è orma il logoro e stinto dal tempo, si fatica persino a decifrarlo. Rimane ben visibile però il QR code, che rimanda alla pagina di Wikipedia.
Provo a seguire questo sentiero, ma nemmeno 200 m. e trovo il primo sbarramento, una sorta di cantiere di costruzione con i suoi tramezzi in filo di ferro che impediscono l’accesso; sui pannelli informativi non si riesce nemmeno più a leggere di cosa si tratta e pochi metri oltre si vede già un muro in cemento che sostiene una strada ortogonale al sentiero, insomma, uno sbarramento totale. Faccio il giro e raggiungo il muro dall’altra parte. Il sentiero sembra continuare, con la sua bella fascia che isola dal contesto e costeggia una lunga serie di abitazioni e villini; ma anche qui, poche centinaia di metri e altra strada a interrompere il percorso. Proseguo baldanzoso, ma mi ritrovo in una zona dove i cespugli, le erbe e gli insetti mi invitano a desistere; mi dovrò grattare per giorni, dopo aver fornito carne fresca a chissà quanti insetti voraci del prato!
Da GMaps si vede che poi i tombini costeggiano la strada che da Epipoli va a Belvedere, passando vicinissimo a distributori di benzina e altri luoghi (e addio alla fascia di rispetto). Immaginare un intervento per trasformare questo percorso ad ostacoli in una pista ciclabile è un sogno veramente azzardato e difficile. Sarebbe una strada per la salvaguardia ma fatico ad immaginarmela nel concreto! Eppure potrebbe valorizzare certamente un patrimonio che poche città al mondo possono vantare.
Pomeriggio di relax e di giri in bici non lontano dal centro. Siamo ancora in inverno e di luce non ce n’è ancora molta. Quindi bici e via verso la zona di Tremilia, verso sud, poco sotto la balza di Epipoli. Verso quello che qualcuno chiama Castello Bonanno, oppure villa Tremmilia, o anche villa Schinkel.
Mi ero dedicato a ricercare qualche info supplementare sul famoso acquedotto greco, un manufatto di …2500 anni fa che funziona ancora oggi, nella distratta superficialità dei nostri tempi. Persino i romani hanno tentato di boicottarlo e lo hanno danneggiato, verso il 200 a.C., fino al suo recupero dopo il 1500, per alimentare i mulini che gravitavano intorno al Teatro Greco (uno svettta ancora oggi, sopra la cavea).
Avevo rintracciato foto, segnali, indicazioni (o meglio, più che altro indizi). Ed ero già stato da quelle parti un paio di volte. Ma sempre frenato dal fatto che vicino alla villa Bonanno, ormai poco più che un rudere, c’è una sorta di officina ancora in funzione, due anni fa avevo chiesto se era possibile visitare o fare qualche foto alla casa, ma il diniego categorico lasciava poco spazio alle trattative. Sul web si leggeva che nemmeno le richieste di visitare le rovine dell’antica chiesa benedettina (e parliamo di resti del 4/5 sec. d.C) venivano esaudite, in quanto lo spazio occupato dalla chiesa era stato trasformato in stalla…
Le info che avevo raccolto erano abbastanza variegate, si iniziava dall’immancabile e prezioso sito di Antonio Randazzo: un vero must per chi si trova a Siracusa, per passare alle noticine del FAI, che non deve aver convinto molte persone, visto che ha raggranellato una ventina di voti qualche anno fa e non mi sembra che sia stato riproposto…
L’oggetto nemmeno tanto oscuro del desiderio, era proprio questo acquedotto, il Galermi, ma non era facile capire dove fosse esattamente questo sentiero e quale fosse il suo tracciato. Un articolo, piuttosto battagliero, su Siracusa Live, ne parlava come di una clamorosa occasione mancata per realizzare un itinerario ciclabile di grande respiro (e temo che la cosa sia abbastanza realistica). Insomma, lasciata la bicicletta mi ero messo di buzzo buono per cercare questo tracciato. E questa è la recensione su Google che ho buttato giù appena rientrato a casa, meravigliandomi, dopo poche ore, del fatto che fosse stata subito pubblicata.
Si tratta di una zona piuttosto impervia e di accesso non molto facile; la Villa in questione è definitivamente andata persa con l’incendio del 2014 (https://www.srlive.it/il-fuoco-divora-la-chiesa-paleocristiana-di-tremmilia/); in macchina è complicato arrivarci vicino perché la strada di accesso da alcuni mesi (da inizio autunno 2021) risulta “semi chiusa” da un palo in legno, come se fosse un luogo privato, ma si tratta invece di un luogo pubblico, persino visibile con Google Street; in bici è facile comunque passare. Superato il bivio che porta alla villa e all’adiacente costruzione che ospita macchinari e una sorta di autofficina (avevo chiesto mesi fa se era possibile dare un’occhiata alla villa ma mi è stato riferito che era un luogo privato, quindi niente da fare), ci si può inoltrar sulla destra, prima della serie di villette che si trovano dopo la villa. La strada è abbastanza rovinata e abbandonata, si può comunque accedere al sentiero che si dirige verso l’alto, in direzione della Via Epipoli. Si incontrano subito tracce di mura greche, di percorsi carrai ben evidenti; costeggiando il bordo superiore, nella zona che aggetta sul rudere della villa, si giunge facilmente ai resti della chiesetta del IV sec. d.C., la un tempo sede di un convento benedettino e ridotta ultimamente a stalla per gli animali (!). Il panorama verso il porto grande è suggestivo, l’ambiente campestre è abbastanza naturale e poco deturpato, molti cespugli, pini che hanno resistito all’incendio, mandorli contorti e ovunque tanti bossoli e cartucce in plastica, segno di una discreta presenza di cacciatori. Proseguendo verso l’alto si giunge fino alla strada di Epipoli, nella zona del centro commerciale Fiera del sud (altra cattedrale nel deserto praticamente inutilizzata). Costeggiando la strada in direzione Siracusa si giunge ad una strada asfaltata senza sbocco, che purtroppo è diventata una pericolosa discarica a cielo aperto, veramente sgradevole. Cercavo le tracce dell’acquedotto greco; probabilmente vicino ai resti del convento si può ancora vedere un pozzo di aerazione discretamente profondo, con presenza di acqua, ma penso si tratti di opera non collegata all’opera idraulica, visto che il tracciato del sentiero Galermi, relativo all’antico acquedotto greco dovrebbe trovarsi più vicino alla strada di Epipoli..
E quante sorprese nell’approfondire anche un semplice itinerario, davvero Siracusa ne nasconde molte, sotto l’incuria un po’ generale che la sostiene. Non sapevo proprio che questa città, ex-aequo con Costantinopoli, è stata a lungo capitale dell’Impero Romano d’Oriente, e che in epoca Napoleonica ha rischiato di passare non solo simbolicamente sotto il controllo della Gran Bretagna, complice il buon Oratio Nelson che da queste parti aveva messo stabili radici.
Per non parlare degli artisti, letterati e architetti che si sono avvicendati proprio in quella zona, dove sorgeva una delle ville più iconiche della Sicilia. E guardando la riproduzione della villa disegnata dal tedesco Schinkel, si fa presto a sognare… E pensare che oggi passeggiavo proprio sulla cornice superiore, che guarda dall’alto questa costruzione. Non stupisce più di tanto se vi ha passato momenti indimenticabili anche il grande Coleridge ed è stata un centro di riferimento per gli inglesi (e persino gli americani) che giungevano da queste parti, vuoi per emulare il mito del grand tour o semplicemente per occasioni commerciali.
Mi consola il fatto che, pur non essendo entrato nella villa, su Internet, tramite il Sito dei Beni Culturali, si riesce anche a curiosare all’interno di questo edificio, ormai pericolante e costantemente chiuso; con tanto di mappe e dettagli in alta risoluzione!
La prossima tappa sarà sicuramente dalle parti di questo sentiero dell’acquedotto…