Sfogliato da
Tag: ambiente

A spasso per la Melilla “del nord”

A spasso per la Melilla “del nord”

Eccoci di ritorno da una nuova “passeggiata” per Melilla insieme ad un gruppo di alunne del Progetto Alfa; di solito il pomeriggio siamo impegnati con lezioni di lingua, matematica, inglese (cosa mi tocca fare!) ma per variare il “menu” e per creare momenti di aggregazione ogni tanto ci sono questi pomeriggi a tema; uno spettacolo, la partecipazione ad un evento, una visita guidata.

Il buon Juan Antonio, che ormai conosce la città meglio di una guida locale, comincia a far fatica ad individuare nuovi percorsi, perchè Melilla è quel che è, un piccolo fazzoletto di terra i soli 12 km quadrati; ma ci si prova.

Così ieri abbiamo percorso e raggiunto nuove tappe; ma andiamo con ordine.

Di solito si parte alle 16, ormai, con febbraio in chiusura, le giornate sono già discrete, fino alle 19 abbiamo la luce del sole e la temperatura è niente male, anzi, il cielo un po’ nuvoloso ha evitato di sentire persino troppo caldo.

La prima tappa era il cimitero cristiano; qui a Melilla la pacifica convivenza tra cristiani, musulmani, ebrei e indu (senza dimenticare qualche altra “famiglia”, ma queste sono le 4 principali) si basa anche sul conoscere, rispettare e visitare luoghi speciali come questo. In un angolo del cimitero si trova anche il settore ebreo, mentre il cimitero musulmano è quasi agli antipodi, vicinissimo alla recinzione.

Poi ci siamo inerpicati per salire sempre più in altro, passando per i quartieri popolari, costeggiando il carcere e la sede delle suore RIM, che qui gestiscono una scuola dell’infanzia e un centro diurno.

Fin qui le case e i palazzi erano abbondanti, poi siamo entrati in zone più naturali, raggiungendo la polveriera militare (siamo nei pressi del poligono di tiro e spesso si sentivano i colpi delle esercitazioni; Melilla è un avamposto militare ben attivo).

Infine abbiamo attraversato il grande pianoro vicino alla pineta di Rostrogordo, che già avevamo visitato nello scorso novembre, fiancheggiato la caserma della Legione, il Centro Idrico per la distribuzione dell’acqua, con il suo grande deposito all’aperto (in realtà non proprio pienissimo, speriamo di non avere problemi nella prossima estate, perchè qui tutta l’acqua potabile viene praticamente prelevata e trattata dal mare).

Per finire il punto panoramico del Cerro de las Tres Coronas, che consente una ampia visuale della valla, la recinzione che circonda tutta la città (diciamolo pure, il panorama è suggestivo, ma l’effetto “gabbia per conigli” dato dalla recinzione, è sempre un po’ inquietante). E quindi si riprende la strada del ritorno.

Quasi 3 ore di camminata, con numerose soste, digressioni, incontri, fotografie di gruppo, scorci panoramici sul mare, ricerca di piante profumate e commestibili (ho persino trovato la rucola selvatica!). Un bel pomeriggio da ricordare.

E come al solito, il nostro album fotografico…

Del sale e di altri voli

Del sale e di altri voli

In questi giorni abbiamo avuto visite, di amici, parenti, anche solo di curiosi. Quando ci chiedono se a Siracusa ci sono luoghi interessanti da visitare sanno già che se chiedono a me inizio una tiritera promozionale non indifferente. Ormai, dopo 3 anni completi, la conoscenza del territorio è ben più che superficialmente occasionale e posso quindi indirizzare verso le mete più vicine alla sensibilità delle persone e si spazia facilmente dalla storia, la cultura, il paesaggio, l’ambiente, la natura…

Solo giovedì scorso siamo stati accompagnati rapidamente all’interno della cattedrale di Siracusa, da una preparatissima guida; contemplare quelle colonne massicce, ricordare che la cerchia interna (più grossolana, infatti non sono proprio colonne) era il recinto della cella sacra dedicata ad Atena (il tempio era stato innalzato come ringraziamento per la vittoria di Siracusa contro i Cartaginesi), che in epoca bizantina, quando il tempio viene trasformato definitivamente in chiesa cristiana e quindi salvato dalla distruzione viene modificata la direzione di ingresso (oggi si entra dalla parte che inizialmente era il fondo, il tempio si apriva in direzione del sorgere del sole, oggi invece ne ammira il tramonto), scoprire che nella cappella del Santissimo (dove si conserva l’Eucarestia) vi sono opere del Vanvitelli (l’architetto della Reggia di Caserta, tanto per dire…), che il ritratto del vescovo Zosimo è attribuito ad Antonello di Messina. Insomma, ce n’è abbastanza per chi si appassiona di arte.

Ma come dicevo, non c’è solo cultura; anche l’ambiente ha il suo peso, nonostante la tipica incuria che sembra marcare l’approccio siracusano al tema (è di questi giorni la notizia che la nostra provincia è anche la prima in classifica per quanto riguarda abusivismo edilizio). Preferisco allora sottolineare le cose gradevoli per stimolare ad un miglior rapporto.

Così sabato pomeriggio prendo la bici e mi dirigo verso una zona che conosco già discretamente, ma questa volta porto la fotocamera, non mi basta il telefono; punto verso le Saline di Siracusa, sperando di riuscire a cogliere qualche uccello migratore in modo più interessante. Fermo la bici subito dopo il ponte dell’Anapo-Ciane (incredibile come ci siano le foci di 2 fiumi diversi nello spazio di pochi metri, basterebbe questo connubio a motivare una piccola riserva ambientale, che sulla carta esiste, ma sembra totalmente dimenticata) e imbocco la strada che conduce al mare. Rimango subito piacevolmente sorpreso perché l’itinerario è stato da poco ripulito e allargato, si vedono le tracce dei pneumatici del trattore e soprattutto i tanti rami sporgenti sono stati tagliati, ora il percorso è veramente più adatto. La pioggia dei giorni scorsi è ancora ben presente e le pozzanghere sono abbondanti, il fango è di casa, qui. Ma senza difficoltà si giunge fino alla spiaggia, che purtroppo è uno spazio poco consigliabile, che rigurgita di sporcizia, rottami, plastica, reti, imballaggi… c’è praticamente di tutto. Ma nei laghetti che costellano la zona un po’ di movimento c’è. I primi uccelli li trovo, come al solito, appollaiati sui rami degli eucalipti che abbondano su questa foce. Sembrano avvoltoi in attesa di cadaveri e l’effetto è decisamente insolito, meno male che lo zoom della fotocamera fa il suo dovere!

E quindi mi dirigo su qualche sentiero della zona, cercando di non inzaccherarmi troppo, la zona è praticamente abbandonata e l’erba alta non facilita di certo. Dopo aver constatato che da questa parte si vedrebbe ben poco, decido di riprendere la stradda e andare verso il faro, nell’altra zona di ingresso, vicina al Lido Sacramento. So che l’entrata è un po’ rocambolesca (i cartelli di divieto che ricordano il pericolo di crollo sono ben arrugginiti ma ancora leggibili) ma forse dall’alto si può vedere qualcosa di meglio. Quindi altra pedalata e via, fino al faro. Proprio lì sotto ci sono le rovine di quello che doveva un tempo diventare il Museo del Mare, un edificio costruito a pochi metri dalla riva e già completamente distrutto dal tempo e dagli agenti atmosferici. Resta qui, con la sua curiosa intelaiatura di legno per il tetto (legno che poco alla volta viene tranquillamente utilizzato per focherelli locali e forse altro) e il suo cumulo di cemento, mattoni, soffitti, pavimenti: un inno all’incurio.

Subito dietro questo scempio ci sono alcuni sentieri, che percorrono le saline, costellati però di spazzatura, polistirolo, imballi di plastica; si riesce a malapena a penetrare per qualche decina di metri. E proprio lì, in fondo, qualche grande uccello si riesce ad intravedere, peccato siano veramente lontani e nemmeno lo zoom 40X riesca a fare giustizia dello spettacolo.

Insomma, la zona meriterebbe decisamente di più, il potenziale di visita è discreto e l’ambiente è suggestivo. Ma con il tempo che passa noto solo che il degrado non migliora, anzi, la casetta e il piccolo molo galleggiante vicino alla foce, proprio sotto il ponte, è stato completamente eliminato, la scaletta distrutta, il ricovero è costantemente aperto e offre riparo alla sporcizia del luogo, tra sedie e salvagenti affastellati. Ed è un vero peccato, perché di persone che vengono a dare un’occhiata ne incontro anche oggi, una giornata tutto sommato poco invitante.

All’orizzonte si staglia Siracusa, nella sua silhouette affusolata e lineare, una lama di città sul mare. Sarebbe uno spettacolo…

Ecco, come al solito, una carrellata di immagini delle Saline e di questi luoghi

Passeggiando a suon di natura

Passeggiando a suon di natura

Sabato 28, con un finale di maggio ormai camuffato da piena estate, mi sono ritrovato con tante altre persone a fare quattro passi lungo i sentieri della Pillirina. Dopo averla esplorata varie volte per mio conto, un po’ a piedi e un po’ in bici, vedere che qualcosa si muove sul versante della destinazione a riserva o parco di questa zona praticamente ancora intatta del nostro territorio, non può che far piacere. Girando per altre zone del Siracusano fa abbastanza tristezza osservare l’incuria, il cemento che avanza senza nessun ordine e grazia, le modalità “fai da te” imperanti senza un minimo di progettazione. Sapere che invece esiste anche una voglia diversa di valorizzare la natura, l’ambiente e la relazione che possiamo instaurare con questa realtà, è sicuramente positivo.

Mi aveva passato l’informazione Natalia, e non è stata una sorpresa trovare subito numerosi altri amici, di Accoglierete, dell’Arci, di altre realtà, degli scout (gli Assoraider che operano nella piazza di s.Lucia), tante altre sigle e associazioni, da Legambiente alla Natura Sicula, persino il gruppo Missio ad Gentes della diocesi, insomma, un variegato mondo di persone che hanno a cuore una natura meno funzionale e più autonoma.

Ovviamente ci sono andato in bici, ben sapendo che l’appuntamento non era proprio dietro l’angolo: 12 km per giungere alla conclusione della strada che termina in una sorta di piazzale-parcheggio. Era già un fermento di persone e gruppi, persino in bici (ma quelli erano professionisti della MTB, sui sentieri della Pillirina in bici proprio non me la sento di sfidare le rocce aguzze…), cani al guinzaglio, padroni felici… il mitico Erlend Øye che spiccava tra un saluto e l’altro.

Appena ci si è messi in moto ci si è subito resi conto della quantità di gente. Un migliaio, diranno nei giorni seguenti le tante testate che hanno seguito l’evento; forse un numero un po’ azzardato, ma sicuramente eravamo in tanti. Persino difficile ascoltare chiaramente le parole pronunciate a inizio percorso, per dare un senso alla marcia. Il referente di Lega Ambiente ha tracciato un po’ la storia degli eventi che stanno ancora segnando le difficili tappe di questo possibile e auspicabile parco. Sicuramente i tempi, l’attenzione per l’ambiente e una accresciuta consapevolezza della sostenibilità ambientale, in tutti i sensi, potranno finalmente avere la meglio.

Per questo abbiamo semplicemente ascoltato e poi continuato il percorso. Quasi in modo inaspettato, alla prima tappa, con lo sfondo delle scogliere selvagge e delle caverne scavate dal mare, Erlend ha sfoderato il suo ukulele e con il suo amico ha iniziato il suo concerto itinerante, assicurando che lungo il percorso ci sarebbero stati altri momenti musicali. Fosse anche solo per questo valeva la pena essere lì. Gli ho persino chiesto quando sarà la volta di un concerto dei suoi qui a Siracusa. Ma la risposta che mi è parso di cogliere era …che quello poteva considerarsi il suo miglior concerto e che per i gusti di Siracusa la sua musica forse era poco adatta. O poco richiesta? Eppure vive qui ormai da tempo, parla un fluente italiano e dalla sua iniziativa è evidente l’affetto che nutre per queste zone (voleva mettere sul piatto 1 milione di € per poter consentire alle persone l’accesso alle zone della Pillirina ancora contese e di proprietà privata…).

Forse il problema è proprio questo, come spesso capita: sono proprio gli “stranieri”, chi viene da altre zone ad apprezzare il bello e l’unico che in Siracusa è così diffuso e, purtroppo, ancora poco valorizzato.

Ma a forza di insistere, qualcosa sta cambiando…

E queste sono le immagini della passeggiata, con qualche video degli inserti musicali di Erlend

Una caletta che merita…

Una caletta che merita…

Per prima cosa sbagli sicuramente l’accento. Ognina fa pensare a qualche ninfa svolazzante sulle onde, una Ondina esotica. E invece i siracusani ti guardano un po’ strano se metti l’accento sulla i; devi proprio sforzarti e farne di ogni per riportare le cose alla pronuncia corretta: ògnina, infatti.

Ma se poi decidi di inforcare la bici, approfittare di una splendida mattinata primaverile per andare a scovare questo angolo di paradiso, allora anche gli accenti scivolano leggeri. Però devi mettere in conto che una quindicina di km sono sempre una bella pezza di pedalata da considerare, la prima parte sulle strade trafficate di una Siracusa che inizia a sentire la bella stagione e poi, prendendo le stradine dell’Isola, su strade tranquille e scorrevoli: comunque lunghette.

In sintesi questo è l’itinerario, realizzato con l’App di Komoot

la zona di Ognina, su GMaps

Arrivati all’ultima rotonda ufficiale con il bivio per Ognina o Fontane Bianche, si apre il dilemma: passare dalla zona cittadina, con le sue innumerevoli costruzioni più o meno eleganti e spesso poco inserite in questo pezzo di costa, oppure tentare la via dei campi; dalle mappe le stradine sembrano tutte percorribili, ma spesso ti trovi davanti un cancello semiaccostato che scoraggia un po’. Per l’andata ho preferito la strada bucolica. E il cancello semiaccostato; non me ne voglia il contadino.

Così costeggiando una vasta coltivazione di patate (che qui sembrano davvero aver trovato un habitat ideale), costellata di tubazioni per l’irrigazione a pioggia (ci saranno chilometri di tubi di plastica, e anche in questo caso la domanda sul destino di tutte queste infrastrutture è d’obbligo), si giunge finalmente in vista del mare. Sembra quasi di costeggiare la foce di un fiume, ma si tratta solo di una insenatura profonda, che tra l’altro ha persino la sua bella isola come conclusione del panorama. Sul lato nord le case, il solito guazzabuglio di abitazioni costruite a ridosso del boom degli anni 60 mentre su quello sud, per fortuna, la natura ha prevalso e non vi sono costruzioni di sorta. Il litorale risulta quindi abbastanza conservato e naturale.

Anche se l’occhio non può che soffrire nel vedere questo terreno letteralmente costellato di brandelli di plastica, strascichi delle coltivazioni, dei teli di pacciamatura ben poco ecologici che ancora vengono utilizzati in grandi quantità. Sarà che poi questa plastica è verde e si mimetizza meglio, ma al terreno non fa certamente bene. E arriva fin quasi al mare…

Spingendosi qualche decina di metri ancora più a sud, si arriva a ridosso della caletta di Ognina, un luogo veramente suggestivo e se non ci fosse all’orizzonte la silhouette di Siracusa potresti facilmente pensare di essere in qualche isola o località da sogno.

La spiaggia che si prospetta, riparata da un costone che lentamente si sta consumando ma che, con la sua bordura di piante, contribuisce ad isolarla e proteggerla, sarà lunga un centinaio di metri, una insenatura protetta e sabbiosa, il che la rende una zona appetibile e gradita, visto che poco più avanti tutto si trasforma in dura scogliera e ruvido pavè roccioso. Avevo scelto un orario poco indicato per le escursioni, ma arrivando qui proprio alle 13, la spiaggia era completamente deserta. Un angolo di paradiso ideale per un momento di solitudine e di contemplazione. E qui le cose da apprezzare sono davvero tante.

Ho provato naturalmente la temperatura dell’acqua, decisamente troppo fresca per concretizzare l’ipotesi del primo bagno di stagione, ma gradevole per una passeggiata sul bagnasciuga. Che peccato però dover contemplare anche qui brandelli di sacchetti di plastica, cocci di vetro smerigliati dalle onde e la consueta corona di bottiglie sulla spiaggia.

E dopo non molto ecco arrivare, con il suo tipico fragore, una scorribanda di moto da cross che un paio di volte hanno percorso la spiaggia con il corollario di frastuono, confusione e inquinamento vario. Probabilmente siamo in una zona protetta, ma a quanto pare non ci sono controlli di sorta; potrebbe essere un bene e stimolare il senso civico, ma per il momento questo è il risultato e la situazione.

Dopo una pausa di relax sulla spiaggia ho provato a costeggiare ancora il territorio vicino, giungendo fino alla Torre di Ognina, una sorta di punto panoramico non lontano da questa caletta. Si percorre un sentiero a fil di roccia sul mare, suggestivo e gradevolissimo. Lo spettacolo che si coglie dall’alto mostra chiaramente lo stacco tra la zona urbana e il resto del territorio, ancora intatto. Anche questa zona meriterebbe un altro approfondimento, con un semplice trekking che permetta di visitare le numerose insenature che si aprono man mano, fino ad arrivare alle prime case di Fontane Bianche.

E non poteva quindi mancare un album fotografico su questo luogo meraviglioso

Purtroppo abbiamo anche questo…

Purtroppo abbiamo anche questo…

Una bella domenica di sole, in controtendenza con l’inverno nel pieno del suo corso. L’ideale per una uscita in bici, verso zone verdi e deliziose, che non mancano qui vicino a Siracusa. Ma le sorprese tendono l’agguato e questa volta in chiave ben poco gradevole.

Ero andato a colpo sicuro, verso il fiume Ciane; un percorso nel verde, accessibile e decisamente piacevole. Una strada già percorsa varie volte, e con il poco tempo a disposizione poteva essere la soluzione ideale. Pregustavo già i colori, il verde, l’ambiente bucolico (nel vero senso del termine…!)

Ma appena giunto all’ingresso del sentiero, un lucchetto e un cartello. “A causa delle intense precipitazioni e dell’allagamento del sentiero… Vietato l’accesso”. Conosco ormai il posto e varie volte mi è toccato pedalare in mezzo a pozzanghere anche molto estese. Vabbe’, ci può stare e a volte può anche avere il suo fascino. Ma capisco l’esigenza dovuta a evidenti problemi di sicurezza.

Anche se le forti precipitazioni di questo periodo mi sembrano veramente poca cosa. Finora (gennaio 22) abbiamo avuto solo un paio di giorni di precipitazioni, con un totale di 42,5 mm di pioggia; nel mese di dicembre ancora meno, solo 8 mm di acqua. Sarà un lodevole senso di protezione… Comunque, si cambia itinerario e si continua a pedalare in quella zona. Aggiro il terreno e controllo anche la parte finale, proprio vicino alle sorgenti. Anche qui trovo il cartello per la sicurezza e così provo a riprendere la via di casa continuando la strada che costeggia il B&B del Papyrus (e mi segno l’indicazione che parla di un “museo contadino”, sarà per una prossima volta).

Traversa Testa Pisima da GMaps – car at work?

Mi ritrovo così a percorrere una strada bianca, di campagna, la toponomastica e Google mi informano del nome: Trasversa Testa Pisima. Siamo nel bel mezzo della campagna, pianura vasta, molte zone ben tenute, coltivate e lavorate da poco.

Ma poi la strada si ammanta di quel vizio tipico del cittadino del XX secolo …andato a male e si iniziano a vedere mucchi di spazzatura sui bordi e pian piano la strada si trasforma in una vera e propria discarica a cielo aperto. Buttiamo pure a cielo aperto, ma ben lontano da casa nostra, tutto quello che fa problemi, chissenefrega… Ma “casa nostra” ci sta già presentando il conto, ormai ce ne rendiamo conto.

Sembra di attraversare il luogo di raduno di numerosi e piccoli “cantieri conclusi”; pezzi di amianto, bidoni di pittura, mobili, numerose tracce di incendio. Insomma, uno spettacolo già visto ma che non mi sarei davvero aspettato da queste parti.

E curiosamente, sbirciando da Google Maps, si vede persino immortalata una macchina che sembra quasi impegnata in un momento di “scarico” materiali…

Sicuramente la vastità del territorio comporta anche la possibilità di questo degrado, anche i pochi residenti della zona certamente possono fare ben poco (e vedo ben poche case, lungo la strada). Mi tornano in mente i vari luoghi incontrati altrove, nelle mie scorribande in bici e la memoria va ovviamente alla Terra dei Fuochi, vicino a Giugliano. Ma lì ormai il degrado sembra connaturato al panorama. Qui a Siracusa speravo che ci fossero solo delle sporadiche e passeggero presenze di questo vizio. Qui le dimensioni del fenomeno sono veramente imponenti e le foto sono impietose, documentando un panorama veramente squallido. Un segno pesante.

Più che segnalare la cosa (già, ma a chi? allo sportello del cittadino sul sito del Comune? ci proveremo, visto che nella sezione relativa alla gestione rifiuti non sembra possibile segnalare simili inconvenienti) resta la delusione e la rabbia dell’impotenza.

detto fatto, ecco la risposta (in giornata, e questo non è un dettaglio da poco):

sportellocittadino@comune.siracusa.it -> 14:48
Gentile utente abbiamo inoltrato la sua richiesta all’ufficio di competenza
CORDIALMENTE – Sportello del Cittadino

staremo a vedere…

Ecco le foto di questa discarica a cielo aperto – Traversa Testa Pisima