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Prima della prova costume…

Prima della prova costume…

Se la riapertura finalmente diventa realtà, tra non molto si inizierà il solito balletto pubblicitario della “prova costume” in vista delle vacanze. Ma credo che sarebbe più saggio iniziare a fare la “prova spiagge”, per verificare come siamo messi e la qualità del nostro litorale.

Trovandomi nella splendida Siracusa, una zona che avrebbe risorse invidiabili e sinceramente ben poco valorizzate, ho avuto modo di percorrere un po’ le diverse spiagge accessibili (e anche qui si spalancherebbero altre belle domande, visto che troppi luoghi e tante zone a spiaggia sono difficilmente raggiungibili…). Dal centro, con la piccola spiaggetta *** (sto cercando il nome locale di questa spiaggetta, ma i miei amici siracusani stentano a rintracciarlo! strano che su GMaps ci sia solo il termine in francese, “plage du coucher du soleil“), fino alla spiaggia sottostante la chiesa di s.Martino, meta abituale di bagnanti e di lettori in cerca di quiete serale (per me almeno è così, e poi Anna mi ha detto che la temperatura, anche d’inverno, di questo angolo riparato, è sempre di 3-4 gradi superiore a quella del livello stradale!).

Ma le spiagge più naturali si trovano ovviamente lasciandosi un po’ il centro alle spalle, o in direzione di Catania, quindi verso un quasi Nord, o in direzione opposta, andando verso la riserva del Plemmirio. E di spiagge ce ne sarebbero. Peccato che l’incuria sia purtroppo la cifra dominante e non si noti una pur minima valorizzazione dei luoghi.

Anche il semplice raggiungere queste spiagge diventa una sorta di camel trophy di non poco impegno. Puntando verso sud, ad esempio, uno dei pochi varchi si incontra lungo la statale Elorina, ma praticamente quasi fuori città. Nella zona dei centri commerciali (Crai, Lidl, Decò) ci sarebbero degli spazi interessanti da visitare (ad esempio curiosando da Google Maps), ma l’accesso non mi sembra fattibile, se non… dal mare (e ricordo le splendide foto dell’amico Pippo Ansaldi che mostrava spettacolari uccelli a pochi passi dalla riva, ben nascosti e protetti dalla città, forse una soluzione più sostenibile!).

Per riuscire ad arrivare al mare bisogna raggiungere il punto (37.058357048338685, 15.269250789478706 🙂 dove una deviazione punta verso il mare. Ci sono cantieri e rimessaggi a destra e sinistra. Giunti sul fondo si riesce a passare in modo “normale”, magari lasciando la bici sul piccolo piazzale di terra semibattuta che precede la spiaggia. Poi si scopre un mondo abbastanza diverso e tutto sommato, ancora vivibile.

Qualche barca “barcheggiata” qua e là, pontili in attesa di chissà quali attracchi e tanta sabbia. Ovviamente poco curata e zeppa di residuati da antropocene: plastica, cordami, lattine, bottiglie… Se ripenso ai tanti possibili metodi per una pulizia decente oggi disponibili (trattori con strumenti per filtrare e raccogliere la spazzatura, penso che non sarebbe un’impresa titanica restituire questi spazi alla cittadinanza.

Proseguendo sempre a sud si giunge presso la zona delle Saline, che spesso vado a visitare, sia per il luogo, per la foce del fiume Ciane e soprattutto per la presenza di tanti volatili. Sarebbe uno splendido luogo per il bird-watching. Basterebbe qualche postazione adatta per gli appassionati così da rendere questa località più appetibile. La zona delle saline è certamente un luogo suggestivo, nonostante la sua precaria condizione attuale.

L’ultima volta che mi ci sono avventurato ho scoperto un riparto scout in perlustrazione. Sicuramente la zona si presta a molte attività a contatto con la natura. Anche se percorrendo la spiaggia, della natura si coglie soprattutto il lato ferito e trascurato. Anche qui, infatti, la presenza più devastante della nostra specie si mostra copiosa. Viene da chiedersi quanti secoli, o millenni, servirebbero per curare queste ferite, togliere i materiali che deturpano l’ambiente. Purtroppo l’idea di andare ogni volta e portarsi poi a casa una busta di spazzatura sarebbe veramente uno sforzo inutile…

Rimane la nostalgia di spazi, di acque, di terra, che ricordano ben altro…

Qualche immagine dei diversi litorali siracusani

Un pizzico di sale

Un pizzico di sale

Quando l’anno scorso sono passato dalle saline di Trapani non pensavo proprio che un ambiente simile ci fosse anche a Siracusa. A dire il vero qualche cartello stradale, un po’ malconcio, ogni tanto l’avevo notato, lungo la strada Elorina che costeggia il mare a sud della città, ma le strade che andavano in quella direzione mi sembravano poco attraenti da esplorare. Ne avevo “assaggiata” una vicino alla foce del Ciane, ma dopo pochi metri a piedi, nella boscaglia fitta, il sentiero diventava impraticabile. Passare dalla zona opposta mi sembrava poco fattibile, ma… una prova ci può sempre stare.

A fine gennaio, sempre in bici, ho provato quindi a saggiare il terreno, passando proprio vicino ad un rimasuglio del faro Caderini (che a dire il vero è ben conservato, chiuso, intangibile e silenzioso), lasciando la bici vicino al passaggio semi abusivo che introduce nella zona delle saline. Ma a dire il vero non si coglie un granché di quello che poteva essere l’impianto originario, ormai abbandonato da anni. L’unico itinerario era costeggiando la riva, invasa da rifiuti, tronchi, macerie, un sentiero poco invitante. E’ comunque un punto di osservazione molto piacevole per cogliere tutta l’estensione di Siracusa, che si prospetta proprio davanti agli occhi; se poi si aguzza lo sguardo (e l’obiettivo), sullo sfondo campeggia, innevato, l’Etna. Da spettacolo!

Unica cosa degna di nota, nei ruderi (a dire il vero sono edifici di questo millennio, che dovevano ospitare un nonsobenecosa museo del mare), ho persino incontrato due giovani di passaggio che si erano rifugiati per qualche giorno proprio in quelle strutture: lui veniva dalla Svizzera e lei dalle Puglie, un mix inconsueto di refrattari alla civiltà (“niente soldi, facciamo qualche lavoretto in cambio di ospitalità“), alla ricerca di uno stile di vita sicuramente più slow e controcorrente.

Sul web non è difficile trovare informazioni sulle saline di Siracusa, basta cercare con questi 2 termini ed escono fuori diverse pagine, che sia Wikipedia o un altro sito turistico locale. Ma una pagina meno facile da scovare, con la storia di questa località, permette di capire meglio la sua origine e quindi il suo triste stato attuale, in completo abbandono da oltre 40 anni, nonostante i progetti e le velleità di farne un centro espositivo, museale o cose del genere. Comprese le conferenze e i convegni che, periodicamente, cercano di riportare l’attenzione su questi luoghi. Curiosando poi tra le foto disponibili sul web, se ne trova qualcuna che permette di cogliere, dall’alto, l’estensione di questa zona. Ho aggiunto anche la visione satellitare da GMaps per un confronto. Si tratta di una bella zona di territorio, umida, pianeggiante, attualmente libera da costruzioni o altri manufatti; purtroppo un po’ abbandonata e ancora poco valorizzata. Insomma, vale la pena esplorarla un po’.

E allora, a metà mese, eccomi di nuovo alla ricerca di un sentiero più agibile. Giungo fino al ponte sul fiume Ciane (a dire il vero quel ponte supera ben 3 corsi d’acqua, l’Anapo, un altro canale e il Ciane, per una terra avara di acque non è male un terzetto del genere. Sapevo che proprio vicino al ponte c’era un punto di osservazione, con casetta in legno e pontile sull’acqua, un luogo pittoresco e piacevole che avevo già visitato altre volte. Ma appena entrato nella zona riservata ho notato con piacere un po’ di pulizia in più e il sentiero che avevo sempre visto impenetrabile, adesso era piacevolmente aperto e invitante.

In pratica dalla strada asfaltata parte un sentiero in terra battuta che giunge fino alla riva del mare, costeggiando da un lato il Ciane e inoltrandosi così dal lato nord nella zona delle saline. Si vedevano ancora fresche le tracce di un mezzo pesante, probabilmente un trattore, utilizzato per la pulizia e rendere percorribile il sentiero. E sarà che la gente è pigra, che la zona non è molto segnalata, che ancora in pochi sono attratti da questi angoli naturali, insomma, non c’era proprio pericolo di assembramento! Nessuno all’orizzonte, strada pulita, poche tracce di invasione umana.

Si giunge così facilmente fino al mare, qui il discorso cambia perché la riva non è proprio un luogo piacevole, ci si trova ancora di tutto e provvede il mare a depositarci ogni sorta di rifiuti; ma almeno si prova la nostalgia di come potrebbe essere un posto del genere; pozze di acqua salmastra, distese liquide , canneti, piante lacustri, uccelli che ogni tanto prendono il volo…

L’incontro più originale della giornata ha dell’inaspettato: ad un certo punto vedo giungere sul sentiero che avevo appena percorso un sub tutto bardato, ancora con la maschera e il boccaglio, le pinne in una mano e il bottino nell’altro, due o tre notevoli branzini. Per lui era la strada più breve, di terra e di acqua. L’uomo e il mare, mi veniva da pensare… e fino a quando il mare viene vissuto in questa dimensione individuale credo che la sostenibilità non ne risenta.

Lungo la strada del ritorno mi sono fermato praticamente ogni 4 o 5 passi, gli scorci erano davvero suggestivi e fare scorta di panorami, luci, vento che accarezza le erbe… non è mai abbastanza. A far galoppare la fantasia ci si poteva immaginare di essere finiti, ogni tanto, in qualche palude alpina, alla foce di mitici fiumi (e il Ciane in fin dei conti, lo è) o in qualche savana, qualche rimasuglio di duna costiera….

Certamente queste zone, tra acque di mare e di fiume, piante rigogliose e caratteristiche (il papiro del Ciane è davvero una caratteristica unica, compensata solo dalla presenza ingombrante degli eucalipti, molto abbondanti in questa zona e che a quanto pare andavano di moda fino a quando non si è capito che è meglio lasciarli crescere nel loro habitat giusto). So che si possono fare escursioni in canoa o kayak lungo le coste e nella foce dei fiumi. Ma per quello aspettiamo ancora un po’ la stagione più calda…

E per dare un’occhiata, ecco qua un po’ di foto sulla zona delle saline di Siracusa

E vai con la bici

E vai con la bici

Sabato 12, ecco quasi finita la mia prima settimana siracusana. Cominciamo presto perché Mario sta partendo. Dopo 3 anni di presenza infaticabile nella comunità Mario Araya vuole continuare la sua missione, come laico marista, in una nuova prospettiva: sarà a Tabatinga, in Brasile, crocevia tra Perù e Bolivia, città in forte espansione, snodo dei narcos di mezzo sud America. Auguri…

Così, dopo la sua partenza inforco la nostra bici (ho fatto bene a lasciare l’altra a Giugliano, speriamo che Onorino la degni di qualche pedalata) e superato il primo pezzo in salita, purtroppo inevitabile, eccomi pronto a iniziare la pista ciclabile di Siracusa. E’ dedicata alla figlia del mitico immersionista in apnea Enzo Maiorca, un siracusano doc. E proprio la somiglianza con la pista di Sanremo mi ha spinto ad assaggiarla subito.

La pista inizia dalla periferia nord della città, si snoda lungo quella che era la linea ferroviaria che collegava Targia con il centro di Siracusa; di fatto era un ostacolo per l’accesso al mare, per questo non era molto gradita come via di comunicazione. Dopo la chiusura della ferrovia, nel 1998, lo spazio era rimasto vuoto; per fortuna dal 2008 la costruzione della pista ha migliorato decisamente questa zona, potenziando le infrastrutture turistiche della zona, offrendo uno spazio veramente incantevole. Sto cominciando a conoscere questa pista e la prima impressione è decisamente positiva. Il percorso non è lunghissimo, circa 7 chilometri, molto pianeggiante (meno male!) e si sviluppa seguendo la costa, che qui è molto alta e frastagliata e quindi riserva molte sorprese. Ad esempio tanti pescatori che si affacciano sul mare per il loro hobby, tanti che portano a spasso il cane, turisti con le immancabili racchette, qualche ciclista (non troppi, a dire il vero) e qualche curioso attento ai dettagli che non mancano. Pochissime piante, ciuffi di fichi d’india, suolo carsico poco ospitale, arbusti da macchia mediterranea, eppure qualche mucca ogni tanto vi deve essere passata 🙂 viste le abbondanti tracce.

Ieri ho visitato uno dei luoghi più suggestivi del percorso, la tonnara di s. Panagia (qui un po’ di greco serve sempre, per capire i nomi, pan=tutto, agia=santa, il titolo della chiesetta rupestre dedicata a Maria). Vecchio stabilimento per la lavorazione del tonno che un tempo veniva spinto a riva e pescato. Ormai non si usa più, prevalgono le tonnare “mobili”, cioé in alto maro. Così il luogo ha chiuso negli anni ’70 e adesso risulta totalmente abbandonato nonostante i desideri che si leggono in rete (farne un museo, ristrutturarla, trasformarla in resort…); certamente la vicinanza con gli impianti petrolchimici che si intravedono a poca distanza non migliorano il paesaggio, tanto meno l’incuria delle spiagge può incoraggiare. Sarebbe un gioiello questa costiera, se non fosse puntellata di spazzatura e detriti. Si avverte quella sorta di abbandono e di scarsa valorizzazione delle risorse che rivela poca attenzione ad un territorio potenzialmente splendido.
Non sono riuscito a scoprire il passaggio per entrare nella chiesa rupestre che si trova vicino alla tonnara. Troppa vegetazione, troppa umidità (abbiamo avuto diversi giorni di pioggia forte un paio di giorni fa) e non ero attrezzato per fare l’Indiana Jones delle rupi 🙂 . Sarà per un’altra volta.

Poi sono andato alla ricerca della Sorgente Acqua delle Colombe, avevo già esplorato in rete il percorso; ma quando poi ci sono arrivato davvero vicino…, dopo aver percorso la scalinata a picco sul mare, molto cautamente per il suolo un po’ viscido e dopo aver notato che… mancano gli ultimi scalini per arrivare davvero alla sorgente, ho deciso di accontentarmi delle foto, l’acqua la berremo una prossima volta.

E logicamente ecco un po’ di foto sul percorso della ciclabile Rossan Maiorca