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Una domenica a passo veloce

Una domenica a passo veloce

Il tempo qui a Melilla passa davvero veloce. Ero convinto di trovare spazi per ragionarci su, riflettere, raccontare, presentare qualche libro interessante, poi invece… la realtà è sempre più rapida delle buone intenzioni.

Ad esempio, domenica scorsa, era la giornata in cui si correva una marcia non competitiva per sostenere la ricerca contro il cancro; siccome quasi tutti i pomeriggi siamo coinvolti con le persone del Proyecto Alfa, che sono tutte donne musulmane, avevamo fatto un po’ di persuasione per invitarle a partecipare a questo evento pubblico, visto che spesso nella città gli “eventi” sono abbastanza divisivi e quasi vissuti in modo separato; gli spagnoli vivono i loro e il resto della città osserva e viceversa quando tocca alla folta rappresentanza marocchina. Ma visto che i marocchini in città sono una componente che ormai sfiora il 50% se non di più, ci sembra importante sottolineare e condividere questi momenti per viverli tutti insieme. La convivenza nel rispetto delle differenze è un po’ nel nostro DNA.

Così abbiamo invitato anche i nostri “ragazzi”, quelli che con il Progetto Fratelli incontriamo diverse volte alla settimana per momenti formativi, alfabetizzazione, discussione e dialoghi in lingua spagnola. Stiamo collaborando con i centri per minori della città e quasi ogni settimana ci sono delle new-entry. In questo periodo gli ingressi dei migranti sub-sahariani sono praticamente inesistenti (ormai da un paio di anni), mentre dalla zona marocchina lo stillicidio è persistente.

Come arrivano? Semplice, secondo loro, a nuoto! Passano dal mare della zona di Nador e finiscono sulle spiagge di Melilla; si tratta di poche unità, ma ne conosciamo già diversi (anche ragazze!) e siccome non masticano praticamente nulla di spagnolo, il lavoro da fare è proprio quello di introdurli non solo nell’ambito linguistico, ma soprattutto in quello di una nuova cultura, una società per molti aspetti davvero antitetica alla loro precedente esperienza.

Domenica mattina i ragazzi presenti erano solo 4, mentre negli incontri arriviamo anche a una dozzina, ma il numero non ci preoccupava di certo. Era una giornata di festa, sole splendente e passeggiare nella allegra confusione di Piazza di Spagna, punto di partenza e arrivo di questa manifestazione, era già interessante e gradevole.

Nel bel mezzo della folla abbiamo incontrato anche le bambine e le ragazze del centro della Divina Infantita, che durante l’estate erano il gruppetto più affiatato della nostra colonia estiva, tutte baldanzose del loro pettorale con il numero e il nome in bella evidenza.

Insieme a Jesus ci siamo soffermati a salutare i diversi amici che si incontravano, persone dell’Istituto, professori, volontari… fare una foto con le rappresentanti del Proyecto Alfa insieme a Farida (e Jesus a divertirsi a fare le boccacce sullo sfondo…), festeggiare gli atleti che tagliavano il traguardo, incitare i piccoli (che hanno aspettato sul filo della partenza per quasi un’ora…). Insomma, un modo interessante per passare la mattinata insieme.

Per concludere era previsto anche uno spettacolo nel teatro, ma siccome di domenica sono solitamente impegnato in cucina… ho salutato i ragazzi all’entrata del foyer, ben sapendo che per qualcuno di loro era la prima volta che varcavano la soglia di un teatro.

Ottobre 2024 – ecco l’album fotografico di questa bella mattinata di sole in marcia per Melilla

#pontedicorpi

#pontedicorpi

Si fa presto a dimenticare le immagini, le notizie e i reportage di quello che si pensava impensabile. Nel cuore della nostra Europa, a pochi passi dall’Italia, sulla ormai famigerata rotta dei Balcani, scene che vorremmo relegare ai gulag o ai campi di sterminio. E invece sono ancora con noi.

Con il diluvio di notizie e altri problemi che ci attanagliano, dai vaccini alle zone rosse incombenti, si fa persino presto a cambiare canale e togliere dalla mente queste situazioni. Ce lo possiamo permettere perché nonostante i problemi e le tragedie nostrane, il nostro tenore di vita, la quotidianità, è ancora intessuta di normale benessere. Ma tra il voltare lo sguardo e puntare al prossimo intrattenimento c’è ancora spazio per la memoria e l ‘ascolto.

Qui a Siracusa, con diverse associazioni, abbiamo accolto anche noi l’invito di Accoglierete per realizzare un piccolo evento nella nostra città. Prima un semplice tam tam sui social, poi in settimana anche il semplice realizzare qualche striscione, organizzarsi per essere presenti come piccolo stimolo, o pungolo, per le persone che lentamente stanno ricominciando ad assumere ritmi di normalità. Anche a Siracusa i fine settimana cominciano a sembrare meno desolati e vuoti, gruppi di persone, turisti, iniziano a muoversi e a sciamare per il centro di questa cittadina unica.

Ci siamo ritrovati nella sede del Ciao, qualche giorno fa, a preparare lo slogan che avrebbe fatto da orizzonte. Facile dare una piccola mano per colorare le scritte, così, tanto per ritrovarsi con persone dalle origini più disparate, un’artista tedesca, una belga, la nostra Maria di Avola che, con la scusa di essere anche docente di arte presso la scuola media, ha facilitato a matita il lavoro. Una scritta semplice, liberate le frontiere, contornato da quel filo spinato che sembra così di moda oggi tra un confine e una legislazione in cui dovremmo sempre venire per primi noi, chiunque siamo, purché non gli altri. E tra una pennellata e l’altra vanno anche i discorsi, le parole, lo scambio di idee.

Come se non bastasse sta ritornando, come ogni stagione, anche il problema dei lavoratori migranti di Cassibile, che causeranno anche quest’anno interminabili discussioni, incontri, tentativi di regolarizzare questa incredibile situazione. Così le coperte che si volevano utilizzare come simbolo vengono presto dirottate in questa più urgente necessità, perché a poche settimane dall’inizio della raccolta nei campi, il freddo è ancora intenso, anche qui dove le temperature sono decisamente più miti.

Finalmente, questo sabato, dalle ore 12 in poi, si è realizzato il semplice evento. Non eravamo folla, ma nemmeno il lievito ha bisogno di grandi numeri. Sulla spianata vicina alla Fonte Aretusa, una delle zone di più forte attrazione per i turisti, ci siamo disposti, con la giusta distanza, per ascoltare la motivazione di questo piccolo raduno. Cercare di realizzare un ponte simbolico per denunciare le continue violenze e i respingimenti di cui sono vittime le persone che tentano di raggiungere un luogo in cui poter vivere con dignità. Insomma, dare ali a questa farfalla per librarsi oltre il filo spinato.

Sembra quasi irreale leggere, come abbiamo letto, le notizie dell’indagine nei confronti delle persone che a Trieste si davano da fare per alleviare la situazione dei migranti che riuscivano a varcare i confini. L’accusa è nientemeno che di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. Mi viene quasi da chiedermi se non mi stia spostando pericolosamente anch’io su questa china assurda, tutte le volte che devo trattare per qualche forma di aiuto con qualche migrante coi documenti non in regola… E se penso che quel pericoloso attivista di Trieste, Gian Andrea Franchi, ha la veneranda età di 84 anni… penso con un pizzico di sollievo che, se gli anni passano, non è detto che ci si spenga in modo automatico e si diventi insensibili.

Questo momento condiviso, l’ascolto di alcuni testi evocativi, il sentirsi convocati per un rigurgito di umanità, con il mare di fronte, sotto un sole che forse nei Balcani, adesso, se lo possono solo sognare, è stato un piccolo gesto di responsabilità, una sorta di preghiera laica (ma non sono forte nelle nette separazioni tra laico e religioso) per ricordarci le cose importanti. Da ricordare e scolpire forte nel cuore, come le parole di Prino Levi, lo shemà di cui la nostra cultura dovrebbe fregiarsi con più frequenza.

E se qualcuno volesse approfondire l ‘argomento, ecco un dossier interessante su La rotta balcanica (da Altreconomia)

Ecco nell’album alcune foto dei preparativi e dell’evento
#unpontedicorpi vissuto oggi, 6 marzo 2021, a Siracusa