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Visita della sinagoga di Melilla

Visita della sinagoga di Melilla

Ed eccoci in visita alla Sinagoga di Melilla; a prima vista ci si imbatte nel dehor di un bar, con i suoi tavolini e le sedie, in un piccolo rientro dalla strada, non lontani dalla chiesa del Sagrado Corazon. Una scala al fondo porta ad inoltrarsi nei vicoli, tra case ormai un po’ logore dal tempo.

Non aspettatevi un ingresso maestoso, con portali e insegne. Un semplice portone, da condominio, con il simbolo della stella davidica, come anche tutte le altre porte del piano terra di questo edificio. Si sale fino al secondo piano di questo palazzo prima di giungere al cuore di questa sinagoga, la principale delle attuali 6 sinagoghe presenti a Melilla (il nostro anfitrione, Salomon, ci racconterà che a metà secolo scorso il numero era ancora maggiore, raggiungendo la soglia delle 26, ma si sa, la sinagoga riveste soprattutto un carattere familiare più che istituzionale). Così entriamo nel cuore della Sinagoga Or Zaruah.

Il nostro gruppo si raduna nella zona centrale, proprio davanti al tavolo sul quale svetta un grande candelabro. Ecco il primo problema: ci aspettavamo una classica menorah con 7 bracci, ma qui troviamo una piccola anomalia: i bracci sono 8; un candelabro perfettamente simmetrico. E la domanda inizia a sedimentare.

Salomon ci spiega qualcosa della presenza ebraica in questa città, in controtendenza con quanto avvenuto nella Spagna del dopo-reconquista. Qui nessuna espulsione o veto; le numerose famiglie ebraiche hanno continuato, rafforzandosi, la loro presenza e confermando i caratteri di una pacifica convivenza nella situazione locale, che vede una presenza massiccia di cattolici e musulmani (gli hindù sono un retaggio recente e numericamente esiguo).

Ci illustra i vari elementi della sinagoga, come tutte abbastanza spoglia e ornata solo di qualche lapide commemorativa, splendidi lampadari, finestre dai vetri colorati e poco altro. Oltre alla menorah centrale ci sono poi i supporti che servono per ospitare i rotoli del libro sacro. A questo punto ci ricorda che i sacri testi della bibbia sono ancora quelli scritti nella versione più antica, senza nessuna facilitazione per le vocali (come è invece il testo masoretico che aggiunge piccoli segni, “spiriti” alle diverse consonanti semitiche) e quindi il lettore deve essere ben esperto. E finalmente ci spiega il mistero degli 8 bracci: solo Dio è perfetto e quindi questa imperfezione, questo sbaglio diciamo, ci ricorda una verità profonda. Mi sembra quasi di ricordare l’abbazia di Staffarda, con le sue errate proporzioni, gli errori voluti di architettura che quasi sfidano la statica, con il medesimo intento di ricordarci che la perfezione è solo divina e noi possiamo solo avvicinarci a questo traguardo, senza però raggiungerlo. Questa, almeno, la sua spiegazione.

Sul retro spicca il matroneo, simile ad un coro nostrano; è ancora oggi il luogo dove si radunano le donne per la preghiera dello shabbat; per le nostre professoresse in visita, però, nessun problema, i “turisti” sono altra cosa rispetto ai fedeli. Agli uomini non è stato nemmeno richiesto di mettere una kippà in testa (altro simbolo che il Signore, l’altissimo, è “al di sopra di tutto e tutti”) che rimangono disponibili sul tavolo all’ingresso.

Uscendo notiamo un pannello elettrico con numerose candele votive accese: è il modo concreto di ricordare i defunti recentemente scomparsi. Nel cimitero locale c’è uno spazio per gli ebrei (quello musulmano invece, dati i numeri, è situato in altra zona) ma questo ricordo immediato risulta molto più evidente e concreto.

Interessante anche ascoltare da un ebreo come viene vissuto il sabato, superando certe visioni un po’ pittoresche (nessun lavoro, nessun gesto servile, nemmeno il cucinare…), l’esempio del cellulare, che risulta interdetto per l’intera durata del sabato convince più di altre esegesi: poter dedicare questo tempo sacro alle persone, alla preghiera, bypassando totalmente il resto delle attività settimanali, senza le continue distrazioni di una chiamata, di un messaggino, di un selfie… è un richiamo forte e significativo.

anche qui riporto l’album fotografico del nostro tour dei luoghi sacri di Melilla