Dalla parte giusta della strada
Ogni tanto mi chiedono di dove sono: ormai provo a rispondere che sono “quasi” siciliano, oppure che non lo sono ancora ma che mi sto attrezzando. Non credo sia necessario coltivare tutte le virtù (e i difetti) di un luogo per farne parte a pieno titolo. Mi accontento di sentirne la parlata, cominciare a coglierne le sfumature meno sfacciate, assaporare il gusto più semplice e quotidiano che rendono quest’isola così particolare.
E i libri servono davvero ad entrare nelle pieghe del quotidiano; mi sono imbattuto in questo testo quasi con la convinzione che fosse di tono tutt’altro che serio, insomma, una sorta di “la mafia uccide solo d’estate” parte seconda.
Anche perché conoscevo già la verve di Pif, ma a mente distratta pensavo addirittura che l’altro autore, Lillo, fosse la spalla di Greg. Poi mi sono reso conto che è invece un autore e giornalista di ben altra tessitura.
E forse, leggendo bene titolo e sottotiolo, qualcosa trapelava già con evidenza: Io posso, due donne sole contro la mafia, di Pif e Marco Lillo
Insomma, equivoci leggeri per un testo che invece parla ben d’altro.
La vicenda è l’incredibile lungaggine burocratica che ha assillato e segnato la vita di due donne di Palermo, proprietarie di una casa caduta sotto le mire di un costruttore in odore di mafia (un odore piuttosto forte, si scopre poi nel testo). Il palazzinaro in questione millanta il possesso di questa casa, l’unica che gli mancava per poter aprire il cantiere e da qui parte l ‘odissea di un palazzo a ridosso di un parco di Palermo.
La narrazione si snoda quasi come un giallo, i colpi di scena però sono le incredibili incongruenze delle leggi, delle regole, dei ritardi burocratici, delle sentenze che si basano all’infinito su altre sentenze. La finale kafkiana di queste due vittime della burocrazia è che devono pagare fior di tasse su un rimborso che non è mai arrivato. E sembra che l’Agenzia delle Entrate nulla possa contro questa assurdità. Questo forse è l’aspetto più drammatico e deludente della vicenda.
Esistono realmente situazioni assurde simili, problemi che persone e famiglie si trascinano per lungo tempo, nell’impossibilità di risolvere le cose e poter quindi vivere in modo dignitoso.
La Palermo abitata da vari personaggi noti alle pagine di cronaca, spesso nera e rossa, rende possibile questo impianto: si incontrano nel testo gli eroi e gli sciacalli, Borsellino e Brusca, il killer che scioglieva nell’acido il corpo di un giovane ragazzo. Spesso tra le righe trapelano episodi e situazioni che sono ormai parte del nostro immaginario collettivo (vedi alla voce mafia).
Parlarne, mettere in evidenza queste cose, non tacerle è già un modo per evitare che si ripetano troppo spesso.
E anche un libro, alla fine, diventa un mezzo concreto per rimborsare, recuperare credito, cambiare il corso delle cose. A questo dovrebbe servire la letteratura.
Di pittoresco e turistico non c’è proprio niente in questo snello libretto (si legge in un paio di ore) e la Sicilia che fa da sfondo, è quella che ritorna nella memoria degli autori. E con tutte le bellezze che nasconde è proprio un peccato che debba fare da cornice a queste vicende.