Un Libano divino
Butto giù due riflessioni su questi giorni a zonzo per il Libano, grazie alla cortesia dei maristi locali (qui l’ospitalità è un rito!). Scoprire e visitare un nuovo paese, con caratteristiche così differenti dai propri luoghi soliti è un regalo e un’opportunità preziosa. Si rubano con gli occhi scorci e segni di esperienza che richiederebbero anni. Ne vale la pena, viaggiare con gli occhi e il cuore aperto. Soprattutto rimangono le immagini. E’ vero, potevo portare la fotocamera, più professionale, risoluzione super, zoom da favola… ma tra l’ingombro e l’agilità, alla fine vince la seconda e ci si affida ormai al cellulare (e comunque se penso alle foto che potevo scattare in Amazzonia, solo 15 anni fa, il paragone non si pone manco, passando dai miserrimi 3 Mpixel agli attuali 16 di un normale cellulare!)
Prima tappa: il monastero ortodosso, il luogo della prima stamperia di tutto il Libano (viene in mente Subiaco, che dopo pochissimi anni si era già dotata della macchina di Gutenberg, ovvio che qui le distanze spostano la data alla metà del 1500). Si trova nella valle santa. Se hai le vertigini hai poche probabilità di farti monaco da queste parti; un po’ per difendersi dalle invasioni cicliche, un po’ per starsene tranquilli, li trovi solitamente arroccati nelle gole, sui precipizi, su rocce a strapiombo. Ma che fascino questi luoghi!
Seconda tappa: da queste parti c’è il paese natale del santo libanese per eccellenza, s. Charbel; tante analogie con padre Pio, persino nella casetta natale e nel paesino, ma qui decisamente più colorato e folcloristico.
E quindi facciamo tappa sulle alte montagne, per incontrare i cedri, i famosi cedri del Libano. Ci sono ancora, stanno lentamente iniziando a ripiantare queste magnifiche piante, per lunghi secoli solo sfruttati. Sono piante imponenti, immense, alcune sono aggrappate qui da oltre 3000 anni; tanti esemplari mostrano le cicatrici dei fulmini, delle valanghe (qui la neve non manca!). Facciamo un piccolo percorso in una delle più piccole riserve, 20 minuti respirando la resina di questi signori della montagna. Mi viene in mente l’Avez del Prinzep, a Lavarone, i pini cimbri di Entracque, i loricati della Calabria. Di fronte a queste piante non si può restare banalmente indifferenti, devi per forza sentirti parte di una natura ancora più grande, altrimenti, in questo caso, il vegetale sei tu.