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Tag: mare

Antiche fornaci…

Antiche fornaci…

Dopo aver aggiunto su GMaps la splendida caletta di Ognina (e mi meraviglio ancora che non fosse già presente), ho avuto anche la possibilità di …tornarci in piena estate con un amico. Avevo letto a fine luglio che si erano verificati dei crolli vicino alla spiaggia e temevo di trovare la zona chiusa. Invece tutto a posto. Anzi, ho capito anche meglio quale strada fare, senza invadere i terreni agricoli che circondano il luogo. Occorre passare dentro il porto (sperando che i cancelli siano sempre aperti) e costeggiare il fiordo.

Era un pomeriggio di inizio agosto, nella caletta c’era il giusto mix di famigliole con bambini al seguito (e chi di noi da bambino non è stato esploratore? qui ci si diverte davvero!). Dopo un primo bagno e aver capito che per entrare in modo meno doloroso in acqua, visto che il fondale è piuttosto scomodo, occorre farlo sul lato destro, proprio vicino alle rocce, dove il fondo è più sabbioso, ci siamo deliziato dell’acqua. Pulitissima e vivace, brulicante di pesciolini.

Ma prima del rientro ci siamo avviati lungo il sentiero che porta alla torretta di avvistamento. E’ sempre suggestivo trovarsi in riva al mare e dover dribblare le “buse” delle mucche, che da queste parti sono la regola. Ma spinti ancora dalla curiosità abbiamo deciso di continuare a percorrere la costa, per vedere se c’era qualche altro luogo suggestivo. E infatti…

Prima abbiamo incontrato una grotta sul mare, poi alcune zone di roccia particolarmente bianca e poi ci siamo imbattuti in questo posto che davvero non ci aspettavamo. Una zona rocciosa sul mare piena di strane forme circolari scavate nella pietra. Un mix da far pensare, come al solito, a qualche base aliena, ad una architettura futurista, o resti di fortificazioni militari… Erano ormai le 19 di sera, zona praticamente deserta, con il sole che iniziava il suo tramonto, colori ancora più suggestivi. Un invito a tuffarsi in questo spicchio di paradiso e di forme insolite.

Una volta tornato a casa ho cercato documentazione su queste particolari rocce; su GMaps non compariva nulla, ma esplorando qualche antico sito informativo relativo ad Ognina, ecco illuminato il mistero. E anche qui si possono ammirare altre foto, probabilmente del luogo stesso

Mi sono così deciso a inserire anche questo posto sulla mappa di Google; nel giro di pochi minuti la proposta è stata approvata (si vede che gli omini della grande G erano al lavoro nel momento giusto) e da qualche ora è anche possibile visitarlo e cliccarci sopra.

E questa è stata la prima versione della recensione che ho preparato per GMaps:

Ecco un altro luogo spettacolare del litorale siracusano. Poco distante dalla torre di Ognina (e dalla relativa caletta), si incontra sulla costa questo luogo, particolarmente ricco di reperti archeologici. Le buche circolari che si trovano qui sono infatti i resti di antiche fornaci di epoca greco-romana; nella stessa zona si incontrano pietre particolarmente bianche, ricche di calcare e per ottimizzare la produzione di calce, erano stati realizzati questi forni; grazie alla presenza di legname (la zona è ricca di macchia mediterranea, alberi e cespugli dal legno particolarmente combustibile) si procedeva direttamente alla calcinazione del materiale, ricavandone così la calce, che veniva direttamente caricata sulle navi e commercializzata.

E questo un piccolo album di foto di questo angolo speciale della costa siciliana

Passeggiando a suon di natura

Passeggiando a suon di natura

Sabato 28, con un finale di maggio ormai camuffato da piena estate, mi sono ritrovato con tante altre persone a fare quattro passi lungo i sentieri della Pillirina. Dopo averla esplorata varie volte per mio conto, un po’ a piedi e un po’ in bici, vedere che qualcosa si muove sul versante della destinazione a riserva o parco di questa zona praticamente ancora intatta del nostro territorio, non può che far piacere. Girando per altre zone del Siracusano fa abbastanza tristezza osservare l’incuria, il cemento che avanza senza nessun ordine e grazia, le modalità “fai da te” imperanti senza un minimo di progettazione. Sapere che invece esiste anche una voglia diversa di valorizzare la natura, l’ambiente e la relazione che possiamo instaurare con questa realtà, è sicuramente positivo.

Mi aveva passato l’informazione Natalia, e non è stata una sorpresa trovare subito numerosi altri amici, di Accoglierete, dell’Arci, di altre realtà, degli scout (gli Assoraider che operano nella piazza di s.Lucia), tante altre sigle e associazioni, da Legambiente alla Natura Sicula, persino il gruppo Missio ad Gentes della diocesi, insomma, un variegato mondo di persone che hanno a cuore una natura meno funzionale e più autonoma.

Ovviamente ci sono andato in bici, ben sapendo che l’appuntamento non era proprio dietro l’angolo: 12 km per giungere alla conclusione della strada che termina in una sorta di piazzale-parcheggio. Era già un fermento di persone e gruppi, persino in bici (ma quelli erano professionisti della MTB, sui sentieri della Pillirina in bici proprio non me la sento di sfidare le rocce aguzze…), cani al guinzaglio, padroni felici… il mitico Erlend Øye che spiccava tra un saluto e l’altro.

Appena ci si è messi in moto ci si è subito resi conto della quantità di gente. Un migliaio, diranno nei giorni seguenti le tante testate che hanno seguito l’evento; forse un numero un po’ azzardato, ma sicuramente eravamo in tanti. Persino difficile ascoltare chiaramente le parole pronunciate a inizio percorso, per dare un senso alla marcia. Il referente di Lega Ambiente ha tracciato un po’ la storia degli eventi che stanno ancora segnando le difficili tappe di questo possibile e auspicabile parco. Sicuramente i tempi, l’attenzione per l’ambiente e una accresciuta consapevolezza della sostenibilità ambientale, in tutti i sensi, potranno finalmente avere la meglio.

Per questo abbiamo semplicemente ascoltato e poi continuato il percorso. Quasi in modo inaspettato, alla prima tappa, con lo sfondo delle scogliere selvagge e delle caverne scavate dal mare, Erlend ha sfoderato il suo ukulele e con il suo amico ha iniziato il suo concerto itinerante, assicurando che lungo il percorso ci sarebbero stati altri momenti musicali. Fosse anche solo per questo valeva la pena essere lì. Gli ho persino chiesto quando sarà la volta di un concerto dei suoi qui a Siracusa. Ma la risposta che mi è parso di cogliere era …che quello poteva considerarsi il suo miglior concerto e che per i gusti di Siracusa la sua musica forse era poco adatta. O poco richiesta? Eppure vive qui ormai da tempo, parla un fluente italiano e dalla sua iniziativa è evidente l’affetto che nutre per queste zone (voleva mettere sul piatto 1 milione di € per poter consentire alle persone l’accesso alle zone della Pillirina ancora contese e di proprietà privata…).

Forse il problema è proprio questo, come spesso capita: sono proprio gli “stranieri”, chi viene da altre zone ad apprezzare il bello e l’unico che in Siracusa è così diffuso e, purtroppo, ancora poco valorizzato.

Ma a forza di insistere, qualcosa sta cambiando…

E queste sono le immagini della passeggiata, con qualche video degli inserti musicali di Erlend

Metti Messina in Mezzo

Metti Messina in Mezzo

Siamo sulla costa orientale della Sicilia e ogni tanto ci scappa un salto a Catania, Modica, Ragusa, magari anche Taormina… tutte zone rinomate, attraenti e piene di sorprese. Ma pochi giorni fa, visto che il tempo libero ci consentiva un po’ di scelta, siamo partiti all’avventura per andare a visitare Messina. Inizialmente qualcuno storceva un po’ il naso, dicendo di aver letto poche recensioni significative e non ci venivano in mente luoghi o monumenti speciali di questa città. Come se Messina non avesse qualcosa di speciale da mostrare. O come se il terremoto del 1908 fosse l’unico dato degno di nota. E invece…

Nonostante il viaggio in macchina (da Siracusa ci vogliono praticamente 2 ore per arrivare fino alla punta della Sicilia…) appena entrati nella città ci siamo subito trovati a nostro agio. Il centro è raggiungibile in modo facile e si presenta molto facile da visitare; lungo il viaggio una rapida scorsa ai classici siti web con gli spunti di visita della città (le 10 cose importanti da vedere, i 7 luoghi imperdibili, i 5 scorci mai più senza…). Lasciamo la macchina vicino al Duomo e ovviamente questa diventa la prima tappa.

Ripensando al tragico terremoto del 1908 è difficile immaginare cosa sia rimasto in piedi dopo quell’evento. Adesso sembra tutto bello, elegante, in ordine; ma quando ti dicono che delle 3 absidi solo quella a sinistra, con il mosaico della Vergine, è stata risparmiata dal crollo, uno prova a pensare a tutto il lavoro di recupero e ricostruzione. Il Duomo ha un aspetto maestoso, solenne e di grande respiro; entri dentro e subito vieni catturato dal soffitto in legno, dal mosaico del Pantocrate che domina le 3 navate, poi si osservano i 3 gruppi di canne dell’organo. Ovvio, siamo di fronte al secondo organo di tutta Italia, con le sue 16mila canne e le sue cinque tastiere!

Ma è l’esterno che cattura di più l’attenzione, con il suo gioco di portali, fregi e decorazioni: sembra che la vigna la faccia da padrona, ne sbucano tralci e fogliame da ogni dove. poi se guardi bene, anche nella ricostruzione delle bifore laterali, scorgi il tondino in metallo che rivela il cemento, invece del marmo. Ma l’effetto è appagante. Subito a fianco della cattedrale si trova il grande campanile, e anche qui una sorpresa, ospita l’orologio meccanico più complesso del mondo. Ci segniamo subito l’appuntamento delle 12 per tornare a sentire e vedere il meccanismo in funzione.

Peccato per la fontana di Orione, dell’allievo di Michelangelo, in marmo bianco di Carrara, praticamente imprigionata nella struttura per il restauro e ben poco visibile; nell’insieme della piazza questi tre elementi sono veramente un fulcro di attrazione per i turisti. E oggi vale anche per noi.

Ci dirigiamo allora nei dintorni, scoprendo scorci in stile Coppedè con la chiesetta dell’Annunziata dei Catalani, che ormai si trova quasi 3 metri al di sotto del piano viario; poco lontano un’altra chiesetta semidistrutta, san Giacomo e poi ancora i resti di una chiesa gotica, s.Maria degli Alemanni, ora inglobata in una sorta di auditorium con banca allegata (o viceversa). Quanti popoli di passaggio hanno varcato la soglia della Sicilia, lasciandovi tracce consistenti.

Naturalmente torniamo in piazza per le 12; grande folla in attesa e piccola delusione nel constatare che i movimenti del complesso meccanismo sono veramente poca cosa, qualche passetto di statua, qualche ruggito registrato, l’Ave Maria di Schubert che fa da colonna sonora… ma tutti i cellulari sono alla ricerca del movimento appena accennato, di un battito d’ali d’angelo. L’intera scena si prende praticamente 15 minuti di tempo e catalizza tutti i presenti; nonostante la giornata freddina siamo davvero in tanti ad ammirare questo spettacolo.

Pranzo tranquillo in uno dei pochi luoghi aperti, in questo lunedì di pasquetta, una kebabberia indiana a pochi passi dal Duomo, in mezzo ad un via vai discreto di turisti ormai senza mascherina. Voglia di normalità evidente.

Nel pomeriggio proviamo ad alzare lo sguardo e il tragitto, per raggiungere il Sacrario di Cristo Re, una chiesa dedicata al ricordo dei caduti della prima guerra mondiale. Dall’alto dei suoi 60 metri di altezza offre un panorama completo della città, del suo porto e soprattutto dello stretto, che sembra poca cosa nel separare così nettamente l’isola dal resto d’Italia. La Madonnina del porto, la colonna che svetta sul molo, è il segno di benvenuto della città. Proviamo persino l’ebbrezza, un po’ bambina, di guardare dal cannocchiale che si trova sulla terrazza panoramica, per cogliere nel dettaglio la costa calabra, che sembra così vicina.

Lungo il ritorno ci dispiace constatare che il palazzo del Monte di Pietà e la Galleria Vittorio Emanuele siano purtroppo chiusi. Chiusi da parecchio, ci sembra di capire, guardando la ruggine sui lucchetti e le condizioni del suolo. Vorremmo quasi tentare la visita alla fontana del Nettuno ma le distanze e i tempi ci portano invece a riprendere la via di casa.

Insomma, niente male come cittadina, facile da girare, gradevole e accogliente. Complimenti, Messina

Ecco l’album di foto con la visita a Messina

Una caletta che merita…

Una caletta che merita…

Per prima cosa sbagli sicuramente l’accento. Ognina fa pensare a qualche ninfa svolazzante sulle onde, una Ondina esotica. E invece i siracusani ti guardano un po’ strano se metti l’accento sulla i; devi proprio sforzarti e farne di ogni per riportare le cose alla pronuncia corretta: ògnina, infatti.

Ma se poi decidi di inforcare la bici, approfittare di una splendida mattinata primaverile per andare a scovare questo angolo di paradiso, allora anche gli accenti scivolano leggeri. Però devi mettere in conto che una quindicina di km sono sempre una bella pezza di pedalata da considerare, la prima parte sulle strade trafficate di una Siracusa che inizia a sentire la bella stagione e poi, prendendo le stradine dell’Isola, su strade tranquille e scorrevoli: comunque lunghette.

In sintesi questo è l’itinerario, realizzato con l’App di Komoot

la zona di Ognina, su GMaps

Arrivati all’ultima rotonda ufficiale con il bivio per Ognina o Fontane Bianche, si apre il dilemma: passare dalla zona cittadina, con le sue innumerevoli costruzioni più o meno eleganti e spesso poco inserite in questo pezzo di costa, oppure tentare la via dei campi; dalle mappe le stradine sembrano tutte percorribili, ma spesso ti trovi davanti un cancello semiaccostato che scoraggia un po’. Per l’andata ho preferito la strada bucolica. E il cancello semiaccostato; non me ne voglia il contadino.

Così costeggiando una vasta coltivazione di patate (che qui sembrano davvero aver trovato un habitat ideale), costellata di tubazioni per l’irrigazione a pioggia (ci saranno chilometri di tubi di plastica, e anche in questo caso la domanda sul destino di tutte queste infrastrutture è d’obbligo), si giunge finalmente in vista del mare. Sembra quasi di costeggiare la foce di un fiume, ma si tratta solo di una insenatura profonda, che tra l’altro ha persino la sua bella isola come conclusione del panorama. Sul lato nord le case, il solito guazzabuglio di abitazioni costruite a ridosso del boom degli anni 60 mentre su quello sud, per fortuna, la natura ha prevalso e non vi sono costruzioni di sorta. Il litorale risulta quindi abbastanza conservato e naturale.

Anche se l’occhio non può che soffrire nel vedere questo terreno letteralmente costellato di brandelli di plastica, strascichi delle coltivazioni, dei teli di pacciamatura ben poco ecologici che ancora vengono utilizzati in grandi quantità. Sarà che poi questa plastica è verde e si mimetizza meglio, ma al terreno non fa certamente bene. E arriva fin quasi al mare…

Spingendosi qualche decina di metri ancora più a sud, si arriva a ridosso della caletta di Ognina, un luogo veramente suggestivo e se non ci fosse all’orizzonte la silhouette di Siracusa potresti facilmente pensare di essere in qualche isola o località da sogno.

La spiaggia che si prospetta, riparata da un costone che lentamente si sta consumando ma che, con la sua bordura di piante, contribuisce ad isolarla e proteggerla, sarà lunga un centinaio di metri, una insenatura protetta e sabbiosa, il che la rende una zona appetibile e gradita, visto che poco più avanti tutto si trasforma in dura scogliera e ruvido pavè roccioso. Avevo scelto un orario poco indicato per le escursioni, ma arrivando qui proprio alle 13, la spiaggia era completamente deserta. Un angolo di paradiso ideale per un momento di solitudine e di contemplazione. E qui le cose da apprezzare sono davvero tante.

Ho provato naturalmente la temperatura dell’acqua, decisamente troppo fresca per concretizzare l’ipotesi del primo bagno di stagione, ma gradevole per una passeggiata sul bagnasciuga. Che peccato però dover contemplare anche qui brandelli di sacchetti di plastica, cocci di vetro smerigliati dalle onde e la consueta corona di bottiglie sulla spiaggia.

E dopo non molto ecco arrivare, con il suo tipico fragore, una scorribanda di moto da cross che un paio di volte hanno percorso la spiaggia con il corollario di frastuono, confusione e inquinamento vario. Probabilmente siamo in una zona protetta, ma a quanto pare non ci sono controlli di sorta; potrebbe essere un bene e stimolare il senso civico, ma per il momento questo è il risultato e la situazione.

Dopo una pausa di relax sulla spiaggia ho provato a costeggiare ancora il territorio vicino, giungendo fino alla Torre di Ognina, una sorta di punto panoramico non lontano da questa caletta. Si percorre un sentiero a fil di roccia sul mare, suggestivo e gradevolissimo. Lo spettacolo che si coglie dall’alto mostra chiaramente lo stacco tra la zona urbana e il resto del territorio, ancora intatto. Anche questa zona meriterebbe un altro approfondimento, con un semplice trekking che permetta di visitare le numerose insenature che si aprono man mano, fino ad arrivare alle prime case di Fontane Bianche.

E non poteva quindi mancare un album fotografico su questo luogo meraviglioso

Around Capri

Around Capri

La nostra ultima tappa “seria” di questi splendidi giorni napoletani è stata a Capri. Era un po’ il sogno di Nina e Rosa e …sogno sia.
Nel senso che per andare a prendere il traghetto ci siamo dovuti svegliare proprio all’alba, scomodare il buon Damiano e recarci all’imbarco con il sole appena delineato all’orizzonte, insomma, poco dopo le 6, mezzi insonnoliti e sognanti!

Ma la partenza era quasi alle 8, colpa delle prenotazioni obbligatorie e dei tempi richiesti (almeno dalle info generali che pretendevano di essere presenti almeno 1 ora prima della partenza per ritirare il biglietto, manco fossimo all’aeroporto!

Comunque, belli freschi e un po’ assonnati eravamo sulla tolda della nave (fa un po’ troppo saga da pirati, diciamo sul ponte, allora) insieme ai tanti altri passeggeri. Il traghetto della Caremar non era proprio zeppo ma risultava comunque abbastanza pieno e la voce dagli altoparlanti continuava a ricordare l’uso della mascherina quando si scendeva sottocoperta, mentre all’esterno era possibile farne a meno.

Lasciare il porto di Napoli e vedere la città che si rivela nella sua interezza e poi sfuma con ondosa indolenza è sempre uno spettacolo suggestivo, il Vesuvio a fianco, ancora mezzo assonato e nascosto dalla bruma. Come nelle favole. E in poco più di un’ora si arriva a Marina Grande di Capri. Da qui inizia sul serio la nostra giornata isolana.

panorama di Capri all'arrivo: Marina Grande

Già che eravamo appena sbarcati abbiamo deciso di fare il giro dell’isola con uno dei natanti presenti; non avevamo previsto di entrare anche nella grotta Azzurra, ma abbiamo dovuto ugualmente aspettare parecchio tempo; lungo il percorso la voce del comandante illustrava alcuni dei punti più noti e caratteristici dell’isola, il grande faro (il 2° d’italia, dopo la Lanterna), la grotta Verde, i Faraglioni (con il bacio obbligatorio quando si varca l’arco, praticamente un must per i tanti turisti), la villa Malaparte…. vedere tutta l’isola dall’esterno aiuta a cogliere le sue misure, la sua altezza, il profilo, i paesini…. e Capri è un piccolo microcosmo di storia, geografia e social appeal!

Dal porto ci incamminiamo tranquillamente verso la Piazzetta, percorrendo con calma la stradina che costeggia la funicolare; abbiamo tempo e voglia di gustarcela con calma. E anche sbirciare nei giardini delle case, apprezzare l’ombra che oggi sarà preziosa, godere di panorami incantevoli aiuta la salita. E quando arriviamo in giro, senza quasi sapere che quei dehors, quella scalinata con le piante aromatiche, quella torre comunale con l’orologio sono gli elementi chiave di una delle piazzette più rinomate del pianeta, la rende quasi più normale e quotidiana. subito a fianco le terrazze panoramiche, per gustare un panorama incantevole.

Iniziamo a camminare con calma, ci gustiamo un po’ le stradine e poi decidiamo per uno spuntino a base di caprese (mica potevamo chiedere un Manhattan?) realizzati a regola d’arte dal salumiere più gettonato (ebbene sì, c’era quasi coda per i panini!). Pranzo con panorama unico. Dopo ci separiamo per non obbligarci tutti agli stessi itinerari: Rosa e Nina si dirigono verso la spiaggia di Marina Piccola, io comincio un po’ a girovagare, tra i vicoli, verso l’esterno di Capri centro…

Mi reco presso i giardini di Tiberio, dove so che inizia la lunga scalinata Krupp. Avevo coltivato da tempo l’idea di un percorso speciale, tutto in discesa, verso la spiaggia. Dai siti e dalle pubblicazioni dovrebbe fornire un itinerario alternativo per giungere alla Marina Piccola. Ma che brutta sorpresa arrivare proprio all’ingresso, trovarlo sbarrato e chiedere alla gentilissima operatrice comunale che controlla l’ingresso dei giardini e sentire che “Ma è chiuso da almeno 10 anni”…. Chiuso perché alcuni tratti sono a rischio frana, caduta sassi, insomma, le solite cose che innescano responsabilità varie e interventi di riparazione. In fin dei conti hanno avuto solo due lustri per aggiornare le informazioni, si vede che interessa ben poco 🙁 Eppure sarebbe proprio una discesa interessante.

Così dopo una capatina alla Certosa (chiusa anche lei, ma questo era scritto) prendo la strada ufficiale e scendo alla Marina Piccola, dopo la strada asfaltata intercetto la via Mulo che taglia radicalmente il percorso e in pochi minuti eccomi arrivato. Ritrovo Nina e Rosa a godersi il sole in spiaggia (beh, Nina cerca l’ombra, visto che oggi il sole picchia veramente). Un bagno a Capri non lo avevo ancora fatto, ma temo che non ne porterò un bel ricordo. Niente a che vedere con l’acqua cristallina e pulita di Amalfi. Qui, tra cordoni riservati alle barche, yacht ammucchiati in rada, liquami vari e troppo affollamenti, l’acqua non è proprio invitante. Ci galleggia veramente di tutto, dalle penne dei piccioni ai tappi di bottigliette. I ragazzi, incuranti, si lanciano dagli scogli, sfidandosi come al solito a chi osa l’ultimo appiglio o scalino, sulla spiaggetta ci si accalca, altro che distanziamento. C’è persino chi tenta una doccia rinfrescante sfruttando il rubinetto a disposizione dei turisti (basta essere un po’ contorsionisti e ci si riesce quasi).

panorama di Capri: arco di roccia di Tiberio

Dopo un po’ rinuncio e torno in cima. Volevo giungere fino all’arco di Tiberio, una roccia naturale traforata. E così dalla piazzetta si cammina, si cammina, tra case, B&B, hotel, negozietti improbabili che sembrano sottoscale e invece sono boutiques; poi gradualmente rimangono solo le case, villini, giardini curati con maniacale attenzione, e ancora case e ancora giardini. Fino a quando il borgo finisce e inizia il monte, con le sue rocce, gli scorci e le piante.

Superato l’ultimo chiosco e l’ultimo bungalow semiselvaggio, finalmente si arriva all’arco. Con tanto di spazio per la meditazione e la contemplazione; o almeno qualche fotografia, come si usa oggi. Mi concedo però una sosta più rilassata, a contemplare il panorama, cercando di dribblare quasi le innumerevoli barche che puntellano il mare.

Nina e Rosa all'inseguimento della verde Capri

E finalmente ci avviamo al ritorno, abbiamo preso la nave veloce delle 19, così da sfruttare al massimo il tempo a Capri. Un attimo di sosta al porto di Marina grande, una birretta insieme e poi ci si dirige alla partenza, non senza le foto di rito davanti alla gigantografia dell’isola. Per fortuna ho la piena collaborazione delle nostre due fantasiose modelle 🙂

E naturalmente anche per questa giornata Rosa ha preparato un sintetico video che ripercorre le cose più interessanti viste e vissute.

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E non poteva mica mancare l’album fotografico di Capri, dentro e …attraverso