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Tag: mediterraneo. letteratura

E la vita Caterina, lo sai…

E la vita Caterina, lo sai…

E la vita Caterina, lo sai
Non è comoda per nessuno…

Chissà in quanti si ricorderanno, da questa striminzita citazione di De Gregori, la canzone intera, una tenera ballata del 1982 (noi si era da quelle parti, a Roma); poi succede che nella vita alcune frasi, alcune melodie, ritornino come sottofondo, stuzzicate ad esempio da un semplice nome. Caterina, in questo caso.

Ho terminato da poco il testo Il Sorriso di Caterina, di Carlo Vecce, docente di letteratura italiana presso l’Orientale di Napoli, su una possibile ricostruzione dell’albero genealogico di Leonardo da Vinci. In pratica la “scoperta” della possibile madre. Ero rimasto colpito da un articolo in prima pagina sul domenicale de Il Sole 24 ore (uno dei miei hobby domenicali, anche qui a Melilla, grazie al web) che presentava questo libro, nato dalla scoperta di un documento da cui traspare la notizia che la madre del grande genio rinascimentale probabilmente era una schiava proveniente dalle zone selvagge intorno al mar Nero (la Circassia).

Stimolato da questo spunto mi sono imbarcato nella lettura, tra l’altro interessante per il linguaggio utilizzato, un misto di italiano scorrevole infarcito di (tanti, a volte troppi) termini tardomedievali, molti desunti dalle pratiche mercantili o notarili. Altra curiosità è la voce narrante, che cambia in pratica ad ogni capitolo (e non sono pochi!), dando così la possibilità all’autore di toccare corde e modalità sempre diverse, anche se il risultato sicuramente non è così definito, le voci sono molto omogenee, tra l’altro tutte al maschile, anche se i personaggi femminili sono numerosi nel libro. Passano così in rassegna abili mercanti, ex-pirati, commercianti, nobili decaduti, notai (il padre di Leonardo), amici facoltosi, gente umilissima… uno spaccato di quella società gravida dell’uomo nuovo del rinascimento.

A dire il vero la storia è molto romanzata e la ricostruzione che ne fa l’autore è certamente molto personale, anche se suffragata da diverse prove. Ma è come ricomporre un puzzle con pochi pezzi e nel dubbio ritenerlo un quadro ormai completo; in rete non è difficile, ad esempio, trovare altre recensioni ben più critiche e documentate di quanto un semplice lettore potrebbe dedurre dalla pura lettura.
Ma con Leonardo, fantasticare non è di certo un grave misfatto, anzi…

La trama potrebbe essere semplice, una spedizione di soldati alla ricerca di schiavi e conquiste raggiunge le zone della Circassia, intercetta un drappello di soldati guidati dal coraggioso capo locale, un certo Jacob che si era portato appresso anche la figliola poco più che undicenne e camuffata da maschietto. Il padre viene ucciso e il giovane ragazzo viene catturato, inizia così una lunga odissea che la vedrà percorrere un lungo itinerario mercantile, dalla Tana (la zona di giurisdizione veneziana e genovese del Mar Nero) a Costantinopoli, poi Venezia, la laguna e infine le zone vicino a Firenze, Vinci, per concludere.

Ad ogni capitolo il narratore è anche la persona incaricata o il padrone o il benefattore di questa giovane fanciulla, strappata ad un mondo tra il magico e l’agreste, il selvaggio e l’arcaico. Ha già un nome, Caterina, un piccolo anello dono del padre (di quelli provenienti in gran quantità dal monastero di s. Caterina in Terra Santa, a quell’epoca molto diffusi), probabilmente è anche battezzata, ma è ormai destinata al ruolo di “schiava”, una cosa umana che può passare di proprietà come un mobile o un terreno.

Difficoltà, problemi economici, piccoli e grandi soprusi, intrecciati agli eventi dell’epoca, sempre presenti sullo sfondo. La storia appare molto ben documentata, la narrazione è accurata e stracolma di dettagli, elenchi, riferimenti normativi alla legislazione dell’epoca… l’erudizione e la tecnica non mancano di certo al nostro autore!

Il penultimo capitolo vede scendere in campo nientemeno che il figlio, Leonardo in persona (e non è certo facile mettersi nei suoi panni!) che intesse con questa donna un rapporto sicuramente forte e struggente. Non scendo ovviamente in altri particolari, oltre a quel sorriso che rimanda alla Gioconda e che nell’invenzione dell’autore nasconde forse il ricordo felice della madre.

Quello che mi ha colpito di più è invece la riflessione finale dell’autore, che riletta alla luce dei tempi che stiamo vivendo trovo ampiamente condivisibile e illuminante, nonostante un tono quasi omiletico. E’ un’accorato e forte richiamo alla necessità dell’accoglienza: riporto direttamente solo un passaggio:

 […]  è la gloria più bella di questo nostro meraviglioso Paese, di questa penisola slanciata nel Mediterraneo come un immenso ponte di popoli, culture, civiltà, lingue e arti, che senza sosta nei millenni si sono incontrate e invase e mescolate, da Nord a Sud e da Oriente a Occidente, dall’Europa all’Africa e viceversa, terre e isole naviganti, migranti che arrivano e partono, assetati di vita e di conoscenza. La civiltà italiana non esisterebbe se qualcuno avesse chiuso i nostri porti.  […]  


Ovviamente sono molto di parte (la stessa parte con la quale mi ritrovo), ma penso di essere in buona compagnia.