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Di guerra in guerre…

Di guerra in guerre…

E’ passato un anno esatto da quel 24 febbraio che ha segnato l’inizio del conflitto russo-ucraino. Un anno dove questa guerra assurda e anacronistica ha tenuto banco tutti i giorni sui media, i giornali, il web, i discorsi. La nostra ossessione quotidiana…

Ho avuto occasione di toccare con mano le conseguenze del conflitto, cercando di aiutare alcune famiglie ucraine giunte fin qui, in Sicilia, per aiutarle ad iscrivere i figli presso le nostre scuole italiane (e se ne sono arrivati persino qui a Siracusa, a più di mille km di distanza, si può ben capire come si siano diffusi. I dati parlano di oltre 170 mila ucraini giunti in Italia e le nostre sono briciole, rispetto a quanto successo in Polonia). Il difficile di questi inserimenti scolastici è che l’integrazione è stata davvero difficile. Anche in classe, qualcuno continuava a seguire le lezioni on-line da Kiev sul suo cellulare, pensando “tanto finirà presto”.

E sappiamo tutti che questo presto si è ormai trasformato in un quotidiano “perdurante”.

Ho letto il breve testo di Edgar Morin, per tanti motivi. Non per ultimo il fatto che la lucidità di questo scrittore, ormai centenario, può essere un buon viatico per tante persone anziane che ritengono la proprio memoria una merce di poco valore. Ed è invece un tesoro importante, da non sprecare e non disperdere. Il popolo che non conosce la propria storia è condannato a ripetere gli stessi sbagli (e anche questa citazione ha la sua storia, da Churchill, Montanelli, Pasolini, Santayana…). Abbiamo persino visto popoli e persone non solo ripetere sbagli ancestrali, ma farne di peggiori.

Il discorso di Morin è molto semplice e la sua narrazione è molto chiara; ci ricorda i tanti tragici fatti che hanno costellato la nostra storia europea, senza entrare in troppi dettagli ma con l’acutezza del testimone diretto (non sono poche le testimonianze dei suoi anni come soldato dell’esercito francese, presente sul suolo tedesco proprio negli ultimi anni del conflitto).

Mi chiedevo ad esempio perché nel testo non si parlasse minimamente del tragico holodomor, la carestia che fu provocata dal governo comunista dell’URSS nel territorio dell’Ucraina dal 1932 al 1933, causando diversi milioni di morti. Ma è proprio la cronologia la discriminante che l’autore ha scelto, così di parlare solo a partire dagli eventi a ridosso della 2GM.

Il testo abbraccia quindi eventi noti e altri meno conosciuti per il lettore italiano, l’equilibrio dell’autore si fa apprezzare quando mostra i limiti e gli sbagli della nostra cultura occidentale, con le sue pretese da prima della classe e con le varie debacle che ha dovuto affrontare.

Senza azzardare giudizi su eventi nei quali siamo ancora pienamente immersi, ci ricorda le tristi conseguenze di scelte autoritarie, dissennate e imperialiste, a vario titolo. Per questo racconta delle storture dei governi comunisti e occidentali, russi e statunitensi, per non dimenticare che la realtà storica difficilmente si può spartire in facili antagonisti, da un lato i buoni (cioè noi) e dall’altra i cattivi (sempre gli altri). Questo aiuta a relativizzare certi giudizi tranchant che oggi vanno molto di moda nei dibattiti.

Lettura utile, quindi, per riflettere e non credere di avere già capito tutto.

Peccato che i protagonisti in questione sicuramente non si addentreranno in queste considerazioni. E per molti versi è persino comprensibile capire certe posizioni.

La settimana scorsa anche qui a Siracusa c’è stata una manifestazione per la pace, il 24 febbraio. Molti gruppi e attivisti presenti, di varia estrazione. Anche un folto drappello di mamme e famiglie ucraine. Ma quando nel gruppo dei sostenitori di questa manifestazione sono sbucate anche le bandiere di Rifondazione, con l’immancabile disegno della falce e martello, per queste mamme è stato immediato associare il simbolo a una realtà nemica e subito sono iniziate le difficoltà. Si temeva persino che potesse degenerare la manifestazione per la pace. Poi la calma ha prevalso, ma la donna ucraina che ha parlato è stata molto chiara: “Se domani Putin smette di combattere avremo subito la pace, ma se invece è l’Ucraina a smettere di combattere, domani l’Ucraina non ci sarà più”. Così, senza mezze misure e senza molte possibilità di obiettare… Come dargli torto in questa situazione? Una volta rotolati nella china della guerra è quasi impossibile trovare soluzioni semplici e sensate, ancor meno pacifiche.

Non sono un grande esperto di zone di guerra, ma anni fa, all’inizio del nuovo millennio, quando ho avuto l’occasione di passare alcuni giorni a Sarajevo, ho avvertito tutto il disagio e la tristezza di chi ha perso familiari, amici, persone, cose, monumenti, storia… dormivo in un palazzo semidevastato, con le colonne dell’atrio in parte bruciate e calcinate (e sinceramente la fiducia nella tenuta del palazzo era minima), ma per gli inquilini del condominio era già una grande ricchezza, poter vivere con la paura del crollo ma con un tetto sulla testa. Ho cercato persino le tracce del famoso incidente che ha scatenato la prima guerra mondiale. Tutto scomparso (ma come il ponte di Mostar, sicuramente verranno ripristinate, probabilmente più belle e più antiche di prima). Come siamo abili a ricamare i disastri della storia con le nostre parole…