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Due vite, anzi, 3

Due vite, anzi, 3

Una vota tanto sono in sintonia con gli eventi e con la grancassa mediatica. Ho appena concluso la lettura del volumetto “Due vite”, di Emanuele Trevi. Ho realizzato quando ero già a metà testo che era il vincitore dello Strega 2021, poco danno. Il fatto è che probabilmente è l’unico libro di carta che ho letto per intero in questo anno (o forse negli ultimi 3-4 facciamo anche 5 anni).

Ero a casa e saccheggiando gli scaffali di Massimo, mio fratello, ho indugiato un po’ su questo libro. Essenzialmente perché è davvero piccolo e quindi breve. In pochi minuti Massimo mi ha selezionato anche un paio di altri titoli, a cominciare da quello di Pia Pera, l’Orto di un perdigiorno, giusto per contornare la lettura.

Ma a casa ho appena iniziato a spulciare le pagine, ho terminato il testo una volta rientrato qui in Sicilia.

Strano che a vincere un premio così strombazzato sia un libriccino così fuori dagli schemi. Non è un romanzo, o una biografia (nemmeno doppia!), o un piccolo saggio, tantomeno un testo di poesie… Narra semplicemente l’incontro dell’autore con 2 differenti personalità: Rocco Carbone e Pia Pera. Del primo non ho evidenziato e non conservo praticamente nulla. Forse mi è sembrato antipatico e scostante come un po’ traspare dalle pagine di Trevi. Della seconda invece, sicuramente per la consonanza sul giardino, è rimasto il segno.

Ma come ogni libro che parla di qualcosa, il testo ci parla anche molto del suo autore, del suo approccio alla vita, delle sue conoscenze, delle sue vaste frequentazioni culturali, della sua curiosità.

Forse non è un caso che ancora oggi, sulla pagina del Post, questo intrigante influencer digitale dei nostri tempi, campeggia da tempo questa sua citazione: «Non siamo nati per diventare saggi, ma per resistere, scampare, rubare un po’ di piacere a un mondo che non è stato fatto per noi». Sicuramente opinabile e di parte, ma suggestiva. A questo libro il Post dedica anche, com’era prevedibile, un rapidissimo articolo, scarno e senza spoiler sul contenuto. Se proprio uno volesse qualche rapida informazione sul contenuto, sul web si trova di tutto.

Dicevamo del giardino: non conoscevo minimamente Pia Pera ed è stata proprio una scoperta. E’ bello quando un libro cioè un autore, insomma, una persona, fa dono agli altri dei percorsi culturali realizzati, delle scoperte umane incontrate sul proprio percorso. Trasmettere qualcosa di bello e di significativo allarga il raggio d’azione del bello, del vero. Non è poca cosa oggi, dove la diffusione è riservata quasi solo a news più o meno catastrofiche, segnali di timore, fake e tormenti vari. Nella vita e per la vita abbiamo bisogno di contenuti veri, che portino ossigieo e speranza. Anche semplicemente speranza laica, che è comunque intessuta delle stesse dinamiche della vita. Man mano che ci si addentra nei percorsi degli anni, che si accrescono le esperienze, viene a diluirsi sempre di più quel confine tra sacro e profano, per lasciar posto alle cose che contano. E nel sacro possono contare solo le cose che nel profano hanno futuro.

E’ stata così l’occasione per prendere in mano il testo di Pia Pera, dove lei ci racconta il suo rapporto con il giardino, le piante, l’orto, la verdura, i fiori, i semi e l’umile lavoro del giardiniere. Che è poi il primo mestiere che l’uomo ha ricevuto in esclusiva come custode dell’Eden. Mi sembra una buona indicazione (e nel mio caso la ritrovo persino siglata nel nome).

Insomma, una lettura piacevole, densa, ma piena di senso, uno stile scorrevole e gradevole impatto, colmo di piccole sorprese e di complicità.

Ora ho già promesso di passare il libro a Nina, lei sì che è una divoratrice di carta; vediamo come lo trova.