Sfogliato da
Tag: sbarchi

Di questo passo…

Di questo passo…

Certamente chi passa su queste pagine noterà che l’ordine e la logica per quanto riguarda i contenuti lasciano piuttosto a desiderare, ma sicuramente rispecchiano idee, interessi e impegni di chi queste pagine le ha sistemate. Ok, premessa debita e andiamo avanti.

Proprio ieri siamo stati a Catania; in quest’ultima settimana abbiamo sentito davvero di tutto per quanto riguarda i migranti. Dalle sottili disquisizioni semantiche sui migranti e/o naufraghi fino alle forzature linguistiche per equiparare il carico residuale a persone in carne e ossa (adesso questo adesivo fa bella mostra di sè sulla mia bici…).

Abbiamo assistito ad una tarantella di comunicati e notizie a volte inverosimili; ogni tanto mi mettevo a curiosare sul sito vesselfinder.com per vedere fisicamente dove si trovavano le navi, la Geo Barents, la Ocean Viking… (il servizio mostra in tempo quasi reale la posizione delle navi, uno strumento sicuramente utile e interessante, anche solo per vedere l’enorme traffico che solca ogni giorni i nostri mari). Ma sentire le notizie confuse dei migranti abilitati a scendere, quelli che invece dovevano restare… era veramente penoso.

Curiosando in rete si trovano poi tante e diverse opinioni. Da quelle più sbrigative che vedono in ogni tentativo di sbarco una sorta di invasione (a volte leggere i commenti alle notizie di certi giornali è illuminante, ad es. ecco qualche esempio di riflessioni su Il Giornale) alle testate che invece prendono posizioni più favorevoli verso l’accoglienza (da Avvenire, piuttosto comprensibile, fino a Repubblica), o che cercano di spiegare e mostrare con più evidenza i fatti e i dati, come spesso alcune pagine meno rumorose cercano di fare (avete mai visto ad es. le analisi de L’Essenziale?). Soprattutto i dati servono a capire meglio le proporzioni reali del fenomeno.

Quando vengono al nostro centro i ragazzi di Siracusa, ad esempio quelli dell’alternanza scuola lavoro, dopo aver saggiato le (spesso) pietose conoscenze geografiche dei ragazzi, che sparano cifre a caso in ogni direzione, gli ricordo che il Libano, con il suo piccolo gruzzolo di abitanti che sfiora i 6 milioni, ha accolto senza tanto baccano 1 milione di profughi siriani durante la tragica guerra, poi chiedo loro di azzardare le cifre per l’Italia…

Ce ne siamo accorti anche noi in questi giorni, che l’Italia sarà sì meta di sbarchi numerosi, ma poi la gran parte dei migranti varca i confini verso altre nazioni e a conti fatti i nostri numeri sono abbastanza gestibili, soprattutto adesso.

Una buona cosa sono quindi i fatti e una doverosa informazione e per non azzardare ipotesi, sempre meglio consultare il “cruscotto” del Ministero degli Interni sui migranti, che ricorda, ad esempio che il numero di sbarchi di questi giorni, a parte quelli imputabili alle navi delle ONG, è comunque in crescita costante. Da inizio anno siamo oltre i 90mila e probabilmente a fine anno si giungerà non lontani dal doppio degli sbarchi del 2021 (che erano quasi 58mila). La città dove mi trovo, Siracusa, conta circa 130 mila abitanti… La sola Sicilia sfiora i 5 milioni.

Sarebbe bello poter condividere il tweet di un politico che ci ricorda “Nel 2022 sono già oltre 1300 le persone morte o disperse nel Mediterraneo. Un 12% dei sopravvissuti sono stati salvati dalle Ong. Loro salvano vite laddove l’aiuto da parte degli Stati manca” e pensare che sia di casa nostra, invece è dell’ambasciatore tedesco in Italia…

Per questo sabato eravamo anche noi a Catania, piccola goccia in mezzo ad altre piccole o grandi realtà. I migranti erano ormai sbarcati tutti, da diversi giorni, qualcuno poteva pensare che marciare insieme servisse a poco. Ma tenere desta l’opionione pubblica su questi temi non è cosa da poco. Verso le 16 ci siamo ritrovati nella zona del porto, ciascuno sciorinando il proprio striscione e salutando gli amici. Tante le presenze, dai Cobas a S. Egidio, da Rifondazione al centro Astalli, insomma, presenze con origini e idee anche molto diverse su tanti argomenti, ma con l’unica certezza che queste persone sulle navi non sono certo “vacanzieri” in cerca di comode evasioni. Dopo averne frequentati molti i discorsi un po’ superficiali che spesso si sentono in giro mi sembrano veramente poca cosa.

Il nostro corteo si è tranquillamente messo in marcia per le vie di Catania, risalendo dal porto, giungendo al Teatro Bellini, fino alla centralissima via Etnea, per giungere nei pressi della Prefettura. Pochi i discorsi da ascoltare e condividere, se eravamo lì era per una convinzione che non aveva certo bisogno di altri commenti. Così nemmeno l’acqua che verso le 17 ha cominciato a bagnarci tutti ha dato molto fastidio, visto che eravamo ormai alla conclusione.

Certo, come per il No al memorandum che è stato tacitamente rinnovato, visto che nessuno in Parlamento ha più detto nulla al proposito, anche queste manifestazioni (venerdì una simile era stata fatta a Roma) possono lasciare il tempo che trovano. Ma credo sia meglio un gesto del genere che un semplice sabato di shopping senza particolari obiettivi. Ricordare e ricordarci quali sono i problemi reali di molte persone è un modo per tenere alta l’attenzione. Anche quando poi le scelte e le decisioni di altri possono andare in direzioni più o meno gradite. Il silenzio su questi temi sarebbe un gesto decisamente complice…

Non eravamo tanti, e nemmeno tutti giovani (anche se di giovani ce n’erano) e neanche troppo rumorosi, ma presenti sì.

Per concludere, allora, giusto qualche foto di questa manifestazione catanese.
il video sulle pagine di Repubblica

Ne arrivano ancora…

Ne arrivano ancora…

Zolfo. Zaffate di zolfo che si infilano dappertutto. Non è un vento terribile quello che spazza la banchina del porto di Augusta, in questa mattina di dicembre. Ma pochi giorni fa è sbarcato un carico di zolfo e sul terreno vedi ancora molte tracce di questo trasporto. Una patina gialla che il vento solleva e ti regala impietosamente, e che fa lacrimare e arrossare gli occhi. L’autista del furgone cellulare dei carabinieri sposta persino il mezzo per fare da frangivento e ridurre un po’ il fastidio. Al giovane amico, volontario anche lui della Cri, non sfugge un richiamo al Rosso Malpelo di verghiana memoria (e poi, quest’anno ha la maturità, un accostamento letterario che non guasta).

Di fronte abbiamo la nave Geo Barents, con il suo carico di oltre 500 migranti, raccolti sulle rotte del Mediterraneo negli ultimi giorni di Natale. Strano natale davvero, per molti di loro. Con i volontari della CRI stiamo dando una piccola mano e una presenza semplice in questo momento impegnativo.

Avevo già partecipato giorni fa ad un altro sbarco. Ma era uno sbarco “di lusso”, un veliero con poco più di 50 persone, tutte ben sistemate, con borse e valigie e giacconi come si deve. Succede anche questo.

Ma lo sbarco del 29 dicembre è uno di quelli che fanno la loro bella figura sul TG; tante le persone, tanti i minori non accompagnati, le famiglie…

La nostra presenza come volontari è puramente di supporto. Ma avverto un clima molto tranquillo e collaborativo da parte di tutti quanti. Gli operatori di MSF che forniscono tutte le informazioni per rendere più snelle le operazioni, il personale di Polizia che cerca concretamente di venire incontro alle attese di persone che ormai da giorni vivono in questo limbo di attesa, i carabinieri ben presenti, gli operatori dell’UNHCR e di Save the Children che fanno la spola tra la nave e i primi gruppi sbarcati per spiegare i tanti dettagli, le possibilità, i diritti di ciascuno. Ed è una piccola babele di lingue, anche se basta masticare un po’ di inglese e di francese per comunicare qualcosa; sono davvero pochi quelli che si esprimono esclusivamente in arabo.

La procedura è abbastanza semplice; il giorno prima i dottori hanno già effettuato un gran numero di tamponi, fortunatamente tutti negativi e da poco sono risaliti sulla neve, bardati come astronauti in passeggiata spaziale, per continuare i controlli. Una volta fatto il tampone, le persone vengono fatte discendere, viene fatta una foto con il numero progressivo assegnato dai medici e si procede in seguito con l’identificazione più accurata, con l’aiuto dei vari mediatori linguistici.

Gli spazi sono quelli che sono, il set fotografico è la fiancata della nave, vicino alla passerella di discesa, le sale per l’intervista personale sono quasi a cielo aperto, un gazebo e tavolini da pic-nic come supporto. Meno male che il tempo è abbastanza clemente. Se non fosse per queste zaffate di zolfo che bruciano gli occhi e consigliano di spostare più lontano il luogo per le interviste con le persone, in un posto più riparato.

Ma sono tanti i migranti che devono sbarcare. Dalle 10 alle 13 vengono smistate meno di 200 persone. E dopo l’intervista deve esserci anche la schedatura, le impronte, l’intervento della scientifica, insomma, un lavoro abbastanza impegnativo e le postazioni attive non possono certo fare miracoli. Ma si avverte che il lavoro viene svolto con attenzione e partecipazione. Mi sembra un clima positivo e le persone che scendono lo avvertono. Anche i bambini delle famiglie sembrano cogliere questa situazione di relativa tranquillità. Si fanno le foto anche a loro, cercando in qualche lingua di incoraggiarli a guardare il fotografo e non quel numero stampigliato su carta che gli viene accostato per identificare la foto.

Quando metti insieme un numero e un volto la mente non può sguazzare felicemente tra ricordi neutrali, ti viene subito da pensare a situazioni ben peggiori, più tragiche. Ma in questo caso è ben diverso.
A un certo punto un foglietto prende il volo, sfugge sulla banchina, poi cade nell’acqua. E cade dalla parte opposta al numero; operatori e carabinieri cercano di leggerlo, ma per fortuna era in sequenza, all’interno di una famiglia, in fretta si riesce a ricordarlo e riscriverlo a penna. A volte basterebbe una confusione del genere per creare problemi pesanti in seguito, scombinare elenchi, allungando i tempi di verifica.

Allora comincio a tenere con più forza quei rettangolini di carta che corredano ogni foto, mentre bisogna spiegare che si devono togliere la mascherina, e poi il cappello e per le donne anche scoprire le orecchie e mostrare almeno la prima avvisaglia di capelli sulla fronte. E si cerca di farlo con delicatezza, anche e a maggior ragione se la persona che scende dalla passerella è addirittura scalza o indossa solo dei calzettoni grigi.

Cosa succede dopo? I minori verranno distribuiti nei centri di accoglienza (se non ho capito male, a livello regionale), le famiglie resteranno insieme; gran parte degli altri faranno la quarantena nella nave appoggio che si trova ancorata poco distante, la GNV Allegra.
Speriamo che a tutti vengano ben illustrate le possibilità e i diritti che possono invocare e richiedere.

Ti viene sempre da pensare che se ci fossi tu al loro posto ti piacerebbe essere trattato in modo giusto, attento, umano…

E restare umani non è un dato residuale, ma una conquista.
E su questo fronte, dell’umanità da riconquistare, credo avvenga oggi la battaglia più importante.