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Metti Messina in Mezzo

Metti Messina in Mezzo

Siamo sulla costa orientale della Sicilia e ogni tanto ci scappa un salto a Catania, Modica, Ragusa, magari anche Taormina… tutte zone rinomate, attraenti e piene di sorprese. Ma pochi giorni fa, visto che il tempo libero ci consentiva un po’ di scelta, siamo partiti all’avventura per andare a visitare Messina. Inizialmente qualcuno storceva un po’ il naso, dicendo di aver letto poche recensioni significative e non ci venivano in mente luoghi o monumenti speciali di questa città. Come se Messina non avesse qualcosa di speciale da mostrare. O come se il terremoto del 1908 fosse l’unico dato degno di nota. E invece…

Nonostante il viaggio in macchina (da Siracusa ci vogliono praticamente 2 ore per arrivare fino alla punta della Sicilia…) appena entrati nella città ci siamo subito trovati a nostro agio. Il centro è raggiungibile in modo facile e si presenta molto facile da visitare; lungo il viaggio una rapida scorsa ai classici siti web con gli spunti di visita della città (le 10 cose importanti da vedere, i 7 luoghi imperdibili, i 5 scorci mai più senza…). Lasciamo la macchina vicino al Duomo e ovviamente questa diventa la prima tappa.

Ripensando al tragico terremoto del 1908 è difficile immaginare cosa sia rimasto in piedi dopo quell’evento. Adesso sembra tutto bello, elegante, in ordine; ma quando ti dicono che delle 3 absidi solo quella a sinistra, con il mosaico della Vergine, è stata risparmiata dal crollo, uno prova a pensare a tutto il lavoro di recupero e ricostruzione. Il Duomo ha un aspetto maestoso, solenne e di grande respiro; entri dentro e subito vieni catturato dal soffitto in legno, dal mosaico del Pantocrate che domina le 3 navate, poi si osservano i 3 gruppi di canne dell’organo. Ovvio, siamo di fronte al secondo organo di tutta Italia, con le sue 16mila canne e le sue cinque tastiere!

Ma è l’esterno che cattura di più l’attenzione, con il suo gioco di portali, fregi e decorazioni: sembra che la vigna la faccia da padrona, ne sbucano tralci e fogliame da ogni dove. poi se guardi bene, anche nella ricostruzione delle bifore laterali, scorgi il tondino in metallo che rivela il cemento, invece del marmo. Ma l’effetto è appagante. Subito a fianco della cattedrale si trova il grande campanile, e anche qui una sorpresa, ospita l’orologio meccanico più complesso del mondo. Ci segniamo subito l’appuntamento delle 12 per tornare a sentire e vedere il meccanismo in funzione.

Peccato per la fontana di Orione, dell’allievo di Michelangelo, in marmo bianco di Carrara, praticamente imprigionata nella struttura per il restauro e ben poco visibile; nell’insieme della piazza questi tre elementi sono veramente un fulcro di attrazione per i turisti. E oggi vale anche per noi.

Ci dirigiamo allora nei dintorni, scoprendo scorci in stile Coppedè con la chiesetta dell’Annunziata dei Catalani, che ormai si trova quasi 3 metri al di sotto del piano viario; poco lontano un’altra chiesetta semidistrutta, san Giacomo e poi ancora i resti di una chiesa gotica, s.Maria degli Alemanni, ora inglobata in una sorta di auditorium con banca allegata (o viceversa). Quanti popoli di passaggio hanno varcato la soglia della Sicilia, lasciandovi tracce consistenti.

Naturalmente torniamo in piazza per le 12; grande folla in attesa e piccola delusione nel constatare che i movimenti del complesso meccanismo sono veramente poca cosa, qualche passetto di statua, qualche ruggito registrato, l’Ave Maria di Schubert che fa da colonna sonora… ma tutti i cellulari sono alla ricerca del movimento appena accennato, di un battito d’ali d’angelo. L’intera scena si prende praticamente 15 minuti di tempo e catalizza tutti i presenti; nonostante la giornata freddina siamo davvero in tanti ad ammirare questo spettacolo.

Pranzo tranquillo in uno dei pochi luoghi aperti, in questo lunedì di pasquetta, una kebabberia indiana a pochi passi dal Duomo, in mezzo ad un via vai discreto di turisti ormai senza mascherina. Voglia di normalità evidente.

Nel pomeriggio proviamo ad alzare lo sguardo e il tragitto, per raggiungere il Sacrario di Cristo Re, una chiesa dedicata al ricordo dei caduti della prima guerra mondiale. Dall’alto dei suoi 60 metri di altezza offre un panorama completo della città, del suo porto e soprattutto dello stretto, che sembra poca cosa nel separare così nettamente l’isola dal resto d’Italia. La Madonnina del porto, la colonna che svetta sul molo, è il segno di benvenuto della città. Proviamo persino l’ebbrezza, un po’ bambina, di guardare dal cannocchiale che si trova sulla terrazza panoramica, per cogliere nel dettaglio la costa calabra, che sembra così vicina.

Lungo il ritorno ci dispiace constatare che il palazzo del Monte di Pietà e la Galleria Vittorio Emanuele siano purtroppo chiusi. Chiusi da parecchio, ci sembra di capire, guardando la ruggine sui lucchetti e le condizioni del suolo. Vorremmo quasi tentare la visita alla fontana del Nettuno ma le distanze e i tempi ci portano invece a riprendere la via di casa.

Insomma, niente male come cittadina, facile da girare, gradevole e accogliente. Complimenti, Messina

Ecco l’album di foto con la visita a Messina

Sui passi dell’acqua…

Sui passi dell’acqua…

E così provo a rintracciare questo sentiero dell’acquedotto Galermi. Leggo un po’ in rete, mi immagino tutta la verve di chi giustamente reclama un trattamento migliore per queste vestigia del passato, mi immagino già a percorrere questa ipotetica pista ciclabile con pendenza quasi a zero che potrebbe circondare quasi metà Siracusa. Cerco anche indicazioni più precise.

Ma al di là del nome e della posizione del Teatro Greco rintraccio poco. Così, gambe in bici, inizio la perlustrazione proprio nella zona che sovrasta il parco di Neapolis. Uno stradone largo, costeggiato di ville e luoghi dalla visuale incantevole; poi mi inoltro nelle strade laterali e finalmente scorgo una via dal nome evidente: Via Galermi, ma in prima battuta non mi accorgo nemmeno che il “sentiero” omonimo comincerebbe proprio lì vicino. Le erbacce, la mancanza di indicazioni e la banalità della solita trascuratezza, fanno il resto.

Arrivo così ad un’altra via che conserva tracce di questa presenza: via dell’Acquedotto. E finalmente intravedo uno dei pozzi di aerazione che si ripetono ad intervalli regolari lungo tutto il tracciato. Trovato uno si dovrebbe far presto a trovare gli altri. E così è. Anzi, noto che esiste una sorta di striscia di rispetto che dovrebbe accompagnare tutto il percorso. Ma questa è la teoria.

Comincio a fotografare i primi tombini (chiamiamoli così) e andando a ritroso scopro dove inizia questo sentiero. Il cartello esiste ancora, ma è orma il logoro e stinto dal tempo, si fatica persino a decifrarlo. Rimane ben visibile però il QR code, che rimanda alla pagina di Wikipedia.

Provo a seguire questo sentiero, ma nemmeno 200 m. e trovo il primo sbarramento, una sorta di cantiere di costruzione con i suoi tramezzi in filo di ferro che impediscono l’accesso; sui pannelli informativi non si riesce nemmeno più a leggere di cosa si tratta e pochi metri oltre si vede già un muro in cemento che sostiene una strada ortogonale al sentiero, insomma, uno sbarramento totale. Faccio il giro e raggiungo il muro dall’altra parte. Il sentiero sembra continuare, con la sua bella fascia che isola dal contesto e costeggia una lunga serie di abitazioni e villini; ma anche qui, poche centinaia di metri e altra strada a interrompere il percorso. Proseguo baldanzoso, ma mi ritrovo in una zona dove i cespugli, le erbe e gli insetti mi invitano a desistere; mi dovrò grattare per giorni, dopo aver fornito carne fresca a chissà quanti insetti voraci del prato!

Da GMaps si vede che poi i tombini costeggiano la strada che da Epipoli va a Belvedere, passando vicinissimo a distributori di benzina e altri luoghi (e addio alla fascia di rispetto). Immaginare un intervento per trasformare questo percorso ad ostacoli in una pista ciclabile è un sogno veramente azzardato e difficile. Sarebbe una strada per la salvaguardia ma fatico ad immaginarmela nel concreto! Eppure potrebbe valorizzare certamente un patrimonio che poche città al mondo possono vantare.

E per la cronaca ecco un po’ di questi tombini, che segnano il percorso dell’acquedotto Galermi

A zonzo da turista…

A zonzo da turista…

In questi giorni sono in versione “quasi turista”, insieme a a mio fratello Paolo e Lida, sua moglie. Prima della ripartenza delle attività stiamo assaporando un po’ di zone caratteristiche della Sicilia. E siccome sono davvero tante e rimane sempre l’imbarazzo della scelta, ecco alcuni degli itinerari di questi giorni:

Taormina: il fascino che esercita questo luogo è decisamente forte, tutti quelli che passano di qui prima o poi ti chiedono di andarci o di visitarla almeno rapidamente. Per noi che abbiamo bene in mente Sanremo sembra quasi di assistere alle prove per un gemellaggio. Zone totalmente diverse, ma quando c’è il mare di mezzo balzano agli occhi soprattutto le somiglianze.

Così venerdì (meglio evitare i fine settimana, siamo ancora ad agosto e la Sicilia pullula di turisti) siamo partiti di buon mattino per andare in questo luogo spettacolare.

Ormai ci sono stato un paio di volte e diventa meno complicato orientarsi e organizzarsi, anche perché una visita generale è davvero semplice: metti il teatro greco all’inizio, poi ti avventuri nella vasca principale (il Corso Umberto, che va da porta Messina a Catania, i confini ideali della città), lasciandosi attrarre dalle case, i negozi, gli scorci pittoreschi, i tanti richiami gastronomici… alla fine ci sta bene una visita al giardino comunale, il lascito della famosa Lady Florence Trevelyan, una delle prime turiste della cittadina (quando arrivò nel 1884 con i suoi 5 cani e la sua dama di compagnia dalla Scozia, a Taormina c’era un solo albergo!).

In pratica ci siamo orientati proprio in questo modo, con molta calma e relax, visto che fare il turista richiede anche questo sovrumano distacco … 😉

Prima di iniziare avevo recuperato l’indirizzo della nostra “vecchia” scuola marista, in Via Pirandello 75. Adesso il suo giardino è utilizzato come uno dei tanti parcheggi per la cittadina, letteralmente invasa da macchine e turisti. Ma ho apprezzato con piacere il cartello che si trovava vicino ai locali della scuola, che continuano a fornire un servizio educativo, grazie all’attività della parrocchia. Vi campeggiava un bella scritta: Follest 2021; penso che fr. Claudio possa essere contento che l’attività lanciata come maristi prosegua ancora oggi, il campo estivo per i ragazzini di Taormina. Mi sembra un bel segno e un ricordo costruttivo.

Il teatro greco di Taormina è sempre uno scorcio suggestivo, forse più per il panorama che domina, per le aperture che suggerisce, la possibilità di cogliere Etna e Calabria con una semplice rotazione del capo… la cavea e il palco erano impegnati per l’allestimento di un concerto (se non sbaglio anche De Gregori in questi giorni è di scena qui); molte sedie di plastica avevano preso il posto dei semplici sedili di pietra o legno, con un effetto un po’ strano per chi si immaginava degli spalti più sobri (ma sicuramente più scomodi…); facevano da pendant a questa scenografia numerose opere d’arte (?) esposte lungo l’itinerario, sculture di metallo a volte colorate con tinte vivaci, a volte confuse con possibili pannelli di lavoro per la ristrutturazione. Originali, per lo meno, i titoli delle varie opere, spesso imprevedibili, misteriosi, allusivi… divertenti

Ci siamo fermati per il pranzo in uno dei tanti locali lungo la via principale (in questi casi è Lida che poi provvede alla valutazione, spietata o partecipe, su Tripadvisor…) e abbiamo concluso la visita passando nei giardini della villa comunale, un parco pubblico tenuto veramente bene, con attenzione e garbo (anche se alcuni degli edifici ormai datati sono in parte chiusi e pericolanti, Lady Florence li aveva pensati come sedi per gli alveari delle api!).

E certamente non ci sono sfuggiti i tanti balconi esuberanti, con piante grasse e ceramiche locali che letteralmente grondano dalle case, rendendole pittoresche ed uniche.

Ecco allora un po’ di fotografie di questo itinerario, a zonzo per Taormina

Sabato 28: continuiamo con le “escursioni” estive…

Il giorno dopo aver visitato Taormina ci siamo dedicati ad un momento di relax… nella cornice quasi esotica della spiaggia del Minareto, non lontana dal centro di Siracusa (10 km); la mia prima folle idea era quella di convincere Paolo e Lida a noleggiare due bici e fare il tragitto pedalando… ma questa opzione non combaciava con la loro idea di relax, pertanto, pochi minuti in macchina e via, verso l’Isola, come dicono qui i locali.

La spiaggia è davvero caratteristica, per metà è una spiaggia privata dell’Hotel Minareto (un 5 stelle fa sempre il suo effetto e forse è una garanzia per il luogo) la parte restante, comunque discretamente ampia, è libera. La cosa più attraente è comunque il mare e la costa, con le sue falesie, le sue grotte, il suo fondale, ricco di praterie di poseidonia (si dice così?), con un paio di occhialini e la maschera si può apprezzare anche la tanta vita marina di questo luogo. Un posto che merita, decisamente.

Nel pomeriggio invece ci siamo diretti verso Modica e Scicli, quasi sfuggendo alla bomba d’acqua che ha colpito Siracusa (26 mm in poche mezz’ore, tenendo presente che da aprile fino ad oggi erano caduti solo 4-5 mm di pioggia in tutto!). L’itinerario, in prima battuta, doveva comprendere anche Ragusa, ma poi l’afflato di Montalbano ha preso il sopravvento….

Modica l’avevo già vista tempo fa a gennaio del 2019, ma fa sempre bene ritornare sui propri passi, anche perché quella volta la fretta e il gruppo erano un po’ limitanti. Questo pomeriggio invece, con calma, abbiamo lasciato la macchina proprio sotto il duomo e ci siamo fatti con pazienza gli scalini (quelli ufficiali sono 164), apprezzando l’impatto visito che è davvero spettacolare. Poi come sempre accade, sembra che la cornice sovrasti il quadro e l’interno della chiesa sembrava quasi normale. A parte il calendario astronomico che aiuta a riportare lo sguardo alle stelle e un po’ più in alto del solito. Ci siamo quindi addentrati nelle viuzze, incontrando una sposa nel suo giorno più bello (ma penso che valga anche per lo sposo, soprattutto in questo giorno!), e il suo candido abito bianco sullo sfondo del paese era un tocco raffinato. Poi siamo passati vicini alla casa di Quasimodo (ma già le case grondano di poesia e di oboe sommersi…) e abbiamo dribblato con cura i tanti negozi che ti propinano il famoso cioccolato di Modica (con la convinzione che poi tanto si sarebbe sciolto e avrebbe perso le sue caratteristiche! io invece ho assaggiato anche quello all’arancio ed ero pronto a correre il rischio :-).

E ci siamo così diretti verso Scicli. Premetto che di Camilleri ho letto solo uno dei suoi ultimi testi, Dimmi di te, decisamente meno legato al suo filone tradizionale del giallo. Penso di non aver mai visto una puntata intera del famoso commissario Montalbano, ma mi sono lasciato contagiare da Lida che in pratica ci aveva dirottati a Scicli proprio per poter vedere i luoghi del set originale del suo commissario preferito… Così dopo una estenuante attesa per una pizza al Pura Follia (ci avevano relegato in un vicolo, sotto un terrazzo con i tappeti penzolanti, Lida era quasi sul punto di andarsene, ho giocato un po’ la carta del caratteristico, del local a tutti i costi, del made in sud … al resto ci ha pensato l’ottima pizza. Poi abbiamo iniziato l’esplorazione del centro. Pensavo che Scicli fosse poca cosa, un piccolo abitato; ma mi sono scontrato con una marea di gente, trenino del barocco compreso, turisti, locali, tutti riversati fuori casa, complice una serata gradevolissima e quel finale d’agosto che invita proprio ad uscire: una vera folla.

Poi Lida, googlando un po’, ha rintracciato la sua meta tanto ambita, siamo giunti davanti al palazzo Comunale e fortunatamente per noi, pur essendo ormai le 21:30, abbiamo trovato la cooperativa che assicura la visita ai luoghi del commissario più noto d’Italia ancora aperta e disponibile, anzi, disponibilissima e divertente. Così ho iniziato il giro con Lida, entrando in quelli che per me erano semplici locali e uffici, mentre per lei erano un ritorno al passato, alla storia, al mito del “Montalbano sono!” Ma così sono i personaggi di culto.

Io a dire il vero mi sono deliziato di più nel contemplare i tanti segni del barocco che in Sicilia veramente sembra di casa; con il contorno di santuari e conventi che sembrano appollaiati sui monti vicini, quasi a guardia del paese.

E per non dilungarci troppo: domenica 29 – dopo un lieto girovagare per il mercatino domenicale di santa Lucia, uno sguardo al sepolcro e al doveroso Caravaggio, nel pomeriggio era d’obbligo una visita al parco Neapolis, con il teatro greco di Siracusa. Un lungo giro tra le latomie, finalmente visibili (sono ormai 2 anni che mi trovo a Siracusa e ho finalmente potuto vedere il gigantesco ficus, la pseudotomba di Archimede, la grotta dei Cordari… e poi la cavea. Mi è quasi dispiaciuto, però, che per le visite turistiche non si possa passeggiare nella platea, almeno il corridoio centrale, per godere un po’ meglio dello spettacolo.

E verso le 19 e qualcosa, il sole al tramonto sul teatro è davvero uno spettacolo. Fino ad oggi con repliche quotidiane 😉

Ecco per concludere qualche immagine di questi due giorni, dal mare a Modica, da Scicli al Teatro Greco

Cosa FAI di bello domenica?

Cosa FAI di bello domenica?

Domenica pomeriggio, tempo ancora indeciso, una città, Siracusa, che invece sta seriamente lavorando per la ripartenza. E oggi lo fa sul versante della bellezza e della cultura, con le iniziative del FAI per la riscoperta di un patrimonio artistico spesso nascosto e quasi sconosciuto.

La giornata del FAI doveva svolgersi a metà maggio, ma siccome eravamo ancora in zona arancione, tutto era stato rinviato; tra l’altro ho scoperto un po’ per caso questa possibilità, visto che il battage pubblicitario era ridotto ai messaggi via mail della newsletter del FAI e al passaparola di qualche amica. Sarebbe bello se il sito del Comune veicolasse anche queste notizie, in maniera più consistente e precisa. Girando sul web non è difficile trovare pagine su Siracusa, ma spesso sono vetrine un po’ stantie e soprattutto poco collegate tra loro e ad ogni stagione decolla un nuovo sito “definitivo” che ama definirsi come “riferimento” per la città… intanto si brancola un po’ a vista.

La visita di domenica pomeriggio era tutta centrata sulla Ortigia minore, quella meno visitata e poco toccata dai flussi di turisti che stanno rapidamente invadendo i vicoli di questa piccola isola nella città di Siracusa. Tutto gravitava intorno alla chiesa di s.Giuseppe. Con un pizzico di soddisfazione p. Salvo, parroco di s.Martino (nella cui giurisdizione ricade questa chiesa) mi diceva che le chiavi erano state finalmente riconsegnate da pochissimi giorni. Valeva la pena una visita pomeridiana, anche solo per sbirciare qualcosa in questo concentrato di unicità.

Così, bici ai piedi, eccomi giungere fino al sagrato di questa chiesa di s. Giuseppe, che ho sempre trovato rigorosamebte chiusa. Il solo vederla spalancata, e incredibilmente vuota, senza nemmeno un banco sul pavimento lucente è già un bello scorcio. Conoscevo già qualcuno del FAI e mi sono subito unito al primo gruppo itinerante. Ottima l’organizzazione, che ha lasciato spazio a numerosi volontari (molti erano dei “semplici” studenti delle superiori, una visita del genere vale molto di più di una interrogazione e sicuramente è un elemento più gratificante, per tutti!); abbiamo iniziato il tour dal cortile (definirlo ancora chiostro fa un po’ tristezza) dell’ex-convento dei domenicani. La Chiesa purtroppo era esclusa dalla visita e non saprei in che stato versa.

Siccome ora è diventata la sede dei carabinieri, almeno la struttura è parzialmente in salvo, anche se adibire a parcheggio quello che era il chiostro, cintato dal suo bel colonnato, fa un po’ tristezza. Come residuo della presenza domenicana, con un rapido cenno all’epoca dell’Inquisizione, ci hanno fatto notare che permane ancora una cella di isolamento che risale proprio all’epoca di quel tribunale… per non parlare di alcuni capitelli che risalgono addirittura all’epoca di Federico II, visto che il convento era “sponsorizzato” da Costanza, la moglie dello “stupor mundi” del 1200, quando la Sicilia insegnava al mondo intero.

Siamo poi andati a visitare due resti di palazzi del 1400, ormai ricondizionati e utilizzati come sedi di appartamenti di prestigio: palazzo Cardona (in stile aragonese-catalano) e palazzo Ferla (in pratica abbiamo potuto ammirare solo il portale, realizzato con un originale bugnato su disegno di una rivista di architettura del 1600 (già esistevano!).

Poi siamo entrati nel museo dei Pupi. Era un luogo che mi ero già ripromesso da tempo di visitare, ma date le circostanze era sempre chiuso. Proprio per quest’occasione sta iniziando a riproporre visite ed eventi. L’ambiente è da subito intrigante, con tutti i pupi in bella mostra di sè appesi alle pareti; lo spazio è piccolo, ma ci attendeva sul piccolo palco proprio il responsabile del teatro, il sig. Alfredo Mauceri (erede della tradizione dei pupari) che dopo alcune parole per contestualizzare questa originalissima e sicula versione del teatro delle marionette, ci ha regalato una piccola ma significativa clip di cosa sono e come funzionano praticamente i pupi, esibendosi in un piccolo dialogo dall’Orlando Furioso.

Incredibile come dei fili e un po’ di carta argentata, un pupazzo e qualche brandello di costume possano ricreare con l’aiuto della fantasia le sognanti atmosfere dell’Ariosto e delle epiche chanson del medioevo.

Poi, dopo un rapido cambio di guide, ci hanno illustrato un po’ le vicende della piazza, delle sfortune legate alla costruzione di un “moderno” palazzo che ha poi pregiudicato la stabilità del vicino teatro (che è un altro dei luoghi off-limit di Siracusa, speriamo in questa estate di riuscire almeno a vederlo, se non utilizzarlo!); e intanto la curiosità si perdeva sui numerosi cordoli in bronzo che solcano il pavimento della piazza, segnaletica di antichi palazzi greci e testimonianza della struttura viaria di un tempo.

Sarà proprio nel vicino Museo del mare che l’esperta curatrice ci parlerà dei numerosi ipogei e percorsi sotterranei che solcano il cuore di Ortigia. Per il momento solo uno è visitabile, quello che dalla Marina giunge fino alla Piazza del Duomo, ma è fitta la ragnatela di passaggi, cisterne e condotte sotterranee che potrebbero, un giorno, formare un’attrazione davvero singolare, una Ortigia sotterranea che affonda le radici nella sua storia bimillenaria.

Proprio nel museo del mare, che purtroppo resterà ancora chiuso, possiamo ammirare i modellini, lo scafo, le costole delle nave, i pezzi e gli strumenti per calatafare le imbarcazioni, sembra un magazzino con tanto materiale accatastato un po’ alla rinfusa, ma era una chiesa e per Siracusa il mare è quasi una religione, visto che sul mare e nel mare si vive.

Quindi ci siamo affiancati davanti all’imponente cancello di quello che sembra una severa scuola, ma se poi si guarda bene nella cancellata si scopre la presenza del famoso “errore” delle antiche 500 lire, la caravella con le vele e il vessillo impossibili, perché l’orafo non aveva tenuto conto del vento. Le due studentesse che illustravano il complesso si sono addentrate negli intricati disegni di conventi, di converse, di pie congreghe di vedove e benefattrici del 1600, mostrando una vitalità che gli stereotipi solitamente attribuiti alle donne dei tempi andati faticano a raccontarci.

E poi l’itinerario continuava, ma ci stavo stretto coi tempi (avevamo impegni a casa e i fornelli reclamavano!), così mi sono staccato dal gruppo, almeno per entrare nella maestosa chiesa di s.Giuseppe. Fa veramente uno strano effetto vedere uno spazio sacro così “vuoto”, pavimento completamente deserto, tra l’altro lucidato a specchio da poco, quindi con un effetto luminoso davvero intenso. L’unica cosa che spiccava in modo evidente, i due organi gemelli, che sovrastano le due grandi porte opposte di questa chiesa a pianta quasi circolare. La stessa cupola, linda e senza affreschi, aumentava la lue di questo ambiente, che ben si presta a luogo per eventi, manifestazioni, concerti, attività a 360 gradi. Di sicuro in Ortigia le chiese sono già numerose e poter utilizzare spazi come questo per attività culturali o di aggregazione, può diventare una soluzione interessante. Ma ormai ero già in fuga. Per questo pomeriggio può bastare…

Ecco in sintesi l’Itinerario che ci è stato proposto: dal Chiostro di San Domenico, oggi Caserma dei Carabinieri, al Palazzo Cardona e Palazzo Ferla, fino al “Museo dei Pupi” della famiglia Mauceri ed al “Museo del mare” della famiglia Aliffi, per terminare nella chiesa di s.Giuseppe, da poco restaurata e restituita alla sua parrocchia di origine (s.Martino)

E perché noi, anche i video realizzati dagli appassionati o dalle piccole case di produzione video, come questo, aiutano ad apprezzare meglio le bellezze di questo spicchio, anzi, di questo scoglio, di terra.

Ecco l’album fotografico di questo breve ma ricco itinerario in Ortigia, piazza di s.Giuseppe e tesori limitrofi.

Le due colonne…

Le due colonne…

Ormai sono a Siracusa da quasi due anni; spesso sono andato a curiosare nei pressi del tempio di Giove, un po’ fuori città, oltre le foci dell’Anapo e del Ciane; una zona isolata e un po’ elevata (e in bici si avverte tutta, soprattutto l’ultima salitella per giungere al bivio!).

Lungo la strada alcune villette, immerse in piantagioni di limoni (tanto per ricordarci che siamo nella zona giusta…) poi un cancello. Sempre e implacabilmente chiuso. Non l’ho mai visto aperto, nemmeno chiedendo, sperando che per la giornata delle guide si replicasse una qualche visita. Invece niente. Chiuso e basta. Stanno scolorendo persino le scritte della targa, il secolo ormai non risulta più visibile.

Eppure questo dovrebbe essere uno dei luoghi simbolo della città, il punto di riferimento dei marinai antichi, la zona in cui gli eserciti si accampavano e si decidevano le sorti e il futuro della città. Ne è rimasto ben poco. E quel poco persino difficile da visitare.

Devo ammetterlo, quando ho visto che il passaggio a fianco del cancello era ormai sfilacciato e aperto, mi sono detto che un’occhiatina si poteva dare, con la dovuta attenzione. Non ho resistito e sono entrato. E quando poi all’interno ho incontrato persino una famigliola con bambini al seguito, mi sono detto che, nonostante tutto, il piacere di vedere e visitare questi luoghi non è una curiosità così remota o malsana.

Su Wikipedia si trovano le informazioni necessarie per inquadrare questo tempio antichissimo, ci sono poi le testimonianze dei vari viaggiatori impegnati nei Grand Tour del ‘7-800. Si ricorda persino un articolo di Siracusa Oggi che parla dell’ultima visita e probabilmente dell’ultima apertura del sito: correva (o forse stava già immobile) il 2017.

Il sito è molto raccolto e piccolo, contiene in pratica solo lo spazio in cui si erigeva il tempio, di cui rimane solo il perimetro e 2 colonne. Le due colonne appunto che si sono salvate dall’incuria e dalla noncuranza di questo tesoro storico. Sono veramente colonne e pietre grezze, sembra di rivedere quelle della Cattedrale di Siracusa, con solchi appena delineati, ruvide e pietrose. Dietro il recinto si intravedono scavi o buche che fanno pensare ad altri reperti. C’era persino il gabbiotto del custode, o del centro visite. Questo decisamente deturpato e rovinato, va ancora bene che non è stato dato alle fiamme… un luogo incustodito sembra che attiri fatalmente questo genere di degrado.

Eppure passeggiare con calma tra questi resti, segnarne con i passi il perimetro, misurarlo con gli occhi e con il cuore, fa pensare a chi queste colonne le ha volute, pensate ed erette. Il gusto innato di puntare verso l’alto, il desiderio di lasciare una traccia, di segnare confini e presenze.

Quando poi sono uscito ho perso dieci minuti a staccare le piccole reste delle spighe di non so bene qualche pianta infestante che abbonda in questa zona. Piccole e fastidiose. E sulla stradina che porta al sito le piante stanno già riprendendo il loro dominio, crepando l’asfalto e conquistando i bordi.

Ecco qualche immagine delle 2 colonne del tempio di Giove