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Piccola kermesse domenicale

Piccola kermesse domenicale

Domenica 27 marzo abbiamo vissuto alcuni momenti speciali, con tutta la nostra comunità marista, su invito del centro missionario diocesano. Insomma, ancora una volta p. Salvo ci ha “ingaggiati”. Ma ben vengano queste iniziative…

Si trattava dell’evento “Missio-fest” che da un paio di anni era rimasto chiuso nel cassetto (nelle nostre narrazioni ormai esiste un pre- e un post-lockdown o era-covid!). Con un largo battage e contatti mediatici, quest’anno si è ripartiti, finalmente in presenza e con un bel po’ di gente. A dire il vero i prenotati erano oltre 200 ma poi, complice una giornata che minacciava pioggia, tempo incerto e chissàcosaltro, i presenti erano decisamente di meno, diciamo una metà.

La mattina della domenica prevedeva un itinerario molto semplice: una chiesa disponibile per l’adorazione, un’altra con la presenza di sacerdoti per il sacramento della riconciliazione e un paio di luoghi per ascoltare delle testimonianza. Una coppia fidei donum, una comunità di missionari di Modica (proprio della comunità dove ora risiede p. Gigi Maccalli, che però non era presente in questa occasione) e poi… noi della comunità Marista, ad accogliere i gruppi nella chiesa di s.Giuseppe. Con la scusa che i maristi sono chiaramente abbinabili con la scuola, il nostro simbolo indicatore era belle che pronto: uno zainetto, libri e quaderni e …scuola sia!

Intanto in piazza Minerva, a fianco della cattedrale, gli stand del CSI per consentire minitornei di volley, di calcio, di minibasket. Più mini di così…

Era il giorno in cui arrivava anche un nostro ospite, fr. Orlando, un fratello colombiano, provinciale della Norandina (Ecuador, Colombia, Venezuela…) e Ricky era andato ad accoglierlo a Catania, ma sarebbero arrivati in tempo almeno per l’ultimo incontro.

la comunità (quasi tutta) con fr. Orlando

Schema semplicissimo: con Nina e Kike dovevamo semplicemente spiegare chi sono i maristi, come mai sono finiti qui a Siracusa e soprattutto qual è oggi il nostro impegno “missionario” nei confronti dei migranti. Quando si parla delle cose che si fanno ogni giorno e che si condividono insieme, non è molto difficile coordinarsi. E infatti nei 2 momenti di incontro non ci è stato difficile ricordare e presentare queste cose.

Giunti al fatidico problema del mezzogiorno, ci siamo incontrati con gli altri testimoni nei locali vicini a piazza Minerva, proprio dove ha sede l’Info point e la sala con la proiezione della ricostruzione in 3D dell’antica Siracusa (che ci hanno gentilmente offerto in visione). Un pranzo tranquillo con gli altri testimoni, uno scambio di esperienze e di contatti anche per noi.

Subito dopo l’organizzazione prevedeva un momento di festa e musica, aperto da una performance degli alunni dell’Inda, sul tema fin troppo attuale della guerra, anzi, di tutte le guerre.

E subito dopo, nel particolare scenario del cortile dell’Arcivescovado, con le colonne greche e romane a fare da sedili (insolito assieparsi su cimeli di 2000 anni fa, con la nonchalance dei giovani d’oggi), il concerto del gruppo Basic (alla chitarra il don, ovviamente), con una notevole voce solista femminile e un repertorio abbastanza rockettaro (a iniziare dalla cover di apertura dei The Sun, l’ormai conosciutissima Onda). Peccato per le goccioline di pioggia che consigliavano di restare ai bordi e non sotto palco ma l’effetto era discreto. Mi aspettavo quasi che a fine concerto si trasferissero direttamente in cattedrale, cambiare repertorio, ridurre i distorsori e passare ai canti della messa, ma … era stato previsto anche qui un ottimo intervento di un coro più “liturgico”.

La messa a conclusione della giornata era ovviamente presieduta dal vescovo. Un segno di attenzione e di partecipazione non scontato e quindi positivo. Ma non chiedetemi della predica; sicuramente il nostro Vescovo è un esperto biblista, ma il dono della parola non si alimenta solo di buone conoscenze. Ma siccome è la somma che fa il totale, il risultato finale mi sembra comunque positivo. Ce ne eravamo già accorti, insieme a Nina, la sera prima, durante la veglia sui martiri missionari, dove l’intervento del vescovo non aveva lasciato particolari tracce, ma il contesto aveva parlato in modo esauriente.

Dal balcone del vescovo

Dal balcone del vescovo

Ormai siamo a quota 2. Due settimane di presenza qui a Siracusa e ogni tanto qualcuno mi chiede se “sono nuovo”. Un po’ stagionato ma … in effetti sono ancora straniero a questa terra e mi godo questo periodo di osmosi intensa, a livello di paesaggio, di strade, di profumi (anche qualcuno non proprio delizioso…), di persone.

Ieri mattina primo momento ufficiale, l’incontro col Vescovo e il suo vicario, Padre Nuccio, che avevo già sentito al telefono ma praticamente al volo. Avevamo appuntamento alle 10 e dopo aver percorso le stradine pittoresche e contorte che portano al centro di Ortigia (la parte bella di Siracusa, l’isolotto splendido e raffinato) ci siamo presentati in Curia; eravamo quasi al completo, mancava solo Gabriel, quindi con me c’erano Rosa, Nina e Ricky. Dopo una discreta attesa siamo entrati negli spazi del vescovo. L’ultima curia vescovile che avevo visitato, qualche mese fa, era quella di Aversa, una diocesi normanna, antica, un palazzo da grandi occasioni, ma non opulento, e poi il vescovo Spinillo che sbrigava da sè le faccende diplomatiche, dal rispondere al telefono all’introdurci nelle stanze. Per fortuna qui ho ritrovato un ambiente simile. Padre Nuccio ci ha introdotti nella sala dei colloqui; c’erano tante sedie quasi in circolo, vicino al divano per il vescovo ce n’era una più imponente. “E’ per il superiore, devi metterti lì”… Come comunità Lavalla200 qui sono già abituati a convivere con questo modello “classico”, quello dove uno dirige e gli altri sottostanno. Far capire che si possono immaginare modelli alternativi o non standard è ancora un po’ insolito. La leadership nelle nostre comunità è condivisa, non c’è un “superiore”, ci sono impegni che comportano ruoli, ma solamente all’esterno del nostro vivere comune. E ho già visto dallo sguardo di Rosa e Nina che le donne, poi, sono ancora viste come ospiti occasionali in questo tipo di comunità. Vuol dire che c’è ancora spazio per crescere in questa dimensione.

Poi è arrivato il vescovo, Salvatore Pappalardo, cordiale e sorridente. Breve presentazione, ripasso dei membri della comunità, dei luoghi di provenienza, gli portiamo i saluti di fr. Onorino, lo informiamo sugli ultimi sviluppi del Ciao, la collaborazione con il Cpia, gli racconto alcuni scorci delle mie ultime esperienze. Un momento molto sereno e informale.

“E giò che ci siamo, questa sera abbiamo il Consiglio Pastorale Diocesano, visto che fr. Onorino ne faceva parte, come superiore, venga anche lei”. Quando l’invito te lo fa il vescovo in persona non hai molto spazio di manovra. E come ciliegina sulla torta ci chiede anche se Gabriel può venire a parlare, sotto il profilo giuridico e sulla base dell’esperienza del CIAO, sul tema dei migranti. Incastrati in due, ma la stima e l’apprezzamento per quanto viene fatto come Comunità ci sembrano un giusto scambio morale. Così in questa giornata il vescovo lo incontrerò ben due volte…

Alla fine le ‘ragazze’ chiedono a P.Nuccio se era possibile ammirare la piazza del Duomo dal balcone. Così lui ci accompagna volentieri per le antiche scale, passaggi interni da fortezza rinascimentale, pavimenti in cotto siciliano da scaldare gli occhi, un salone da grande rappresentanza e ci affacciamo. Sotto la piazza brulica di persone, di turisti, in questo ottobre che sembra ancora estate. Nuccio ci spiega le righe scure del piazzale, che delimitano le antiche costruzioni, la via Sacra, i temppli, rintracciate nelle ultime indagini archeologiche. Avere un duomo che rappresenta il fulcro religioso di popoli antichi e millenari, siculi, greci, romani, musulmani e poi di nuovo cristiani non è cosa da tutti. Qui veramente la storia si presenta con l’abito delle feste e delle grandi occasioni. Rosa ricorda la notte di Natale, con la folla assiepata per gli auguri e le parole del Vescovo, che in quell’occasione era andato giù duro sul tema dell’accoglienza. P. Nuccio sembrava un po’ rassegnato, dicendoci che dopo le parole sferzanti non era poi successo granché. Ma bisognava che qualcuno le dicesse e credo sia già un buon segnale quando l’autorevolezza della Chiesa va di pari passo con i segni dei tempi. E così la prima foto quasi ufficiale di quella che sarà la comunità in versione 2020 la facciamo insieme a Nuccio, dal balcone del vescovo.

Mentre torniamo a casa, attraversando il ponte di Ortigia, con uno splendido veliero a far da quinta al panorama, riflettiamo sull’incontro, sullo stile colloquiale e sulle premesse che qui ci sono offerte per una presenza significativa. Addirittura il vescovo aveva esordito con legittima soddisfazione, citando alcune testate che ricordavano come Siracusa, grazie alle recenti attività sul versante migranti, realizzate dalla suore scalabriniane e dai maristi, veniva additata come modello per l’integrazione e come chiesa al passo coi tempi. Siamo qui per questo, pensavamo noi…

E naturalmente la giornata si conclude con il Consiglio Diocesano, che si svolge presso il Santuario delle Lacrime. Appena entro incontro subito il segretario e in men che non si dica la presentazione è fatta; il tema da sviluppare era proprio quello dei migranti. Aprono l’incontro le parole di don Luca Saraceno, che per anni era stato rettore proprio del santuario. Una riflessione molto attenta e pacata sui termini, sulla necessità di “pensare” e conoscere questo problema che non è nato ieri e non finirà sicuramente domani, un atteggiamento di profonda attenzione che dovrebbe distinguere tutti noi cristiani; poi Gabriel (che prima viene indicato come Padre marista, poi fratello, poi chissà cos’altro… si vede che il termine “laico” fatica ad entrare nel linguaggio dei consigli pastorali), ha illustrato i vari elementi giuridici, proprio a partire dai termini (dal migrante al rifugiato, passando per quel “profugo” che non è nemmeno presente nelle altre lingue) e dal dettato legislativo internazionale. Interessante vedere quante norme del diritto vengono infrante dal cosiddetto decreto sicurezza di Salvini. Sono quelle situazioni in cui, da italiano, uno preferirebbe la cittadinanza libanese… Ottimi spunti di riflessione e di approfondimento.